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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato in sede
giurisdizionale (Sezione Quarta) ha pronunciato la seguente
D E C I S I O N E
sul ricorso in appello iscritto al NRG 2785 dell’anno 2001 proposto da
GENSANO CIRO e LUZI LIDIA, rappresentati e difesi dall’avv. Franco Buonassisi,
con il quale sono elettivamente domiciliati in Roma, Lungotevere Flaminio n. 46
(presso Gian Marco Grez);
contro
COMUNE DI PIANDIMELETO, in persona del sindaco in carica, rappresentato e difeso
dall’avv. Benedetto Graziosi, con il quale è elettivamente domiciliato in Roma,
Lungotevere Flaminio n. 46;
per l’annullamento
della sentenza del Tribunale amministrativo regionale delle Marche, n. 117 del
26 gennaio 2001;
Visto il ricorso in appello con i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Piandimeleto;
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive tesi
difensive;
Visti tutti gli atti di causa;
Relatore alla pubblica udienza dell’11 marzo 2003 il consigliere Carlo Saltelli;
Uditi l’avvocato Viviani, per delega dell’avvocato Buonassisi, per gli
appellanti, e l’avvocato Graziosi per il Comune di Piandimeleto;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.
F A T T O
I.1. Con ricorso notificato il 21 maggio 1999 (RG. N. 534/99) i signori Ciro
Gensano e Lidia Luzi, nella asserita qualità di proprietari di un fondo sito nel
Comune di Piandimeleto ed esteso per 49.475 metri quadrati, chiedevano al
Tribunale amministrativo regionale delle Marche l’annullamento della delibera
del consiglio comunale di Piandimeleto n. 81 del 2 dicembre 1998, avente ad
oggetto “individuazione aree per insediamenti produttivi”, per effetto della
quale il fondo di loro proprietà era stato inserito nelle aree per gli
insediamenti produttivi.
I ricorrenti deducevano:
1) “Nullità della notifica della deliberazione”, avvenuta con la consegna di una
sola copia del provvedimento, pur essendo due i proprietari del fondo in
questione, senza che fosse stato indicato il luogo di notifica e il rapporto di
convivenza e di parentela esistente tra i destinatari dell’atto e la persona cui
la notifica era stata eseguita, così che essa era inidonea a far decorrere il
termine di impugnazione;
2) “Violazione art. 7 e segg. L. n. 241/90 – eccesso di potere”, in quanto
l’amministrazione comunale aveva omesso di comunicare loro l’avviso di avvio del
procedimento conclusosi con la individuazione delle aree asseritamente
necessarie per gli insediamenti produttivi, impedendo così la legittima
partecipazione, tanto più opportuna e necessaria in quanto la formazione del
predetto piano ad iniziativa pubblica era la conseguenza della carenza di
iniziativa privata;
3) “Violazione di legge ed eccesso di potere”, perché la deliberazione impugnata
aveva inopinatamente ritenuto di poter interpretare autenticamente le norme del
vigente piano regolatore generale, facendo rientrare tra le aree da destinare
agli insediamenti produttivi anche quelle di loro proprietà per le quali,
invece, secondo lo strumento urbanistico, approvato dalla Provincia, non era
ammessa la possibilità del ricorso allo strumento attuativo da parte
dell’Amministrazione, così che a tal fine sarebbe stato indispensabile la
adozione e l’approvazione di una variante urbanistica;
4) “Violazione artt. 32 e 3 L. n. 142/90 nel testo risultante dall’art. 4, co.
2, L. n. 415/1998 – incompetenza”, in quanto il provvedimento impugnato,
individuando specificamente l’area da inserire nel piano degli insediamento
produttivi, non poteva avere un valore esclusivamente programmatico, ma
possedeva i requisiti specifici di un piano esecutivo la cui approvazione non
spettava all’organo consiliare;
5) “Violazione art. 3 L. n. 241/90 – eccesso di potere”, atteso che la scelta
dell’area di loro proprietà era avvenuta sulla base di vaghe e generiche
esigenze territoriali, non supportate da alcun elemento istruttorio anche in
ordine all’effettivo dimensionamento dell’area ritenuta necessaria, non
potendosi in tal senso ritenere sufficienti le mere indicazioni sulla
conformazione del terreno, sulla sua acclività particolare, sulla sua vicinanza
ad altre zone produttive già in attività e sulla astratta idoneità della
superficie di circa 20.000 metri quadrati di soddisfare le esigenze territoriali
del decennio considerato;
6) “Violazione di legge – eccesso di potere”, in quanto, avendo
l’amministrazione comunale deciso di procedere alla formazione del piano per gli
insediamenti produttivi ad iniziativa pubblica per la mancanza di quella
privata, era necessaria una apposita variante allo strumento urbanistico
vigente.
I.2. Con altro ricorso notificato il 7 dicembre 1999 (RG. N. 1222/99), i signori
Ciro Gensano e Lidia Luzi chiedevano al Tribunale amministrativo regionale delle
Marche l’annullamento, oltre che della già impugnata deliberazione consiliare n.
81 del 2 dicembre 1998, anche delle delibere consiliari n. 41 del 28 aprile
1999, avente ad oggetto “adozione piano per insediamenti produttivi” e n. 64 del
22 settembre 1999, recante “approvazione piano insediamenti produttivi”,
lamentando:
1) “Violazione art. 7 e segg. L. n. 241/90 – eccesso di potere”, in quanto
l’Amministrazione, violando i puntuali obblighi imposti dalla normativa
rubricata, non aveva loro comunicato l’avvio del procedimento culminato
nell’adozione e nell’approvazione del predetto piano, impedendo la loro
necessaria partecipazione a garanzia del giusto contemperamento degli interessi
in gioco; tale gravissima violazione non poteva considerarsi sanata per effetto
della comunicazioni inutilmente disposte successivamente all’emanazione di dette
delibere, rendendo così inutili ed ininfluenti le eventuali osservazioni e
memorie, ciò senza contare che dette comunicazioni non contenevano l’indicazione
del responsabile del procedimento e dell’ufficio presso cui poter prendere
visione degli atti;
2) “Violazione artt. 32 e 3 L. n. 142/90 nel testo risultante dall’art. 4, co.
