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 Massime della sentenza

  

 

Consiglio di Stato - Sezione IV, 27 Ottobre 2003, Sentenza n. 6631.

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

 

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta) ha pronunciato la seguente
 

D E C I S I O N E


sul ricorso in appello iscritto al NRG 2785 dell’anno 2001 proposto da GENSANO CIRO e LUZI LIDIA, rappresentati e difesi dall’avv. Franco Buonassisi, con il quale sono elettivamente domiciliati in Roma, Lungotevere Flaminio n. 46 (presso Gian Marco Grez);
contro
COMUNE DI PIANDIMELETO, in persona del sindaco in carica, rappresentato e difeso dall’avv. Benedetto Graziosi, con il quale è elettivamente domiciliato in Roma, Lungotevere Flaminio n. 46;
per l’annullamento
della sentenza del Tribunale amministrativo regionale delle Marche, n. 117 del 26 gennaio 2001;
Visto il ricorso in appello con i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Piandimeleto;
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive tesi difensive;
Visti tutti gli atti di causa;
Relatore alla pubblica udienza dell’11 marzo 2003 il consigliere Carlo Saltelli;
Uditi l’avvocato Viviani, per delega dell’avvocato Buonassisi, per gli appellanti, e l’avvocato Graziosi per il Comune di Piandimeleto;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.
 

F A T T O


I.1. Con ricorso notificato il 21 maggio 1999 (RG. N. 534/99) i signori Ciro Gensano e Lidia Luzi, nella asserita qualità di proprietari di un fondo sito nel Comune di Piandimeleto ed esteso per 49.475 metri quadrati, chiedevano al Tribunale amministrativo regionale delle Marche l’annullamento della delibera del consiglio comunale di Piandimeleto n. 81 del 2 dicembre 1998, avente ad oggetto “individuazione aree per insediamenti produttivi”, per effetto della quale il fondo di loro proprietà era stato inserito nelle aree per gli insediamenti produttivi.


I ricorrenti deducevano:


1) “Nullità della notifica della deliberazione”, avvenuta con la consegna di una sola copia del provvedimento, pur essendo due i proprietari del fondo in questione, senza che fosse stato indicato il luogo di notifica e il rapporto di convivenza e di parentela esistente tra i destinatari dell’atto e la persona cui la notifica era stata eseguita, così che essa era inidonea a far decorrere il termine di impugnazione;


2) “Violazione art. 7 e segg. L. n. 241/90 – eccesso di potere”, in quanto l’amministrazione comunale aveva omesso di comunicare loro l’avviso di avvio del procedimento conclusosi con la individuazione delle aree asseritamente necessarie per gli insediamenti produttivi, impedendo così la legittima partecipazione, tanto più opportuna e necessaria in quanto la formazione del predetto piano ad iniziativa pubblica era la conseguenza della carenza di iniziativa privata;


3) “Violazione di legge ed eccesso di potere”, perché la deliberazione impugnata aveva inopinatamente ritenuto di poter interpretare autenticamente le norme del vigente piano regolatore generale, facendo rientrare tra le aree da destinare agli insediamenti produttivi anche quelle di loro proprietà per le quali, invece, secondo lo strumento urbanistico, approvato dalla Provincia, non era ammessa la possibilità del ricorso allo strumento attuativo da parte dell’Amministrazione, così che a tal fine sarebbe stato indispensabile la adozione e l’approvazione di una variante urbanistica;


4) “Violazione artt. 32 e 3 L. n. 142/90 nel testo risultante dall’art. 4, co. 2, L. n. 415/1998 – incompetenza”, in quanto il provvedimento impugnato, individuando specificamente l’area da inserire nel piano degli insediamento produttivi, non poteva avere un valore esclusivamente programmatico, ma possedeva i requisiti specifici di un piano esecutivo la cui approvazione non spettava all’organo consiliare;


5) “Violazione art. 3 L. n. 241/90 – eccesso di potere”, atteso che la scelta dell’area di loro proprietà era avvenuta sulla base di vaghe e generiche esigenze territoriali, non supportate da alcun elemento istruttorio anche in ordine all’effettivo dimensionamento dell’area ritenuta necessaria, non potendosi in tal senso ritenere sufficienti le mere indicazioni sulla conformazione del terreno, sulla sua acclività particolare, sulla sua vicinanza ad altre zone produttive già in attività e sulla astratta idoneità della superficie di circa 20.000 metri quadrati di soddisfare le esigenze territoriali del decennio considerato;


6) “Violazione di legge – eccesso di potere”, in quanto, avendo l’amministrazione comunale deciso di procedere alla formazione del piano per gli insediamenti produttivi ad iniziativa pubblica per la mancanza di quella privata, era necessaria una apposita variante allo strumento urbanistico vigente.


I.2. Con altro ricorso notificato il 7 dicembre 1999 (RG. N. 1222/99), i signori Ciro Gensano e Lidia Luzi chiedevano al Tribunale amministrativo regionale delle Marche l’annullamento, oltre che della già impugnata deliberazione consiliare n. 81 del 2 dicembre 1998, anche delle delibere consiliari n. 41 del 28 aprile 1999, avente ad oggetto “adozione piano per insediamenti produttivi” e n. 64 del 22 settembre 1999, recante “approvazione piano insediamenti produttivi”, lamentando:


1) “Violazione art. 7 e segg. L. n. 241/90 – eccesso di potere”, in quanto l’Amministrazione, violando i puntuali obblighi imposti dalla normativa rubricata, non aveva loro comunicato l’avvio del procedimento culminato nell’adozione e nell’approvazione del predetto piano, impedendo la loro necessaria partecipazione a garanzia del giusto contemperamento degli interessi in gioco; tale gravissima violazione non poteva considerarsi sanata per effetto della comunicazioni inutilmente disposte successivamente all’emanazione di dette delibere, rendendo così inutili ed ininfluenti le eventuali osservazioni e memorie, ciò senza contare che dette comunicazioni non contenevano l’indicazione del responsabile del procedimento e dell’ufficio presso cui poter prendere visione degli atti;


