Legislazione Giurisprudenza Vedi altre: Sentenze per esteso
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Quinta Sezione ANNO 2003 ha pronunciato la seguente
decisione
sul ricorso in appello n. 1109/2003, proposto da GIULIANI Liliana e
GIULIANI Carlotta, rappresentate e difese dall’avv. Vincenzo CAPUTI JAMBRANGHI
presso il quale sono elettivamente domiciliate in Roma, via Savoia 31,
contro
il Comune di ASCOLI SATRIANO, in persona del Sindaco p.t., costituitosi in
giudizio, rappresentato e difeso dall’avv. Enrico FOLLIERI ed elettivamente
domiciliato in Roma, viale Mazzini 6, presso lo studio LUPIS,
per l’annullamento
della sentenza del TAR della Puglia, sede di Bari, Sezione II, 18 settembre
2002, n. 4016;
visto il ricorso in appello con i relativi allegati;
visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune appellato;
viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle proprie difese;
visti gli atti tutti della causa;
relatore, alla pubblica udienza del 20 giugno 2003, il Consigliere Paolo
BUONVINO; uditi, per le parti, gli avv.ti CAPUTI JAMBRENGHI e FOLLIERI.
Ritenuto e considerato, in fatto e in diritto, quanto segue:
F A T T O e D I R I T T O
1) - Con la sentenza appellata il TAR ha rigettato un ricorso per l’esecuzione
del giudicato di una propria decisione (n. 787/1999) di annullamento di un piano
di recupero e conseguente annullamento di un provvedimento di diniego di
concessione edilizia fondato sul piano di recupero medesimo.
Con il predetto ricorso le interessate hanno domandato, in particolare, che
venisse dato corso al rilascio, in loro favore, del richiesto titolo
edificatorio.
Nelle more di quel giudizio, però, il Comune, nel dare esecuzione al predetto
giudicato, ha riformulato il piano di recupero, introducendo, per le aree di
interesse delle ricorrenti, una disciplina ancora più limitativa, rispetto al
precedente P.R., dell’intervento edilizio di cui si tratta.
Tale nuovo piano è stato impugnato innanzi al TAR; il relativo ricorso – n.
1182/2002 - è passato in decisione il 17 aprile 2003 e la sentenza, al momento
dell’odierna camera di consiglio, non risulta ancora pubblicata (la sospensiva
in tal sede promossa è stata, peraltro, rigettata, con ordinanza che non risulta
impugnata).
Il TAR ha ritenuto che l’Amministrazione, adottando e approvando il nuovo piano
di recupero, abbia dato piena esecuzione al giudicato; e che la domanda di
annullamento del nuovo piano era da ritenersi inammissibile in quanto formulata
solo in sede di memoria difensiva, neppure notificata; i primi giudici hanno,
comunque, ritenuto che le scelte operate dal Comune in sede di esecuzione del
giudicato non fossero elusive dello stesso.
2) - Per le appellanti la sentenza sarebbe erronea in quanto l’elusività del
giudicato, riconoscibile nel nuovo piano di recupero, emergerebbe chiaramente
dagli atti, lo stesso avendo carattere persino riduttivo rispetto al precedente;
al contempo, la domanda di annullamento, per elusività, del piano stesso non
sarebbe stata inammissibile, in quanto il provvedimento elusivo non sarebbe
annullabile, bensì nullo e non potendosi, quindi, richiedere, per la correlata
declaratoria di nullità, la proposizione di un apposito nuovo gravame.
3) - Per il Comune appellato la sentenza merita piena conferma; svolge,
peraltro, appello incidentale condizionato, deducendo l’erroneità della sentenza
stessa nella parte in cui non ha dichiarato inammissibile l’originario ricorso;
deduce, inoltre, l’inammissibilità del presente appello, in quanto non
proponibile avverso decisione resa in sede di ottemperanza.
4) - Il Collegio si può esimere dall’esame dei motivi di appello incidentale e
delle eccezioni ora dette attesa l’infondatezza dell’appello principale nel
merito.
L’annullamento, in sé e per sé considerato, del piano di recupero non può
comportare, infatti, il rilascio del titolo edificatorio fino a che non venga
riformulato il P.R. stesso; poiché lo strumento urbanistico generale richiedeva,
per la zona in questione, un piano attuativo, non poteva, infatti, prescindersi
da questo ai fini del rilascio del titolo edificatorio.
Nei termini fissati dal giudice dell’esecuzione del giudicato con ordinanza n.
179/2002, il Comune ha dato corso all’approvazione del nuovo strumento attuativo
di recupero.
Questo, peraltro, non consente la realizzazione della richiesta capacità
edificatoria, dal momento che prevede solo il risanamento conservativo dei
manufatti che, invece, in base al precedente P.R., potevano essere demoliti e
ricostruiti, sebbene con limiti di edificabilità ritenuti dal TAR, nella citata
sentenza n. 787/1999, non conformi alla volumetrie consentite dall’art. 9 delle
NTA del vigente P. di F.
Secondo le originarie ricorrenti il nuovo piano di recupero sarebbe
manifestamente elusivo del giudicato.