2, L. n. 415/1998 – Incompetenza”, in quanto l’adozione e l’approvazione dei
piani particolareggiati, tra cui doveva annoverarsi anche il piano per gli
insediamenti produttivi, non rientravano nella competenza del consiglio
comunale;
3) “Violazione art. 13 L. n. 64/74, in relazione al D.M. LL.PP. 10/2/1983, e
art. 1 L. n. 241/90”, in quanto, essendo ricompreso il territorio del comune di
Piandimeleto in zona sismica, l’adozione degli strumenti urbanistici, generali o
particolareggiati, doveva essere preceduta dal parere della sezione decentrata
regionale del Provveditorato alle Opere Pubbliche, mentre, nel caso di specie,
per eludere tale obbligo, con un inammissibile espediente, l’Amministrazione
comunale aveva richiesto detto parere due giorni prima della delibera di
adozione del piano per gli insediamenti produttivi, disponendo poi la
pubblicazione e il deposito di quest’ultima solo all’esito dell’intervenuto
parere favorevole;
4) “Violazione art. 27, co. 3, L. n. 865/71, in relazione all’art. 16, co. 4, L.
n. 1150/42, e all’art. 13, co. 1, L. n. 2359/1865 – eccesso di potere”, atteso
che l’amministrazione, nella impugnata delibera n. 64 del 22 settembre 1999, di
approvazione del piano per gli insediamenti produttivi, aveva indicato soltanto
i termini di inizio e fine delle espropriazioni e non anche, come
indispensabili, quelli inerenti all’inizio ed al compimento dei lavori;
5) “Violazione dell’art. 27 L. n. 865/71 – eccesso di potere”, in quanto la
formazione del piano per gli insediamenti produttivi non era stato preceduto
dalla necessaria attività istruttoria, consistente nello studio e nella
valutazione dell’effettivo fabbisogno di aree e della effettiva idoneità di
quelle individuate in rapporto allo sviluppo produttivo, non potendo a ciò
bastare né la conformazione del terreno, la sua acclività particolare, la sua
vicinanza ad attività produttive già avviate, e tanto meno il mero richiamo a
segnalazioni di necessità di aree produttivi provenienti da imprenditori locali,
trattandosi di elementi vaghi e generici;
6) “Violazione di legge ed eccesso di potere”, perché la scelta di procedere per
via pubblica alla formazione del piano di insediamenti produttivi imponeva la
previa adozione di una variante al vigente strumento urbanistico.
I.3. Infine, con ricorso notificato l’8 aprile 2000 (RG N. 441/90), i predetti
signori Ciro Gensano e Lidia Luzi chiedevano al Tribunale amministrativo
regionale delle Marche l’annullamento: a) del decreto di occupazione d’urgenza
n. 2 del 13 marzo 2000; b) della deliberazione della Giunta comunale di
Piandimeleto n. 203 del 15 ottobre 1999, con cui era stato approvato il progetto
definitivo delle opere di urbanizzazione e n. 211 del 4 novembre 1999 di
modifica della precedente; c) della delibera della Giunta comunale di
Piandimeleto n. 25 del 24 febbraio 2000, con cui era stato stabilito di
procedere alla occupazione d’urgenza dei fondi occorrenti; d) della delibera
della Giunta comunale di Piandimeleto n. 27 del 1° marzo 2000, recante
l’approvazione delle opere di urbanizzazione relative al piano per gli
insediamenti produttivi; e) di ogni altro atto presupposto, connesso e/o
conseguente, ivi comprese la eventuale delibera di approvazione del progetto
preliminare delle opere di urbanizzazione.
A loro avviso, le predette deliberazioni erano viziate da:
1) “Illegittimità derivata”, trattandosi di provvedimenti direttamente
dipendenti dalle deliberazioni consiliari n. 81 del 2 dicembre 1998, relativa
all’individuazione delle aree per insediamenti produttivi, n. 41 del 28 aprile
1999, avente ad oggetto l’adozione del piano per gli insediamenti produttivi, e
n. 64 del 22 settembre 1999, di approvazione del piano per gli insediamenti
produttivi, già impugnate con i precedenti ricorsi n. 534/1999 e n. 1222/1999;
2) “Violazione art. 7 e segg. L. n. 241 del 1990 – eccesso di potere”, in quanto
non era stata data alcuna comunicazione di avvio del procedimento in relazione
all’approvazione del progetto definitivo ed esecutivo delle opere di
urbanizzazione, nonché alla procedura d’urgenza, tanto più che l’approvazione
dei progetti relativi ad opere pubbliche incide direttamente sulla proprietà dei
privati, laddove l'occupazione d'urgenza dell’area di loro proprietà non poteva
essere giustificata dal mero richiamo all’approvazione del piano per gli
insediamenti produttivi;
3) “Violazione di legge ed eccesso di potere”, in quanto il decreto di
occupazione poneva erroneamente a propria giustificazione la dichiarazione di
pubblica utilità insita nell’approvazione del piano per gli insediamenti
produttivi, laddove la delibera della giunta comunale n. 27 del 1° marzo 2000
faceva alcun riferimento al piano per gli insediamenti produttivi, riguardando
soltanto le opere di urbanizzazione;
4) “Violazione art. 51, co. 3, L. n. 142/90, mod. da art. 6, co. 2, L. n.
127/97, e art. 3, co. 2, D. L.vo n. 29/93, sost. da art. 3, co. 2, D. L.vo n.
80/98”, in quanto il decreto di occupazione d’urgenza era stato adottato dal
responsabile del servizio, in attuazione del provvedimento di occupazione
disposto dalla Giunta comunale con la deliberazione n. 25 del 24 febbraio 2000,
invece che dal dirigente; ciò senza contare che, trattandosi di opere di
competenza comunale, non vi era alcuna competenza dell’organo esecutivo
comunale, ma esclusivamente del Sindaco;
5) (4 bis) “Violazione art. 14, co. 2, lett. f), reg. regionale tipo n. 23 del
14.9.1989”, in quanto era mancato il previo parere della Commissione edilizia
comunale sulle opere pubbliche da realizzare;
6) (5) “Violazione art. 16 L. n. 109 del 1994 e succ. modificazioni”, in quanto
l’amministrazione aveva alterato la sequenza logico – giuridica delineata dalla
legge in relazione all’approvazione dei progetti di lavori pubblici, non
esistendo alcuna traccia della progettazione preliminare dell’opera da
realizzare.
