Legislazione Giurisprudenza Vedi altre: Sentenze per esteso
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Quinta Sezione ANNO 2003 ha
pronunciato la seguente
DECISIONE
sul ricorso in appello n. 2632/2003, proposto dalla CALZONI UMBERTO
s.a.s. di Calzoni Umberto, in persona del legale rappresentante p.t.,
rappresentata e difesa dall’avv. Lietta CALZONI ed elettivamente domiciliata in
Roma, via Panama 12, presso l’avv. Luigi MEDUGNO,
CONTRO
la ARCA Costruzioni s.p.a. (già s.r.l.), in persona del legale rappresentante
p.t., costituitasi in giudizio, rappresentata e difesa dagli avv.ti Mario e
Nicola SALVI ed elettivamente domiciliata in Roma, via Arenula 41, presso la
dott.ssa Elisa SIER GIOVANNI,
e nei confronti
del Comune di PERUGIA, in persona del Sindaco p.t., costituitosi in giudizio,
rappresentato e difeso dall’avv. Mario CARTASEGNA presso il quale elettivamente
domicilia in Roma, via Maria Cristina 8,
per l’annullamento
della sentenza del TAR dell’Umbria 10 marzo 2003, n. 162;
visto il ricorso in appello con i relativi allegati;
visti gli atti di costituzione in giudizio della ARCA Costruzioni s.p.a. e del
Comune di Perugia;
viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
visti gli atti tutti di causa;
vista l’ordinanza della Sezione 15 aprile 2003, n. 1465;
relatore, alla pubblica udienza del 25 novembre 2003, il Cons. Paolo BUONVINO;
uditi, per le parti, l’avv. COLARIZI, per delega dell’avv. CALZONI, per
l’appellante, l’avv. GOBBI, per delega dell’avv. CARTASEGNA, per il Comune di
Perugia, e l’avv. Nicola SALVI per l’ARCA Costruzioni s.p.a..
Ritenuto e considerato, in fatto e in diritto, quanto segue:
F A T T O
1) - Con la sentenza appellata il TAR ha accolto il ricorso proposto dalla ARCA
Costruzioni s.r.l. per l’annullamento della determinazione dirigenziale 13
novembre 2002, n. 149, con la quale la società stessa è stata esclusa dalla
procedura di licitazione privata per l’appalto dei lavori di realizzazione della
rotatoria stradale via Dottori – via Berlinguer ed è stata, conseguentemente,
annullata la determinazione dirigenziale 28 maggio 2002, n. 68, con la quale
l’appalto era stato aggiudicato alla stessa ARCA s.r.l. ed è stata disposta la
riconvocazione della commissione di gara per una nuova aggiudicazione; con il
ricorso di primo grado erano anche impugnati i verbali di gara, il bando -
dell’8 febbraio 2002 - e altri atti presupposti, consequenziali e connessi.
È stato, invece, respinto il ricorso incidentale proposto dall’odierna
appellante.
2) - La sentenza è qui appellata dall’impresa Calzoni, aggiudicataria della
gara, che ne deduce l’erroneità sia nella parte in cui ha accolto il ricorso
principale, sia in quella in cui ha rigettato il ricorso incidentale di primo
grado.
Si è costituita in giudizio l’originaria ricorrente che, nelle proprie difese,
oltre ad insistere per la conferma della sentenza appellata nella parte in cui
ha annullato gli atti impugnati in primo grado ed ha respinto il ricorso
incidentale, svolge anche appello incidentale condizionato, con riguardo a
quella parte della sentenza che non ha accolto l’eccezione di tardività del
primo motivo del ricorso incidentale di primo grado.
Si è costituito in appello anche il Comune di Perugia che, nelle proprie difese,
insiste per la riforma della sentenza in esame nella parte in cui ha accolto il
ricorso principale e per la sua conferma nella parte relativa al rigetto del
ricorso incidentale ora detto.
3) - Con ordinanza 15 aprile 2003, n. 1465, la Sezione, rilevato che la
procedura controversa appare immune dal vizio accertato dal TAR, ha sospeso
l’efficacia della sentenza appellata.
Con memorie conclusionali le parti ribadiscono i rispettivi assunti difensivi.