2) “Violazione artt. 32 e 3 L. n. 142/90 nel testo risultante dall’art. 4, co. 2, L. n. 415/1998 – Incompetenza”, in quanto l’adozione e l’approvazione dei piani particolareggiati, tra cui doveva annoverarsi anche il piano per gli insediamenti produttivi, non rientravano nella competenza del consiglio comunale;


3) “Violazione art. 13 L. n. 64/74, in relazione al D.M. LL.PP. 10/2/1983, e art. 1 L. n. 241/90”, in quanto, essendo ricompreso il territorio del comune di Piandimeleto in zona sismica, l’adozione degli strumenti urbanistici, generali o particolareggiati, doveva essere preceduta dal parere della sezione decentrata regionale del Provveditorato alle Opere Pubbliche, mentre, nel caso di specie, per eludere tale obbligo, con un inammissibile espediente, l’Amministrazione comunale aveva richiesto detto parere due giorni prima della delibera di adozione del piano per gli insediamenti produttivi, disponendo poi la pubblicazione e il deposito di quest’ultima solo all’esito dell’intervenuto parere favorevole;


4) “Violazione art. 27, co. 3, L. n. 865/71, in relazione all’art. 16, co. 4, L. n. 1150/42, e all’art. 13, co. 1, L. n. 2359/1865 – eccesso di potere”, atteso che l’amministrazione, nella impugnata delibera n. 64 del 22 settembre 1999, di approvazione del piano per gli insediamenti produttivi, aveva indicato soltanto i termini di inizio e fine delle espropriazioni e non anche, come indispensabili, quelli inerenti all’inizio ed al compimento dei lavori;


5) “Violazione dell’art. 27 L. n. 865/71 – eccesso di potere”, in quanto la formazione del piano per gli insediamenti produttivi non era stato preceduto dalla necessaria attività istruttoria, consistente nello studio e nella valutazione dell’effettivo fabbisogno di aree e della effettiva idoneità di quelle individuate in rapporto allo sviluppo produttivo, non potendo a ciò bastare né la conformazione del terreno, la sua acclività particolare, la sua vicinanza ad attività produttive già avviate, e tanto meno il mero richiamo a segnalazioni di necessità di aree produttivi provenienti da imprenditori locali, trattandosi di elementi vaghi e generici;


6) “Violazione di legge ed eccesso di potere”, perché la scelta di procedere per via pubblica alla formazione del piano di insediamenti produttivi imponeva la previa adozione di una variante al vigente strumento urbanistico.


I.3. Infine, con ricorso notificato l’8 aprile 2000 (RG N. 441/90), i predetti signori Ciro Gensano e Lidia Luzi chiedevano al Tribunale amministrativo regionale delle Marche l’annullamento: a) del decreto di occupazione d’urgenza n. 2 del 13 marzo 2000; b) della deliberazione della Giunta comunale di Piandimeleto n. 203 del 15 ottobre 1999, con cui era stato approvato il progetto definitivo delle opere di urbanizzazione e n. 211 del 4 novembre 1999 di modifica della precedente; c) della delibera della Giunta comunale di Piandimeleto n. 25 del 24 febbraio 2000, con cui era stato stabilito di procedere alla occupazione d’urgenza dei fondi occorrenti; d) della delibera della Giunta comunale di Piandimeleto n. 27 del 1° marzo 2000, recante l’approvazione delle opere di urbanizzazione relative al piano per gli insediamenti produttivi; e) di ogni altro atto presupposto, connesso e/o conseguente, ivi comprese la eventuale delibera di approvazione del progetto preliminare delle opere di urbanizzazione.


A loro avviso, le predette deliberazioni erano viziate da:


1) “Illegittimità derivata”, trattandosi di provvedimenti direttamente dipendenti dalle deliberazioni consiliari n. 81 del 2 dicembre 1998, relativa all’individuazione delle aree per insediamenti produttivi, n. 41 del 28 aprile 1999, avente ad oggetto l’adozione del piano per gli insediamenti produttivi, e n. 64 del 22 settembre 1999, di approvazione del piano per gli insediamenti produttivi, già impugnate con i precedenti ricorsi n. 534/1999 e n. 1222/1999;


2) “Violazione art. 7 e segg. L. n. 241 del 1990 – eccesso di potere”, in quanto non era stata data alcuna comunicazione di avvio del procedimento in relazione all’approvazione del progetto definitivo ed esecutivo delle opere di urbanizzazione, nonché alla procedura d’urgenza, tanto più che l’approvazione dei progetti relativi ad opere pubbliche incide direttamente sulla proprietà dei privati, laddove l'occupazione d'urgenza dell’area di loro proprietà non poteva essere giustificata dal mero richiamo all’approvazione del piano per gli insediamenti produttivi;


3) “Violazione di legge ed eccesso di potere”, in quanto il decreto di occupazione poneva erroneamente a propria giustificazione la dichiarazione di pubblica utilità insita nell’approvazione del piano per gli insediamenti produttivi, laddove la delibera della giunta comunale n. 27 del 1° marzo 2000 faceva alcun riferimento al piano per gli insediamenti produttivi, riguardando soltanto le opere di urbanizzazione;


4) “Violazione art. 51, co. 3, L. n. 142/90, mod. da art. 6, co. 2, L. n. 127/97, e art. 3, co. 2, D. L.vo n. 29/93, sost. da art. 3, co. 2, D. L.vo n. 80/98”, in quanto il decreto di occupazione d’urgenza era stato adottato dal responsabile del servizio, in attuazione del provvedimento di occupazione disposto dalla Giunta comunale con la deliberazione n. 25 del 24 febbraio 2000, invece che dal dirigente; ciò senza contare che, trattandosi di opere di competenza comunale, non vi era alcuna competenza dell’organo esecutivo comunale, ma esclusivamente del Sindaco;


5) (4 bis) “Violazione art. 14, co. 2, lett. f), reg. regionale tipo n. 23 del 14.9.1989”, in quanto era mancato il previo parere della Commissione edilizia comunale sulle opere pubbliche da realizzare;


6) (5) “Violazione art. 16 L. n. 109 del 1994 e succ. modificazioni”, in quanto l’amministrazione aveva alterato la sequenza logico – giuridica delineata dalla legge in relazione all’approvazione dei progetti di lavori pubblici, non esistendo alcuna traccia della progettazione preliminare dell’opera da realizzare.