II. L’adito Tribunale, riuniti i tre ricorsi, con la sentenza n. 117 del 26
gennaio 2001, li ha respinti, ritenendo infondati tutti i rilievi svolti.
III. Con atto di appello notificato tra il 9 ed il 12 marzo 2001, i signori Ciro
Gensano e Lidia Luzi hanno chiesto la riforma della prefata statuizione,
riproponendo a tal fine tutti i motivi di censura sollevati con i tre ricorsi
proposti in primo grado, erroneamente respinti, a loro avviso, con motivazione
carente e approssimativa, frutto di una superficiale valutazione dei rilievi
svolti e del materiale probatorio in atti.
Il Comune di Piandimeleto si è costituito in giudizio, deducendo
l’inammissibilità e l’infondatezza dell’avverso gravame, di cui ha chiesto il
rigetto.
D I R I T T O
IV. E’ controversa la legittimità della serie procedimentale con la quale il
Comune di Piandimeleto ha individuato le aree da inserire nel piano per gli
insediamenti produttivi (delibera consiliare n. 81 del 2 dicembre 1998),
provvedendo quindi all’adozione del predetto piano (delibera consiliare n. 41
del 28 aprile 1999) e alla sua approvazione (delibera consiliare n. 64 del 22
settembre 1999), nonché alla successiva approvazione del progetto definitivo
(delibera della Giunta municipale n. 203 del 15 ottobre 1999, modificata con la
successiva delibera n. 211 del 4 novembre 1999) e poi quello esecutivo (delibera
della Giunta Municipale n. 27 del 1° marzo 1999) delle opere di urbanizzazione
relativo al predetto piano, con l’emanazione del decreto di occupazione di
urgenza n. 2 del 13 marzo 2000.
I signori Ciro Gensano e Lidia Luzi, proprietari di un’area inserita nel piano
per gli insediamenti produttivi, hanno impugnato la sentenza del Tribunale
amministrativo regionale delle Marche n. 117 del 26 gennaio 2001 che,
respingendo il loro ricorso di primo grado, ha ritenuto tutti i citati atti
immuni dai vizi sollevati; a tal fine essi hanno riproposto sostanzialmente
tutti i motivi di censura svolti in primo grado che, a loro avviso, sarebbero
stati frettolosamente e superficialmente esaminati e dichiarati infondati con
motivazione assolutamente erronea e poco pertinente .
Si è costituito in giudizio il Comune di Piandimeleto che ha chiesto il rigetto
dell’avverso appello, deducendone l’inammissibilità e l’infondatezza.
V. Al riguardo la Sezione osserva quanto segue.
V.1. E’ infondato il primo motivo di gravame, con il quale gli appellanti,
riproponendo l’identico motivo sollevato con il primo ricorso, hanno dedotto la
nullità della notifica della deliberazione consiliare n. 81 del 2 dicembre 1998,
relativa alla individuazione delle aree per gli insediamenti produttivi, in
quanto eseguita mediante consegna di una sola copia (invece che delle due
occorrenti, tanti essendo i proprietari del fondo) a soggetto peraltro diverso
dai proprietari stessi, senza indicazione né del rapporto di convivenza e di
parentela esistente tra essi proprietari ed il soggetto cui era stata consegnata
la copia della delibera, né del luogo in cui essa era avvenuta.
Rileva la Sezione che la notificazione di un provvedimento amministrativo
costituisce uno strumento di conoscenza qualificata dello stesso, finalizzata a
rendere certa e incontestabile in capo ai suoi destinatari la conoscenza del
relativo contenuto; essa, quindi, non attiene alla fase di perfezionamento della
volontà dell’amministrazione che si esprime nel contenuto provvedimentale
dell’atto e non ne costituisce quindi un requisito di validità.
L’autonomia della fase della comunicazione del provvedimento rispetto a quella
del perfezionamento esclude che gli eventuali vizi della prima possano incidere
seconda, inficiandola, con la conseguenza che il vizio della notificazione
rileva esclusivamente come causa ostativa alla completa ed esatta conoscenza del
contenuto del provvedimento ai fini della sua eventuale impugnazione.
Nel caso di specie è decisivo, ai fini del rigetto del motivo di gravame in
esame, la circostanza che non è stata sollevata dalla controparte appellata
(neppure in primo grado) alcuna eccezione sulla tempestività dell’impugnazione
della citata delibera n. 81 del 2 dicembre 1998, così che l’eccepito difetto di
notifica non ha comportato alcun vulnus alla tutela delle ragione degli
appellanti, essendo per il resto ininfluente ai fini della validità della
notifica anche l’omessa menzione del luogo in cui essa viene effettuata (C.d.S.,
sez. V, 2 novembre 1998, n. 1563; 18 luglio 1994, n. 757).
V.2. Possono essere congiuntamente esaminate le censure sollevate dagli
appellanti circa la asserita violazione dell’articolo 7 della legge 7 agosto
1990, n. 241, per omessa comunicazione dell’avvio del procedimento, nei
confronti della delibera consiliare n. 81 del 2 dicembre 1998 (individuazione
delle aree da inserire nel piano per gli insediamenti produttivi), della
delibera consiliare n. 41 del 28 aprile 1999 (di adozione del piano per gli
insediamenti produttivi) e n. 64 del 22 settembre 1999 (di approvazione del
piano stesso).
Anche tali doglianze, ad avviso della Sezioni, non sono meritevoli di positivo
apprezzamento.
V.2.1. La comunicazione di avvio del procedimento, prevista dall’articolo 7
della legge 7 agosto 1990, n. 241, si inquadra nell’ambito di una nuova visione
dei rapporti tra pubblica amministrazione e cittadini, imperniata sul principio
della democraticità delle decisioni, quale strumento indispensabile per
l’effettivo perseguimento dell’interesse pubblico con il minimo sacrificio
possibile dei privati, così trovando concretamente attuazioni i principi
costituzionali di legalità, imparzialità e buon andamento che devono
contraddistinguere l’azione amministrativa.
