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Legislazione  Giurisprudenza                                                      Per altre sentenze vedi: Sentenze per esteso


 

 Massime della sentenza

 

 

T.A.R. ABRUZZO, Pescara - 24 luglio 2003, n. 665

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

 

T.A.R. ABRUZZO, Pescara – 24 luglio 2003, n. 665

 

IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO PER L’ABRUZZO Sez, Staccata di Pescara 

 

composto dai magistrati: dott. Antonio Catoni Presidente - dott. Mario Di Giuseppe consigliere relatore - dott. Dino Nazzaro consigliere  ha pronunciato la seguente


SENTENZA


sui ricorsi n. 376 del 1999 e nn. 330 e 482 del 2000 proposti:
a)- il ricorso n. 376/1999, da ADORANTE Rita, rappresentata e difesa dall’avv. Giuseppe Gialloreto ed elettivamente domiciliata in Pescara, corso Vittorio Emanuele n.180 presso l’avv. Alberto Lorenzi;
CONTRO
COMUNE di GUARDIAGRELE, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avv. Gildo Rossignoli ed elettivamente domiciliato in Pescara, via Napoli n. 8 presso l’avv. Andrea Modesti;
per l’annullamento
della concessione edilizia 17.2.1999 n.128 nelle parti in cui impone il rispetto delle prescrizioni del regolamento locale d’igiene (artt.95 e 175) e respinge, in sostanza, l’istanza per installare un impianto di aspirazione a carboni attivi, nonché dei relativi pareri della Commissione edilizia e dell’Ufficiale sanitario, oltrechè degli artt.95 e 175 del regolamento d’igiene e sanità dl Comune di Guardiagrele.

b)- il ricorso n. 330/2000, da ADORANTE Rita, come sopra rappresentata, difesa ed elettivamente domiciliata;
CONTRO
COMUNE di GUARDIAGRELE, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avv. Diego De Carolis, presso lo stesso elettivamente domiciliato in Pescara, via Pesaro n. 54;
AZIENDA USL di CHIETI, in persona del Direttore generale pro tempore, rappresentato e difeso dall’avv. Domenico Tenaglia, presso lo stesso elettivamente domiciliato in Pescara, corso Vittorio Emanuele n. 147;
CON L’INTERVENTO DI PRIMAVERA Luigi Elia, CIALONI Gabriele e PRIMAVERA Francesca, rappresentati e difesi dall’avv. Costanzo Dal Pozzo, domiciliato in Pescara, presso la Segreteria del TAR;
per l’annullamento
-della nota 9.5.2000 n. 6097 del Comune di Guardiagrele, limitatamente alle prescrizioni relative al posizionamento della canna fumaria ed alla trasmissione di attestazione tecnica della rispondenza dell’impianto di condizionamento ai livelli sonori, nonché dell’autorizzazione sanitaria n. 21/99 nella parte in cui non è stata accolta l’istanza per la produzione e vendita di modeste quantità di prodotti di gastronomia;
-della nota 29.4.2000 n. 161 dell’USL di Chieti, limitatamente all’opinamento che la canna fumaria debba essere posta al di sopra del colmo dei tetti limitrofi;
-del regolamento comunale d’igiene e sanità con particolare riferimento agli artt. 95 e 175 nei limiti d’interesse;
-del verbale 18.4.2000 della conferenza dei servizi presso il predetto Comune;
-di tutti gli atti comunque connessi;
c)- il ricorso n. 482/2000, da ADORANTE Rita, come sopra rappresentata, difesa ed elettivamente domiciliata;
CONTRO
COMUNE di GUARDIAGRELE, in persona del Sindaco pro tempore, come sopra rappresentato, difeso ed elettivamente domiciliato;
AZIENDA USL di CHIETI, in persona del Direttore generale, come sopra rappresentato, difeso ed elettivamente domiciliato;
per l’annullamento
del provvedimento 5.7.2000 n. 39 limitatamente alle prescrizioni: di espletare il monitoraggio trimestrale, sia degli impianti utilizzati per verificare qualità, quantità e nocività delle emissioni, sia dell’impianto di condizionamento per verificare il rispetto dei limiti di rumorosità; di elevare la canna di esalazione dell’esercizio almeno fino al colmo del tetto dello stabile;
di tutti gli atti connessi, compresi gli artt. 95 e 175 del regolamento comunale d’igiene e sanità.
Visti i ricorsi con i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio dei predetti Comune e USL;
Visto l’atto d’intervento ad opponendum nel secondo ricorso;
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
Visti gli atti tutti delle cause;
Relatore, alla pubblica udienza del 17.4.2003, il cons. Di Giuseppe;
Uditi l’avv. Giulio Cerceo, su delega dell’avv. Gialloreto per la parte ricorrente, l’avv. Rossignoli e l’avv. Tenaglia, anche su delega dell’avv. De Carolis per le parti resistenti e l’avv. Simone Dal Pozzo, su delega dell’avv. Dal Pozzo per gli intervenuti;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue:


F A T T O
 

A)- La signora Adorante Rita presentava il 23.11.1998 domanda per conseguire concessione edilizia per l’installazione e l’attivazione di un impianto di aspirazione del tipo a carboni attivi (“comby snack jolli-CSJ-ECO9” prodotto da Rega Impianti srl di Desio) presso i locali condotti in locazione, in vicolo Baronesse nn.3-5 del capoluogo del Comune di Guardiagrele, ove esercita attività di produzione artigianale e vendita diretta di pasta all’uovo fresca anche farcita (tortellini, cappelletti, ravioli, ecc.), non potendo installare alcuna canna fumaria per l’opposizione del proprietario dell’unità immobiliare sovrastante.


Il Comune di Guardiagrele rilasciava concessione edilizia 17.2.1999 n.128, ritirata in data 2.3.1999, ponendo la condizione del rispetto delle prescrizioni degli artt.95 e 175 del regolamento locale d’igiene.


Il citato art.95 prevede che ogni appartamento adibito ad abitazione deve avere un locale-cucina e che tutte le cucine debbono essere provviste di cappa che conduca i vapori ed i prodotti della combustione a canne murali prolungate sino al tetto e terminanti con solidi fumaioli elevati almeno un metro oltre la copertura, salvo maggiore altezza a giudizio del Comune.


D’altra parte, il citato art.175 prevede che tutti gli stabilimenti, le fabbriche ed i laboratori (compresi i panifici e pastifici) debbono essere forniti di camino, di conveniente altezza, posto ad adeguata distanza dalle proprietà limitrofe, per mezzo del quale i prodotti della combustione siano facilmente diluiti e dispersi nell’aria; prevede, inoltre (al II comma), che comunque l’altezza dei camini non può essere inferiore a m.5 dal colmo dei tetti esistenti entro un raggio di m.30 e che, non disponendo di una zona di rispetto di tale raggio, l’altezza deve essere adeguata a quella degli edifici in zona, onde diluire e disperdere facilmente nell’aria i prodotti della combustione.


Premesso che tale condizione apposta al provvedimento concessorio ne rivela il contenuto sostanzialmente negativo, l’interessata ha, con ricorso notificato il 30.4.1999 e depositato il 22.5.1999 (n. 376/1999 reg. gen.), impugnato la concessione stessa, nella parte in cui impone il rispetto delle prescrizioni dettate dai sopra citati articoli del regolamento comunale d’igiene e sanità, contestualmente impugnando, nei limiti del proprio interesse, anche le norme contenute negli artt.95 e 175 di detto regolamento.