D I R I T T O
1) – Con la sentenza appellata il TAR ha accolto il ricorso proposto dalla ARCA
Costruzioni s.r.l. (ora, s.p.a.) per l’annullamento della determinazione
dirigenziale 13 novembre 2002, n. 149, con la quale la società stessa è stata
esclusa dalla procedura di licitazione privata per l’appalto dei lavori di
realizzazione della rotatoria stradale via Dottori – via Berlinguer ed è stata,
conseguentemente, annullata le determinazione dirigenziale 28 maggio 2002, n.
68, con la quale l’appalto era stato aggiudicato alla stessa ARCA s.r.l. ed è
stata disposta la riconvocazione della commissione di gara per una nuova
aggiudicazione; con il ricorso di primo grado erano anche impugnati i verbali di
gara, il bando - dell’8 febbraio 2002 - e altri atti presupposti, consequenziali
e connessi.
È stato, invece, respinto il ricorso incidentale proposto dall’odierna
appellante.
La sentenza è qui appellata dall’impresa Calzoni, aggiudicataria della gara, che
ne deduce l’erroneità sia nella parte in cui ha accolto il ricorso principale,
sia in quella in cui ha rigettato il ricorso incidentale di primo grado.
Si è costituita in giudizio l’originaria ricorrente che, nelle proprie difese,
oltre ad insistere per la conferma della sentenza appellata nella parte in cui
ha annullato gli atti impugnati in primo grado ed ha respinto il ricorso
incidentale, svolge anche appello incidentale condizionato avverso il mancato
accoglimento dell’eccezione di tardività del primo motivo del ricorso
incidentale di primo grado.
L’appello è fondato nel merito, ciò che esime il Collegio dall’esaminare le
eccezioni relative all’ammissibilità dell’originario ricorso.
2) - L’avviso di licitazione privata con il quale era indetta la gara d’appalto
di cui si tratta prevedeva, tra l’altro, al punto 6 (la grafica è quella
utilizzata dall’avviso stesso), che “tutti gli interessati dovranno altresì
produrre, a pena di esclusione, una dichiarazione del legale rappresentante
attestante che l’impresa non è assoggettabile agli obblighi di assunzioni
obbligatorie di cui alla legge n. 68/99 (in caso di imprese che occupino non più
di 15 dipendenti e da 15 a 35 dipendenti che non abbiano fatto nuove assunzioni
dopo il 18 gennaio 2000) ovvero certificazione, in data non anteriore a quella
di pubblicazione del presente bando, dalla quale risulti l’ottemperanza alle
norme della suddetta legge (per le imprese che occupino più di 35 dipendenti e
per quelle che occupino da 15 a 35 dipendenti e abbiano effettuato una nuova
assunzione dopo il 18 gennaio 2000); tale certificazione dovrà recare data di
rilascio non anteriore a quella di pubblicazione del presente bando, ovvero,
qualora tale data sia antecedente (comunque nel limite di sei mesi di validità)
dovrà essere accompagnata da una dichiarazione sostitutiva di atto notorio a
cura del legale rappresentante che confermi la persistenza della situazione
dalla stessa attestata”.
Nella propria richiesta d’invito in data 28 febbraio 2002 la società ARCA
precisava, tra l’altro, di essere assoggettata agli obblighi di assunzioni
obbligatorie di cui alla legge 68/99 e che, a tal fine, allegava certificazione.
Produceva, quindi, una dichiarazione, in pari data, con la quale precisava “che
ai fini dell’assolvimento degli obblighi di cui alla legge 68/99, conferma la
persistenza della situazione certificata dalla originaria attestazione e si
impegna ad esibire, qualora richiesto da codesto Ente appaltante, l’originale
del certificato in suo possesso”; tale pregressa certificazione, in data 16
luglio 2001, attestava che la ditta Arca Costruzioni era in regola con gli
adempimenti previsti dall’art. 9, comma 6, della legge n. 68 del 1999,
rientrando la stessa nell’ipotesi normativa di cui all’art. 3, comma 1, lettera
c), della legge medesima” (norma, questa, secondo cui “i datori di lavoro
pubblici e privati sono tenuti ad avere alle loro dipendenze lavoratori
appartenenti alle categorie di cui all'art. 1 nella seguente misura..…: c) un
lavoratore, se occupano da 15 a 35 dipendenti”).