Essa rappresenta quindi lo strumento previsto dal legislatore attraverso cui il
cittadino, con apposite memorie ed osservazioni, interviene nel processo
decisionale della pubblica amministrazione, fornendo a quest’ultima quegli
elementi di conoscenza e di valutazione occorrenti ad orientare correttamente le
scelte amministrative e ad adottare, quindi, un “giusto provvedimento” (C.d.S.,
sez. V, 28 maggio 2001, n. 2884), idoneo a contemperare gli opposti interessi
pubblici e privati in gioco (C.d.S., sez. IV, 18 ottobre 2002, n. 5699).
La finalità perseguite con l’obbligo imposto all’amministrazione di dare avviso
al cittadino interessato dell’avvio di un procedimento che lo riguardi
direttamente esclude che detto obbligo abbia natura meramente formale, così che
esso è stato escluso non solo nel caso in cui l’interessato abbia anche aliunde
avuto modo di conoscere l’esistenza del procedimento avviato
dall’Amministrazione (e quindi di partecipare effettivamente alla decisione), ma
anche quando (con riferimento al giudizio di appello) il ricorrente in primo
grado non abbia censurato con dati reali la coerenza, logicità, completezza,
adeguatezza e ponderazione dell’azione amministrativa, né abbia dimostrato che
egli sarebbe stato in grado di fornire elementi di conoscenza e di giudizio tali
da poter indirizzare diversamente la concreta decisione dell’amministrazione (C.d.S.,
sez. V, 21 gennaio 2002, n. 343); d’altra parte deve ammettersi che proprio al
fine di non svuotare la peculiarità della comunicazione di avvio del
procedimento, è necessario che essa sia fatta quando l’Amministrazione abbia già
manifestato l’intenzione di assumere una certa decisione, rivelandosi altrimenti
le eventuali memorie ed osservazioni nient’altro che esercitazioni astratte e
prive di qualsiasi effetto pratico.
V.2.2. Nel caso di specie, come correttamente rilevato dai primi giudici, la
delibera consiliare n. 81 del 2 dicembre 1998 del Comune di Piandimeleto, era
priva di valore provvedimentale, atteso che, come si evince dal suo tenore
letterale, essa rappresentava soltanto un mero atto programmatico ovvero una
proposta di lavoro che sollecitava l'Amministrazione comunale ad affrontare le
problematiche conseguenti all'esaurimento delle aree attualmente destinate ad
attività produttive di completamento ed alle pressanti insistenze degli
imprenditori locali circa la necessità di individuare nuove aree ad uso
produttivo per garantire la continuità produttiva: ciò trova, del resto,
puntuale conferma nell'esame del punto 3 del dispositivo della citata delibera
che prevedeva il conferimento di un successivo incarico ad un professionista
abilitato per la redazione del piano per gli insediamenti produttivi.
Nella delibera in esame non vi era pertanto alcuna concreta, attuale ed
effettiva scelta dell'Amministrazione comunale circa i terreni da inserire nel
piano degli insediamenti produttivi (rispetto alla quale soltanto sarebbe
scattato l'obbligo di comunicare l'avvio del procedimento ai relativi
proprietari); al contrario, essa costituiva semplicemente il primo atto
preparatorio (rilevante esclusivamente sotto un profilo squisitamente
"politico") di un articolato procedimento che doveva coinvolgere tutte le forze
politiche e sociali della città in modo da pervenire, nella relativa costruttiva
contrapposizione dialettica, alla effettiva scelta dei terreni più adatti e più
idonei a perseguire l'interesse pubblico: scelta che sarebbe stata poi
consacrata nella delibera di adozione del piano per gli insediamenti produttivi.
E' significativo, in tal senso, ad avviso della Sezione, che il punto 5 del
dispositivo della citata delibera n. 81 del 2 dicembre 1988 abbia disposto la
comunicazione dello stesso atto ai proprietari delle aree individuate ai fini di
consentirne la partecipazione al procedimento, proprio secondo le previsioni di
cui alla legge 7 agosto 1990 n. 241, proprio ai fini della scelta da consacrare
nella delibera di adozione del piano per gli insediamenti produttivi (avvenuta
con delibera consiliare n. 41 del 28 aprile 1999): diversamente interpretando la
sequenza procedimentale degli atti in esame, secondo la ricostruzione degli
appellanti, dovrebbe ammettersi che l'Amministrazione comunale di Piandimeleto
abbia posto in essere un'attività amministrativa inutile, atteso che la delibera
n. 41 del 28 aprile 1999 costituirebbe una mera immotivata reiterazione della
precedente delibera n. 8 del 2 dicembre 1998.
Deve pertanto escludersi che ai fini dell'adozione della più volte citata
delibera consiliare n. 81 del 2 dicembre e 1998 sussistesse l'obbligo
dell'Amministrazione comunale di Piandimeleto di comunicare agli interessati
l'avvio del procedimento ai sensi dell'articolo 7 della legge 7 agosto 1990, n.
241.
Ciò senza contare che, come risulta proprio dalla lettura della delibera n. 81
del 2 dicembre 1998 ed in particolare dalle considerazioni svolte dal Sindaco
nell'illustrazione della proposta di deliberazione, i proprietari delle aree
individuate (quale ipotesi di lavoro, come delineato) per la redazione della
successiva deliberazione di adozione del piano per gli insediamenti produttivi
erano a conoscenza dell'intenzione dell'Amministrazione di provvedere ad
adottare un nuovo piano per gli insediamenti produttivi a causa dell'esaurimento
del precedente strumento e delle pressanti richieste avanzate a tal fine dagli
imprenditori locali, tant'è che erano stati invitati dalla stessa
Amministrazione comunale, ma inutilmente, a presentare piani di lottizzazione
privata: anche sotto tale profilo, quindi, deve escludersi che, nel caso di
specie, si sia verificata la denunciata violazione delle garanzie partecipative
di cui all'articolo 7 della legge 7 agosto 1990, n. 241.
V.2.3. Le osservazioni che precedono escludono, poi, che il dedotto vizio di
omessa comunicazione dell’avvio del procedimento possa in qualche modo rilevare
con riferimento alle delibere consiliari n. 41 del 28 aprile 1999 e n. 64 del 22
settembre 1999, rispettivamente di adozione e di approvazione del piano per gli
insediamenti produttivi.
