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 Massime della sentenza

  

 

CONSIGLIO DI STATO sez. V 21 novembre 2003, n. 7539

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO


Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, (Quinta Sezione) ANNO 1997 ha pronunciato la seguente


DECISIONE


sul ricorso in appello n. 5969 del 1997 proposto dal Comune di Pieve di Emanuele, in persona del sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avv. Ezio Antonini ed Enrico Romanelli , con domicilio eletto presso il secondo in Roma, viale Giulio Cesare n. 14;
CONTRO
L’Immobiliare Friza srl, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avv. Mario Bassani e Franco Gaetano Scoca, con domicilio eletto presso il secondo in Roma, via Paisiello n. 55;
per l’annullamento
della sentenza del TAR Lombardia, sez. II, n. 293 del 17 marzo 1997;
Visto il ricorso in appello con i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio della parte appellata;
Esaminate le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
Visti tutti gli atti di causa;
Relatore alla pubblica udienza del 1 luglio 2003 il Consigliere Aldo Fera;
Uditi per le parti gli avv.ti Romanelli e R. Colagrande, per delega dell’avv. Scoca;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:


FATTO


L'immobiliare Friza srl, ha costruito nel Comune di Pieve di Emanuele un complesso residenziale, composto da diversi edifici dotati di infrastrutture urbanistiche e di allacciamenti ai pubblici servizi. Ha quindi alienato parte delle unità abitative conservando però la proprietà esclusiva dei lastrici solari. A seguito dell’entrata in vigore di nuovi indici di edificabilità, la società presentò in data 14 febbraio 1995 domanda di concessione edilizia per la sopraelevazione sui lastrici di proprietà esclusiva. Con provvedimento in data 25 luglio 1995, l'assessore comunale all'urbanistica ha negato la concessione edilizia sul rilievo che il sopralzo, comportando lo sfruttamento di diritti volumetrici che accedono all'intera area lottizzata e competono pro quota a ciascun condomino, richiederebbe la disponibilità di tali diritti volumetrici, e dunque la prova, da parte della società richiedente, della proprietà esclusiva del suolo ovvero dell'acquisizione negoziale dei diritti stessi.


Il Tar per la Lombardia, su ricorso presentato dalla Friza srl, ha annullato il provvedimento sostenendo che la ricorrente, in quanto legittimata a disporre dei lastrici solari per la soprelevazione dei fabbricati, aveva titolo ad edificare.


L'appello è proposto dal Comune di Pieve Emanuele, il quale sostiene, invece, che la proprietà esclusiva dei lastrici solari non era affatto sufficiente a configurare un diritto, che invece andava ripartito tra tutti i proprietari dell'intera area interessata all'aumento della volumetria.


L’appellante conclude chiedendo, in riforma della sentenza di cui all’epigrafe, il rigetto del ricorso di primo grado.


Resiste all’appello la Friza srl, che contesta la fondatezza delle tesi avversarie e conclude per il rigetto dell’appello.


Le parti hanno ulteriormente scambiato memorie per ribadire le rispettive tesi difensive.


DIRITTO


Il punto di diritto deciso con la sentenza del TAR è che, con riferimento ad un condominio edilizio, i proprietari in via esclusiva dei lastrici solari, i quali soli possono sfruttare le residue capacità costruttive dell’immobile, hanno la facoltà di chiedere la concessione edilizia per realizzare una sopraelevazione che sfrutti nuovi e più elevati indici di edificabilità, conseguenti alla modificazione delle prescrizioni urbanistiche relative all’area considerata, indipendentemente dal consenso degli altri condomini che a tale facoltà avevano rinunziato all’atto dell’acquisto dei singoli appartamenti.


Contrariamente a quanto sostenuto dall’amministrazione comunale appellante, secondo la quale la tesi sarebbe errata perché non distingue “fra proprietà del sedime (in questo caso del lastrico solare) e disponibilità dei diritti edificatori”, l’argomentazione del primo giudice merita di essere condivisa.


La distinzione che l’appellante intende introdurre, infatti, non considera che l’oggetto disciplinato dalle norme del codice civile concernenti la comunione di edifici, presenta carattere unitario reso palese proprio dall’art. 1117 che sottolinea il vincolo funzionale che lega “tutte le parti dell'edificio necessarie all'uso comune”. Carattere unitario che tuttavia non significa confusione di ruoli tra i vari soggetti partecipanti ala comunione; ciò per l’evidente ragione che l’unanime consenso di tutti i condomini renderebbe nella pratica estremamente difficile, se non impossibile in taluni casi, la gestione delle cose comuni. In questa ottica, l’art. 1127 del codice civile disciplina compiutamente lo sfruttamento delle residue capacità di costruzione dell’edificio, attribuendo, salvo che dal titolo risulti una diversa disciplina, al proprietario dell'ultimo piano ed a chi è proprietario esclusivo del lastrico solare la facoltà di “elevare nuovi piani o nuove fabbriche”. E riconoscendo agli altri condomini il diritto a percepire “un'indennità pari al valore attuale dell'area da occuparsi con la nuova fabbrica, diviso per il numero dei piani, ivi compreso quello da edificare, e detratto l'importo della quota a lui spettante.”