Così facendo, peraltro, la stessa non si atteneva – come, del resto,
inoppugnatamente riconosciuto dallo stesso TAR - alla lex specialis della gara
che, a pena di esclusione, richiedeva che la certificazione prodotta fosse
ricompresa nei sei mesi di validità decorrenti dalla data del rilascio (ciò in
conformità, del resto, con l’art. 41 del T.U. 28 dicembre 2000, n. 445, sulla
validità semestrale dei certificati).
Il TAR ha ritenuto, invero, che la presentazione di tale certificazione non
fosse, effettivamente, conforme al bando di gara, ma che l’impugnazione di
questo fosse intervenuta tempestivamente, l’interesse alla rimozione della
clausola in questione essendosi consolidato solo a seguito dell’esclusione della
ditta ricorrente che, del resto, in un primo tempo, non era stata esclusa e,
quindi, godeva di un affidamento circa la conformità della documentazione
prodotta.
Lo stesso TAR ha, inoltre, ritenuto che la clausola in questione non fosse
imposta dal dettato normativo di cui all’art. 17 della legge n. 68/1999 (norma
che, se correttamente interpretata, non imporrebbe necessariamente la
presentazione della certificazione ai fini della partecipazione alla gara, bensì
ai fini essenziali dell’aggiudicazione); e che il Comune non avrebbe potuto
legittimamente disporre lo speciale onere di documentazione di cui si tratta,
ponendosi esso in contrasto con i principi generali in materia di documentazione
e con quelli che esigono che ogni onere sia sorretto da una ratio idonea a
giustificarlo e che non aggravi ingiustificatamente il procedimento; in
particolare, i primi giudici hanno ritenuto che se l’autocertificazione era
idonea con riguardo a requisiti quali l’insufficienza di precedenti penali, a
maggior ragione avrebbe dovuto esserlo in relazione al requisito in parola,
salva la successiva doverosa verifica in sede di aggiudicazione.
3) - Ritiene la Sezione, condividendo le censure svolte con l’appello
principale, che le conclusioni cui sono pervenuti i primi giudici non possano
essere condivise.
La disposizione oggetto della presente indagine (art. 17 della legge n. 68 del
1999) prescrive che “le imprese, sia pubbliche sia private, qualora partecipino
a bandi per appalti pubblici o intrattengano rapporti convenzionali o di
concessione con pubbliche amministrazioni, sono tenute a presentare
preventivamente alle stesse la dichiarazione del legale rappresentante che
attesti di essere in regola con le norme che disciplinano il diritto al lavoro
dei disabili, nonché apposita certificazione rilasciata dagli uffici competenti
dalla quale risulti l’ottemperanza alle norme della presente legge, pena
l’esclusione”.
Tale norma è stata interpretata, dalla giurisprudenza di questo Consiglio
prevalentemente in termini restrittivi (con l’eccezione della decisone n. 2020
del 17 aprile 2002); si ricordano, in particolare, la decisione della Sezione n.
3733 del 6 luglio 2002 e, in senso conforme, quella 24 maggio 2002, n. 2861,
nonché la decisione della Sezione VI, 21 luglio 2003, n. 4202.
Il Collegio ritiene di doversi conformare a tale ormai prevalente orientamento,
secondo cui una corretta esegesi della norma anzidetta esige, prima di procedere
alla lettura del dato testuale, la preliminare individuazione della sua ratio e
degli interessi da quella protetti al fine di attribuire alla stessa il
significato e la portata precettiva maggiormente conformi alla sua finalità.
Va al riguardo osservato che lo scopo della disposizione non è solo quello, di
garantire all’Amministrazione la conclusione del contratto con un'impresa che
osservi la normativa sul diritto al lavoro dei disabili, ma anche, se non
prevalentemente, quello di assicurare e di perseguire il più ampio rispetto di
quest’ultima. Non v’è dubbio, in proposito, che la finalità appena illustrata
risulta conseguita con maggiore efficacia ove la disposizione venga letta nel
senso, prospettato dall’appellante, che il rispetto della normativa a tutela dei
disabili deve essere attestato al momento della presentazione della domanda di
partecipazione alla gara.
