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Legislazione Giurisprudenza Per altre sentenze vedi: Sentenze per esteso
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale amministrativo
regionale del Friuli - Venezia Giulia, nelle persone dei magistrati:
Vincenzo Sammarco – Presidente
Enzo Di Sciascio - Consigliere
Vincenzo Farina – Consigliere relatore
ha pronunciato la seguente
s e n t e n z a
sui ricorsi riuniti nn. 298/02 e 299/02 propostI dalla società ABS
ACCIAIERIE BERTOLI SAFAU s.p.a. , in persona dei legali rappresentanti,
rappresentata e difesa dagli avv. Giuseppe Campeis e Luca De Pauli, con
domicilio eletto presso la Segreteria del T.A.R. ;
c o n t r o:
A)QUANTO AL RICORSO n. 298/02:
-il Sindaco del Comune di Pozzuolo del Friuli, quale Ufficiale del Governo, non
costituito in giudizio;
-il Comune di Pozzuolo del Friuli, in persona del Sindaco pro tempore,
rappresentato e difeso dall’avv. Claudio Mussato, con domicilio eletto presso la
Segreteria del T.A.R.;
- l’Azienda per i Servizi sanitari n. 4 “Medio Friuli”, in persona del legale
rappresentante, non costituita in giudizio;
e nei confronti della
Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia, in persona del Presidente della Giunta
regionale pro tempore, non costituita in giudizio;
A)QUANTO AL RICORSO n. 299/02:
- la Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia, in persona del Presidente della
Giunta regionale pro tempore, rappresentata e difesa dall’avv. Enzo Bevilacqua,
Avvocato della Regione, con domicilio eletto presso l’Ufficio Legislativo e
Legale della Regione stessa;
- la Prefettura di Udine, in persona del Prefetto, rappresentata e difesa
dall’Avvocatura distrettuale dello Stato, domiciliataria ex lege;
e nei confronti
del Comune di Pozzuolo del Friuli, in persona del Sindaco pro tempore, non
costituito in giudizio;
- l’Azienda per i Servizi sanitari n. 4 “Medio Friuli”, in persona del legale
rappresentante, non costituita in giudizio;
per l’annullamento:
A)QUANTO AL RICORSO n. 298/02:
a) dell’ordinanza del Sindaco di Pozzuolo del Friuli n. 52, prot. n.8620 del
24.5.2002, con la quale è stato disposto che la società ricorrente provveda in
via d’urgenza e con effetto immediato a ridurre drasticamente le emissioni
diffuse in modo da non arrecare molestie ed eventuali danni alla salute della
popolazione circostante l’impianto, e se del caso alla chiusura immediata del
forno E.A.F.;
b) della presupposta nota n. 4 della Azienda per i Servizi sanitari n. 4 “Medio
Friuli”, con la quale veniva rappresentata agli Organi competenti – ed in primis
al Comune di Pozzuolo del Friuli – la esigenza che la società ricorrente
riducesse drasticamente le emissioni diffuse in modo da non arrecare
molestie(segnatamente: congiuntiviti ed irritazioni alle vie aeree superiori) ed
eventuali danni alla salute della popolazione circostante l’impianto;
c) di tutti gli altri atti a tali provvedimenti comunque connessi, presupposti e
conseguenti;
e per il risarcimento
dei danni tutti patiti e patiendi dalla società ricorrente a fronte e a cagione
dei provvedimenti impugnati e/o della conseguente attività e/o dei conseguenti
comportamenti degli Enti resistenti;
A)QUANTO AL RICORSO n. 299/02:
a) della deliberazione della Giunta regionale n. 1866 del 29.5.2002, con la
quale è stato intimato alla società ricorrente di effettuare interventi di
completa ristrutturazione del sistema di captazione dei fumi del forno EAF, e di
sospendere , in via cautelativa, l’attività del forno EAF fino al completamento
degli interventi di cui sopra;
b) della nota della Prefettura di Udine n. 27346/15.5/Gab. del 21.5.2002, con la
quale il Prefetto ha invitato la Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia a
diffidare la società ricorrente ad adottare misure atte ad adeguare l’impianto
produttivo alle prescrizioni legislative;
c) della relazione prot. UD/INAT/485-13 in data 28.5.2002 del Servizio della
tutela dell’inquinamento atmosferico, acustico ed ambientale della Regione
autonoma Friuli-Venezia Giulia, con la quale veniva rilevato che la società
ricorrente non aveva ottemperato alle prescrizioni imposte dalla Regione, intese
ad evitare la fuoriuscita di emissioni diffuse dal reparto acciaieria, e veniva,
quindi, prospettata la esigenza che venisse intimata alla società medesima la
adozione di misure idonee;
e per il risarcimento
dei danni tutti patiti e patiendi dalla società ricorrente a fronte e a cagione
dei provvedimenti impugnati e/o della conseguente attività e/o dei conseguenti
comportamenti degli Enti resistenti;
Visti i ricorsi, ritualmente notificati e depositati presso la Segreteria
generale con i relativi allegati;
Visti gli atti tutti delle cause;
Data per letta alla pubblica udienza del 18.4.2003 la relazione del consigliere
Vincenzo Farina ed uditi i difensori delle parti costituite;
Ritenuto e considerato in fatto ed in diritto quanto segue:
f a t t o
A sostegno del ricorso n. 298/02 la ricorrente ha dedotto i seguenti mezzi:
1. Violazione di legge(art. 3 e artt. 7 ss. l. 7 agosto 1990, n. 241)- Difetto
di motivazione- Violazione del principio del giusto procedimento.
La ricorrente lamenta che non le sia stata data comunicazione dell’avvio del
procedimento, in spregio alle disposizioni rubricate.
2. Eccesso di potere- Contraddittorietà con precedente provvedimento della
stessa amministrazione-Violazione di legge(art.3 l. 7 agosto 1990, n. 241)-
Difetto di motivazione.
L’impugnato provvedimento confliggerebbe con un precedente atto della stessa
Autorità.
3. Eccesso di potere- Difetto di istruttoria e di motivazione- Violazione di
legge(artt. 1 e 3 l. 7 agosto 1990, n. 241)- Illegittimità derivata.
La ricorrente contesta, sotto i profili rubricati, i provvedimenti impugnati.
