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 Massime della sentenza

  

 

Consiglio di Stato, Sez. V, 30 ottobre 2003, sentenza n. 6762.

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

 


Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Quinta Sezione, ha pronunciato la seguente


DECISIONE


sul ricorso in appello n. 9169/02, proposto dall’ing. Roberto MASTROMATTEI, in proprio e in qualità di capogruppo di raggruppamento professionale, rappresentato e difeso dall’avv. Giuseppe Gallo, ed elettivamente domiciliato in Roma, v. Mantegazza n. 24 (presso il cav. Gardin),
contro
l’ing. Franco SPADAFORA, anche in qualità di capogruppo di raggruppamento professionale, rappresentato e difeso dall’avv. Pietrangelo Jaricci, ed elettivamente domiciliato presso il medesimo in Roma, v. Cola di Rienzo n. 52,
e nei confronti
del Comune di Rosarno, in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dall’avv. Alberto Panuccio, ed elettivamente domiciliato presso di lui in Roma, v. Sistina n. 121,
per l’annullamento
della sentenza parziale del Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria, Reggio Calabria, 1° luglio 2002, n. 628, resa inter partes, nella parte in cui è stato accolto il ricorso proposto dall’attuale appellato, in tema di atti di gara per l’affidamento dell’incarico di progettazione definitiva ed esecutiva per la realizzazione di lavori di consolidamento e messa in sicurezza del Rione S.Anna.
Visto il ricorso in appello con i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’appellato e dell’Amministrazione comunale;
Visti gli atti tutti della causa;
Vista l’ordinanza n. 5045 in data 19 novembre 2002, con cui è stata accolta l’istanza di sospensione dell’esecuzione della sentenza di primo grado;
Visto il dispositivo della decisione in epigrafe, n. 265, pubblicato il 20 giugno 2003;
Relatore alla pubblica udienza del 20 giugno 2003 il Consigliere Gerardo Mastrandrea; uditi per le parti gli avv.ti Gallo, Panuccio e Jaricci;
Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue.


FATTO E DIRITTO


1. Con bando pubblico per l’affidamento di incarico professionale, in data 27 febbraio 2001, il Comune di Rosarno rendeva nota la volontà, quale stazione appaltante, di affidare l’incarico di redigere la progettazione definitiva ed esecutiva per la realizzazione di lavori di consolidamento e messa in sicurezza del Rione S.Anna.


Svoltasi la gara, si classificava al primo posto il raggruppamento capeggiato dall’ing. Mastromattei, odierno appellante, cui veniva affidato l’incarico.
Il raggruppamento appellato, classificatosi al secondo posto, insorgeva dinanzi al TAR di Reggio Calabria avverso i verbali dei lavori in esito ai quali l’apposita Commissione di valutazione aveva collocato al primo posto il raggruppamento professionale di cui l’ing. Mastromattei era capogruppo, nonché, in particolare, le comunicazioni relative all’esito e l’atto di reiezione delle rimostranze formulate.


Il raggruppamento Spadafora contestava l’esito della selezione in relazione a carenze del raggruppamento vincitore, sia di ordine formale dell’offerta, sia dei requisiti tecnico-professionali previsti dal bando.


Chiedeva, altresì, il risarcimento del danno per equivalente, non essendo possibile l’esecuzione in forma specifica, atteso che la progettazione doveva essere consegnata in brevissimo tempo.


2. Il TAR adito, con la sentenza parziale impugnata, salvo disporre istruttoria in ordine all’istanza risarcitoria, riteneva l’impugnata aggiudicazione (provvisoria) illegittima, giudicando risolutivo il rilievo, di cui al punto 3a) del ricorso introduttivo, sulla carenza dei requisiti richiesti dal bando.


In particolare, il bando richiedeva che nel raggruppamento vi fosse “un ingegnere civile con specializzazione idraulica o geotecnica”.


Nessuno dei professionisti componenti il raggruppamento risultato affidatario, rilevava il Tribunale, aveva la suddetta specializzazione.