II. L’adito Tribunale, riuniti i tre ricorsi, con la sentenza n. 117 del 26 gennaio 2001, li ha respinti, ritenendo infondati tutti i rilievi svolti.


III. Con atto di appello notificato tra il 9 ed il 12 marzo 2001, i signori Ciro Gensano e Lidia Luzi hanno chiesto la riforma della prefata statuizione, riproponendo a tal fine tutti i motivi di censura sollevati con i tre ricorsi proposti in primo grado, erroneamente respinti, a loro avviso, con motivazione carente e approssimativa, frutto di una superficiale valutazione dei rilievi svolti e del materiale probatorio in atti.


Il Comune di Piandimeleto si è costituito in giudizio, deducendo l’inammissibilità e l’infondatezza dell’avverso gravame, di cui ha chiesto il rigetto.


D I R I T T O


IV. E’ controversa la legittimità della serie procedimentale con la quale il Comune di Piandimeleto ha individuato le aree da inserire nel piano per gli insediamenti produttivi (delibera consiliare n. 81 del 2 dicembre 1998), provvedendo quindi all’adozione del predetto piano (delibera consiliare n. 41 del 28 aprile 1999) e alla sua approvazione (delibera consiliare n. 64 del 22 settembre 1999), nonché alla successiva approvazione del progetto definitivo (delibera della Giunta municipale n. 203 del 15 ottobre 1999, modificata con la successiva delibera n. 211 del 4 novembre 1999) e poi quello esecutivo (delibera della Giunta Municipale n. 27 del 1° marzo 1999) delle opere di urbanizzazione relativo al predetto piano, con l’emanazione del decreto di occupazione di urgenza n. 2 del 13 marzo 2000.


I signori Ciro Gensano e Lidia Luzi, proprietari di un’area inserita nel piano per gli insediamenti produttivi, hanno impugnato la sentenza del Tribunale amministrativo regionale delle Marche n. 117 del 26 gennaio 2001 che, respingendo il loro ricorso di primo grado, ha ritenuto tutti i citati atti immuni dai vizi sollevati; a tal fine essi hanno riproposto sostanzialmente tutti i motivi di censura svolti in primo grado che, a loro avviso, sarebbero stati frettolosamente e superficialmente esaminati e dichiarati infondati con motivazione assolutamente erronea e poco pertinente .


Si è costituito in giudizio il Comune di Piandimeleto che ha chiesto il rigetto dell’avverso appello, deducendone l’inammissibilità e l’infondatezza.


V. Al riguardo la Sezione osserva quanto segue.


V.1. E’ infondato il primo motivo di gravame, con il quale gli appellanti, riproponendo l’identico motivo sollevato con il primo ricorso, hanno dedotto la nullità della notifica della deliberazione consiliare n. 81 del 2 dicembre 1998, relativa alla individuazione delle aree per gli insediamenti produttivi, in quanto eseguita mediante consegna di una sola copia (invece che delle due occorrenti, tanti essendo i proprietari del fondo) a soggetto peraltro diverso dai proprietari stessi, senza indicazione né del rapporto di convivenza e di parentela esistente tra essi proprietari ed il soggetto cui era stata consegnata la copia della delibera, né del luogo in cui essa era avvenuta.


Rileva la Sezione che la notificazione di un provvedimento amministrativo costituisce uno strumento di conoscenza qualificata dello stesso, finalizzata a rendere certa e incontestabile in capo ai suoi destinatari la conoscenza del relativo contenuto; essa, quindi, non attiene alla fase di perfezionamento della volontà dell’amministrazione che si esprime nel contenuto provvedimentale dell’atto e non ne costituisce quindi un requisito di validità.


L’autonomia della fase della comunicazione del provvedimento rispetto a quella del perfezionamento esclude che gli eventuali vizi della prima possano incidere seconda, inficiandola, con la conseguenza che il vizio della notificazione rileva esclusivamente come causa ostativa alla completa ed esatta conoscenza del contenuto del provvedimento ai fini della sua eventuale impugnazione.


Nel caso di specie è decisivo, ai fini del rigetto del motivo di gravame in esame, la circostanza che non è stata sollevata dalla controparte appellata (neppure in primo grado) alcuna eccezione sulla tempestività dell’impugnazione della citata delibera n. 81 del 2 dicembre 1998, così che l’eccepito difetto di notifica non ha comportato alcun vulnus alla tutela delle ragione degli appellanti, essendo per il resto ininfluente ai fini della validità della notifica anche l’omessa menzione del luogo in cui essa viene effettuata (C.d.S., sez. V, 2 novembre 1998, n. 1563; 18 luglio 1994, n. 757).


V.2. Possono essere congiuntamente esaminate le censure sollevate dagli appellanti circa la asserita violazione dell’articolo 7 della legge 7 agosto 1990, n. 241, per omessa comunicazione dell’avvio del procedimento, nei confronti della delibera consiliare n. 81 del 2 dicembre 1998 (individuazione delle aree da inserire nel piano per gli insediamenti produttivi), della delibera consiliare n. 41 del 28 aprile 1999 (di adozione del piano per gli insediamenti produttivi) e n. 64 del 22 settembre 1999 (di approvazione del piano stesso).


Anche tali doglianze, ad avviso della Sezioni, non sono meritevoli di positivo apprezzamento.


V.2.1. La comunicazione di avvio del procedimento, prevista dall’articolo 7 della legge 7 agosto 1990, n. 241, si inquadra nell’ambito di una nuova visione dei rapporti tra pubblica amministrazione e cittadini, imperniata sul principio della democraticità delle decisioni, quale strumento indispensabile per l’effettivo perseguimento dell’interesse pubblico con il minimo sacrificio possibile dei privati, così trovando concretamente attuazioni i principi costituzionali di legalità, imparzialità e buon andamento che devono contraddistinguere l’azione amministrativa.