A sostegno del ricorso è dedotto:
I- violazione dell’art.20 della L. 13 luglio 1966, n.615 e dei relativi regolamenti DPR n.1288 del 1967 e n.1391 del 1970, della legge n.183 del 1987, del DPR n.203 del 1988, delle direttive CEE nn. 80/779, 82/884, 84/360, 85/203 e 89/392, del DPCM 21.7.1989, del DPR 25.7.1991 e di ogni altra norma in materia, nonché eccesso di potere per manifesta illogicità, irragionevolezza, difetto d’istruttoria e difetto di motivazione. In sintesi, il ricorso sostiene che, al fine di evitare l’inquinamento, è necessario possedere impianti e dispositivi idonei in relazione al progresso della tecnica e che l’attività svolta dall’interessata comporta inquinamento atmosferico poco significativo e quindi rientrante nel campo di applicazione dell’art.2, comma 2, del DPR 25.7.1991, punti 10-11 dell’allegato 1, come risulta dalla nota 8.3.1999 n.2347/EC della Regione Abruzzo, tanto da non essere necessaria neppure l’autorizzazione, sicchè illogicamente e senza approfondita istruttoria circa l’idoneità dell’impianto proposto dall’interessata se ne inibisce l’utilizzazione, attraverso una incongrua applicazione del regolamento comunale.


II- violazione dell’art. 41 Cost., nonché dei principi in materia di prescrizioni e vincoli all’esercizio dell’attività economica privata, poiché le prescrizioni sopra descritte finiscono per impedire l’esercizio dell’attività, in quanto non possono essere ottemperate perchè il proprietario dell’immobile sovrastante non consente il passaggio della canna fumaria.


III- violazione degli artt. 95 e 175 del regolamento comunale d’igiene e sanità, poiché l’art. 175 riguarda gli stabilimenti industriali o gli opifici ove si eserciti un’attività comportante processi produttivi complessi, mentre l’art. 95 riguarda gli appartamenti ad uso abitativo, sicchè alcun riferimento può ravvisarsi nei confronti di immobili adibiti ad altri usi.


IV- illegittimità del regolamento succitato per omessa previsione di altri sistemi di smaltimento dei fumi e vapori nei casi in cui sussista l’impossibilità di realizzare canne fumarie, nonché eccesso di potere per manifesta irragionevolezza ed illogicità, poiché tale omissione concreta una evidente ed ingiustificata limitazione del diritto di espletare una determinata attività economica.


Nelle conclusioni il ricorso chiede anche la declaratoria, sia della legittimità del sistema di espulsione dei vapori e fumi mediante l’impianto sopra descritto, sia dell’obbligo del Comune di assentire la concessione in tal senso richiesta.


Per resistere si è costituito in giudizio il predetto Comune la cui difesa, con memoria datata 8.6.1999, eccepita la tardività del ricorso rispetto alla data del 23.2.1999 in cui all’interessata è stato notificato che il rilascio della concessione era subordinato al rispetto del regolamento comunale, ha controdedotto nel merito, concludendo per la reiezione.


Con memoria depositata il 27.9.2002 la difesa della ricorrente ha controdedotto in ordine all’avversa eccezione ed ha insistito per l’accoglimento del ricorso.


B)- D’altra parte, la medesima sig.ra Adorante aveva presentato domanda per l’estensione dell’autorizzazione sanitaria, di cui è titolare, anche alla preparazione e cottura di modeste quantità di prodotti gastronomici, ed il Comune di Guardiagrele, con riferimento al parere dell’USL di Chieti comunicato con nota 29.4.2000 n. 161 e recependone il tenore, comunicava all’interessata, con nota 9.5.2000 n. 6097, che, ai fini dell’estensione richiesta, era necessario, sia posizionare la canna fumaria “più in alto rispetto al colmo dei tetti limitrofi nel rispetto delle prescrizioni dell’art. 175 del vigente regolamento comunale d’igiene”, sia trasmettere un’attestazione di tecnico abilitato comprovante la rispondenza dell’impianto di condizionamento ai livelli sonori legislativamente prescritti.


I succitati provvedimenti del Comune e dell’Azienda sanitaria sono stati dall’interessata impugnati con ricorso notificato il 19.5.2000, depositato il 23.5.2000 (n. 330/2000 reg. gen.), limitatamente alle sopra richiamate prescrizioni; contestualmente sono stati impugnati l’autorizzazione sanitaria n. 21/99 nella parte in cui non è stata accolta la domanda di estensione in discorso, i succitati articoli del regolamento comunale ed il verbale 18.4.2000 della Conferenza dei servizi presso il Comune.


A sostegno del ricorso è dedotto:
I- violazione dell’art. 28 del DPR n. 327 del 1980 e di ogni principio in materia di rilascio delle autorizzazioni sanitarie e di accertamento dei necessari requisiti, nonché eccesso di potere per erroneità dei presupposti, manifesta illogicità, irragionevolezza, difetto di presupposti e contraddittorietà, poiché nella suindicata Conferenza dei servizi si è ritenuto di verificare l’aspetto dell’igiene e sanità pubblica, quando l’organo sanitario aveva già espresso parere favorevole ai sensi dell’art. 28 del DPR n. 327 del 1980.


II- difetto d’istruttoria, di presupposti e di motivazione, poiché l’organo sanitario doveva espletare un’attenta istruttoria da cui sarebbe emerso che l’esercizio della ricorrente è dotato di un impianto di nuovissima concezione tecnica, del tipo a carboni attivi capace di neutralizzare il 90% delle emissioni da cottura.


III- violazione dell’art.20 della legge n. 615 del 1966 e dei relativi regolamenti di attuazione DD.PP.RR. n. 1288 del 1967 e n. 1391 del 1970, inoltre violazione della legge n. 183 del 1987, del DPR n. 203 del 1988, delle direttive CEE nn. 80/779, 82/884, 84/360, 85/203 e 89/392, del DPCM 21.7.1989 e del DPR 25.7.1991; eccesso di potere per manifesta illogicità, irragionevolezza, difetto di presupposti, d’istruttoria e di motivazione, poiché al fine di evitare l’inquinamento è necessario possedere impianti e dispositivi idonei all’espulsione di fumi, gas, polveri o esalazioni tenendo conto del progresso della tecnica, sicchè gli artt. 95 e 175 del regolamento comunale dovrebbero essere ritenuti illegittimi se dovessero essere interpretati nel senso di impedire l’attività in discorso pur con l’ausilio dell’impianto sopra descritto.


IV- violazione dell’art. 41 Cost. e di ogni altro principio in materia di prescrizioni all’esercizio dell’attività economica privata, poiché la prescrizione d’innalzamento della canna fumaria non può essere ottemperata, in quanto irrealizzabile sia per ragioni tecniche sia per la pendenza di causa civile promossa dal sig. Primavera che non ne consente il passaggio.


V- eccesso di potere per sviamento e difetto di presupposti, poiché l’azione amministrativa, anziché curare l’interesse pubblico mediante la valutazione della necessità di interventi a tutela dell’igiene e della salute pubblica, ha ingiustificatamente favorito il predetto sig. Primavera.


VI- violazione degli artt. 95 e 175 del regolamento comunale succitato ed eccesso di potere per difetto d’istruttoria, poiché l’art. 95 si riferisce espressamente agli appartamenti destinati ad uso abitativo e quindi non è applicabile nella specie, mentre l’art. 175 riguarda gli stabilimenti e si riferisce quindi a quelli industriali e comunque ad edifici ove si eserciti un’attività comportante processi produttivi complessi, sicchè, pur ritenendo applicabile quest’ultima norma, dovrebbe farsi riferimento al II comma della stessa laddove prevede che i camini debbono essere posti a conveniente altezza, affinchè i prodotti della combustione siano facilmente diluiti e dispersi nell’aria.


VII- eccesso di potere per perplessità, contraddittorietà, manifesta incongruenza, illogicità ed irragionevolezza, poiché l’organo sanitario, nel parere 29.4.2000 n. 161, ha reputato non applicabile l’art. 95 succitato, dopo di che ha ritenuto che possa configurarsi l’ipotesi dallo stesso contemplata, purchè il camino venga elevato a maggiore altezza onde non arrechi molestia agli edifici vicini.


VIII- illegittimità del regolamento succitato per violazione dell’art. 20 della legge n. 615 del 1966 e per omessa previsione di altri sistemi di smaltimento dei fumi e vapori nei casi in cui sussista l’impossibilità di realizzare canne fumarie e di ottemperare alle prescrizioni imposte, nonché eccesso di potere per manifesta irragionevolezza ed illogicità, poiché l’indicata omissione concretizza una evidente ed ingiustificata limitazione dei poteri dell’imprenditore e si traduce in una irrazionale compromissione del diritto d’iniziativa economica, non tenedo conto, peraltro, del progresso della tecnica.