4. Violazione di legge(art.3 l. 7 agosto 1990, n. 241)- Difetto di motivazione.Motivazione
perplessa, contraddittoria, insufficiente.
Il provvedimento sindacale impugnato sarebbe affetto dagli ulteriori vizi
rubricati.
5. Eccesso di potere- Motivazione perplessa e generica, con specifico
riferimento alla parte dispositiva del provvedimento sindacale impugnato.
6. Violazione di legge(artt. 50 e 54
d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267)- Violazione di legge (art. 10 D.P.R. 24 maggio
1988, n. 203)-Incompetenza.
Il Sindaco avrebbe assunto un atto di competenza regionale.
8. Violazione di legge(artt. 844 c.c.) - Carenza di potere-Difetto di
legittimazione attiva della situazione soggettiva azionata-Sviamento.
Il Sindaco si sarebbe, in realtà, fatto portatore di un interesse diffuso.
Si è costituito in giudizio l’intimato Comune di Pozzuolo del Friuli, chiedendo
il rigetto del gravame.
A sostegno del ricorso n. 299/02
l’istante ha dedotto i seguenti motivi:
1. Violazione di legge(art. 3 e artt. 7 ss. l. 7 agosto 1990, . 241)- Difetto di
motivazione- Violazione del principio del giusto procedimento.
La ricorrente lamenta che non le sia stata data comunicazione dell’avvio del
procedimento, in spregio alle disposizioni rubricate.
2. Violazione di legge(art. 10 D.P.R. 24 maggio 1988, n. 203- D.P.C.M. 28 marzo
1983) - Travisamento sotto ulteriore profilo.
La gravata deliberazione regionale si reggerebbe su presupposti – di fatto e di
diritto – insussistenti.
4. Violazione di legge(art. 10, comma 1, lett. b) D.P.R. 24 maggio 1988, n.
203).
La ricorrente nega di aver violato le prescrizioni imposte dalla Regione per
ridurre le emissioni in atmosfera.
5. Violazione di legge(art. 10, comma 1, lett. b) D.P.R. 24 maggio 1988, n.
203).
La Regione avrebbe imposto indebitamente un facere alla ricorrente.
6. Eccesso di potere – Violazione del principio di proporzionalità e del minimo
mezzo- Difetto dei presupposti.
La Regione non avrebbe preso in esame soluzioni alternative.
7. Eccesso di potere – Difetto di istruttoria- Violazione di legge(art. 10,
comma 1, lett. b) D.P.R. 24 maggio 1988, n. 203). Difetto dei presupposti.
La Regione non avrebbe considerato gli effetti negativi derivanti per
l’occupazione dal provvedimento impugnato.
8. Illegittimità derivata- Eccesso di potere- Travisamento di fatto – Difetto di
istruttoria.
I presupposti – di fatto e di diritto – posti alla base dell’atto impugnato
sarebbero insussistenti od erronei.
9. Illegittimità derivata- Eccesso di potere- Travisamento- Difetto di
istruttoria.
La impugnata nota prefettizia sarebbe inficiata dai vizi rubricati.
10. Illegittimità derivata- Eccesso di potere- Travisamento- Difetto di
istruttoria.Violazione di legge(art. 3 l. 7 agosto 1990, . 241 – art. 4 l.r. 20
marzo 2000, n. 7).
La impugnata relazione del 28.5.2002 sarebbe affetta dai vizi suindicati.
Si sono costituiti in giudizio le intimate Regione autonoma Friuli-Venezia
Giulia e Prefettura di Udine.
D I R I T T O
1. I ricorsi rubricati con i nn. 298/02 e 299/02 vanno riuniti stante il
rapporto di connessione che li lega.
Il ricorso n. 298/02 è volto alla caducazione: 1)dell’ordinanza del Sindaco di
Pozzuolo del Friuli n. 52, prot. n.8620 del 24.5.2002, con la quale è stato
disposto che la società ricorrente provveda in via d’urgenza e con effetto
immediato a ridurre drasticamente le emissioni diffuse in modo da non arrecare
molestie ed eventuali danni alla salute della popolazione circostante
l’impianto, e se del caso alla chiusura immediata del forno E.A.F.;
b) della presupposta nota n. 4 della Azienda per i Servizi sanitari n. 4 “Medio
Friuli”, con la quale veniva rappresentata agli Organi competenti – ed in primis
al Comune di Pozzuolo del Friuli – la esigenza che la società ricorrente
riducesse drasticamente le emissioni diffuse in modo da non arrecare
molestie(segnatamente: congiuntiviti ed irritazioni alle vie aeree superiori) ed
eventuali danni alla salute della popolazione circostante l’impianto;
c) di tutti gli altri atti a tali provvedimenti comunque connessi, presupposti e
conseguenti.
La ricorrente ha chiesto, altresì, il risarcimento dei danni tutti patiti e
patiendi a fronte e a cagione dei provvedimenti impugnati e/o della conseguente
attività e/o dei conseguenti comportamenti degli Enti resistenti.
Ragioni di economia processuale inducono il Collegio ad esaminare congiuntamente
tutti i mezzi.
Come si è visto, con la gravata ordinanza del Sindaco di Pozzuolo del Friuli n.
52, prot. n.8620 del 24.5.2002, è stato disposto che la società ricorrente
provveda “in via d’urgenza e con effetto immediato[……] a ridurre drasticamente
le emissioni diffuse in modo da non arrecare molestie ed eventuali danni alla
salute della popolazione circostante l’impianto[…….], “e se del caso” disponga
“la chiusura immediata del forno E.A.F”.
La ordinanza, adottata ai sensi degli artt. 50 e 54 del decreto legislativo 18
agosto 2000, n. 267 (recante il “Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli
enti locali”), nelle premesse, dopo aver rievocato i precedenti della vicenda,
caratterizzata peculiarmente dalla debolezza del sistema di captazione dei fumi
dell’impianto produttivo(specificatamente del forno “EAF”), tale da provocare
emissioni in atmosfera asseritamente nocive per la salute(segnatamente:
congiuntiviti ed irritazioni alle vie aeree superiori), nonché dalle iniziative
all’uopo poste in essere dagli Organi competenti(Regione, ARPA, Nucleo Operativo
Ecologico dell’Arma dei Carabinieri, Azienda socio sanitaria) onde far sì che la
Ditta ovviasse agli inconvenienti suddetti, ha disposto le cennate misure
ravvisando “l’urgenza e la contingibilità di porre fine ai gravi disagi
lamentati dalla popolazione”.