Ora, tale disciplina, di carattere squisitamente civilistico, si proietta su quella amministrativa contenuta nelle norme che regolano lo sfruttamento edilizio dei suoli ( legge 28 gennaio 1977, n. 10), secondo la quale la concessione edilizia è data al proprietario dell'area o a chi abbia titolo per richiederla ( art. 4), nel senso che titolare dello jus aedificandi, nel caso di sopraelevazione o nuova fabbrica in un edificio di proprietà condominiale, sono unicamente i soggetti che hanno il potere giuridico di realizzare le costruzioni. Cioè i soggetti indicati dall’art. 1127 del codice civile, il proprietario dell'ultimo piano ed il proprietario esclusivo del lastrico solare. Ciò ovviamente non pregiudica le questioni di diritto civile e quelle più prettamente patrimoniali che possono insorgere tra i condomini, le quali vanno risolte in sede di opposizione o di liquidazione dell’indennità. Ma si tratta di questioni che, come esattamente affermato dal primo giudice, esorbitano dal diritto amministrativo e dall’ambito dei poteri affidati all’autorità amministrativa.


L’appello, pertanto, va respinto.


Appare equo compensare tra le parti le spese del grado.


P.Q.M.


Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione quinta, rigetta l’appello. Spese compensate.


Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 1 luglio 2003, con l’intervento dei signori:
Emidio Frascione Presidente
Corrado Allegretta Consigliere
Goffredo Zaccardi Consigliere
Aldo Fera Consigliere estensore
Aniello Cerreto Consigliere



L'ESTENSORE                           IL PRESIDENTE                             IL SEGRETARIO                                 IL DIRIGENTE
F.to Aldo Fera                            F.to Emidio Frascione                      F.to Antonietta Fancello                      F.to Antonio Natale


DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 21 Novembre 2003
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
 

M A S S I M E

 

Sentenza per esteso

 

1) Edilizia e urbanistica - lo sfruttamento delle residue capacità di costruzione di un edificio di proprietà condominiale - lastrico solare - la facoltà di “elevare nuovi piani o nuove fabbriche” – indennità - opposizione o di liquidazione dell’indennità - aspetti civilistici ed amministrativi - lo sfruttamento edilizio dei suoli - la concessione edilizia - titolare dello jus aedificandi. L’art. 1127 del codice civile disciplina compiutamente lo sfruttamento delle residue capacità di costruzione dell’edificio, attribuendo, salvo che dal titolo risulti una diversa disciplina, al proprietario dell'ultimo piano ed a chi è proprietario esclusivo del lastrico solare la facoltà di “elevare nuovi piani o nuove fabbriche”. E riconoscendo agli altri condomini il diritto a percepire “un'indennità pari al valore attuale dell'area da occuparsi con la nuova fabbrica, diviso per il numero dei piani, ivi compreso quello da edificare, e detratto l'importo della quota a lui spettante.” Tale disciplina, di carattere squisitamente civilistico, si proietta su quella amministrativa contenuta nelle norme che regolano lo sfruttamento edilizio dei suoli (legge 28 gennaio 1977, n. 10), secondo la quale la concessione edilizia è data al proprietario dell'area o a chi abbia titolo per richiederla (art. 4), nel senso che titolare dello jus aedificandi, nel caso di sopraelevazione o nuova fabbrica in un edificio di proprietà condominiale, sono unicamente i soggetti che hanno il potere giuridico di realizzare le costruzioni. Cioè i soggetti indicati dall’art. 1127 del codice civile, il proprietario dell'ultimo piano ed il proprietario esclusivo del lastrico solare. Ciò ovviamente non pregiudica le questioni di diritto civile e quelle più prettamente patrimoniali che possono insorgere tra i condomini, le quali vanno risolte in sede di opposizione o di liquidazione dell’indennità. Ma si tratta di questioni che, come esattamente affermato dal primo giudice, esorbitano dal diritto amministrativo e dall’ambito dei poteri affidati all’autorità amministrativa. Pres. Frascione - Est. Fera - Comune di Pieve di Emanuele (avv. Antonini e Romanelli) c. Immobiliare Friza srl (avv. Bassani e Scoca) (Conferma TAR Lombardia, sez. II, n. 293 del 17 marzo 1997). CONSIGLIO DI STATO sez. V 21 novembre 2003, n. 7539

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