Essa rappresenta quindi lo strumento previsto dal legislatore attraverso cui il cittadino, con apposite memorie ed osservazioni, interviene nel processo decisionale della pubblica amministrazione, fornendo a quest’ultima quegli elementi di conoscenza e di valutazione occorrenti ad orientare correttamente le scelte amministrative e ad adottare, quindi, un “giusto provvedimento” (C.d.S., sez. V, 28 maggio 2001, n. 2884), idoneo a contemperare gli opposti interessi pubblici e privati in gioco (C.d.S., sez. IV, 18 ottobre 2002, n. 5699).


La finalità perseguite con l’obbligo imposto all’amministrazione di dare avviso al cittadino interessato dell’avvio di un procedimento che lo riguardi direttamente esclude che detto obbligo abbia natura meramente formale, così che esso è stato escluso non solo nel caso in cui l’interessato abbia anche aliunde avuto modo di conoscere l’esistenza del procedimento avviato dall’Amministrazione (e quindi di partecipare effettivamente alla decisione), ma anche quando (con riferimento al giudizio di appello) il ricorrente in primo grado non abbia censurato con dati reali la coerenza, logicità, completezza, adeguatezza e ponderazione dell’azione amministrativa, né abbia dimostrato che egli sarebbe stato in grado di fornire elementi di conoscenza e di giudizio tali da poter indirizzare diversamente la concreta decisione dell’amministrazione (C.d.S., sez. V, 21 gennaio 2002, n. 343); d’altra parte deve ammettersi che proprio al fine di non svuotare la peculiarità della comunicazione di avvio del procedimento, è necessario che essa sia fatta quando l’Amministrazione abbia già manifestato l’intenzione di assumere una certa decisione, rivelandosi altrimenti le eventuali memorie ed osservazioni nient’altro che esercitazioni astratte e prive di qualsiasi effetto pratico.


V.2.2. Nel caso di specie, come correttamente rilevato dai primi giudici, la delibera consiliare n. 81 del 2 dicembre 1998 del Comune di Piandimeleto, era priva di valore provvedimentale, atteso che, come si evince dal suo tenore letterale, essa rappresentava soltanto un mero atto programmatico ovvero una proposta di lavoro che sollecitava l'Amministrazione comunale ad affrontare le problematiche conseguenti all'esaurimento delle aree attualmente destinate ad attività produttive di completamento ed alle pressanti insistenze degli imprenditori locali circa la necessità di individuare nuove aree ad uso produttivo per garantire la continuità produttiva: ciò trova, del resto, puntuale conferma nell'esame del punto 3 del dispositivo della citata delibera che prevedeva il conferimento di un successivo incarico ad un professionista abilitato per la redazione del piano per gli insediamenti produttivi.


Nella delibera in esame non vi era pertanto alcuna concreta, attuale ed effettiva scelta dell'Amministrazione comunale circa i terreni da inserire nel piano degli insediamenti produttivi (rispetto alla quale soltanto sarebbe scattato l'obbligo di comunicare l'avvio del procedimento ai relativi proprietari); al contrario, essa costituiva semplicemente il primo atto preparatorio (rilevante esclusivamente sotto un profilo squisitamente "politico") di un articolato procedimento che doveva coinvolgere tutte le forze politiche e sociali della città in modo da pervenire, nella relativa costruttiva contrapposizione dialettica, alla effettiva scelta dei terreni più adatti e più idonei a perseguire l'interesse pubblico: scelta che sarebbe stata poi consacrata nella delibera di adozione del piano per gli insediamenti produttivi.


E' significativo, in tal senso, ad avviso della Sezione, che il punto 5 del dispositivo della citata delibera n. 81 del 2 dicembre 1988 abbia disposto la comunicazione dello stesso atto ai proprietari delle aree individuate ai fini di consentirne la partecipazione al procedimento, proprio secondo le previsioni di cui alla legge 7 agosto 1990 n. 241, proprio ai fini della scelta da consacrare nella delibera di adozione del piano per gli insediamenti produttivi (avvenuta con delibera consiliare n. 41 del 28 aprile 1999): diversamente interpretando la sequenza procedimentale degli atti in esame, secondo la ricostruzione degli appellanti, dovrebbe ammettersi che l'Amministrazione comunale di Piandimeleto abbia posto in essere un'attività amministrativa inutile, atteso che la delibera n. 41 del 28 aprile 1999 costituirebbe una mera immotivata reiterazione della precedente delibera n. 8 del 2 dicembre 1998.


Deve pertanto escludersi che ai fini dell'adozione della più volte citata delibera consiliare n. 81 del 2 dicembre e 1998 sussistesse l'obbligo dell'Amministrazione comunale di Piandimeleto di comunicare agli interessati l'avvio del procedimento ai sensi dell'articolo 7 della legge 7 agosto 1990, n. 241.


Ciò senza contare che, come risulta proprio dalla lettura della delibera n. 81 del 2 dicembre 1998 ed in particolare dalle considerazioni svolte dal Sindaco nell'illustrazione della proposta di deliberazione, i proprietari delle aree individuate (quale ipotesi di lavoro, come delineato) per la redazione della successiva deliberazione di adozione del piano per gli insediamenti produttivi erano a conoscenza dell'intenzione dell'Amministrazione di provvedere ad adottare un nuovo piano per gli insediamenti produttivi a causa dell'esaurimento del precedente strumento e delle pressanti richieste avanzate a tal fine dagli imprenditori locali, tant'è che erano stati invitati dalla stessa Amministrazione comunale, ma inutilmente, a presentare piani di lottizzazione privata: anche sotto tale profilo, quindi, deve escludersi che, nel caso di specie, si sia verificata la denunciata violazione delle garanzie partecipative di cui all'articolo 7 della legge 7 agosto 1990, n. 241.


V.2.3. Le osservazioni che precedono escludono, poi, che il dedotto vizio di omessa comunicazione dell’avvio del procedimento possa in qualche modo rilevare con riferimento alle delibere consiliari n. 41 del 28 aprile 1999 e n. 64 del 22 settembre 1999, rispettivamente di adozione e di approvazione del piano per gli insediamenti produttivi.