In particolare, la ordinanza richiamava la impugnata nota n. 4 della Azienda per
i Servizi sanitari n. 4 “Medio Friuli”, con la quale veniva rappresentata agli
Organi competenti – ed in primis al Comune di Pozzuolo del Friuli – la esigenza
che la società ricorrente riducesse drasticamente la “persistente fuoriuscita di
emissioni diffuse” dal sito industriale, in modo da non arrecare
molestie(segnatamente: congiuntiviti ed irritazioni alle vie aeree superiori) ed
“eventuali” danni alla salute della popolazione circostante l’impianto.
La nota – a sostegno di quanto rappresentato - si rifaceva genericamente ai
“disturbi lamentati dalla popolazione residente nelle vicinanze dell’acciaieria
ABS e documentati da idonea certificazione medica visionata presso il comando
NOE di Udine”.
Ciò posto, il Collegio osserva che il suaccennato art. 50 del decreto
legislativo 18 agosto 2000, n. 267 è così formulato:” Competenze del sindaco e
del presidente della provincia.
1. Il sindaco e il presidente della provincia sono gli organi responsabili
dell'amministrazione del comune e della provincia. [*….]
4. Il sindaco esercita altresì le altre funzioni attribuitegli quale autorità
locale nelle materie previste da specifiche disposizioni di legge.
5. In particolare, in caso di emergenze sanitarie o di igiene pubblica a
carattere esclusivamente locale le ordinanze contingibili e urgenti sono
adottate dal sindaco, quale rappresentante della comunità locale. Negli altri
casi l'adozione dei provvedimenti d'urgenza, ivi compresa la costituzione di
centri e organismi di referenza o assistenza, spetta allo Stato o alle regioni
in ragione della dimensione dell'emergenza e dell'eventuale interessamento di
più ambiti territoriali regionali. […….]”.
Il successivo art. 54 così recita: “ Attribuzioni del sindaco nei servizi di
competenza statale. [……..]
2. Il sindaco, quale ufficiale del Governo, adotta, con atto motivato e nel
rispetto dei princìpi generali dell'ordinamento giuridico, provvedimenti
contingibili e urgenti al fine di prevenire ed eliminare gravi pericoli che
minacciano l'incolumità dei cittadini; per l'esecuzione dei relativi ordini può
richiedere al prefetto, ove occorra, l'assistenza della forza pubblica. […….]”.
La gravata ordinanza del Sindaco di Pozzuolo del Friuli n. 52, prot. n. 8620 del
24.5.2002 appartiene al genus delle ordinanze contingibili ed urgenti di cui
alle disposizioni testè riportate.
Sembra opportuno, preliminarmente, inquadrare concettualmente la natura e lo
spettro operativo delle ordinanze in parola.
Questi atti sono emanati in presenza di una situazione di urgenza e necessità,
il cui contenuto(come si è visto) non è predeterminato dalla legge, ma si adegua
in concreto ai tratti dell'emergenza sulla quale si vuole intervenire: ciò al
fine di consentire all'ordinanza quei margini di elasticità indispensabili per
garantirne efficacia ed efficienza.
Il principio di legalità, in questi casi, è compresso nei limiti massimi
concessi dall'ordinamento e la deroga al principio di tipicità dei provvedimenti
si traduce nell'indicazione legislativa dei soli caratteri della situazione - di
necessità ed urgenza - che costituisce il presupposto della misura adottata.
Nel caso di cui alla attuale controversia, trattasi di una urgenza collegata
alla tutela della salute pubblica.
L'eccezionalità e la “elasticità” di questi provvedimenti non solo li sottopone
a limiti rigorosi, facendone una misura ultimativa, una vera e propria extrema
ratio dell'agire amministrativo, ma esige che, in concreto, la loro adozione sia
preceduta da tutte le garanzie richieste dall'ordinamento, purché siano
compatibili con i presupposti ed i requisiti dell'atto.
Tra i requisiti di validità delle ordinanze contingibili ed urgenti si annovera,
secondo insegnamenti pacifici, la fissazione di un termine di efficacia del
provvedimento.
In più recenti pronunce si è affermato, in particolare, che tali ordinanze,
oltre al carattere della contingibilità, intesa come urgente necessità di
provvedere con efficacia ed immediatezza nei casi di pericolo attuale od
imminente, presentano quello della provvisorietà, intesa nel duplice senso di
imposizione di misure non definitive e di efficacia temporalmente limitata.
Di tal che non si ammette che l'ordinanza venga emanata per fronteggiare
esigenze prevedibili e permanenti, ovvero per regolare stabilmente una
situazione od un assetto di interessi (Cfr., Cons. Stato, IV Sez., 13 dicembre
1999, n. 1844; V Sez. 30 novembre 1996, n. 1448).
In altri casi si è pure ammesso che le ordinanze di necessità ed urgenza possano
produrre effetti non provvisori. Si ritiene che non sia la provvisorietà a
connotarle, ma la necessaria idoneità delle misure imposte ad eliminare la
situazione di pericolo che ne giustifica l'adozione, e che, in definitiva, tali
misure possano essere tanto definitive quanto provvisorie, a seconda del tipo di
rischio da fronteggiare (Cfr., Cons. Stato, V Sez., 29 luglio 1998, n. 1128).
Quest'ultima affermazione non è un segnale di incoerenza con i principi generali
dapprima esposti, bensì la conferma della elasticità che caratterizza
necessariamente questi provvedimenti, congegnati dal Legislatore in termini di
atipicità proprio allo scopo di renderli adeguati a provvedere al caso di
urgenza.
In sintesi, la regola è quella per cui l'ordinanza deve contenere l'apposizione
di un termine, ma tale regola potrebbe anch'essa venir derogata quando, per la
peculiarità del caso concreto, la misura urgente presenti l'eccezionale
attitudine a produrre conseguenze non provvisorie.
Questa ipotesi eccezionale ricorre nel caso in esame.
L'emergenza denunciata dal Sindaco è quella della tutela della salute pubblica,
con riferimento alla elevata soglia di inquinamento ambientale asseritamente
provocato dalle emissioni della industria ricorrente.