Ritiene la Sezione che, a parte ogni questione in merito all’ammissibilità della
domanda volta a far constare il carattere elusivo del giudicato che il nuovo
strumento attuativo manifesterebbe, debba, invero, escludersi che questo rivesta
tale caratteristica.
L’art. 9 delle NTA recava, infatti, precise indicazioni per quanto atteneva ai
limiti di edificabilità nelle zone edificabili ex novo ovvero a seguito di
demolizione e ricostruzione.
Con il nuovo piano di recupero le aree di interesse delle appellanti hanno
visto, peraltro, modificato il regime di utilizzabilità delle stesse; mentre nel
precedente strumento attuativo era prevista, in esse, la possibilità di demolire
il preesistente e di realizzare nuove costruzioni (sia pure con limiti
edificatori che il TAR ha ritenuto, con la ripetuta sentenza del 1999,
illegittimi, in quanto difformi rispetto all’art. 9 delle NTA), al contrario,
nel nuovo strumento, frutto di autonome scelte discrezionali, l’Amministrazione
comunale ha ritenuto di assegnare alle aree in questione una funzione di
carattere prettamente conservativo, volta a tutelare il patrimonio esistente
quale sorta di testimonianza storica del tessuto urbano preesistente.
Se tale scelta di fondo sia legittima o meno spetta all’autonomo ricorso in sede
di legittimità dirlo (come si ripete, radicato con ricorso al TAR n. 1182/2002,
in fase di definizione); non di meno, non può parlarsi di determinazione
manifestamente elusiva del giudicato, ben potendo, in astratto,
l’Amministrazione, in sede di riesame delle scelte urbanistiche in precedenza
operate e nell’esercizio delle proprie potestà discrezionali in materia
urbanistica (ancorché in funzione di esecuzione del giudicato amministrativo),
assegnare alla aree aggetto di programmazione una destinazione differente
rispetto alla precedente e in grado di incidere anche sulla utilizzabilità
edificatoria, più o meno piena, delle stesse.
3) - Per tali motivi l’appello in epigrafe appare infondato e, per l’effetto,
deve essere respinto.
Le spese del grado possono essere integralmente compensate tra le parti.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, respinge
l’appello in epigrafe.
Spese del grado compensate.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma il 20 giugno 2003 dalla Quinta Sezione del Consiglio di
Stato, riunita in Camera di consiglio, con l’intervento dei Signori:
ALFONSO QUARANTA - Presidente
CORRADO ALLEGRETTA-Consigliere
PAOLO BUONVINO – Consigliere est.
FRANCESCO D’OTTAVI - Consigliere
CLAUDIO MARCHITIELLO-Consigliere
L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE
IL SEGRETARIO
IL DIRIGENTE
f.to Paolo Buonvino
f.to Alfonso Quaranta
f.to Francesco Cutrupi
f.to Dott. Antonio Natale
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 21 ottobre 2003
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
1) Urbanistica - piano di recupero - annullamento - rilascio del titolo edificatorio - divieto fino a che non venga riformulato il P.R. - piano attuativo richiesto dallo strumento urbanistico generale. L’annullamento, in sé e per sé considerato, del piano di recupero non può comportare, infatti, il rilascio del titolo edificatorio fino a che non venga riformulato il P.R. stesso; poiché lo strumento urbanistico generale richiedeva, per la zona in questione, un piano attuativo, non poteva, infatti, prescindersi da questo ai fini del rilascio del titolo edificatorio. Consiglio di Stato - Sezione V, 21 Ottobre 2003, Sentenza n. 6532
2) Il nuovo piano di recupero delle aree può modificare il regime di utilizzabilità delle stesse - la possibilità di vietare la demolizione del preesistente e di realizzare nuove costruzioni - funzione di carattere prettamente conservativo. Il nuovo piano di recupero le aree di interesse delle appellanti hanno visto, peraltro, modificato il regime di utilizzabilità delle stesse; mentre nel precedente strumento attuativo era prevista, in esse, la possibilità di demolire il preesistente e di realizzare nuove costruzioni (sia pure con limiti edificatori che il TAR ha ritenuto, con la ripetuta sentenza del 1999, illegittimi, in quanto difformi rispetto all’art. 9 delle NTA), al contrario, nel nuovo strumento, frutto di autonome scelte discrezionali, l’Amministrazione comunale ha ritenuto di assegnare alle aree in questione una funzione di carattere prettamente conservativo, volta a tutelare il patrimonio esistente quale sorta di testimonianza storica del tessuto urbano preesistente. Se tale scelta di fondo sia legittima o meno spetta all’autonomo ricorso in sede di legittimità dirlo (come si ripete, radicato con ricorso al TAR n. 1182/2002, in fase di definizione); non di meno, non può parlarsi di determinazione manifestamente elusiva del giudicato, ben potendo, in astratto, l’Amministrazione, in sede di riesame delle scelte urbanistiche in precedenza operate e nell’esercizio delle proprie potestà discrezionali in materia urbanistica (ancorché in funzione di esecuzione del giudicato amministrativo), assegnare alla aree aggetto di programmazione una destinazione differente rispetto alla precedente e in grado di incidere anche sulla utilizzabilità edificatoria, più o meno piena, delle stesse. Consiglio di Stato - Sezione V, 21 Ottobre 2003, Sentenza n. 6532
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