Peraltro deve rilevarsi che, come emerge dalla documentazione in atti, nei confronti di tali deliberazioni risultano effettivamente espletate le formalità di pubblicità prevista specificamente dalla legge, ai fini della partecipazione degli interessati.


Infatti, come si ricava dalla lettura della motivazione della delibera n. 64 del 22 settembre 1999 (concernente l’approvazione del piano in questione), la precedente delibera di adozione del piano (n. 41 del 28 luglio 1999), corredata di tutti i necessari allegati, era stata ritualmente depositata presso la segreteria comunale e di tale deposito era stato dato avviso all’albo pretorio in data 8 luglio 1999, senza che nel termine stabilito fosse pervenuta alcuna opposizione o osservazione; inoltre risulta che con la nota prot. n. 3511 dell'8 luglio 1999 è stata inviata agli appellati copia della delibera di adozione del piano in questione, senza che essi abbiano svolto alcuna osservazione o controdeduzione.


Pertanto, nel caso di specie, non si è verificata alcuna violazione delle garanzie partecipative, diversamente da quanto sostenuto dagli appellanti.


V.3. Con il terzo motivo di gravame è stata sostenuta l’illegittimità della delibera consiliare n. 81 del 2 dicembre 1998 perché con essa l’amministrazione comunale avrebbe inammissibilmente interpretato le norme del vigente piano regolatore che, secondo gli appellanti, escludevano che l’area di loro proprietà potesse essere ricompresa nel piano per gli insediamenti produttivi, ragion per cui sarebbe stata necessaria l’adozione e poi l’approvazione di un’apposita variante al piano regolatore generale, tanto più che quest’ultimo non era espressione soltanto della volontà del comune, quanto piuttosto era il frutto del concorso della volontà di quest’ultimo con quella della provincia, avente competenza in materia di approvazione dello strumento urbanistico.


Anche tale doglianza, come rilevato dai primi giudici, non può trovare accoglimento.


Dalla lettura della impugnata delibera n. 81 del 2 dicembre 1998, relativamente alla questione oggetto di controversia, si ricava agevolmente che il Comune di Piandimeleto non ha preceduto ad alcuna operazione ermeneutica volta ad attribuire alla propria volontà (manifestatasi con la delibera di adozione del piano e con quella relativa all’esame delle osservazioni e opposizioni pervenute) e a quella dell’amministrazione provinciale un significato diverso da quello fatto palese dagli atti, così come sostengono gli appellanti.


Infatti il consiglio comunale, dopo aver dato atto che la normativa contenuta nella tabella B allegata al piano regolatore generale, approvato definitivamente dall’Amministrazione provinciale di Pesaro e Urbino con delibera della Giunta provinciale n. 1058 del 5 novembre 1996, prevedeva una colonna relativa alla quota percentuale PIP riferita alle zone di espansione del piano regolatore generale contrassegnata da un segno (“/”), che secondo la legenda significava “opzione non ammessa”, ha evidenziato che tale segno contraddiceva alla volontà espressa dall’amministrazione comunale, in sede di esame delle osservazioni presentate al piano regolatore generale da parte della CNA – Confartigianato, di riservarsi la facoltà di redigere apposito piano per gli insediamenti produttivi per le aree destinate ad attività produttive, avviso che la stessa amministrazione provinciale aveva condiviso in sede di approvazione del piano regolatore.


Pertanto, non solo la presunta interpretazione non involgeva affatto alcuna determinazione dell’amministrazione provinciale (competente all’approvazione del piano regolatore) e si esauriva in una sorte di correzione di errore materiale del contenuto della tabella normativa B allegata al piano regolatore, che non era corrispondente alla volontà risultante dall’esame delle osservazioni al piano stesso (profilo peraltro che gli appellanti non hanno mai contestato), per quanto non può negarsi che l’Amministrazione provinciale non aveva alcun potere di limitare o conformare la volontà dell’Amministrazione comunale di dotarsi di un proprio piano per gli insediamenti produttivi che, com’è noto, costituisce anche uno strumento attuativo delle prescrizioni dello strumento urbanistico generale.


Pertanto non era affatto necessaria l’adozione di un’apposita variante al piano regolatore per inserire l’area di proprietà degli appellanti, pacificamente ricompresa nell’ambito di una zona destinata a insediamenti produttivi, nel piano per gli insediamenti produttivi.


V.4. Possono essere congiuntamente esaminate le censure di incompetenza sollevate dagli appellanti nei confronti della delibera n. 81 del 2 dicembre 1998, n. 41 del 28 aprile 1999 e n. 64 del 22 settembre 1999, per essere state emanate dal consiglio comunale invece che della Giunta comunale, trattandosi dell’adozione di strumenti urbanistici attuativi.


Anche esse sono prive di fondamento.


Sotto un primo profilo, deve evidenziarsi che il piano per gli insediamenti produttivi non ha natura di mero strumento attuativo delle previsioni contenute nel piano regolatore generale, essendogli stata riconosciuta la importante funzione di strumento di politica economica di stimolo all’espansione industriale e di incentivazione delle imprese, offrendo ad esse ad un prezzo politico le aree occorrenti per il loro impianto e la loro espansione (C.d.S., sez. IV, 6 giugno 2001, n. 3034; 22 maggio 2000, n. 2939; 5 luglio 1995, n. 539).


Proprio per tale caratteristica la scelta discrezionale dell’amministrazione comunale di dotarsi di un piano per gli insediamenti produttivi non costituisce mera attuazione di scelte generali già definitive, ma implica un’apposita determinazione volitiva (del tutto diversa da quella relativa alla pianificazione urbanistica, per quanto con essa coordinata): tale fondamentale scelta, politico – programmatica, non può che inerire all’organo consiliare, unica espressione diretta della collettività da amministrare, i cui deliberati, rappresentando la sintesi della contrapposizione dialettica tra maggioranza ed opposizione, individuano democraticamente l’interesse generale da perseguire.