Mentre, infatti, quest’ultima interpretazione favorisce in maniera
significativa, condizionando la stessa possibilità di partecipare alla procedura
selettiva, l’osservanza della normativa in parola, l’opzione ermeneutica seguita
dal T.A.R., condizionando la sola conclusione del contratto con l’impresa
vincitrice della gara, garantisce con minore efficacia la tutela dei disabili,
posto che, in quest’ultimo caso, il carattere eventuale e futuro della sanzione
dell’esclusione potrebbe indurre le imprese partecipanti a rinviare ad un
momento successivo la regolarizzazione, sotto il profilo considerato, della
propria organizzazione. Tanto osservato circa la ratio dell’art. 17 legge. n.
68/99, va ribadito che l’esegesi della predetta disposizione maggiormente
conforme alla sua finalità è senz’altro quella che qualifica l’adempimento in
parola come requisito di partecipazione alla gara, e non come condizione
dell’aggiudicazione, e che impone, conseguentemente, la produzione della
relativa certificazione al momento della presentazione della domanda, e non,
come erroneamente ritenuto dal TAR, all’esito della gara e prima
dell’aggiudicazione definitiva.
Si rileva, infine, che l’interpretazione appena illustrata risulta
significativamente avvalorata e corroborata dal dato letterale della
disposizione esaminata. L’univoco testo della norma, infatti, là dove prescrive
alle imprese che “partecipino a bandi” di “presentare preventivamente” la
dichiarazione e la certificazione ivi descritte, individua chiaramente nella
presentazione della domanda di partecipazione la fase procedimentale nella quale
va adempiuta quella prescrizione, escludendo, al contempo, la riferibilità
dell’avverbio “preventivamente”, per come inteso dal T.A.R., all’aggiudicazione
definitiva della gara. Il contestuale utilizzo delle dizioni “partecipazione a
bandi per appalti pubblici” e “presentazione preventiva” e l’evidente
connessione logica tra le stesse impongono, in definitiva, la lettura della
disposizione sopra preferita ed impediscono, di contro, come già osservato, di
accedere alla diversa esegesi, in quanto contraria al palese significato
letterale delle espressioni usate, che circoscrive l’adempimento in parola alla
sola fase finale della procedura e che lo qualifica come mera condizione
dell’aggiudicazione definitiva o, addirittura, della stipulazione del contratto.
Le convergenti indicazioni ricavate dall’esegesi logica e da quella letterale
della disposizione inducono, in definitiva, ad affermare con chiarezza che
l’attestazione, nelle forme indicate dalla norma, del rispetto della normativa a
pena d’esclusione, contestualmente alla domanda di partecipazione alla gara.
4) - È anche vero che il legislatore è, successivamente, intervenuto in materia
con l’articolo 77bis (L) del D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445 (testo unico delle
disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione
amministrativa), secondo cui “le disposizioni in materia di documentazione
amministrativa contenute nei capi II e III si applicano a tutte le fattispecie
in cui sia prevista una certificazione o altra attestazione, ivi comprese quelle
concernenti le procedure di aggiudicazione e affidamento di opere pubbliche o di
pubblica utilità, di servizi e di forniture, ancorché regolate da norme
speciali, salvo che queste siano espressamente richiamate dall'articolo 78”
(articolo aggiunto dall'art. 15 della legge 16 gennaio 2003, n. 3); e che, non
essendo la norma di cui si discute contenuta nell’ora detto art. 78, ne consegue
che, con l’entrata in vigore della disciplina in parola, deve ritenersi
sufficiente la semplice dichiarazione in luogo della certificazione prevista dal
ripetuto art. 17.
Si tratta, però, non di norma interpretativa, ma modificativa del previgente
assetto normativo (“Capo II - Norme di semplificazione, articolo 15: modifiche
al testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre
2000, n. 445: 1. Al testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari
in materia di documentazione amministrativa, di cui al decreto del Presidente
della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, sono apportate le seguenti
modificazioni…..”; e, tra queste, quella introduttiva del nuovo art. 77bis
dianzi riportato).