La misura auspicabile ed effettivamente imposta nell'ordinanza non costituisce
affatto un rimedio provvisorio e contingente, né si tratta di un rimedio che,
pur dichiaratamente urgente ed immediato, è suscettibile di produrre solo
eccezionalmente effetti duraturi.
Si tratta, in realtà, di una soluzione definitiva del problema, che implica la
adozione di misure radicali, sufficienti ad eliminare la situazione di pericolo
per la collettività residente in prossimità del complesso industriale.
Ora, non sembra fondatamente contestabile che, sotto il profilo motivazionale,
entrambi gli atti impugnati, ossia la ordinanza del Sindaco di Pozzuolo del
Friuli n. 52, prot. n.8620 del 24.5.2002, e la nota n. 4 della Azienda per i
Servizi sanitari n. 4 “Medio Friuli”, richiamata dalla ordinanza a sostegno
della misura adottata, siano censurabili.
Ed invero, si è detto che l’ art. 50 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n.
267 stabilisce che:” 5. In particolare, in caso di emergenze sanitarie o di
igiene pubblica a carattere esclusivamente locale le ordinanze contingibili e
urgenti sono adottate dal sindaco, quale rappresentante della comunità locale.
[……]”.
Il successivo art. 54 così recita: “ Attribuzioni del sindaco nei servizi di
competenza statale. [……..]
2. Il sindaco, quale ufficiale del Governo, adotta, con atto motivato e nel
rispetto dei princìpi generali dell'ordinamento giuridico, provvedimenti
contingibili e urgenti al fine di prevenire ed eliminare gravi pericoli che
minacciano l'incolumità dei cittadini; […….]”.
Si è anche detto che le ordinanze in questione sono emanate per provvedere in
una situazione di urgenza e necessità, il cui contenuto(come si è visto) non è
predeterminato dalla legge, ma si adegua in concreto ai tratti dell'emergenza
sulla quale si vuole intervenire.
La caratteristica di tali provvedimenti è, per l’appunto, la mancanza di ogni
predeterminazione legislativa del contenuto: ciò al fine di consentire
all'ordinanza quei margini di elasticità indispensabili per garantire efficacia
ed efficienza.
Si è, altresì, sottolineato che il principio di legalità, in questi casi, è
compresso nei limiti massimi concessi dall'ordinamento e la deroga al principio
di tipicità dei provvedimenti si traduce nell'indicazione legislativa dei soli
caratteri della situazione - di necessità ed urgenza - che costituisce il
presupposto della misura adottata. L'eccezionalità e la “elasticità” di questi
provvedimenti li sottopone a limiti rigorosi, facendone una misura ultimativa,
una vera e propria extrema ratio dell'agire amministrativo.
Dalle suesposte considerazioni deriva che la gravata ordinanza avrebbe dovuto
offrire una dimostrazione rigorosa ed inconfutabile dell’ “emergenza sanitaria”
(art. 50 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267), o, comunque, dei
“gravi pericoli” che minacciavano l'incolumità dei cittadini(art. 54 D.Lgs. cit.).
In buona sostanza, il Sindaco avrebbe dovuto dare incontrovertibile contezza
della contingibilità, intesa come urgente necessità di provvedere con efficacia
ed immediatezza nei casi di pericolo attuale od imminente.
Ciò non è avvenuto.
In realtà, il Sindaco si è limitato a riferire genericamente dei “gravi disagi
lamentati dalla popolazione”, sulla base della nota n. 4 della Azienda per i
Servizi sanitari n. 4 “Medio Friuli”, la quale postulava la esigenza che la
società ricorrente riducesse drasticamente le emissioni diffuse in modo da non
arrecare molestie(segnatamente: congiuntiviti ed irritazioni alle vie aeree
superiori) ed eventuali danni alla salute della popolazione circostante
l’impianto.
Il Sindaco non ha dimostrato la sussistenza di una situazione sanitaria,
riguardante la comunità locale, talmente grave – di emergenza, per l’appunto -
da richiedere la assunzione della misura adottata.
La gravità – ritiene il Collegio – non può essere ricondotta a molestie che “non
superano la normale tollerabilità”, secondo il paradigma dell’art. 844, comma 1
del Codice civile: disposizione questa che si ritiene applicabile – in quanto
espressiva di un principio generale - nella fattispecie in esame; eppertanto,
anche sotto questo profilo, si imponeva una dimostrazione particolarmente
stringente e circostanziata, segnatamente per quello che riguardava il
superamento del parametro della “normale tollerabilità”.
Così non è stato.
Le medesime considerazioni possono essere svolte per quanto riguarda la ripetuta
nota n. 4, che parla genericamente di “disturbi lamentati dalla popolazione
residente nelle vicinanze dell’acciaieria ABS e documentati da idonea
certificazione medica visionata presso il comando NOE di Udine”.
Non solo.
La ordinanza sindacale, come si è detto, nella parte dispositiva ha stabilito
che la società ricorrente provvedesse “in via d’urgenza e con effetto
immediato[……] a ridurre drasticamente le emissioni diffuse in modo da non
arrecare molestie ed eventuali danni alla salute della popolazione circostante
l’impianto[…….], “e se del caso” disponesse “la chiusura immediata del forno
E.A.F”.
Pertanto, il Sindaco nella parte provvedimentale vera e propria, non ha posto
alla base della misura adottata la gravità della situazione, come doveva, ma una
semplice indefinita situazione di “molestie”, ed una altrettanto apodittica
situazione di pericolosità per la salute.
Non si può, inoltre, non rilevare che la stessa misura disposta(“la drastica
riduzione delle emissioni diffuse” e la eventuale chiusura del forno) appare
generica: anche perché, per l’appunto, non è stata appropriatamente chiarita la
situazione pregiudizievole di riferimento.
Oltretutto, la locuzione “eventuali danni alla salute” sta ad indicare una
situazione di assoluta incertezza circa il verificarsi di detti “danni”.
Da ultimo, va significativamente sottolineato che, come dedotto dalla
ricorrente, il Sindaco, con la lettera prot. n. 8390 del 22.5.2002 inviata agli
Organi competenti, concernente le emissioni in atmosfera delle acciaierie ABS,
aveva ritenuto (tra l’altro) che non sussistessero i presupposti per l’adozione
di una ordinanza contingibile ed urgente ai sensi dell’art. 54 del decreto
legislativo 18 agosto 2000, n. 267: in ciò confortato da un parere legale, da
una nota della Azienda per i Servizi sanitari n. 4 “Medio Friuli”, nonché da una
nota della Regione.