Peraltro deve rilevarsi che, come emerge dalla documentazione in atti, nei
confronti di tali deliberazioni risultano effettivamente espletate le formalità
di pubblicità prevista specificamente dalla legge, ai fini della partecipazione
degli interessati.
Infatti, come si ricava dalla lettura della motivazione della delibera n. 64 del
22 settembre 1999 (concernente l’approvazione del piano in questione), la
precedente delibera di adozione del piano (n. 41 del 28 luglio 1999), corredata
di tutti i necessari allegati, era stata ritualmente depositata presso la
segreteria comunale e di tale deposito era stato dato avviso all’albo pretorio
in data 8 luglio 1999, senza che nel termine stabilito fosse pervenuta alcuna
opposizione o osservazione; inoltre risulta che con la nota prot. n. 3511 dell'8
luglio 1999 è stata inviata agli appellati copia della delibera di adozione del
piano in questione, senza che essi abbiano svolto alcuna osservazione o
controdeduzione.
Pertanto, nel caso di specie, non si è verificata alcuna violazione delle
garanzie partecipative, diversamente da quanto sostenuto dagli appellanti.
V.3. Con il terzo motivo di gravame è stata sostenuta l’illegittimità della
delibera consiliare n. 81 del 2 dicembre 1998 perché con essa l’amministrazione
comunale avrebbe inammissibilmente interpretato le norme del vigente piano
regolatore che, secondo gli appellanti, escludevano che l’area di loro proprietà
potesse essere ricompresa nel piano per gli insediamenti produttivi, ragion per
cui sarebbe stata necessaria l’adozione e poi l’approvazione di un’apposita
variante al piano regolatore generale, tanto più che quest’ultimo non era
espressione soltanto della volontà del comune, quanto piuttosto era il frutto
del concorso della volontà di quest’ultimo con quella della provincia, avente
competenza in materia di approvazione dello strumento urbanistico.
Anche tale doglianza, come rilevato dai primi giudici, non può trovare
accoglimento.
Dalla lettura della impugnata delibera n. 81 del 2 dicembre 1998, relativamente
alla questione oggetto di controversia, si ricava agevolmente che il Comune di
Piandimeleto non ha preceduto ad alcuna operazione ermeneutica volta ad
attribuire alla propria volontà (manifestatasi con la delibera di adozione del
piano e con quella relativa all’esame delle osservazioni e opposizioni
pervenute) e a quella dell’amministrazione provinciale un significato diverso da
quello fatto palese dagli atti, così come sostengono gli appellanti.
Infatti il consiglio comunale, dopo aver dato atto che la normativa contenuta
nella tabella B allegata al piano regolatore generale, approvato definitivamente
dall’Amministrazione provinciale di Pesaro e Urbino con delibera della Giunta
provinciale n. 1058 del 5 novembre 1996, prevedeva una colonna relativa alla
quota percentuale PIP riferita alle zone di espansione del piano regolatore
generale contrassegnata da un segno (“/”), che secondo la legenda significava
“opzione non ammessa”, ha evidenziato che tale segno contraddiceva alla volontà
espressa dall’amministrazione comunale, in sede di esame delle osservazioni
presentate al piano regolatore generale da parte della CNA – Confartigianato, di
riservarsi la facoltà di redigere apposito piano per gli insediamenti produttivi
per le aree destinate ad attività produttive, avviso che la stessa
amministrazione provinciale aveva condiviso in sede di approvazione del piano
regolatore.
Pertanto, non solo la presunta interpretazione non involgeva affatto alcuna
determinazione dell’amministrazione provinciale (competente all’approvazione del
piano regolatore) e si esauriva in una sorte di correzione di errore materiale
del contenuto della tabella normativa B allegata al piano regolatore, che non
era corrispondente alla volontà risultante dall’esame delle osservazioni al
piano stesso (profilo peraltro che gli appellanti non hanno mai contestato), per
quanto non può negarsi che l’Amministrazione provinciale non aveva alcun potere
di limitare o conformare la volontà dell’Amministrazione comunale di dotarsi di
un proprio piano per gli insediamenti produttivi che, com’è noto, costituisce
anche uno strumento attuativo delle prescrizioni dello strumento urbanistico
generale.
Pertanto non era affatto necessaria l’adozione di un’apposita variante al piano
regolatore per inserire l’area di proprietà degli appellanti, pacificamente
ricompresa nell’ambito di una zona destinata a insediamenti produttivi, nel
piano per gli insediamenti produttivi.
V.4. Possono essere congiuntamente esaminate le censure di incompetenza
sollevate dagli appellanti nei confronti della delibera n. 81 del 2 dicembre
1998, n. 41 del 28 aprile 1999 e n. 64 del 22 settembre 1999, per essere state
emanate dal consiglio comunale invece che della Giunta comunale, trattandosi
dell’adozione di strumenti urbanistici attuativi.
Anche esse sono prive di fondamento.
Sotto un primo profilo, deve evidenziarsi che il piano per gli insediamenti
produttivi non ha natura di mero strumento attuativo delle previsioni contenute
nel piano regolatore generale, essendogli stata riconosciuta la importante
funzione di strumento di politica economica di stimolo all’espansione
industriale e di incentivazione delle imprese, offrendo ad esse ad un prezzo
politico le aree occorrenti per il loro impianto e la loro espansione (C.d.S.,
sez. IV, 6 giugno 2001, n. 3034; 22 maggio 2000, n. 2939; 5 luglio 1995, n.
539).
Proprio per tale caratteristica la scelta discrezionale dell’amministrazione
comunale di dotarsi di un piano per gli insediamenti produttivi non costituisce
mera attuazione di scelte generali già definitive, ma implica un’apposita
determinazione volitiva (del tutto diversa da quella relativa alla
pianificazione urbanistica, per quanto con essa coordinata): tale fondamentale
scelta, politico – programmatica, non può che inerire all’organo consiliare,
unica espressione diretta della collettività da amministrare, i cui deliberati,
rappresentando la sintesi della contrapposizione dialettica tra maggioranza ed
opposizione, individuano democraticamente l’interesse generale da perseguire.