IX- eccesso di potere per sviamento, essendo evidente l’atteggiamento vessatorio dell’Amministrazione nei confronti della ricorrente.


X- violazione della legge n. 447 del 1995, dell’art. 3 del DPCM 14.11.1997, di ogni principio in materia di accertamento dei livelli sonori, nonché eccesso di potere per difetto d’istruttoria, carenza di presupposti, manifesta illogicità ed irragionevolezza, poiché l’esercizio della ricorrente è ubicato nel centro cittadino che è inquadrabile come zona ad intensa attività umana con limite di dB (A) 65, mentre l’interessata ha documentato che l’impianto di condizionamento presenta un livello sonoro interno di dB(A) 38/43/47 ed esterno di dB(A) 49/52, misure rientranti anche nei limiti delle zone di tipo misto o addirittura residenziali.


XI- violazione degli artt. 6 e 14 della legge n. 447 del 1995, nonché eccesso di potere per difetto d’istruttoria, carenza di presupposti, manifesta illogicità ed irragionevolezza, poiché i controlli sui livelli di rumorosità debbono essere effettuati dal Comune, sicchè non può essere posto a carico dell’interessata l’onere di produrre un’attestazione di un tecnico abilitato che ne verifichi il rispetto.


Il ricorso conclude chiedendo anche la condanna del Comune e dell’Azienda sanitaria predetti al risarcimento dei danni da quantificare previa consulenza tecnica d’ufficio, nonché la declaratoria dell’obbligo del Comune di assentire l’autorizzazione sanitaria per l’attività di che trattasi.


Per resistere si sono costituiti in giudizio, rispettivamente in data 15.6.2000 e 4.7.2000, sia il Comune di Guardiagrele che l’Azienda USL di Chieti, i cui difesori hanno chiesto la reiezione del ricorso.


Hanno spiegato intervento ad opponendum, con atto notificato in data 18.10.2000 e depositato il 21.10.2000, i signori Primavera Luigi Elia, Cialoni Gabriella e Primavera Francesca, proprietari di una unità immobiliare ubicata nello stesso edificio, al piano superiore rispetto ai locali ove la ricorrente svolge l’attività di che trattasi, eccependo l’inammissibilità del ricorso per omessa notifica nei loro confronti, quali rivestenti la qualità di controinteressati, mancanza di notifica che non può essere sanata dall’intervento; la stessa difesa ha invocato, inoltre, la sospensione del giudizio per pregiudiziale civile derivante dalla pendenza di una causa avanti il Tribunale civile di Chieti diretta ad accertare se la sig.ra Adorante poteva installare la canna fumaria in discorso sulla parete esterna dell’edificio, oltrechè a dichiarare l’intollerabilità delle emissioni; ha, peraltro, controdedotto nel merito, concludendo per la reiezione del ricorso.


Con memoria depositata in data 28.12.2002 la difesa della ricorrente ha controdedotto in ordine alle eccezioni d’inammissibilità sollevate dall’atto d’intervento, peraltro eccependo l’inammissibiltà di quest’ultimo, sia perché gli intervenuti sono portatori di un interesse proprio all’impugnazione degli atti che si assumono illegittimi, sia perché l’atto stesso non risulta notificato nei domicili eletti dalle parti già costituite in giudizio. La stessa difesa ha, peraltro, ulteriormente argomentato a sostegno del ricorso.


In sede cautelare, con ordinanza 1 giugno 2000 n. 217, il TAR ha accolto la domanda di sospensione degli atti impugnati.


C)- E’ sopravvenuto il provvedimento 5.7.2000 n. 39 con cui il predetto Comune, riesaminata la questione, ha, in via provvisoria, esteso l’efficacia dell’autorizzazione sanitaria n. 21/99 anche alla produzione e vendita di modeste quantità di prodotti gastronomici, autorizzandone l’esercizio nei locali in discorso, imponendo prescrizioni e condizioni fra le quali le seguenti:

- espletare il monitoraggio almeno trimestrale, sia degli impianti utilizzati nella produzione per verificare quantità, qualità ed eventuale nocività delle emissioni gassose provenienti dall’attività autorizzata, sia dell’impianto di climatizzazione per verificare il rispetto dei limiti di rumorosità da parte dell’apparecchio esterno;

- elevare la canna di esalazione dell’esercizio stesso ad una minima altezza conveniente, identificata nel colmo del tetto dello stabile di che trattasi.


Quest’ultimo provvedimento è stato dall’interessata impugnato, limitatamente alle sopra indicate prescrizioni ed assieme alle più volte citate norme del regolamento comunale d’igiene e sanità, con ricorso notificato il 13.7.2000 e depositato il 20.7.2000 (n. 482/2000 reg. gen.), per i seguenti motivi:
I- violazione degli artt. 27 e 28 del DPR n. 327 del 1980, dell’art. 2 della legge n. 283 del 1962 e di ogni principio in materia di rilascio di autorizzazioni sanitarie, nonché eccesso di potere per travisamento, difetto di presupposti, contraddittorietà, irragionevolezza, illogicità, disparità di trattamento e mancata esecuzione od elusione di ordinanza cautelare, poiché l’imposizione di dette prescrizioni presupponevano necessariamente il preventivo parere sanitario circa l’indispensabilità delle stesse, tenuto conto delle circostanze che: trattasi di piccolo laboratorio artigianale; l’ufficio regionale Ecologia e Tutela Ambientale ha, con nota 9.3.1999 n. 2347, attestato trattarsi di attività ad inquinamento poco significativo; l’esercizio è dotato di un impianto di aspirazione sui fornelli di nuovissima concezione del tipo a carboni attivi capace di neutralizzare il 90% dei vapori, degli odori e delle particelle grasse provenienti dalla cottura. Peraltro, sussiste disparità di trattamento rispetto a quanto prescritto ai similari laboratori del medesimo centro storico.


D’altra parte, l’Amministrazione non ha ottemperato all’ordinanza cautelare n. 217/2000 emessa dal TAR, dovendosi ritenere sospesa l’efficacia degli articoli 95 e 175 del citato regolamento comunale, sicchè era inibito dettare la prescrizione dell’innalzamento della canna fumaria.


Ripetute, inoltre, le censure già elevate (con i precedenti ricorsi) nei confronti dei succitati articoli, il ricorso sostiene che, comunque, non risulta rispettata la disposizione di cui al secondo periodo del secondo comma dell’art. 175 cit., laddove stabilisce che, non disponendosi di una zona di rispetto di m.30 di raggio, l’altezza dei camini deve essere convenientemente adeguata a quella degli edifici esistenti nella zona, in maniera che i prodotti della combustione siano facilmente dispersi nell’aria.


II- incompetenza ed illegittima imposizione delle predette prescrizioni, poiché esse potevano essere imposte solo dall’autorità sanitaria.


III- eccesso di potere per difetto d’istruttoria, perplessità ed arbitrarietà, poiché ocorreva una puntuale individuazione, anche su base scientifica, dei rischi per la salute, dell’eventuale nocività delle emissioni, della rumorosità dell’impianto di condizionamento e dell’inidoneità dell’altezza della canna fumaria.


IV- illegittima imposizione di prestazioni patrimoniali in relazione all’onerosità delle prescrizioni e violazione degli artt. 23 e 41 Cost., poiché trattasi di monitoraggi trimestrali di costo elevato, non previsti da alcuna normativa.


V- eccesso di potere per manifesta contraddittorietà, illogicità ed irragionevolezza, poiché sulla base della premessa motivazionale dell’atto impugnato, ove si evidenzia che la produzione gastronomica in discorso è minima e tale da non comportare emissioni ingenti di vapori ed odori di cucina, la ricorrente non poteva essere onerata dei monitoraggi trimestrali e dell’elevazione della canna fumaria di che trattasi.