Tale ricostruzione trova, sotto altro profilo, positiva conferma nel dettato legislativo di cui all’articolo 27 della legge 22 ottobre 1971, n. 865, che attribuisce proprio al consiglio comunale il potere di delimitare le aree da comprendere nel piano per gli insediamenti produttivi, nell’ambito delle zone destinate ad insediamenti produttivi dai piani regolatori generali o dai piani di fabbricazione.


V.5. Ugualmente infondate sono tutte le censure sollevate dagli appellanti circa un presunto di difetto di istruttoria e di motivazione, che inficerebbe le più volte citate delibere del Comune di Piandimeleto, relative all’individuazione delle aree da inserire nel piano per gli insediamenti produttivi, nonché alla sua adozione ed approvazione.


E’ sufficiente rilevare al riguardo che, com’è noto, l’ente locale gode della più ampia discrezionalità nella scelta di dotarsi di un piano per gli insediamenti produttivi, con l’unico limite della adeguata motivazione e della non irragionevolezza o arbitrarietà della scelta stessa, essendo necessario che essa si fondi sull’idoneità del piano stesso ad apportare ricchezza per l’intero sistema economico sociale (C.d.S., sez. IV, 6 giugno 2001, n. 3034); è stato precisato, peraltro, che il dimensionamento del piano per gli insediamenti produttivi deve essere fondato su una puntuale verifica circa lo sviluppo produttivo in atto ed in fieri, senza che si renda necessaria l’acquisizione e l’analisi di ulteriori dati, quali quelli dell’andamento demografico del comune (C.d.S., sez. IV, 2 marzo 1995, n. 128) e che pertanto la scelta dell’amministrazione comunale è insindacabile ove sia immune da vizi logici o errori di fatto, salva l’evidente inidoneità del piano stesso a rispondere alle accertate esigenze economico – sociali e produttive e a reali prospettive di utilizzazione (C.d.S., sez. IV, 22 ottobre 1993, n. 912).


Nel caso di specie, le censure mosse dagli appellanti non hanno provato la arbitrarietà o l’irragionevolezza della scelta operata dall’Amministrazione comunale e non sono sufficienti a scalfire le ragioni che hanno indotto l’Amministrazione comunale di Piandimeleto a dotarsi di un piano per gli insediamenti produttivi; non è stato infatti contestato né l’effettivo esaurimento delle aree già destinate ad attività produttive, né l’effettiva richiesta da parte di imprenditori locali di poter ottenere l’area per incrementare le attività industriali, né l’idoneità delle aree scelte, rispetto alle quali i predetti appellanti si sono limitati a dissentire dall’adeguatezza delle aree prescelte, senza tuttavia fornire, come pure imponeva loro l’onere della prova, alcun elemento indiziario a supporto di tali osservazioni.


Anche le censure circa il dimensionamento del piano in questione si sostanziano in generiche asserzioni, frutto di valutazioni esclusivamente personali, ma sfornite di qualsiasi supporto probatorio, tanto più che – come già accennato – non è stato provato l’erroneità o il travisamento di fatti circa le ragioni che l’Amministrazione comunale ha posto a fondamento delle proprie determinazioni.


La circostanza, infine, che è rimessa alla esclusa discrezionalità dell’ente locale la scelta di dotarsi dello strumento di cui si tratta rende del tutto incomprensibile la censura avanzata dagli appellanti di eccesso di potere per la scelta di pianificazione “pubblica” realizzata dall’amministrazione comunale di Piandimeleto con le delibere consiliari più volte indicate.


V.6. Gli appellanti hanno poi lamentato l’illegittimità delle delibere consiliari n. 41 del 28 aprile 1999 e n. 64 del 22 settembre 1999, in quanto in violazione dell’articolo 13 della legge 2 febbraio 1964, n. 74, perchè il piano per gli insediamenti produttivi non sarebbe stata preceduto, come necessario, dal parere dell’ufficio del genio civile, rientrando il territorio del Comune di Piandimeleto in zona sismica; né sarebbe stato legittimo l’espediente concretamente utilizzato dall’Amministrazione comunale di non rendere pubblica la delibera di adozione del piano, depositandola presso la segreteria, se non dopo l’intervenuto parere.


Osserva al riguardo la Sezione che, come risulta dalla documentazione in atti, l’amministrazione comunale ha provveduto effettivamente alla richiesta del prescritto parere ai sensi dell’articolo 13 della legge richiamata legge n. 64 del 1974 prima della delibera di adozione del piano in questione, precisando in quest’ultima che, prima del rilascio di detto parere non si sarebbe proceduto alla pubblicazione della delibera ed al suo deposito presso la segreteria comunale, cioè non sarebbe stato avviato il procedimento previsto dalla legge per l’approvazione del piano stesso.


Effettivamente solo dopo che il Servizio decentrato opere pubbliche e difesa del suolo della Regione Marche aveva espresso, giusta nota 9564 del 18 giugno 1999, il parere favorevole sul progetto di piano trasmesso, l’amministrazione comunale ha provveduto al deposito degli atti in segreteria ed al relativo avviso, avviando così la fase di approvazione del piano stesso.


Un tale modus procedendi, diversamente da quanto sostenuto dagli appellanti, non ha costituito un espediente per eludere la richiamata disposizione normativa, essendosi verificatasi in realtà un’ipotesi – del tutto legittima – di provvedimento condizionato.


Tale infatti deve essere considerata la delibera consiliare n. 41 del 28 aprile 1999 che, proprio in relazione alla necessità dell’acquisizione del parere previsto dall’articolo 13 della legge 2 febbraio 1974 n. 64, espressamente avvertiva che il proprio perfezionamento (e quindi la sua effettiva idoneità e capacità di esplicare i suoi effetti, cioè di rendere pubblica la volontà di adottare il piano per gli insediamenti produttivi, costituendo la fase iniziale del complesso procedimento sfociante nell’approvazione del piano stesso) sarebbe avvenuto solo dopo il rilascio del parere in questione, come poi effettivamente verificatosi.


La doglianza articolata al riguardo deve pertanto essere respinta.