Solo due giorni dopo, cioè il 24.5.2002, il Sindaco adottava la gravata
ordinanza: senza che fossero intervenuti – in questi due giorni – fatti nuovi
che imponessero un riesame della situazione.
La contraddittorietà del comportamento sindacale è palese e non merita ulteriori
approfondimenti.
E’ appena il caso di dire che questo comportamento comprova in modo
inconfutabile l’intrinseca debolezza delle motivazioni poste alla base della
ordinanza.
Alla luce delle suesposte osservazioni – assorbiti gli altri mezzi – il ricorso
va accolto e gli impugnati provvedimenti vanno caducati.
Quanto alla domanda di risarcimento del danno ex art. 35 del D.Lgs. 31 marzo
1998 n. 80, ora novellato dall’art.7,comma 3 della legge 21 luglio 2000, n. 205,
per l’illegittima assunzione dei provvedimenti impugnati, il Collegio osserva,
innanzitutto, che la disposizione invocata prevede che il giudice
amministrativo, nelle controversie devolute alla sua giurisdizione esclusiva ai
sensi degli artt. 33 e 34, «dispone anche attraverso la reintegrazione in forma
specifica, il risarcimento del danno ingiusto ».
L'art. 35 dà in sostanza veste normativa alla clausola generale di
responsabilità, espressiva di un principio fondamentale dell'ordinamento(neminem
laedere), secondo cui la lesione contra ius arrecata alla posizione giuridica
soggettiva altrui (qualsivoglia essa sia), se produttiva di effetti dannosi,
direttamente o indirettamente patrimoniali, obbliga chi ha causato il danno al
ripristino della posizione lesa, attraverso la reintegrazione delle utilità
perdute o in forma specifica o mediante la corresponsione di una somma di
denaro.
Occorre,al riguardo,prendere le mosse dai principi enucleati dalla Suprema Corte
di Cassazione con la fondamentale sentenza delle Sezioni Unite 22 luglio 1999,n.500.
Essa parte dalla considerazione che :”La normativa sulla responsabilita'
aquiliana ex art. 2043 c.c. ha la funzione di consentire il risarcimento del
danno ingiusto,intendendosi come tale il danno arrecato non iure, il danno,
cioe', inferto in assenza di una causa giustificativa, che si risolve nella
lesione di un interesse rilevante per l'ordinamento, a prescindere dalla sua
qualificazione formale, ed, in particolare, senza che assuma rilievo la
qualificazione dello stesso in termini di diritto soggettivo. Peraltro, avuto
riguardo al carattere atipico del fatto illecito delineato dall'art. 2043 c.c.,
non e' possibile individuare in via preventiva gli interessi meritevoli di
tutela: spetta, pertanto, al giudice, attraverso un giudizio di comparazione tra
gli interessi in conflitto, accertare se, e con quale intensita', l'ordinamento
appresta tutela risarcitoria all'interesse del danneggiato, ovvero comunque lo
prende in considerazione sotto altri profili, manifestando, in tal modo, una
esigenza di protezione. Ne consegue che anche la lesione di un interesse
legittimo, al pari di quella di un diritto soggettivo o di altro interesse
giuridicamente rilevante, puo' essere fonte di responsabilita' aquiliana, e,
quindi, dar luogo a risarcimento del danno ingiusto, a condizione che risulti
danneggiato, per effetto dell'attivita' illegittima della p.a., l'interesse al
bene della vita al quale il primo si correla, e che detto interesse risulti
meritevole di tutela alla stregua del diritto positivo”.
Ciò posto,la sentenza ha stabilito,in particolare che,ai fini della decisione
sulla domanda risarcitoria, ex art. 2043 c.c. nei confronti della p.a. per
illegittimo esercizio di una funzione pubblica,il giudice dovrà “ procedere, in
ordine successivo, alle seguenti indagini: a) in primo luogo, dovra' accertare
la sussistenza di un evento dannoso; b) dovra', poi, stabilire se l'accertato
danno sia qualificabile come ingiusto, in relazione alla sua incidenza su di un
interesse rilevante per l'ordinamento (a prescindere dalla qualificazione
formale di esso come diritto soggettivo); c) dovra', inoltre, accertare, sotto
il profilo causale, facendo applicazione dei criteri generali, se l'evento
dannoso sia riferibile ad una condotta della p.a.; d) infine, se detto evento
dannoso sia imputabile a responsabilita' della p.a.: tale imputazione non potra'
avvenire sulla base del mero dato obiettivo della illegittimita' del
provvedimento amministrativo[..........] richiedendo[......] una piu' penetrante
indagine in ordine alla valutazione della colpa, che, unitamente al dolo,
costituisce requisito essenziale della responsabilita' aquiliana. La sussistenza
di tale elemento sara' riferita non al funzionario agente, ma alla p.a. come
apparato, e sara' configurabile qualora l'atto amministrativo sia stato adottato
ed eseguito in violazione delle regole di imparzialita', correttezza e buona
amministrazione alle quali deve ispirarsi l'esercizio della funzione
amministrativa, e che il giudice ordinario ha il potere di valutare, in quanto
limiti esterni alla discrezionalita' amministrativa”.
Per quel che riguarda,in particolare,la pretesa risarcitoria susseguente
all’annullamento di un atto lesivo degli interessi legittimi oppositivi, come
nel caso di cui alla attuale controversia, la sentenza ha statuito che: ” Per
quanto concerne gli interessi legittimi oppositivi, potrà ravvisarsi danno
ingiusto nel sacrificio dell'interesse alla conservazione del bene o della
situazione di vantaggio conseguente all'illegittimo esercizio del potere. Cosi
confermando, nel risultato al quale si perviene, il precedente orientamento,
qualora, il detto interesse sia tutelato nelle forme del diritto soggettivo, ma
ampliandone la portata nell'ipotesi in cui siffatta forma di tutela piena non
sia ravvisabile e tuttavia l'interesse risulti giuridicamente rilevante nei
sensi suindicati”.
Alla luce dei suesposti principi è da escludersi la tutela risarcitoria chiesta
dalla ricorrente sulla base del pregiudizio patito, rispettivamente, in termini
di immagine professionale ed in termini patrimoniali.