E, non trattandosi di disciplina interpretativa, deve, a maggior ragione,
ritenersi che, prima dell’entrata in vigore della novella normativa, dovesse
tenersi per ferma l’interpretazione della norma sopra condivisa.
Da quanto sopra consegue che correttamente la società ARCA s.r.l. è stata
esclusa dalla gara di cui si tratta per insufficiente produzione documentale.
5) - La società ARCA ripropone anche le prime due censure svolte in primo grado,
assorbite dal TAR.
Le stesse sono infondate.
5.1) - Con la prima, si deduce che i provvedimenti di avvio dei procedimenti di
esclusione della esponente e, in particolare, quello di esclusione dalla gara
della stessa, sarebbero stati dichiaratamente adottati in sede e nell’esercizio
del potere di verifica dei conteggi presentati dall’aggiudicataria, secondo
quanto dispone l’art. 90, comma 7, del D.P.R. n. 554/1999 e, dunque, dopo
l’aggiudicazione definitiva e prima del contratto; in una fase, quindi, si
assume, extraconcorsuale, in quanto con l’aggiudicazione definitiva la gara si
sarebbe conclusa.
Con la conseguenza che non sarebbero stati possibili un procedimento ed un
provvedimento di esclusione dalla gara, ormai conclusa, né sarebbe stato
necessario rispettare l’obbligo della par condicio; e con l’ulteriore
conseguenza che il provvedimento di esclusione avrebbe dovuto essere
congruamente motivato sotto il profilo del pubblico interesse ed, anzi, la P.A.
ben avrebbe potuto e dovuto richiedere documentazione integrativa volta a
regolarizzare quella già prodotta.
La censura non può essere condivisa, dal momento che la determinazione impugnata
è stata assunta in un momento in cui l’aggiudicazione non era ancora definitiva,
come emerge dallo stesso verbale di gara e dal fatto che l’Amministrazione ha
dato sollecitamente corso a procedure di verifica dell’offerta
dell’aggiudicataria, avviando più procedimenti a tal fine, conclusisi con
l’esclusione della società ARCA dalla gara e l’aggiudicazione all’odierna
appellante.
5.2) - Né miglior sorte può avere il secondo motivo di ricorso, con cui la
società ARCA deduce che il difetto della certificazione di cui si è detto
avrebbe potuto e dovuto essere superato, ai sensi dell’art. 10 della legge n.
109/1994, mediante la semplice integrazione documentale da tale disposizione
prevista.
E, invero, la documentazione prodotta dall’impresa era oggettivamente carente e
non avrebbe potuto esserne richiesta l’integrazione se non violando i principi
della par condicio tra i concorrenti.
6) – Per completezza può, infine, osservarsi che, con memoria conclusionale,
peraltro, non notificata, la società appellata insta per l’accoglimento della
domanda di risarcimento del danno; a parte ogni questione sulla sua
ammissibilità (non essendosi il TAR pronunciato in punto di danno)
l’infondatezza dell’originario ricorso e la fondatezza dell’appello rendono
improcedibile tale domanda.
7) - Per tali assorbenti motivi - che esimono il Collegio dall’esaminare le
ulteriori censure svolte dall’appellante anche per contestare la pronuncia dei
primi giudici relativa al ricorso incidentale da essa svolto in primo grado,
nonché le relative controdeduzioni ed eccezioni svolte dalla società quì
appellata – l’appello in epigrafe appare fondato e va accolto e, per l’effetto,
in riforma della sentenza appellata, deve essere respinto il ricorso di primo
grado.
Le spese dei due gradi di giudizio possono essere integralmente compensate tra
le parti.
P.Q.M.
il Consiglio di Stato, Sezione Quinta, accoglie l’appello in epigrafe e, per
l’effetto, respinge il ricorso di primo grado.
Spese del doppio grado compensate.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma il 25 novembre 2003 dal Collegio costituito dai Sigg.ri:
EMIDIO FRASCIONE - Presidente
RAFFAELE CARBONI - Consigliere
CORRADO ALLEGRETTA - Consigliere
PAOLO BUONVINO - Consigliere est.