Tale ricostruzione trova, sotto altro profilo, positiva conferma nel dettato
legislativo di cui all’articolo 27 della legge 22 ottobre 1971, n. 865, che
attribuisce proprio al consiglio comunale il potere di delimitare le aree da
comprendere nel piano per gli insediamenti produttivi, nell’ambito delle zone
destinate ad insediamenti produttivi dai piani regolatori generali o dai piani
di fabbricazione.
V.5. Ugualmente infondate sono tutte le censure sollevate dagli appellanti circa
un presunto di difetto di istruttoria e di motivazione, che inficerebbe le più
volte citate delibere del Comune di Piandimeleto, relative all’individuazione
delle aree da inserire nel piano per gli insediamenti produttivi, nonché alla
sua adozione ed approvazione.
E’ sufficiente rilevare al riguardo che, com’è noto, l’ente locale gode della
più ampia discrezionalità nella scelta di dotarsi di un piano per gli
insediamenti produttivi, con l’unico limite della adeguata motivazione e della
non irragionevolezza o arbitrarietà della scelta stessa, essendo necessario che
essa si fondi sull’idoneità del piano stesso ad apportare ricchezza per l’intero
sistema economico sociale (C.d.S., sez. IV, 6 giugno 2001, n. 3034); è stato
precisato, peraltro, che il dimensionamento del piano per gli insediamenti
produttivi deve essere fondato su una puntuale verifica circa lo sviluppo
produttivo in atto ed in fieri, senza che si renda necessaria l’acquisizione e
l’analisi di ulteriori dati, quali quelli dell’andamento demografico del comune
(C.d.S., sez. IV, 2 marzo 1995, n. 128) e che pertanto la scelta
dell’amministrazione comunale è insindacabile ove sia immune da vizi logici o
errori di fatto, salva l’evidente inidoneità del piano stesso a rispondere alle
accertate esigenze economico – sociali e produttive e a reali prospettive di
utilizzazione (C.d.S., sez. IV, 22 ottobre 1993, n. 912).
Nel caso di specie, le censure mosse dagli appellanti non hanno provato la
arbitrarietà o l’irragionevolezza della scelta operata dall’Amministrazione
comunale e non sono sufficienti a scalfire le ragioni che hanno indotto
l’Amministrazione comunale di Piandimeleto a dotarsi di un piano per gli
insediamenti produttivi; non è stato infatti contestato né l’effettivo
esaurimento delle aree già destinate ad attività produttive, né l’effettiva
richiesta da parte di imprenditori locali di poter ottenere l’area per
incrementare le attività industriali, né l’idoneità delle aree scelte, rispetto
alle quali i predetti appellanti si sono limitati a dissentire dall’adeguatezza
delle aree prescelte, senza tuttavia fornire, come pure imponeva loro l’onere
della prova, alcun elemento indiziario a supporto di tali osservazioni.
Anche le censure circa il dimensionamento del piano in questione si sostanziano
in generiche asserzioni, frutto di valutazioni esclusivamente personali, ma
sfornite di qualsiasi supporto probatorio, tanto più che – come già accennato –
non è stato provato l’erroneità o il travisamento di fatti circa le ragioni che
l’Amministrazione comunale ha posto a fondamento delle proprie determinazioni.
La circostanza, infine, che è rimessa alla esclusa discrezionalità dell’ente
locale la scelta di dotarsi dello strumento di cui si tratta rende del tutto
incomprensibile la censura avanzata dagli appellanti di eccesso di potere per la
scelta di pianificazione “pubblica” realizzata dall’amministrazione comunale di
Piandimeleto con le delibere consiliari più volte indicate.
V.6. Gli appellanti hanno poi lamentato l’illegittimità delle delibere
consiliari n. 41 del 28 aprile 1999 e n. 64 del 22 settembre 1999, in quanto in
violazione dell’articolo 13 della legge 2 febbraio 1964, n. 74, perchè il piano
per gli insediamenti produttivi non sarebbe stata preceduto, come necessario,
dal parere dell’ufficio del genio civile, rientrando il territorio del Comune di
Piandimeleto in zona sismica; né sarebbe stato legittimo l’espediente
concretamente utilizzato dall’Amministrazione comunale di non rendere pubblica
la delibera di adozione del piano, depositandola presso la segreteria, se non
dopo l’intervenuto parere.
Osserva al riguardo la Sezione che, come risulta dalla documentazione in atti,
l’amministrazione comunale ha provveduto effettivamente alla richiesta del
prescritto parere ai sensi dell’articolo 13 della legge richiamata legge n. 64
del 1974 prima della delibera di adozione del piano in questione, precisando in
quest’ultima che, prima del rilascio di detto parere non si sarebbe proceduto
alla pubblicazione della delibera ed al suo deposito presso la segreteria
comunale, cioè non sarebbe stato avviato il procedimento previsto dalla legge
per l’approvazione del piano stesso.
Effettivamente solo dopo che il Servizio decentrato opere pubbliche e difesa del
suolo della Regione Marche aveva espresso, giusta nota 9564 del 18 giugno 1999,
il parere favorevole sul progetto di piano trasmesso, l’amministrazione comunale
ha provveduto al deposito degli atti in segreteria ed al relativo avviso,
avviando così la fase di approvazione del piano stesso.
Un tale modus procedendi, diversamente da quanto sostenuto dagli appellanti, non
ha costituito un espediente per eludere la richiamata disposizione normativa,
essendosi verificatasi in realtà un’ipotesi – del tutto legittima – di
provvedimento condizionato.
Tale infatti deve essere considerata la delibera consiliare n. 41 del 28 aprile
1999 che, proprio in relazione alla necessità dell’acquisizione del parere
previsto dall’articolo 13 della legge 2 febbraio 1974 n. 64, espressamente
avvertiva che il proprio perfezionamento (e quindi la sua effettiva idoneità e
capacità di esplicare i suoi effetti, cioè di rendere pubblica la volontà di
adottare il piano per gli insediamenti produttivi, costituendo la fase iniziale
del complesso procedimento sfociante nell’approvazione del piano stesso) sarebbe
avvenuto solo dopo il rilascio del parere in questione, come poi effettivamente
verificatosi.
La doglianza articolata al riguardo deve pertanto essere respinta.