Sotto quest’ultimo profilo la ricorrente ha lamentato il danno derivante dalla
chiusura dell’impianto(dal 28.5.2002 al 14.6.2002, data del decreto del
Direttore regionale dell’Ambiente n. AMB/508-UD/INAT/485-13 del 14.6.2002, di
cui si parlerà più oltre, in sede di esame del ricorso n. 299/02), allegando,
all’uopo, una apposita relazione in data 25.3.2003, che indica un danno
complessivo di €. 1.743.466,21.
Il Collegio rileva che la deducente, nell'affermare che dal comportamento del
Comune discende in via immediata il danno (che essa quantifica partendo dal
presupposto della “fermata” del forno EAF dal 28.5.2002 al 14.6.2002), omette di
considerare che - come si è visto - con la gravata ordinanza del Sindaco di
Pozzuolo del Friuli n. 52, prot. n.8620 del 24.5.2002, è stato disposto che la
società ricorrente provveda “in via d’urgenza e con effetto immediato[……] a
ridurre drasticamente le emissioni diffuse in modo da non arrecare molestie ed
eventuali danni alla salute della popolazione circostante l’impianto[…….], “e se
del caso” disponga “la chiusura immediata del forno E.A.F”.
La “chiusura immediata del forno E.A.F” rappresentava, pertanto, un
provvedimento eventuale(ed estremo): il Sindaco, in realtà, aveva ordinato,
prioritariamente, che la società ricorrente provvedesse “in via d’urgenza e con
effetto immediato[……] a ridurre drasticamente le emissioni diffuse in modo da
non arrecare molestie ed eventuali danni alla salute della popolazione
circostante l’impianto[…….]”.
Non è possibile addebitare al Comune la responsabilità per l’adozione da parte
della ricorrente di un provvedimento del tutto secondario e residuale rispetto
al primo.
Oltretutto, la deducente non ha dato contezza delle ragioni per cui non ha
proceduto a ridurre drasticamente le emissioni diffuse, ma ha disposto senza
indugio la chiusura immediata del forno E.A.F in base alla ordinanza del Sindaco
di Pozzuolo del Friuli n. 52, prot. n.8620 del 24.5.2002.
In realtà, la chiusura immediata del forno E.A.F(più esattamente: la sospensione
, in via cautelativa, dell’attività del forno in parola) è stata disposta con la
deliberazione della Giunta regionale n. 1866 del 29.5.2002, impugnata con il
ricorso n. 299/02.
Ne discende che il danno doveva essere fatto risalire alla deliberazione testè
citata, e non alla ordinanza sindacale.
In via subordinata, il danno vantato dalla istante va escluso, in quanto la
cennata relazione in data 25.3.2003 non appare sorretta da idonei elementi
probatori, risolvendosi, in buona sostanza, nella mera elencazione di una serie
di voci cui corrispondono determinati importi.
Quanto al danno all’”immagine” della Ditta, anch’esso non merita tutela
risarcitoria, dato che non può di certo sostenersi – anche per la mancanza di
riscontri probatori certi - che dalla gravata ordinanza del Sindaco di Pozzuolo
del Friuli n. 52, prot. n.8620 del 24.5.2002 siano derivati i “rilevantissimi
danni alla immagine professionale” di cui parla la ricorrente; il riferimento
alla diffusione della vicenda ad opera della stampa non comprova, poi, l’assunto
attoreo, trattandosi di un fatto estrinseco alla vicenda stessa, insuscettibile
di impingere sull’aspetto risarcitorio.
2. Il gravame n. 299/02 è diretto all’annullamento: a) della deliberazione della
Giunta regionale n. 1866 del 29.5.2002, con la quale è stato intimato alla
società ricorrente di effettuare interventi di completa ristrutturazione del
sistema di captazione dei fumi del forno EAF(punto 1), e di sospendere , in via
cautelativa, l’attività del forno EAF fino al completamento degli interventi di
cui sopra(punto 2);
b) della nota della Prefettura di Udine n. 27346/15.5/Gab. del 21.5.2002, con la
quale il Prefetto ha invitato la Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia a
diffidare la società ricorrente ad adottare misure atte ad adeguare l’impianto
produttivo alle prescrizioni legislative;
c) della relazione prot. UD/INAT/485-13 in data 28.5.2002 del Servizio della
tutela dell’inquinamento atmosferico, acustico ed ambientale della Regione
autonoma Friuli-Venezia Giulia, con la quale veniva rilevato che la società
ricorrente non aveva ottemperato alle prescrizioni imposte dalla Regione, intese
ad evitare la fuoriuscita di emissioni diffuse dal reparto acciaieria, e veniva,
quindi, prospettata la esigenza che venisse intimata alla società medesima la
adozione di misure idonee.
La ricorrente ha chiesto, altresì, il risarcimento dei danni tutti patiti e
patiendi a fronte e a cagione dei provvedimenti impugnati e/o della conseguente
attività e/o dei conseguenti comportamenti degli Enti resistenti.
Come eccepito dalla resistente Regione, il gravame è divenuto improcedibile per
sopravvenuto difetto di interesse, posto che il punto 1) della parte dispositiva
della deliberazione della Giunta regionale n. 1866 del 29.5.2002, pur rimanendo
formalmente in vita, è stato profondamente modificato rispetto alla sua
originaria formulazione con il decreto del Direttore regionale dell’Ambiente n.
AMB/508-UD/INAT/485-13 del 14.6.2002, non impugnato dalla ricorrente; il punto
2), che, a detta della ricorrente, le ha arrecato un grave danno, è stato, poi,
completamente sostituito dal medesimo decreto.
Come si è visto, con la deliberazione della Giunta regionale n. 1866 del
29.5.2002 era stato intimato alla società ricorrente di effettuare interventi di
completa ristrutturazione del sistema di captazione dei fumi del forno EAF(punto
1), e di sospendere , in via cautelativa, l’attività del forno EAF fino al
completamento degli interventi di cui sopra(punto 2).
La ricorrente, tuttavia, sostiene (v. memoria del 2.4.2003) di conservare un
interesse – di natura morale e risarcitoria - all’accertamento della
illegittimità del punto 2) della parte dispositiva della deliberazione della
Giunta regionale n. 1866 del 29.5.2002.