GOFFREDO ZACCARDI - Consigliere
L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE
IL SEGRETARIO
IL DIRIGENTE
f.to Paolo Buonvino
f.to Emidio Frascione
f.to Gaetano Navarra
f.to Livia Patroni Griffi
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 10 Dicembre 2003
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
1) Appalti - Bandi per appalti pubblici - Rapporti convenzionali o di concessione con pubbliche amministrazioni - Il rispetto della normativa a tutela dei disabili deve essere attestato al momento della presentazione della domanda di partecipazione alla gara. La disposizione contenuta nell’art. 17 della legge n. 68 del 1999 prescrive che “le imprese, sia pubbliche sia private, qualora partecipino a bandi per appalti pubblici o intrattengano rapporti convenzionali o di concessione con pubbliche amministrazioni, sono tenute a presentare preventivamente alle stesse la dichiarazione del legale rappresentante che attesti di essere in regola con le norme che disciplinano il diritto al lavoro dei disabili, nonché apposita certificazione rilasciata dagli uffici competenti dalla quale risulti l’ottemperanza alle norme della presente legge, pena l’esclusione”. Tale norma è stata interpretata, dalla giurisprudenza di questo Consiglio prevalentemente in termini restrittivi (con l’eccezione della decisone n. 2020 del 17 aprile 2002); si ricordano, in particolare, la decisione della Sezione n. 3733 del 6 luglio 2002 e, in senso conforme, quella 24 maggio 2002, n. 2861, nonché la decisione della Sezione VI, 21 luglio 2003, n. 4202. Va al riguardo osservato che lo scopo della disposizione non è solo quello, di garantire all’Amministrazione la conclusione del contratto con un'impresa che osservi la normativa sul diritto al lavoro dei disabili, ma anche, se non prevalentemente, quello di assicurare e di perseguire il più ampio rispetto di quest’ultima. Non v’è dubbio, in proposito, che la finalità appena illustrata risulta conseguita con maggiore efficacia ove la disposizione venga letta nel senso, prospettato dall’appellante, che il rispetto della normativa a tutela dei disabili deve essere attestato al momento della presentazione della domanda di partecipazione alla gara. Tanto osservato circa la ratio dell’art. 17 legge. n. 68/99, va ribadito che l’esegesi della predetta disposizione maggiormente conforme alla sua finalità è senz’altro quella che qualifica l’adempimento in parola come requisito di partecipazione alla gara, e non come condizione dell’aggiudicazione, e che impone, conseguentemente, la produzione della relativa certificazione al momento della presentazione della domanda, e non, come erroneamente ritenuto dal TAR, all’esito della gara e prima dell’aggiudicazione definitiva. È anche vero che il legislatore è, successivamente, intervenuto in materia con l’articolo 77bis (L) del D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445 (testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa), secondo cui “le disposizioni in materia di documentazione amministrativa contenute nei capi II e III si applicano a tutte le fattispecie in cui sia prevista una certificazione o altra attestazione, ivi comprese quelle concernenti le procedure di aggiudicazione e affidamento di opere pubbliche o di pubblica utilità, di servizi e di forniture, ancorché regolate da norme speciali, salvo che queste siano espressamente richiamate dall'articolo 78” (articolo aggiunto dall'art. 15 della legge 16 gennaio 2003, n. 3); e che, non essendo la norma di cui si discute contenuta nell’ora detto art. 78, ne consegue che, con l’entrata in vigore della disciplina in parola, deve ritenersi sufficiente la semplice dichiarazione in luogo della certificazione prevista dal ripetuto art. 17. Si tratta, però, non di norma interpretativa, ma modificativa del previgente assetto normativo (“Capo II - Norme di semplificazione, articolo 15: modifiche al testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445: 1. Al testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, sono apportate le seguenti modificazioni…..”; e, tra queste, quella introduttiva del nuovo art. 77bis dianzi riportato). Pres. Frascione - Est. Buonvino - CALZONI UMBERTO s.a.s. (avv. CALZONI) c. ARCA Costruzioni s.p.a. (già s.r.l.) e Comune di PERUGIA (Annulla TAR dell’Umbria 10 marzo 2003, n. 162). CONSIGLIO DI STATO, Sez. V, - 10 dicembre 2003, sentenza n. 8139
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