VI- violazione dell’art. 41 Cost. e di ogni altro principio in materia di prescrizioni all’esercizio dell’attività economica privata, in relazione all’impossibilità per l’interessata di sostenere i costi dei monitoraggi trimestrali e di elevare la canna fumaria.


VII- violazione della legge n. 447 del 1995, del DPCM 1.3.1991, dell’art. 3 del DPCM 14.11.1997, di ogni principio in materia di accertamento dei livelli sonori, nonché eccesso di potere per difetto d’istruttoria, carenza di presupposti, manifesta illogicità ed irragionevolezza, poiché l’esercizio della ricorrente è ubicato nel centro cittadino che è inquadrabile come zona ad intensa attività umana con limite di dB (A) 65, mentre l’interessata ha documentato che l’impianto di condizionamento presenta un livello sonoro interno di dB(A) 38/43/47 ed esterno di dB(A) 49/52, misure rientranti anche nei limiti delle zone di tipo misto o addirittura residenziali.


VIII- violazione degli artt. 6 e 14 della legge n. 447 del 1995, nonché eccesso di potere per difetto d’istruttoria, carenza di presupposti, manifesta illogicità ed irragionevolezza, poiché i controlli sui livelli di rumorosità debbono essere effettuati dal Comune, sicchè non può essere posto a carico dell’interessata l’onere di effettuarli trimestralmente, peraltro con forte aggravio economico.


IX- violazione del D.Lgs. n. 155 del 1997 e del DPR 25.7.1991 e di ogni principio in materia di immissioni derivanti da impianti produttivi, poiché la ricorrente esercita un’attività comportante emissioni poco significative (come certificato dal servizio regionale competente) e rispetta la relativa normativa sugli impianti utilizzati e sulle emissioni prodotte, tanto che non sono stati elevati rilievi di sorta da parte di organi comunali e sanitari; pertanto, non si comprende la necessità di effettuare i monitoraggi trimestrali prescritti.


X- incongruità del termine (di gg. 60) per prolungare la canna di esalazione, poiché insufficiente per acquisire la preventiva concessione edilizia e per individuare una ditta che esegua i lavori.


Per resistere si sono costituiti in giudizio sia il Comune di Guardiagrele che l’Azienda USL di Chieti, i cui difensori, con memorie datate rispettivamente 25.8.2000 e 21.7.2000, hanno controdedotto nel merito del ricorso, chiedendone la reiezione.


In particolare, la difesa del Comune ha fatto presente che il ricorso è divenuto parzialmente improcedibile, a seguito del sopravvenuto provvedimento 14.7.2000, con cui, in via di autotutela, è stato annullato il provvedimento n. 39/2000 laddove prescriveva i monitoraggi trimestrali impugnati.


In sede cautelare, con ordinanza 31 agosto 2000 n. 482, il TAR ha respinto la domanda di sospensione dell’esecuzione degli atti impugnati.


Con memoria datata 3.4.2003 la difesa della ricorrente ha concordato sulla parziale improcedibilità del ricorso (con riguardo ai motivi IV, VII e VIII ed in parte V e VI).


D I R I T T O


I- I tre ricorsi in esame possono essere riuniti ai fini della decisione con unica sentenza, essendo evidentemente connessi sotto i profili oggettivo e soggettivo.


I.1- Ad avviso del Collegio, il comune elemento risolutore di tutti i ricorsi in esame è dato dall’interpretazione dell’art. 175 del regolamento comunale d’igiene e sanità vigente presso il Comune di Guardiagrele.


Tale norma regolamentare prescrive (al I comma) che tutti gli stabilimenti debbono provvedere a che fumo, fuliggine, pulviscoli e prodotti gassosi irritanti, o comunque nocivi o molesti, non disturbino o danneggino il vicinato, e perciò le fabbriche ed i laboratori (compresi i panifici e pastifici) debbono essere forniti di camino, di conveniente altezza, posto ad adeguata distanza dalle proprietà limitrofe, per mezzo del quale i prodotti della combustione siano facilmente diluiti e dispersi nell’aria. Prescrive, inoltre (al II comma), che comunque l’altezza dei camini non può essere inferiore a m.5 dal colmo dei tetti esistenti entro un raggio di m.30 e che, non disponendo di una zona di rispetto di tale raggio, l’altezza deve essere adeguata a quella degli edifici in zona, in maniera che siano sempre diluiti e dispersi facilmente nell’aria i prodotti della combustione.


Innanzitutto, non può essere condivisa l’argomentazione della difesa di parte ricorrente secondo cui i laboratori artigianali, come quello dell’interessata, sfuggirebbero alla disciplina di cui all’art. 175 cit. e pertanto, non essendo assoggettabili all’art. 95 cit. (riguardante solo le abitazioni), non sarebbero soggetti ad alcuna disciplina regolamentare dettata in materia dal Comune.


Ed invero, la norma in esame, intitolata provvedimenti contro la diffusione del fumo e di emanazioni moleste, ha come scopo dichiarato quello di impartire prescrizioni ai proprietari di fabbriche e laboratori, onde provvedano a non disturbare né danneggiare il “vicinato” in conseguenza della diffusione, all’esterno dei locali di lavoro, del fumo, della fuliggine, dei pulviscoli e dei prodotti gassosi irritanti, o comunque nocivi o molesti.


A tale scopo la norma (al I comma) prescrive che le fabbriche ed i laboratori debbono essere forniti di camino “di conveniente altezza”, posto ad adeguata distanza dalle proprietà limitrofe, onde facilmente diluire e disperdere nell’aria i prodotti della combustione.


Dunque, una prima disposizione di carattere generale deve essere, ad avviso del Collegio, individuata nel senso che non solo le fabbriche, ma anche i laboratori, compresi quelli artigianali (che non risultano esclusi, nè disciplinati da altra norma del regolamento in discorso), sono assoggettati alla disciplina dettata dall’art. 175 più volte citato.


Una seconda disposizione di carattere generale deve essere, poi, individuata nel senso che tali opifici (fabbriche e laboratori) debbono essere dotati di camini di conveniente altezza e posti ad adeguata distanza, onde evitare di disturbare o danneggiare il vicinato con le emissioni provocate dalla combustione relativa alle diverse attività esercitate.


La norma stessa (al II comma), peraltro, detta una prescrizione di carattere particolare per le ipotesi in cui tali opifici si trovino in una posizione tale da disporre di una zona di rispetto di m.30 di raggio, stabilendo, per questa ipotesi, che l’altezza dei camini non può essere inferiore a m. 5 dal colmo dei tetti esistenti entro tale raggio.


Per gli opifici che non dispongano di una zona di rispetto di tale dimensione, la norma stessa (seconda parte del II comma) prescrive che l’altezza dei camini deve essere adeguata a quella degli edifici costruiti entro la zona “in maniera che risulti sempre soddisfatta la prescrizione di cui al comma precedente” e cioè che i camini siano di conveniente altezza e posti ad adeguata distanza dalle proprietà limitrofe, così da essere idonei a facilmente diluire e disperdere nell’aria i prodotti della combustione.


Orbene, interpretata nei sensi sopra esposti la normativa dettata dall’art. 175 del regolamento comunale, appare evidente che, nel caso di specie, in cui il laboratorio artigianale della ricorrente è situato nell’ambito del centro storico del capoluogo, il laboratorio stesso deve essere fornito di camino la cui altezza deve essere convenientemente adeguata a quella degli edifici limitrofi, onde facilmente diluire e disperdere nell’aria le emissioni provenienti dall’attività svolta. Appare, altresì, evidente che, in tale ipotesi, il giudizio circa la convenienza dell’altezza del camino è rimesso al prudente apprezzamento tecnico dell’Amministrazione, ferma restando, comunque, la necessità, altrettanto evidente, che il camino giunga, almeno, al colmo del tetto dell’edificio interessato.


Fermo quanto sopra ritenuto, il Collegio deve darsi carico di esaminare i singoli ricorsi in epigrafe indicati.