V.7. Neppure può trovare ingresso l’ultima censura sollevata nei confronti della
delibera di approvazione del piano per gli insediamenti produttivi, con la quale
gli appellanti hanno eccepito che essa non conterrebbe l’indicazione dei termini
per l’inizio ed il compimento dei lavori e delle espropriazioni, ai sensi
dell’articolo 13 della legge 25 giugno 1865, n. 2359.
Infatti, l’indicazione dei predetti termini che, com’è noto, svolge una funzione
garantistica, costituendo riprova dell’attualità dell’interesse pubblico da
soddisfare e della serietà ed effettività del relativo progetto, evitando di
esporre sine die il diritto di proprietà al potere espropriativo della pubblica
amministrazione, non trova alcuna giustificazione logico – giuridica nel caso
del piano per gli insediamenti produttivi, la cui approvazione ha ex lege
effetto di dichiarazione di pubblica utilità e di indifferibilità ed urgenza
delle opere in esso prevista e ne fissa la durata in dieci anni (che costituisce
anche il termine entro cui le previsioni del piano stesso devono essere attuate,
cosi C.d.S., sez. IV, 22 maggio 2000, n. 2939).
Ciò senza contare che la deliberazione n. 64 del 22 settembre 1999, di
approvazione del piano, contiene effettivamente al punto 4 del dispositivo la
espressa fissazione del termine per l’espletamento delle procedure espropriative,
stabilito rispettivamente in anni uno (per l’inizio) e cinque (per il
compimento), decorrenti dalla data di esecutività della delibera stessa.
V.8. Devono essere infine respinti i motivi di gravame attraverso i quali sono
state riproposte le censure svolte col terzo ricorso proposto in primo grado
rivolto avverso il decreto di occupazione di urgenza e le delibere della Giunta
comunale di Piandimeleto di approvazione dei progetti per la realizzazione delle
opere di urbanizzazione ricadenti nel piano per gli insediamenti produttivi,
essendo al riguardo la decisione di primo grado del tutto corretta.
In particolare, per quanto attiene al decreto di occupazione di urgenza, esso –
com’è noto – costituisce un momento puramente attuativo della dichiarazione di
pubblica utilità, indifferibilità ed urgenza dei lavori che, nel caso di specie,
deriva immediatamente e direttamente non già dall’approvazione del progetto di
urbanizzazione, bensì dall’approvazione del piano per gli insediamenti
produttivi che comporta – come si è visto – la dichiarazione ex lege di pubblica
utilità, indifferibilità ed urgenza delle opere in esse previste: è sufficiente
rilevare al riguardo che la previsione della realizzazione di opere di
urbanizzazione era contenuta effettivamente nelle stesse delibere di adozione e
di approvazione del piano per gli insediamenti produttivi.
Il decreto di occupazione, che correttamente risulta essere stato emanato dal
dirigente dell’amministrazione, trattandosi di un atto di gestione (C.d.S., sez.
IV, 10 gennaio 2002, n. 102), non doveva essere preceduto dalla comunicazione di
avvio del procedimento, atteso che le garanzie partecipative si devono
realizzare (così com’è avvenuto) con riferimento al provvedimento che ha
comportato la dichiarazione di pubblica utilità, indifferibilità ed urgenza dei
lavori, rispetto al quale il decreto di occupazione costituisce – come detto –
mera attuazione, e che comunque era ben nota ai ricorrenti.
E’ altresì infondata la censura con cui gli appellanti hanno dedotto che le
opere di urbanizzazione approvate con le impugnate delibere di Giunta municipale
non erano state precedute dal necessario rilascio della concessione edilizia,
atteso che, ai sensi del comma 16 dell’articolo 4 della legge 4 dicembre 1993,
n. 493, così come sostituito dall’articolo 2, comma 60, della legge 23 dicembre
1996, n. 662, per le opere pubbliche comunali l’approvazione del relativo
progetto produce gli stessi effetti della concessione edilizia, a condizione che
sussista la validazione del progetto che, nel caso di specie, risulta assicurata
dalla apposita relazione del tecnico progettista, puntualmente richiamata dalla
delibera della Giunta municipale n. 27 del 1° marzo 2000.
Mentre è appena il caso di rilevare che nessun obbligo di comunicazione di avvio
del procedimento sussisteva in capo all’Amministrazione in relazione alle
delibere di approvazione dei progetti (definitivo ed esecutivo) delle opere di
urbanizzazione ricadenti nel piano per gli insediamenti produttivi, anche la
denuncia della asserita mancata redazione del progetto preliminare delle opere
di urbanizzazione è priva di rilevanza, atteso che il progetto preliminare è
condizione necessaria per l’inserimento dei lavori nel programma annuale delle
lavori pubblici da eseguire.
Orbene, non solo, per un verso, dalla mera lettura della delibera della Giunta
municipale n. 27 del 1° marzo 2000, risulta che effettivamente la realizzazione
delle opere di urbanizzazione del piano per gli insediamenti produttivi era
stata effettivamente ricompresa nel programma annuale delle opere pubbliche
approvato con delibera consiliare n. 23 del 2 marzo 1999 (avente ad oggetto:
“Approvazione bilancio di previsione dell’esercizio 1999 – bilancio pluriennale
1999 – 2001 e relazione previsionale e programmatica), circostanza mai smentita,
né altrimenti contestata dagli appellanti, per quanto, per altro verso, tale
eventuale vizio avrebbe potuto rilevare esclusivamente in relazione alla gara da
bandire per l’appalto dei relativi lavori, situazione rispetto alla quale gli
appellanti non possono vantare alcun interesse.
VI. In conclusione l’appello deve essere respinto.
Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
P.T.M.
Il Consiglio di Stato (sez. IV), definitivamente pronunciando sull’appello
proposto dai signori Gensaro Ciro e Luzi Lidia avverso la sentenza del Tribunale
amministrativo regionale delle Marche n. 117 del 26 gennaio 2001, così provvede:
- respinge l’appello;
- condanna gli appellanti al pagamento delle spese del presente grado di
giudizio, che si liquidano in complessivi euro 3.000, 00 (tremila).