V.7. Neppure può trovare ingresso l’ultima censura sollevata nei confronti della delibera di approvazione del piano per gli insediamenti produttivi, con la quale gli appellanti hanno eccepito che essa non conterrebbe l’indicazione dei termini per l’inizio ed il compimento dei lavori e delle espropriazioni, ai sensi dell’articolo 13 della legge 25 giugno 1865, n. 2359.


Infatti, l’indicazione dei predetti termini che, com’è noto, svolge una funzione garantistica, costituendo riprova dell’attualità dell’interesse pubblico da soddisfare e della serietà ed effettività del relativo progetto, evitando di esporre sine die il diritto di proprietà al potere espropriativo della pubblica amministrazione, non trova alcuna giustificazione logico – giuridica nel caso del piano per gli insediamenti produttivi, la cui approvazione ha ex lege effetto di dichiarazione di pubblica utilità e di indifferibilità ed urgenza delle opere in esso prevista e ne fissa la durata in dieci anni (che costituisce anche il termine entro cui le previsioni del piano stesso devono essere attuate, cosi C.d.S., sez. IV, 22 maggio 2000, n. 2939).


Ciò senza contare che la deliberazione n. 64 del 22 settembre 1999, di approvazione del piano, contiene effettivamente al punto 4 del dispositivo la espressa fissazione del termine per l’espletamento delle procedure espropriative, stabilito rispettivamente in anni uno (per l’inizio) e cinque (per il compimento), decorrenti dalla data di esecutività della delibera stessa.


V.8. Devono essere infine respinti i motivi di gravame attraverso i quali sono state riproposte le censure svolte col terzo ricorso proposto in primo grado rivolto avverso il decreto di occupazione di urgenza e le delibere della Giunta comunale di Piandimeleto di approvazione dei progetti per la realizzazione delle opere di urbanizzazione ricadenti nel piano per gli insediamenti produttivi, essendo al riguardo la decisione di primo grado del tutto corretta.


In particolare, per quanto attiene al decreto di occupazione di urgenza, esso – com’è noto – costituisce un momento puramente attuativo della dichiarazione di pubblica utilità, indifferibilità ed urgenza dei lavori che, nel caso di specie, deriva immediatamente e direttamente non già dall’approvazione del progetto di urbanizzazione, bensì dall’approvazione del piano per gli insediamenti produttivi che comporta – come si è visto – la dichiarazione ex lege di pubblica utilità, indifferibilità ed urgenza delle opere in esse previste: è sufficiente rilevare al riguardo che la previsione della realizzazione di opere di urbanizzazione era contenuta effettivamente nelle stesse delibere di adozione e di approvazione del piano per gli insediamenti produttivi.


Il decreto di occupazione, che correttamente risulta essere stato emanato dal dirigente dell’amministrazione, trattandosi di un atto di gestione (C.d.S., sez. IV, 10 gennaio 2002, n. 102), non doveva essere preceduto dalla comunicazione di avvio del procedimento, atteso che le garanzie partecipative si devono realizzare (così com’è avvenuto) con riferimento al provvedimento che ha comportato la dichiarazione di pubblica utilità, indifferibilità ed urgenza dei lavori, rispetto al quale il decreto di occupazione costituisce – come detto – mera attuazione, e che comunque era ben nota ai ricorrenti.


E’ altresì infondata la censura con cui gli appellanti hanno dedotto che le opere di urbanizzazione approvate con le impugnate delibere di Giunta municipale non erano state precedute dal necessario rilascio della concessione edilizia, atteso che, ai sensi del comma 16 dell’articolo 4 della legge 4 dicembre 1993, n. 493, così come sostituito dall’articolo 2, comma 60, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, per le opere pubbliche comunali l’approvazione del relativo progetto produce gli stessi effetti della concessione edilizia, a condizione che sussista la validazione del progetto che, nel caso di specie, risulta assicurata dalla apposita relazione del tecnico progettista, puntualmente richiamata dalla delibera della Giunta municipale n. 27 del 1° marzo 2000.


Mentre è appena il caso di rilevare che nessun obbligo di comunicazione di avvio del procedimento sussisteva in capo all’Amministrazione in relazione alle delibere di approvazione dei progetti (definitivo ed esecutivo) delle opere di urbanizzazione ricadenti nel piano per gli insediamenti produttivi, anche la denuncia della asserita mancata redazione del progetto preliminare delle opere di urbanizzazione è priva di rilevanza, atteso che il progetto preliminare è condizione necessaria per l’inserimento dei lavori nel programma annuale delle lavori pubblici da eseguire.


Orbene, non solo, per un verso, dalla mera lettura della delibera della Giunta municipale n. 27 del 1° marzo 2000, risulta che effettivamente la realizzazione delle opere di urbanizzazione del piano per gli insediamenti produttivi era stata effettivamente ricompresa nel programma annuale delle opere pubbliche approvato con delibera consiliare n. 23 del 2 marzo 1999 (avente ad oggetto: “Approvazione bilancio di previsione dell’esercizio 1999 – bilancio pluriennale 1999 – 2001 e relazione previsionale e programmatica), circostanza mai smentita, né altrimenti contestata dagli appellanti, per quanto, per altro verso, tale eventuale vizio avrebbe potuto rilevare esclusivamente in relazione alla gara da bandire per l’appalto dei relativi lavori, situazione rispetto alla quale gli appellanti non possono vantare alcun interesse.


VI. In conclusione l’appello deve essere respinto.


Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.


P.T.M.


Il Consiglio di Stato (sez. IV), definitivamente pronunciando sull’appello proposto dai signori Gensaro Ciro e Luzi Lidia avverso la sentenza del Tribunale amministrativo regionale delle Marche n. 117 del 26 gennaio 2001, così provvede:
- respinge l’appello;
- condanna gli appellanti al pagamento delle spese del presente grado di giudizio, che si liquidano in complessivi euro 3.000, 00 (tremila).


Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio dell’11 marzo 2003, dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quarta, con l'intervento dei signori:
STENIO RICCIO - Presidente
MARINELLA DEDI RULLI - Consigliere
GIUSEPPE CARINCI - Consigliere
CARLO SALTELLI - Consigliere est.
SALVATORE CACACE - Consigliere
 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
27/10/2003


 

M A S S I M E

 

Sentenza per esteso

 

1) P.A. - piano per gli insediamenti produttivi - discrezionalità - dimensionamento del piano - puntuale verifica circa lo sviluppo produttivo in atto ed in fieri - valutazione dell’andamento demografico del comune. L’ente locale gode della più ampia discrezionalità nella scelta di dotarsi di un piano per gli insediamenti produttivi, con l’unico limite della adeguata motivazione e della non irragionevolezza o arbitrarietà della scelta stessa, essendo necessario che essa si fondi sull’idoneità del piano stesso ad apportare ricchezza per l’intero sistema economico sociale (C.d.S., sez. IV, 6 giugno 2001, n. 3034); è stato precisato, peraltro, che il dimensionamento del piano per gli insediamenti produttivi deve essere fondato su una puntuale verifica circa lo sviluppo produttivo in atto ed in fieri, senza che si renda necessaria l’acquisizione e l’analisi di ulteriori dati, quali quelli dell’andamento demografico del comune (C.d.S., sez. IV, 2 marzo 1995, n. 128) e che pertanto la scelta dell’amministrazione comunale è insindacabile ove sia immune da vizi logici o errori di fatto, salva l’evidente inidoneità del piano stesso a rispondere alle accertate esigenze economico – sociali e produttive e a reali prospettive di utilizzazione (C.d.S., sez. IV, 22 ottobre 1993, n. 912). Consiglio di Stato - Sezione IV, 27 Ottobre 2003, Sentenza n. 6631

 

2) Pubblica Amministrazione - la discrezionalità comunale di dotarsi di un piano per gli insediamenti produttivi - pianificazione urbanistica. La scelta discrezionale dell’amministrazione comunale di dotarsi di un piano per gli insediamenti produttivi non costituisce mera attuazione di scelte generali già definitive, ma implica un’apposita determinazione volitiva (del tutto diversa da quella relativa alla pianificazione urbanistica, per quanto con essa coordinata) e pertanto non può che inerire all’organo consiliare, unica espressione diretta della collettività da amministrare, i cui deliberati, rappresentando la sintesi della contrapposizione dialettica tra maggioranza ed opposizione, individuano democraticamente l’interesse generale da perseguire. Consiglio di Stato - Sezione IV, 27 Ottobre 2003, Sentenza n. 6631

 

3) Insediamenti produttivi - approvazione del piano per gli insediamenti produttivi - decreto di occupazione di urgenza - dichiarazione di pubblica utilità, indifferibilità ed urgenza dei lavori - progetto di urbanizzazione. Il decreto di occupazione di urgenza costituisce un momento puramente attuativo della dichiarazione di pubblica utilità, indifferibilità ed urgenza dei lavori che, nel caso di un piano per gli insediamenti produttivi, deriva immediatamente e direttamente non già dall’approvazione del progetto di urbanizzazione, bensì dall’approvazione del piano per gli insediamenti produttivi che comporta – come si è visto – la dichiarazione ex lege di pubblica utilità, indifferibilità ed urgenza delle opere in esse previste. Consiglio di Stato - Sezione IV, 27 Ottobre 2003, Sentenza n. 6631

 

4) La comunicazione di avvio del procedimento - funzione e finalità - “giusto provvedimento” - rapporti tra pubblica amministrazione e cittadini - l’effettivo perseguimento dell’interesse pubblico con il minimo sacrificio possibile dei privati - i principi costituzionali di legalità, imparzialità e buon andamento - l’obbligo imposto all’amministrazione di dare avviso al cittadino interessato dell’avvio di un procedimento. La comunicazione di avvio del procedimento, prevista dall’articolo 7 della legge 7 agosto 1990, n. 241, si inquadra nell’ambito di una nuova visione dei rapporti tra pubblica amministrazione e cittadini, imperniata sul principio della democraticità delle decisioni, quale strumento indispensabile per l’effettivo perseguimento dell’interesse pubblico con il minimo sacrificio possibile dei privati, così trovando concretamente attuazioni i principi costituzionali di legalità, imparzialità e buon andamento che devono contraddistinguere l’azione amministrativa. Essa rappresenta quindi lo strumento previsto dal legislatore attraverso cui il cittadino, con apposite memorie ed osservazioni, interviene nel processo decisionale della pubblica amministrazione, fornendo a quest’ultima quegli elementi di conoscenza e di valutazione occorrenti ad orientare correttamente le scelte amministrative e ad adottare, quindi, un “giusto provvedimento” (C.d.S., sez. V, 28 maggio 2001, n. 2884), idoneo a contemperare gli opposti interessi pubblici e privati in gioco (C.d.S., sez. IV, 18 ottobre 2002, n. 5699). La finalità perseguite con l’obbligo imposto all’amministrazione di dare avviso al cittadino interessato dell’avvio di un procedimento che lo riguardi direttamente esclude che detto obbligo abbia natura meramente formale, così che esso è stato escluso non solo nel caso in cui l’interessato abbia anche aliunde avuto modo di conoscere l’esistenza del procedimento avviato dall’Amministrazione (e quindi di partecipare effettivamente alla decisione), ma anche quando (con riferimento al giudizio di appello) il ricorrente in primo grado non abbia censurato con dati reali la coerenza, logicità, completezza, adeguatezza e ponderazione dell’azione amministrativa, né abbia dimostrato che egli sarebbe stato in grado di fornire elementi di conoscenza e di giudizio tali da poter indirizzare diversamente la concreta decisione dell’amministrazione (C.d.S., sez. V, 21 gennaio 2002, n. 343); d’altra parte deve ammettersi che proprio al fine di non svuotare la peculiarità della comunicazione di avvio del procedimento, è necessario che essa sia fatta quando l’Amministrazione abbia già manifestato l’intenzione di assumere una certa decisione, rivelandosi altrimenti le eventuali memorie ed osservazioni nient’altro che esercitazioni astratte e prive di qualsiasi effetto pratico. Consiglio di Stato - Sezione IV, 27 Ottobre 2003, Sentenza n. 6631

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