II- Il primo (ric. n. 376/1999) impugna la concessione edilizia n. 128 rilasciata il 17.2.1999 per installazione ed attivazione di un impianto di aspirazione, del tipo a carboni attivi, nel laboratorio dell’interessata.


L’impugnazione è limitata alla parte in cui il provvedimento concessorio impone espressamente il rispetto delle prescrizioni stabilite dal regolamento comunale d’igiene (artt. 95 e 175); contestualmente sono impugnate, nei limiti d’interesse, le succitate norme regolamentari.


II.1- La difesa del resistente Comune eccepisce l’inammissibilità del ricorso per tardività rispetto alla piena conoscenza di tali prescrizioni, in quanto già indicate nella nota di notifica del rilascio della concessione, ricevuta dall’interessata il 23.2.1999.


Il Collegio non condivide l’eccezione, giacchè il termine per impugnare una prescrizione imposta dalla concessione edilizia non può che decorrere dal giorno in cui la concessione stessa sia stata materialmente ritirata dall’interessato, da tale data divenendo attuale la lesione della sfera d’interessi del destinatario.


Nel caso in esame la concessione risulta ritirata il 2.3.1999, sicchè il ricorso, che risulta notificato il 30.4.1999, è tempestivo.


II.2- Nel merito il ricorso è infondato.


Ed infatti, non può essere condiviso il primo motivo laddove sostiene, in stretta sintesi, che gli artt. 95 e 175 del regolamento comunale in discorso sono illegittimi, per contrasto con l’art. 20 della legge n. 615 del 1966, se interpretati nel senso che vietano l’utilizzazione di altri impianti di smaltimento, idonei e sicuri come quello proposto dalla ricorrente.


Posto quanto sopra ritenuto dal Collegio quale interpretazione delle censurate norme del regolamento comunale, innanzitutto, deve essere chiarito che l’art. 175 succitato non impedisce affatto l’utilizzazione di impianti e dispositivi che siano i più idonei in base al progresso della tecnica. Anzi, tali dispositivi sicuramente costituiscono idonei mezzi per meglio perseguire lo scopo del regolamento comunale, in sintonia con la citata legge nazionale, che è quello di evitare di disturbare e danneggiare il vicinato con le emissioni derivanti dalla combustione e che, come misura base, prescrive almeno l’installazione di camini di conveniente altezza e posti ad adeguata distanza dalle proprietà limitrofe.


D’altra parte, l’art. 20 della legge n. 615 del 1966, invocato dalla difesa della ricorrente, non conduce ad una diversa interpretazione.


Innanzitutto, deve rilevarsi che la norma è dettata per gli stabilimenti industriali, mentre nel caso controverso si tratta di un laboratorio artigianale, sicchè a questo non è applicabile.


In secondo luogo, deve evidenziarsi che la norma stessa non consente di ritenere che gli impianti ed i dispositivi messi a disposizione dal progresso della tecnica, ai quali la norma (al I comma) fa riferimento, possano soppiantare (ovvero essere alternativi, come intende sostenere la difesa della ricorrente) l’installazione di camini idonei per la dispersione nell’aria delle emissioni della combustione.


La norma (letta più correttamente), oltre agli obblighi derivanti dalla classificazione come insalubri o pericolosi, impone agli stabilimenti industriali di dotarsi di impianti, installazioni o dispositivi “tali da contenere entro i più ristretti limiti che il progresso della tecnica consenta la emissione di fumi o gas o polveri o esalazioni” che possono contribuire all’inquinamento atmosferico, con ciò significando che dal progresso della tecnica debbono essere tratti, e quindi installati, gli impianti e dispositivi che riescano a limitare maggiormente la nocività delle emissioni.


II.3- Neppure può condividersi l’altra censura, dedotta nell’ambito del primo motivo di ricorso, secondo cui la concessione edilizia impugnata sarebbe illegittima, in quanto impone il rispetto dell’art. 175 del succitato regolamento comunale, quando l’attività svolta dall’interessata risulta, ai sensi dell’art.2 del DPR 25 luglio 1991, un’attività ad inquinamento atmosferico poco significativo per il cui esercizio non è richiesta autorizzazione.


La censura è, ad avviso del Collegio, infondata ed inconferente, giacchè l’atto impugnato attiene alla materia della disciplina edilizia, mentre la normativa di cui al succitato DPR, invocato dalla difesa della ricorrente, attiene alla diversa materia della disciplina delle attività che provocano emissioni nell’atmosfera.


Peraltro, le prescrizioni dell’art. 175 più volte citato, così come sopra interpretato dal Collegio, non impediscono affatto l’esercizio dell’attività svolta dalla ricorrente, bensì impone l’adozione di misure che non sono affatto illogiche, né irragionevoli e neppure in contraddizione con le norme invocate dal ricorso, ma sono soltanto ad esse complementari.


Da tutte le argomentazioni che precedono ed in particolare dall’interpretazione dell’ art. 175 succitato, discende l’infondatezza anche degli altri motivi di ricorso.


II.4- Infatti, non è condivisibile il secondo motivo che sostiene che la prescrizione di rispettare detta norma impedisce di fatto, in violazione dell’art. 41 Cost., l’esercizio dell’attività economica privata, in quanto il proprietario dell’immobile sovrastante impedisce il passaggio della necessaria canna fumaria.


Invero, i rapporti interprivati sfuggono alla competenza del TAR e le cautele poste dal regolamento comunale a tutela del generale interesse alla salubrità dell’aria non possono essere disattese per consentire lo svolgimento di una determinata attività economica, quindi a tutela di un interesse particolare. Tanto, pur se l’art. 41 Cost., invocato dalla difesa della ricorrente, prevede sì che l’iniziativa economica privata è libera, ma prescrive anche (II comma) che essa non può essere svolta in contrasto con l’utilità sociale: non v’è dubbio che la tutela della salubrità dell’aria costituisca una delle componenti dell’utilità sociale.


II.5- Neppure è condivisibile il terzo motivo di ricorso, secondo cui la disciplina dettata dall’art. 175 succitato sarebbe applicabile solo agli stabilimenti di tipo industriale.


Infatti, come più sopra già anticipato e per le ragioni già esposte, la norma in questione è diretta a disciplinare anche i laboratori artigianali (come quello della ricorrente).


II.6- Infondato è, infine, il quarto (ed ultimo) motivo di ricorso che, sostenendo che la prescrizione impugnata si traduce in una irrazionale compromissione del diritto di espletare una determinata attività economica, non può essere condiviso per le stesse ragioni sopra esposte in relazione al secondo motivo.


III- Il secondo dei ricorsi in esame (ric. n. 330/2000) impugna la nota 9.5.2000 n. 6097 del predetto Comune che, in relazione all’istanza per l’estensione dell’autorizzazione sanitaria (di cui la medesima sig.ra Adorante è titolare) anche alla preparazione e cottura di modeste quantità di prodotti gastronomici, e con riferimento al parere dell’USL di Chieti comunicato con nota 29.4.2000 n. 161 di cui recepisce il tenore, ha comunicato all’interessata che, ai fini dell’estensione richiesta, era necessario, sia posizionare la canna fumaria “più in alto rispetto al colmo dei tetti limitrofi nel rispetto delle prescrizioni dell’art. 175 del vigente regolamento comunale d’igiene”, sia trasmettere un’attestazione di tecnico abilitato comprovante la rispondenza dell’impianto di condizionamento ai livelli sonori legislativamente prescritti. Il ricorso impugna contestualmente, nei limiti d’interesse, anche la succitata nota dell’Azienda sanitaria e le più volte citate norme del regolamento comunale d’igiene, oltre al verbale 18.4.2000 della Conferenza dei servizi.


III.1- La difesa degli intervenuti ad opponendum ha sollevato eccezione d’inammissibilità del ricorso per omessa notifica nei loro confronti, quali rivestenti la qualità di controinteressati, mancanza di notifica che non può essere sanata dall’intervento; ha invocato, inoltre, la sospensione del giudizio per pregiudiziale civile derivante dalla pendenza di una causa avanti il Tribunale civile di Chieti diretta ad accertare se la sig.ra Adorante può installare la canna fumaria in discorso sulla parete esterna dell’edificio, oltrechè a dichiarare l’intollerabilità delle emissioni.