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio dell’11 marzo 2003, dal Consiglio
di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quarta, con l'intervento dei signori:
STENIO RICCIO - Presidente
MARINELLA DEDI RULLI - Consigliere
GIUSEPPE CARINCI - Consigliere
CARLO SALTELLI - Consigliere est.
SALVATORE CACACE - Consigliere
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
27/10/2003
1) P.A. - piano per gli insediamenti produttivi - discrezionalità - dimensionamento del piano - puntuale verifica circa lo sviluppo produttivo in atto ed in fieri - valutazione dell’andamento demografico del comune. L’ente locale gode della più ampia discrezionalità nella scelta di dotarsi di un piano per gli insediamenti produttivi, con l’unico limite della adeguata motivazione e della non irragionevolezza o arbitrarietà della scelta stessa, essendo necessario che essa si fondi sull’idoneità del piano stesso ad apportare ricchezza per l’intero sistema economico sociale (C.d.S., sez. IV, 6 giugno 2001, n. 3034); è stato precisato, peraltro, che il dimensionamento del piano per gli insediamenti produttivi deve essere fondato su una puntuale verifica circa lo sviluppo produttivo in atto ed in fieri, senza che si renda necessaria l’acquisizione e l’analisi di ulteriori dati, quali quelli dell’andamento demografico del comune (C.d.S., sez. IV, 2 marzo 1995, n. 128) e che pertanto la scelta dell’amministrazione comunale è insindacabile ove sia immune da vizi logici o errori di fatto, salva l’evidente inidoneità del piano stesso a rispondere alle accertate esigenze economico – sociali e produttive e a reali prospettive di utilizzazione (C.d.S., sez. IV, 22 ottobre 1993, n. 912). Consiglio di Stato - Sezione IV, 27 Ottobre 2003, Sentenza n. 6631
2) Pubblica Amministrazione - la discrezionalità comunale di dotarsi di un piano per gli insediamenti produttivi - pianificazione urbanistica. La scelta discrezionale dell’amministrazione comunale di dotarsi di un piano per gli insediamenti produttivi non costituisce mera attuazione di scelte generali già definitive, ma implica un’apposita determinazione volitiva (del tutto diversa da quella relativa alla pianificazione urbanistica, per quanto con essa coordinata) e pertanto non può che inerire all’organo consiliare, unica espressione diretta della collettività da amministrare, i cui deliberati, rappresentando la sintesi della contrapposizione dialettica tra maggioranza ed opposizione, individuano democraticamente l’interesse generale da perseguire. Consiglio di Stato - Sezione IV, 27 Ottobre 2003, Sentenza n. 6631
3) Insediamenti produttivi - approvazione del piano per gli insediamenti produttivi - decreto di occupazione di urgenza - dichiarazione di pubblica utilità, indifferibilità ed urgenza dei lavori - progetto di urbanizzazione. Il decreto di occupazione di urgenza costituisce un momento puramente attuativo della dichiarazione di pubblica utilità, indifferibilità ed urgenza dei lavori che, nel caso di un piano per gli insediamenti produttivi, deriva immediatamente e direttamente non già dall’approvazione del progetto di urbanizzazione, bensì dall’approvazione del piano per gli insediamenti produttivi che comporta – come si è visto – la dichiarazione ex lege di pubblica utilità, indifferibilità ed urgenza delle opere in esse previste. Consiglio di Stato - Sezione IV, 27 Ottobre 2003, Sentenza n. 6631
4) La comunicazione di avvio del procedimento - funzione e finalità - “giusto provvedimento” - rapporti tra pubblica amministrazione e cittadini - l’effettivo perseguimento dell’interesse pubblico con il minimo sacrificio possibile dei privati - i principi costituzionali di legalità, imparzialità e buon andamento - l’obbligo imposto all’amministrazione di dare avviso al cittadino interessato dell’avvio di un procedimento. La comunicazione di avvio del procedimento, prevista dall’articolo 7 della legge 7 agosto 1990, n. 241, si inquadra nell’ambito di una nuova visione dei rapporti tra pubblica amministrazione e cittadini, imperniata sul principio della democraticità delle decisioni, quale strumento indispensabile per l’effettivo perseguimento dell’interesse pubblico con il minimo sacrificio possibile dei privati, così trovando concretamente attuazioni i principi costituzionali di legalità, imparzialità e buon andamento che devono contraddistinguere l’azione amministrativa. Essa rappresenta quindi lo strumento previsto dal legislatore attraverso cui il cittadino, con apposite memorie ed osservazioni, interviene nel processo decisionale della pubblica amministrazione, fornendo a quest’ultima quegli elementi di conoscenza e di valutazione occorrenti ad orientare correttamente le scelte amministrative e ad adottare, quindi, un “giusto provvedimento” (C.d.S., sez. V, 28 maggio 2001, n. 2884), idoneo a contemperare gli opposti interessi pubblici e privati in gioco (C.d.S., sez. IV, 18 ottobre 2002, n. 5699). La finalità perseguite con l’obbligo imposto all’amministrazione di dare avviso al cittadino interessato dell’avvio di un procedimento che lo riguardi direttamente esclude che detto obbligo abbia natura meramente formale, così che esso è stato escluso non solo nel caso in cui l’interessato abbia anche aliunde avuto modo di conoscere l’esistenza del procedimento avviato dall’Amministrazione (e quindi di partecipare effettivamente alla decisione), ma anche quando (con riferimento al giudizio di appello) il ricorrente in primo grado non abbia censurato con dati reali la coerenza, logicità, completezza, adeguatezza e ponderazione dell’azione amministrativa, né abbia dimostrato che egli sarebbe stato in grado di fornire elementi di conoscenza e di giudizio tali da poter indirizzare diversamente la concreta decisione dell’amministrazione (C.d.S., sez. V, 21 gennaio 2002, n. 343); d’altra parte deve ammettersi che proprio al fine di non svuotare la peculiarità della comunicazione di avvio del procedimento, è necessario che essa sia fatta quando l’Amministrazione abbia già manifestato l’intenzione di assumere una certa decisione, rivelandosi altrimenti le eventuali memorie ed osservazioni nient’altro che esercitazioni astratte e prive di qualsiasi effetto pratico. Consiglio di Stato - Sezione IV, 27 Ottobre 2003, Sentenza n. 6631
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