Non poteva, infatti, considerarsi equivalente il fatto che l’ing. Rocco Mastromattei fosse “esperto in geologia applicata”, come dallo stesso dichiarato nell’istanza di partecipazione alla gara e come si evinceva dal curriculum, da cui risultava che egli, negli anni accademici dal 1994-95 al 1997-98, era stato professore a contratto dell’insegnamento di geologia applicata e vincitore di un assegno di ricerca biennale, sempre in geologia applicata, a decorrere dal gennaio 2000.


3, L’ing. Mastromattei, anche come capogruppo del relativo raggruppamento professionale, ha interposto l’appello in trattazione avverso la prefata pronunzia, premettendo profili di inammissibilità del gravame di primo grado.


4. L’appellato si è costituito in giudizio per resistere all’appello, controdeducendo nel merito e preliminarmente eccependo l’inammissibilità dello stesso per difetto di interesse.


5. Si è costituita in giudizio anche l’Amministrazione comunale di Rosarno, che ha aderito integralmente all’appello, facendone propri tutti i motivi.
Con ordinanza della Sezione n. 5045 del 19 novembre 2002 è stata sospesa l’efficacia della sentenza di primo grado, con la seguente motivazione: “Considerato che, in disparte i profili di rito, sussistono i presupposti di legge per accordare la tutela cautelare richiesta, a fronte di una clausola del bando foriera di alcuni dubbi interpretativi e della specifica qualificazione professionale dell’appellante che detiene l’incarico appaltato in fase di svolgimento”.


Alla pubblica udienza del 20 giugno 2003 il ricorso in appello è stato introitato per la decisione.


6. Il gravame, relativamente al quale non può escludersi il permanere dell’interesse alla decisione da parte del raggruppamento Mastromattei, anche per motivi di ordine morale ed a tutela, comunque, dell’interesse - anche per il prosieguo dell’attività - a non vedersi attribuita una gara illegittimamente, merita di essere accolto, sotto il preliminare profilo delle conseguenze della mancata specifica impugnazione dell’atto concretamente lesivo, ovvero il provvedimento di aggiudicazione definitiva recante la formale approvazione degli atti di gara.


Il raggruppamento di professionisti odierno appellato ha impugnato, infatti, in prime cure: la nota di comunicazione dell’esito della gara; la successiva nota di reiezione delle osservazioni; i verbali della Commissione di valutazione. Non dunque il provvedimento di aggiudicazione definitiva ed approvazione/recepimento dei verbali di gara per l’affidamento dell’incarico professionale in questione - di cui si fa cenno, tra l’altro, nelle premesse della delibera di Giunta (n. 60 del 30 aprile 2002) recante l’approvazione definitiva del progetto redatto dal gruppo appellante – emesso a cura del Responsabile a cui sono stati trasmessi, per competenza (cfr. verbale n. 3), gli atti di gara e la relativa graduatoria.


Né può ribattersi in termini di “valutazione sostanzialistica della domanda di parte” in relazione ad atti formalmente non impugnati.


Trova, così, lineare applicazione l’orientamento, condiviso dal Collegio, secondo cui l’aggiudicazione provvisoria della gara di appalto di opera pubblica ha natura di atto endoprocedimentale, inidoneo a produrre la definitiva lesione dell’interesse della ditta che non è risultata vincitrice (a divenire tale), lesione che si verifica, appunto, soltanto con l’aggiudicazione definitiva (cfr., tra le tante, Cons. Stato, V, 7 settembre 2001, n. 4677).
L’aggiudicazione definitiva non è atto meramente confermativo o esecutivo, ma provvedimento che, anche quando recepisce in toto i risultati dell’aggiudicazione provvisoria, comporta comunque una nuova ed autonoma valutazione rispetto alla stessa, pur facendo parte della medesima sequenza procedimentale. Ne consegue che l’aggiudicazione definitiva necessita sempre di autonoma impugnazione (anche avvalendosi dell’istituto dei motivi aggiunti in corso di causa, proponibili, ai sensi della legge n. 205 del 2000, avverso atti diversi da quello originariamente gravato, soluzione da preferirsi per evidenti ragioni di economia processuale), anche se è già stata impugnata quella provvisoria.