Il Collegio non condivide le eccezioni.


Invero, nel processo amministrativo la qualifica di controinteressato è rinvenibile in colui che è portatore di un interesse qualificato alla conservazione dell’assetto recato dal provvedimento impugnato e di natura uguale e contraria a quello del ricorrente ovvero sia stato nominativamente indicato nel provvedimento impugnato o sia facilmente individuabile.


Peraltro, l’interesse qualificato che contraddistingue la figura del controinteressato deve essere percepibile come un vantaggio attribuito individualmente dall’atto impugnato e non è configurabile nell’interesse di fatto alla salubrità della zona in base alla cui denunzia sono stati emessi gli atti impugnati.


Né la circostanza che un soggetto abbia presentato un’istanza alla p.a. volta a sollecitare un certo provvedimento comporta di per sè l’acquisizione della qualità di controinteressato in caso d’impugnazione dei provvedimenti emanati sulla base di tale istanza (fra le tante: Cons. St., Sez. IV, 3 settembre 2001 n. 4627).


Pertanto, non risultando nella situazione soggettiva come sopra individuata dalla giurisprudenza, gli intervenuti non sono qualificabili come controinteressati nel presente ricorso.


Né sussistono, ad avviso del Collegio, le condizioni di pregiudizialità che impongano la sospensione del giudizio in esame, onde attendere la decisione della causa civile sopra ricordata, causa che riguarda esclusivamente i rapporti interprivati tra la sig.ra Adorante e gli intervenuti (sia pure per accertare se sussista la possibilità di installare la canna fumaria sulla parte esterna del muro comune dell’edificio).


III.2- D’altra parte, così come contro eccepito dalla difesa della ricorrente, l’intervento in questione deve essere ritenuto inammissibile, in quanto risulta notificato alle Amministrazioni resistenti (all’epoca già costituite) nei rispettivi domicili reali, invece che nei rispettivi domicili eletti, ed alla ricorrente presso il suo difensore sì, ma non nel domicilio eletto (in Pescara, corso Vittorio Emanuele n. 180, presso l’avv. Alberto Lorenzi).


Ed invero, la domanda di intervento nel giudizio amministrativo, tanto ad opponendum che ad adiuvandum, deve essere notificata nelle forme di rito sia all’Amministrazione che alle altre parti costituite e l’incompleto o il mancato adempimento di detto onere comporta l’inammissibilità dell’intervento (Cons. St., Sez. IV, 7 ottobre 1997 n. 1100; TAR Lazio, Sez. II, 30 luglio 1987 n. 1316).


E l’art. 22, II comma, della legge n. 1034 del 1971 dispone inequivocabilmente che la domanda d’intervento deve essere notificata alle parti costituite in giudizio nei rispettivi domicili di elezione.


III.3- Nel merito, tuttavia, il ricorso in esame non può trovare accoglimento.


Buona parte delle censure dedotte con gli articolati motivi di ricorso, in quanto ripetitive di quelle elevate con il precedente ricorso (n. 376/1999), sono infondate per tutte le argomentazioni sopra esposte dal Collegio, cui si rimanda: così sono infondati i motivi terzo, quarto ed ottavo.


III.4- Quanto agli altri motivi di ricorso, non può essere condiviso il primo, diretto a sostenere che la Conferenza dei servizi ha erroneamente opinato che, al fine di accogliere l’istanza per l’estensione dell’autorizzazione sanitaria all’attività di modesta produzione gastronomica, dovesse verificarsi l’aspetto dell’igiene e sanità pubblica, tanto dopo che già esisteva un parere favorevole dell’organo sanitario espresso ai sensi dellart. 28 del DPR n. 327 del 1980.


La censura è infondata, giacchè, fintantoché duri la fase dell’istruttoria procedimentale, nulla vieta, anzi è sicuramente legittimo, acquisire nuovi elementi di giudizio pur in presenza di un parere già espresso sulla questione da parte dell’organo competente, il quale può ben essere invitato, in sede di conferenza dei servizi, ad approfondire l’esame della problematica prima dell’emissione del provvedimento conclusivo del procedimento.
Peraltro, il motivo di ricorso in esame non eleva censura alcuna da cui possa desumersi che l’approfondimento sia stato condotto senza rispettare i profili contemplati dall’invocato art. 28.


III.5- Non può essere condiviso, d’altra parte, il secondo motivo di ricorso diretto a sostenere che l’organo sanitario doveva darsi carico, in sede istruttoria, di acquisire informazioni dagli altri residenti in zona circa la tolleranza delle emissioni provenienti dall’esercizio della ricorrente ed avrebbe dovuto valutare che il laboratorio è dotato di un impianto di nuovissima concezione tecnica, del tipo a carboni attivi capace di neutralizzare il 90% dei vapori, degli odori e delle particelle grasse provenienti dalla cottura, per cui quanto immesso in atmosfera dalla relativa canna di esalazione è inferiore alle normali emissioni delle cucine domestiche.


Ad avviso del Collegio, per le varie ragioni già diffusamente esposte, il fatto di essere il laboratorio dotato di un impianto del tipo sopra descritto, non esime l’interessata dal dover prestare ottemperanza alle norme dettate dall’art. 175 del regolamento comunale d’igiene e sanità e quindi dal dover installare il relativo camino di esalazione delle emissioni, ma può soltanto indurre l’Autorità provvedente ad individuare la “conveniente altezza” del camino, tenendo conto della capacità di abbattimento delle emissioni di detto impianto.


Orbene, di tanto l’organo provvedente si è sicuramente dato carico se, con giudizio tecnico insindacabile nel merito, ha stabilito che il camino di esalazione in discorso dovesse essere posizionato “più in alto rispetto al colmo dei tetti limitrofi”, senza peraltro fissare di quanto dovesse essere più alto, con ciò risultando sufficiente anche un minimo (lasciato al prudente apprezzamento dell’interessata) di altezza superiore a detto colmo.
Per quanto riguarda, poi, la pretesa della ricorrente a che l’organo sanitario avrebbe dovuto acquisire informazioni dagli altri residenti della zona circa la tollerabilità delle emissioni, è appena il caso di evidenziare che la normativa regolamentare disciplinante la fattispecie deve essere applicata secondo canoni oggettivi, non in base alla soggettiva valutazione di una parte dei residenti (tanto più nel caso in esame in cui, come ammesso dalla stessa ricorrente, altra parte dei residenti è di avviso contrario).


III.6- Non può essere condiviso il quinto motivo di ricorso diretto a sostenere che l’Amministrazione, debordando dalla funzione di curare l’interesse pubblico, ha finito per favorire l’interesse privato dei sovrastanti residenti, invadendo la competenza del Giudice Civile innanzi al quale pende la causa da questi proposta per l’accertamento dell’intollerabilità delle emissioni.


Ad avviso del Collegio, la censura è infondata, giacchè gli atti impugnati sono conformi alla disciplina regolamentare dettata dal Comune per la cura dell’interesse pubblico alla salvaguardia della salubrità dell’aria, mentre costituisce soltanto un risultato indiretto e derivato il fatto che in concomitanza è soddisfatto anche l’interesse privato dei proprietari dell’immobile sovrastante il laboratorio di che trattasi. Né gli atti stessi sono suscettivi di invadere la competenza dell’AGO che è chiamata a decidere la diversa controversia pendente in sede civile.


III.7- Infondato, per le ragioni esposte sopra (al punto I.1), è anche il sesto motivo di ricorso, nella parte in cui è diretto a sostenere che l’art. 175 del più volte citato regolamento comunale non è applicabile al laboratorio del tipo di cui trattasi.


E’ infondato, peraltro, nella parte in cui intende sostenere che, se pure detta norma fosse da ritenere applicabile al caso di specie, gli atti impugnati sarebbero in contrasto con quanto da essa disposto nel secondo periodo del II comma, laddove prevede che, non disponendo di una zona di rispetto di trenta metri di raggio, l’altezza dei camini deve essere adeguata a quella degli edifici limitrofi, in maniera che siano posti a conveniente altezza affinché i prodotti della combustione siano facilmente diluiti e dispersi nell’aria, senza alcuna necessità di essere elevati in misura maggiore rispetto al colmo dei tetti.