Quanto al primo aspetto, il Collegio non ravvisa gli estremi di un “interesse
morale”, dato che esso è stato genericamente individuato dalla ricorrente in non
meglio chiariti “giudizi e valutazioni(ulteriormente specificati e <<rincarati>>
negli scritti difensivi della Regione!) per sé molto pesanti per ABS S.p.a. e
per la sua immagine imprenditoriale”.
Circa il secondo aspetto(quello risarcitorio), il Collegio osserva che, alla
stregua dei principi generali desumibili anche dalla legge 21 luglio 2000, n.
205, non è proponibile l'azione di risarcimento danni nei confronti della
Pubblica amministrazione che non sia stata preceduta dall'annullamento degli
atti asseritamente illegittimi(Cfr. Cons.St., Ad. plen., 26 marzo 2003, n. 4; IV,
15 febbraio 2002, n. 952; VI, 18 giugno 2002, n. 3338; T.A.R. Campania, 8
febbraio 2001, n. 603; T.A.R. Friuli-Venezia Giulia, 23 aprile 2001, n. 179 e 26
luglio 1999, n. 903; T.A.R. Puglia, Lecce, 16 aprile 1999, n. 416): nella
fattispecie questo presupposto non si è realizzato.
Tuttavia, il Collegio ritiene che nel caso di improcedibilità del ricorso per
sopravvenuta carenza di interesse possa farsi luogo – ai fini di stabilire la
risarcibilità del danno - al principio della c.d.soccombenza virtuale,
applicabile di norma per le spese di giudizio.
Ora, se si applica nel caso di specie questo principio, è a dire che il punto 2)
della parte dispositiva della deliberazione della Giunta regionale n. 1866 del
29.5.2002 si sottrae ai rilievi attorei.
Il D.P.R. 24 maggio 1988, n. 203(recante: “Attuazione delle direttive CEE numeri
80/779, 82/884, 84/360 e 85/203 concernenti norme in materia di qualità
dell'aria, relativamente a specifici agenti inquinanti, e di inquinamento
prodotto dagli impianti industriali, ai sensi dell'art. 15 della L. 16 aprile
1987, numero 183”), all’art. 10, ha previsto che: “ 1. In caso di inosservanza
delle prescrizioni autorizzatorie, l'autorità regionale competente procede
secondo la gravità delle infrazioni:
a) alla diffida, assegnando un termine entro il quale devono essere eliminate le
irregolarità;
b) alla diffida e contestuale sospensione della attività autorizzata per un
tempo determinato, ove si manifestino situazioni di pericolo per la salute e/o
per l'ambiente;
c) alla revoca dell'autorizzazione e alla chiusura dell'impianto, in caso di
mancato adeguamento alle prescrizioni imposte con la diffida e in caso di
reiterate violazioni che determinino situazioni di pericolo e di danno per la
salute e/o per l'ambiente”.
Nella fattispecie, con la deliberazione della Giunta regionale n. 1866 del
29.5.2002 era stato intimato alla società ricorrente di effettuare interventi di
completa ristrutturazione del sistema di captazione dei fumi del forno EAF(punto
1), e di sospendere , in via cautelativa, l’attività del forno EAF fino al
completamento degli interventi di cui sopra(punto 2).
Questa sospensione, osserva il Collegio, è ascrivibile al paradigma dell’art.
10, comma 1, lett. b) del D.P.R. 24 maggio 1988, n. 203, posto che si erano
manifestate situazioni di pericolo per la salute e/o per l'ambiente.
Queste situazioni sono state puntualmente indicate nelle premesse della
deliberazione n. 1866/2002: esse sono, oltre a quelle segnalate dall’ARPA ,
dalla Regione, dal Nucleo Operativo Ecologico dell’Arma dei Carabinieri, nonché
dalla competente Azienda socio sanitaria, anche quelle di cui ai provvedimenti
impugnati con il ricorso n. 298/02 sopra esaminato.
Vero è che questi provvedimenti sono stati ritenuti illegittimi dal Collegio
perché viziati per difetto di motivazione; purtuttavia, essi non costituiscono –
de plano – atti presupposti – in senso tecnico-giuridico - rispetto alla
deliberazione n. 1866/2002, ma meri antecedenti storici, che ne hanno
determinato l’adozione insieme ad altri fatti ed atti.
In ogni caso, non è fondatamente disconoscibile che l’Autorità regionale agente
non fosse tenuta a sindacare i suddetti provvedimenti, ben potendo limitarsi a
prenderne atto.
Circa la censura afferente la mancata indicazione del termine della sospensione
dell’attività del forno, osserva il Collegio che in realtà la
sospensione della attività autorizzata è stata disposta per un tempo
determinato, come vuole il citato art. 10, comma 1, lett. b) del D.P.R. 24
maggio 1988, n. 203: la sospensione è stata rapportata , infatti, al
“completamento degli interventi” di cui al punto 1).
In definitiva, il punto 2) della parte dispositiva della deliberazione della
Giunta regionale n. 1866 del 29.5.2002 appare immune da vizi.
Non può avere ingresso, quindi, la richiesta risarcitoria; anche perché
difetterebbe comunque l’elemento soggettivo della colpa, non potendosi ravvisare
nel comportamento regionale una violazione delle regole di imparzialita',
correttezza e buona amministrazione alle quali deve ispirarsi l'esercizio della
funzione amministrativa, e che il giudice ha il potere di valutare, in quanto
limiti esterni alla discrezionalita' amministrativa.
3. In conclusione, alla stregua delle complessive considerazioni che precedono,
il ricorso n. 298/02 va accolto; il ricorso n. 299/02 va dichiarato
improcedibile per sopravvenuto difetto di interesse; va rigettata la domanda di
risarcimento del danno proposta con i due ricorsi.
4. Le spese dei due giudizi riuniti possono essere compensate nella loro
integralità, sussistendone le giuste ragioni.
p. q. m.
il Tribunale amministrativo regionale del Friuli - Venezia Giulia,
definitivamente pronunziando sui ricorsi nn. 298/02 e 299/02 in premessa,
respinta ogni contraria istanza ed eccezione, li
riunisce;
accoglie il ricorso n. 298/02, e, per l’effetto, annulla gli atti impugnati,
meglio specificati in epigrafe;
dichiara improcedibile per sopravvenuto difetto di interesse il ricorso n.