Se l’aggiudicazione provvisoria è stata impugnata immediatamente e autonomamente, la parte ha perciò l'onere di impugnare, in un secondo momento, pure l’aggiudicazione definitiva sopravvenuta, la quale non rappresenta conseguenza inevitabile della prima, pena, si badi bene, l’improcedibilità del primo ricorso (Cons. Stato, VI, 16 novembre 2000 n. 6128 , 11 febbraio 2002, n. 785 e 22 ottobre 2002, n. 5813; V, 3 aprile 2001, n. 1998 e 21 giugno 2002, n. 3404).


7. Pertanto, dalla pacifica circostanza della mancata esplicita impugnazione dell’atto di aggiudicazione definitiva, deriva, in accoglimento dell’appello, la declaratoria di improcedibilità del ricorso introduttivo, con conseguente annullamento della sentenza impugnata.
Ogni altra questione resta assorbita.


Sussistono giusti motivi per compensare tra le parti le spese del doppio grado di giudizio.


P.Q.M.


Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, definitivamente pronunciando sull’appello in epigrafe, lo accoglie e per l’effetto dichiara improcedibile il ricorso di primo grado proposto dal raggruppamento appellato, annullando senza rinvio la sentenza impugnata.


Spese processuali compensate tra le parti, con riferimento ad entrambi i gradi di giudizio.


Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, il 20 giugno 2003, dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), in camera di consiglio, con l’intervento dei seguenti Magistrati:
Alfonso Quaranta Presidente
Corrado Allegretta Consigliere
Paolo Buonvino Consigliere
Francesco D’Ottavi Consigliere
Gerardo Mastrandrea Consigliere est.



L’ESTENSORE                     IL PRESIDENTE                             IL SEGRETARIO                                Il Dirigente
f.to Gerardo Mastrandrea            f.to Alfonso Quaranta                       f.to Francesco Cutrupi                       f.to Antonio Natale


DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 30 Ottobre 2003
(Art. 55, L.27/4/1982, n.186)
 

M A S S I M E

 

Sentenza per esteso

 

1) Appalti - aggiudicazione provvisoria della gara di appalto di opera pubblica - natura - impugnazione - atto endoprocedimentale - aggiudicazione definitiva - natura - l’aggiudicazione definitiva necessita sempre di autonoma impugnazione - improcedibilità del primo ricorso. L’aggiudicazione provvisoria della gara di appalto di opera pubblica ha natura di atto endoprocedimentale, inidoneo a produrre la definitiva lesione dell’interesse della ditta che non è risultata vincitrice (a divenire tale), lesione che si verifica, appunto, soltanto con l’aggiudicazione definitiva (cfr., tra le tante, Cons. Stato, V, 7 settembre 2001, n. 4677). L’aggiudicazione definitiva non è atto meramente confermativo o esecutivo, ma provvedimento che, anche quando recepisce in toto i risultati dell’aggiudicazione provvisoria, comporta comunque una nuova ed autonoma valutazione rispetto alla stessa, pur facendo parte della medesima sequenza procedimentale. Ne consegue che l’aggiudicazione definitiva necessita sempre di autonoma impugnazione (anche avvalendosi dell’istituto dei motivi aggiunti in corso di causa, proponibili, ai sensi della legge n. 205 del 2000, avverso atti diversi da quello originariamente gravato, soluzione da preferirsi per evidenti ragioni di economia processuale), anche se è già stata impugnata quella provvisoria. Se l’aggiudicazione provvisoria è stata impugnata immediatamente e autonomamente, la parte ha perciò l'onere di impugnare, in un secondo momento, pure l’aggiudicazione definitiva sopravvenuta, la quale non rappresenta conseguenza inevitabile della prima, pena, si badi bene, l’improcedibilità del primo ricorso (Cons. Stato, VI, 16 novembre 2000 n. 6128, 11 febbraio 2002, n. 785 e 22 ottobre 2002, n. 5813; V, 3 aprile 2001, n. 1998 e 21 giugno 2002, n. 3404). Consiglio di Stato, Sez. V, 30 ottobre 2003, sentenza n. 6762

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