Quest’ultima precisazione interpretativa (evidenziata in corsivo), propugnata dalla difesa della ricorrente, non trova fondamento nella lettera e nella ratio dell’art. 175 come sopra (al punto I.1) interpretato dal Collegio.


Ed invero, appare evidente che, in tale ipotesi, il giudizio circa la convenienza dell’altezza del camino è rimesso al prudente apprezzamento tecnico dell’Amministrazione, ferma restando, comunque, la necessità, altrettanto evidente, che il camino giunga, almeno, al colmo del tetto dell’edificio interessato.


III.8- Palesemente infondato deve essere ritenuto il settimo motivo di ricorso che, per sostenere la contraddittorietà intrinseca e la perplessità del parere USL 29.4.2000 n. 161, impugnato nella parte relativa al posizionamento del camino, trae spunto da un evidente refuso dattilografico contenuto nella seconda pagina di detta nota, dove si effettua un riferimento all’art. 95 del regolamento comunale dopo che, nella prima pagina, è asserito che tale norma non è applicabile nel caso di specie.


Ad ogni buon conto, peraltro, il riferimento all’art. 95 del citato regolamento comunale non è stato recepito dal provvedimento 9.5.2000 conclusivo del procedimento, sicchè i vizi dedotti, ove pure esistenti, non hanno rilevanza, in quanto non inficiano l’atto finale.


III.9- Palesemente infondato è anche il nono motivo che sostiene che, dall’aver dovuto l’interessata proporre più ricorsi per poter esercitare la propria attività, risulta evidente l’atteggiamento vessatorio dell’Amministrazione nei suoi confronti.


Ad avviso del Collegio, invece, dal tenore dei ricorsi in esame e degli atti con essi impugnati emerge l’intento, pur giustificabile, di voler dimostrare l’indimostrabile, e cioè che nel caso di specie non è applicabile la disciplina dettata dal regolamento comunale d’igiene e sanità.


III.10- Neppure il decimo motivo di ricorso può essere condiviso. Esso è diretto a sostenere che l’impianto di condizionamento del laboratorio è, quanto ai livelli sonori, conforme ai limiti prescritti dalla vigente normativa, sicchè illegittimamente il Comune ha posto la condizione che l’interessata deve trasmettere un’attestazione di conformità redatta da un tecnico abilitato.


Il motivo di ricorso si basa sulla circostanza che l’interessata ha, in effetti, prodotto in data 5.5.2000 un’attestazione del genere da cui risultano i livelli sonori: per l’unità interna, dB(A) 38/43/47; per l’unità esterna, dB(A) 49/52.


Il ricorso sostiene, poi, che tali livelli rientrano nei limiti, sia che si consideri la zona come ad “intensa attività umana”, sia che la si consideri come di “tipo misto” oppure di “tipo residenziale”, essendo i relativi livelli massimi prescritti, rispettivamente, in dB(A): 65; 60; 55.


Orbene, pur se i livelli sonori risultano conformi a quelli prescritti, sta di fatto che l’interessata ha presentato la relativa attestazione soltanto in data 5.5.2000, cioè in ritardo rispetto alla data del 29.4.2000 in cui l’Azienda sanitaria ha trasmesso il proprio parere al Comune. Quest’ultimo Ente, ha recepito tale parere, che evidenziava la necessità dell’attestazione in discorso, nel proprio provvedimento conclusivo emesso in data 9.5.2000, quando l’attestazione prodotta dall’interessata al protocollo del Comune non era, evidentemente, ancora materialmente pervenuta all’ufficio competente a provvedere.


Ebbene, tale ritardo, sicuramente addebitabile all’interessata che tardivamente si è data carico di produrre la documentazione (pur possedendola dal 27.10.1998, come asserito in ricorso), ha determinato l’inserimento della prescrizione negli atti impugnati che, ad avviso del Collegio, per tale ragione non possono essere ritenuti illegittimi.


III.11- Anche l’undicesimo (ed ultimo) motivo di ricorso s’appalesa infondato.


Se è vero, infatti, che i controlli sulla rispondenza delle sorgenti sonore ai limiti legislativamente prescritti debbono essere effettuati dal Comune mediante proprio personale, è altrettanto vero che all’atto della installazione di un impianto del genere deve essere rilasciata dall’esecutore dell’impianto la relativa dichiarazione di conformità, e questa ben può essere richiesta dall’Amministrazione a corredo delle istanze di autorizzazione sanitaria per l’esercizio delle varie attività.


In conclusione, il secondo dei ricorsi in epigrafe indicati deve essere respinto.


III.12- Consegue l’infondatezza della domanda di risarcimento dei danni proposta con lo stesso ricorso, giacchè manca il primo e principale presupposto, consistente nell’essere contra jus l’azione dell’Amministrazione.


Cessano gli effetti dell’ordinanza cautelare 1 giugno 2000 n. 217.


IV- Il terzo ricorso (n. 482/2000) impugna in parte qua il provvedimento 5.7.2000 n. 39 con cui il predetto Comune, riesaminata la questione, ha, in via provvisoria, esteso l’autorizzazione sanitaria anche alla produzione e vendita di modeste quantità di prodotti gastronomici, autorizzandone l’esercizio nei locali in discorso, ma ha imposto le prescrizioni di espletare il monitoraggio trimestrale per verificare il rispetto dei limiti legislativamente prescritti con riguardo, sia alle emissioni gassose provenienti dall’attività autorizzata, sia alla rumorosità dell’apparecchio esterno del condizionatore, nonché la condizione di elevare la canna di esalazione del laboratorio ad una minima altezza conveniente, identificata nel colmo del tetto dello stabile di che trattasi. Il ricorso ripete anche l’impugnazione, nei limiti d’interesse, degli artt. 95 e 175 del più volte citato regolamento comunale.


IV.1- La difesa del resistente Comune eccepisce la parziale improcedibilità del ricorso, essendo sopravvenuto il provvedimento comunale 14.7.2000 che, in sede di autotutela, ha parzialmente annullato l’atto impugnato per le parti concernenti le prescrizioni di monitoraggio trimestrale.


Su tanto concorda anche la difesa della ricorrente.


Consegue la sopravvenuta carenza d’interesse in ordine ad una parte del ricorso e nei limiti appresso indicati.


Perdono interesse le censure dedotte con i motivi di ricorso quarto, settimo ed ottavo, nonché parzialmente quelle dedotte con i motivi quinto e sesto, così come pacificamente dichiarato in memoria del 3.4.2003 dalla stessa difesa della ricorrente, e cioè tutte le censure elevate nei confronti delle impugnate prescrizioni di effettuare i monitoraggi trimestrali sulle emissioni gassose e sulla rumorosità.


Peraltro, ad avviso del Collegio, per le stesse ragioni perdono interesse le censure dedotte con il nono motivo di ricorso.


IV.2- Nel merito, buona parte delle censure dedotte con gli altri motivi di ricorso, in quanto ripetono quelle dedotte con gli altri due precedenti ricorsi, sono infondate per tutte le stesse argomentazioni sopra esposte, cui si rimanda.


Così sono infondate tutte le censure dedotte nell’ambito del primo motivo di ricorso, le quali non fanno altro che ripetere quelle di analogo tenore già dedotte con il secondo ricorso (n. 330/2000), come sopra ritenuto infondato.


Nell’ambito dello stesso primo motivo, peraltro, il ricorso ora in esame deduce il vizio di violazione dell’ordinanza cautelare n. 217/2000, nonché quello di disparità di trattamento.


Anche queste censure sono infondate: la prima, in quanto l’invocata ordinanza cautelare perde efficacia e rilevanza con la reiezione del ricorso (n. 330/2000) nel cui ambito era stata pronunciata; la seconda, in quanto non risulta addotto il benché minimo indizio di prova circa l’esistenza di casi identici trattati dall’Amministrazione in modo differente rispetto a quello di cui trattasi.