299/02;
rigetta la domanda di risarcimento del danno proposta con i due ricorsi.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Trieste, in camera di consiglio, il 18.4.2003 .
f.to Vincenzo Sammarco - Presidente
f.to Vincenzo Farina - Estensore
f.to Eliana Nardon - Segretario
Depositata nella segreteria del Tribunale il 26 maggio 2003
f.to il Segretario Generale
1) Tutela della salute pubblica - provvedimenti contingibili e urgenti - limiti - garanzie - termine di efficacia del provvedimento - imposizione di misure non definitive e di efficacia temporalmente limitata - esigenze prevedibili e permanenti - illegittimità - contra. L'eccezionalità e la “elasticità” dei provvedimenti contingibili e urgenti non solo li sottopone a limiti rigorosi, facendone una misura ultimativa, una vera e propria extrema ratio dell'agire amministrativo, ma esige che, in concreto, la loro adozione sia preceduta da tutte le garanzie richieste dall'ordinamento, purché siano compatibili con i presupposti ed i requisiti dell'atto. Tra i requisiti di validità delle ordinanze contingibili ed urgenti si annovera, secondo insegnamenti pacifici, la fissazione di un termine di efficacia del provvedimento. In più recenti pronunce si è affermato, in particolare, che tali ordinanze, oltre al carattere della contingibilità, intesa come urgente necessità di provvedere con efficacia ed immediatezza nei casi di pericolo attuale od imminente, presentano quello della provvisorietà, intesa nel duplice senso di imposizione di misure non definitive e di efficacia temporalmente limitata. Di tal che non si ammette che l'ordinanza venga emanata per fronteggiare esigenze prevedibili e permanenti, ovvero per regolare stabilmente una situazione od un assetto di interessi (Cfr., Cons. Stato, IV Sez., 13 dicembre 1999, n. 1844; V Sez. 30 novembre 1996, n. 1448). In altri casi si è pure ammesso che le ordinanze di necessità ed urgenza possano produrre effetti non provvisori. Si ritiene che non sia la provvisorietà a connotarle, ma la necessaria idoneità delle misure imposte ad eliminare la situazione di pericolo che ne giustifica l'adozione, e che, in definitiva, tali misure possano essere tanto definitive quanto provvisorie, a seconda del tipo di rischio da fronteggiare (Cfr., Cons. Stato, V Sez., 29 luglio 1998, n. 1128). Quest'ultima affermazione non è un segnale di incoerenza con i principi generali dapprima esposti, bensì la conferma della elasticità che caratterizza necessariamente questi provvedimenti, congegnati dal Legislatore in termini di atipicità proprio allo scopo di renderli adeguati a provvedere al caso di urgenza. In sintesi, la regola è quella per cui l'ordinanza deve contenere l'apposizione di un termine, ma tale regola potrebbe anch'essa venir derogata quando, per la peculiarità del caso concreto, la misura urgente presenti l'eccezionale attitudine a produrre conseguenze non provvisorie. Tribunale Amministrativo Regionale del Friuli - Venezia Giulia, 26 maggio 2003 - sentenza n. 202
2) La domanda risarcitoria, ex art. 2043 c.c. nei confronti della p.a. - illegittimo esercizio di una funzione pubblica - evento dannoso - danno ingiusto - condotta della p.a. - responsabilita' della p.a. La decisione sulla domanda risarcitoria, ex art. 2043 c.c. nei confronti della p.a. per illegittimo esercizio di una funzione pubblica, il giudice dovrà “ procedere, in ordine successivo, alle seguenti indagini: a) in primo luogo, dovra' accertare la sussistenza di un evento dannoso; b) dovra', poi, stabilire se l'accertato danno sia qualificabile come ingiusto, in relazione alla sua incidenza su di un interesse rilevante per l'ordinamento (a prescindere dalla qualificazione formale di esso come diritto soggettivo); c) dovra', inoltre, accertare, sotto il profilo causale, facendo applicazione dei criteri generali, se l'evento dannoso sia riferibile ad una condotta della p.a.; d) infine, se detto evento dannoso sia imputabile a responsabilita' della p.a.: tale imputazione non potra' avvenire sulla base del mero dato obiettivo della illegittimita' del provvedimento amministrativo[..........] richiedendo [......] una piu' penetrante indagine in ordine alla valutazione della colpa, che, unitamente al dolo, costituisce requisito essenziale della responsabilita' aquiliana. Corte di Cassazione Sezioni Unite 22 luglio 1999,n. 500. La sussistenza di tale elemento sara' riferita non al funzionario agente, ma alla p.a. come apparato, e sara' configurabile qualora l'atto amministrativo sia stato adottato ed eseguito in violazione delle regole di imparzialita', correttezza e buona amministrazione alle quali deve ispirarsi l'esercizio della funzione amministrativa, e che il giudice ordinario ha il potere di valutare, in quanto limiti esterni alla discrezionalita' amministrativa”. Tribunale Amministrativo Regionale del Friuli - Venezia Giulia, 26 maggio 2003 - sentenza n. 202
3) Non è proponibile l'azione di risarcimento danni nei confronti della Pubblica amministrazione che non sia stata preceduta dall'annullamento degli atti asseritamente illegittimi - principio della c.d. soccombenza virtuale applicabile di norma per le spese di giudizio. Alla stregua dei principi generali desumibili anche dalla legge 21 luglio 2000, n. 205, non è proponibile l'azione di risarcimento danni nei confronti della Pubblica amministrazione che non sia stata preceduta dall'annullamento degli atti asseritamente illegittimi (Cfr. Cons.St., Ad. plen., 26 marzo 2003, n. 4; IV, 15 febbraio 2002, n. 952; VI, 18 giugno 2002, n. 3338; T.A.R. Campania, 8 febbraio 2001, n. 603; T.A.R. Friuli-Venezia Giulia, 23 aprile 2001, n. 179 e 26 luglio 1999, n. 903; T.A.R. Puglia, Lecce, 16 aprile 1999, n. 416): (nella fattispecie questo presupposto non si è realizzato). Tuttavia, il Collegio ritiene che nel caso di improcedibilità del ricorso per sopravvenuta carenza di interesse possa farsi luogo – ai fini di stabilire la risarcibilità del danno - al principio della c.d. soccombenza virtuale, applicabile di norma per le spese di giudizio. Tribunale Amministrativo Regionale del Friuli - Venezia Giulia, 26 maggio 2003 - sentenza n. 202
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