IV.3- Infondato è il secondo motivo di ricorso, giacchè non sussiste affatto la dedotta incompetenza, in quanto le dettate prescrizioni trovano fondamento nei pareri già resi dal competente organo sanitario sulla stessa domanda dell’interessata, in ordine alla quale l’atto impugnato ha nuovamente provveduto.


IV.4- Infondato è il terzo motivo di ricorso, giacchè non sussistono i dedotti sintomi dell’eccesso di potere, in quanto la necessità di elevare il camino di esalazione del laboratorio deriva dalla corretta applicazione dell’art 175 del regolamento comunale più volte citato, secondo l’interpretazione fornita sopra dal Collegio (al punto I.1).


IV.5- Infondati sono i motivi di ricorso quinto e sesto, nelle parti riguardanti la prescrizione di elevare la canna fumaria fino al colmo del tetto dell’edificio, per tutte le argomentazioni già svolte dal Collegio ed in particolare per quanto sopra ritenuto (al punto I.1) circa la portata regolamentare dell’art. 175 succitato.


IV.6- Infine, s’appalesa infondato anche il decimo (ed ultimo) motivo di ricorso, diretto a censurare il termine, di 60 giorni, assegnato alla ricorrente per prolungare la canna di esalazione fino all’altezza coincidente con il colmo del tetto dell’edificio in cui è situato il laboratorio.


Il ricorso sostiene che detto termine è incongruo in relazione ai tempi necessari per ottenere la concessione edilizia e per individuare un’impresa per eseguire i lavori.


Ad avviso del Collegio, il termine in discorso non appare incongruo, ove si rifletta sulla circostanza che la relativa prescrizione non impone di concludere i relativi lavori entro detto termine, appalesandosi sufficiente che siano iniziati entro il termine stesso. Peraltro, non va sottaciuto che all’interessata è stata già rilasciata la concessione edilizia n. 128 del 16.2.2000 per lavori di installazione ed attivazione dell’impianto di aspirazione, concessione che reca la condizione di rispettare la prescrizione dell’art. 175 più volte citato, sicchè, sotto tale profilo, ben può l’interessata procedere nella realizzazione secondo le modalità impartite dalla stessa Amministrazione.


IV.7- In conclusione, il terzo dei ricorsi in epigrafe indicati deve essere dichiarato in parte improcedibile per sopravvenuta carenza d’interesse, mentre per la restante parte deve essere respinto.


Peraltro, tenuto conto del carattere provvisorio impresso dall’Amministrazione al provvedimento 5.7.2000 n. 39, giova, ad avviso del Collegio, evidenziare che la relativa prescrizione di elevare la canna di esalazione di che trattasi, fino al colmo del tetto dell’edificio in cui è ubicato il laboratorio, risulta ben rispondente alla ratio ed all’interpretazione dell’art.175 del regolamento comunale d’igiene e sanità, come sopra esposte al punto I.1 della presente motivazione.


V- Le spese di tutti i giudizi qui riuniti, tuttavia, possono essere compensate tra tutte le parti in causa, sussistendo giusti motivi anche in relazione alla difficoltà applicativa della succitata norma del regolamento comunale.


P.Q.M.


Il Tribunale Amministrativo Regionale per l’Abruzzo-Sezione Staccata di Pescara:
- riunisce i tre ricorsi in epigrafe indicati;
- respinge il ricorso n. 376/1999;
- dichiara inammissibile l’intervento nel ricorso n. 330/2000;
- respinge il ricorso n. 330/2000 e la relativa domanda di risarcimento danni;
- dichiara improcedibile in parte il ricorso n. 482/2000 e per la restante parte lo respinge;
- compensa le spese di tutti i giudizi.


Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa.
Così deciso in Pescara nella camera di consiglio del 17 aprile 2003.
Antonio Catoni presidente
Mario Di Giuseppe estensore

Il Segretario d’udienza

Pubblicata mediante deposito in Segreteria in data 24.07.2003

 

M A S S I M E

 

Sentenza per esteso

 

1) Inquinamento atmosferico - Inquinamento acustico – Impianto di condizionamento – Autorizzazione subordinata alla produzione di attestazione di conformità –– Valutazione – Deve attenersi a canoni oggettivi - legittimità - Regolamento comunale – Concessione – Prescrizione per le fabbriche e i laboratori di fornirsi di camino di conveniente altezza – Legittimità - Edilizia subordinata alla prescrizione per le fabbriche e i laboratori di fornirsi di camino di conveniente altezza – Attività ad inquinamento atmosferico poco significativo – Disciplina edilizia e normativa sull’inquinamento – Diversità della materia – Art. 41 Cost. – Contrasto – Insussistenza – Interessi particolari – Utilità sociale. Non è illegittimo, per contrasto con l’art. 20 della legge n. 615 del 1966, un articolo del regolamento comunale che prescriva l’obbligo per le fabbriche ed i laboratori di fornirsi di camino di conveniente altezza, onde facilmente diluire e disperdere nell’aria i prodotti della combustione ed evitare che fumo, fuliggine, pulviscoli e prodotti gassosi irritanti, o comunque nocivi o molesti, disturbino o danneggino il vicinato. La norma regolamentare, infatti, non esclude l’utilizzazione di impianti e dispositivi di smaltimento che siano i più idonei in base al progresso della tecnica. Lo scopo del regolamento comunale, in sintonia con la citata legge, è quello di evitare di disturbare e danneggiare il vicinato con le emissioni derivanti dalla combustione. E’ legittima la concessione edilizia per un laboratorio artigianale, subordinata al rispetto dell’articolo del regolamento comunale che prescrive l’obbligo per le fabbriche ed i laboratori di fornirsi di camino di conveniente altezza, anche quando l’attività svolta risulta, ai sensi dell’art.2 del DPR 25 luglio 1991, un’attività ad inquinamento atmosferico poco significativo per il cui esercizio non è richiesta autorizzazione. La normativa di cui al citato DPR attiene infatti non alla disciplina edilizia, ma alla diversa materia della disciplina delle attività che provocano emissioni nell’atmosfera. Né può riscontrarsi contrasto con l’art. 41 Cost., tenuto conto che le cautele poste dal regolamento comunale a tutela del generale interesse alla salubrità dell’aria non possono essere disattese per consentire lo svolgimento di una determinata attività economica, quindi a tutela di un interesse particolare. L’art. 41 Cost., prevede sì che l’iniziativa economica privata è libera, ma prescrive anche (II comma) che essa non può essere svolta in contrasto con l’utilità sociale: non v’è dubbio che la tutela della salubrità dell’aria costituisca una delle componenti dell’utilità sociale. In materia di emissione di fumi, ai fini della valutazione circa la tollerabilità delle emissioni l’organo sanitario deve attenersi a canoni oggettivi e non alla soggettiva valutazione di una parte dei vicini. E’ legittima l’autorizzazione rilasciata dal Comune all’installazione di un impianto di condizionamento subordinata alla condizione di un’attestazione di conformità dei livelli sonori ai limiti prescritti dalla vigente normativa, redatta da un tecnico abilitato. Se è vero, infatti, che i controlli sulla rispondenza delle sorgenti sonore ai limiti legislativamente prescritti debbono essere effettuati dal Comune mediante proprio personale, è altrettanto vero che all’atto della installazione di un impianto del genere deve essere rilasciata dall’esecutore dell’impianto la relativa dichiarazione di conformità, e questa ben può essere richiesta dall’Amministrazione a corredo delle istanze di autorizzazione sanitaria per l’esercizio delle varie attività. Pres. CATONI, Est. DI GIUSEPPE – Adorante (Avv. Gialloreto) c. Comune di Guardiagrele (Avv. Rosignoli); Adorante (Avv. Gialloreto) c. Comune di Guardiagrele (Avv. De Carolis) e AUSL di Chieti (Avv. Tenaglia). T.A.R. Abruzzo, Pescara – 24 luglio 2003, n. 665

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