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 Massime della sentenza

 

 

T.A.R. LAZIO Sez. di Latina del 10 luglio 2003, (Ud. 23 maggio 2003) Sentenza n. 655.

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

 

Il Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio Anno 2003 Sezione staccata di Latina, composto dai seguenti magistrati:

DOTT. FRANCO BIANCHI PRESIDENTE  DOTT. SALVATORE RAPONI CONSIGLIERE DOTT. SANDRO AURELI CONSIGLIERE
 

ha pronunciato la seguente
 

SENTENZA
 

sui ricorsi n. 6 del 2001 e n. 426 del 2002 proposti dal Sig. Verrelli Sante, rappresentato e difeso dall’avv. Dandolo Ceci ed elettivamente domiciliato presso di lui in Latina, via Sezze, n. 10 (studio avv. A. Coletta);
contro
il Comune di Latina, in persona del Sindaco in carica, rappresentato e difeso dall’avv. Franco Di Leginio e con lo stesso elettivamente domiciliato in Latina, via Farini, n. 2, presso l’Avvocatura Comunale;
per l' annullamento
a) ric. n. 6/2001: del provvedimento del Dirigente del Settore Urbanistico –Servizio Condono Edilizio del Comune di Latina, prot. n. 77845, concernente rigetto domanda di condono edilizio;
b) ric. n. 426/2002: dell’ordinanza di demolizione n.13613 del 14 marzo 2002, prot.n.27065, concernente ordine di demolizione di opere abusive.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Sindaco del Comune di Latina;
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
Visti gli atti tutti della causa;
Relatore alla pubblica udienza del 23 maggio 2003 il Consigliere Sandro Aureli;
Uditi, altresì, l'avv.to Dandolo Ceci per il ricorrente, l’avv. Francesco Di Leginio per l’Amministrazione resistente;
Ritenuto in fatto e in diritto quanto segue:


FATTO


Con ricorso notificato il 9 dicembre 2000 e depositato il successivo 4 gennaio il sig. Verrelli Sante ha chiesto l’annullamento della determinazione dirigenziale prot.77845 del 12 luglio 2000, con la quale l’Amministrazione Comunale ha disposto il rigetto della istanza di condono edilizio A/3795 del 3 marzo 1995 presentata dal medesimo per opere edilizie realizzate in assenza di concessione edilizie, in Latina, via Casilina Sud, ed acquisita al protocollo comunale n.30681 del 14 aprile 1995.


Al riguardo si deduce violazione e falsa applicazione dell’art.39 della legge n.724 del 1994, nonché eccesso di potere per difetto di motivazione, carenza e falsità dei presupposti, sviamento ed errata ricostruzione dei fatti.


Insieme al ricorso sono stati depositati documenti.


Il Comune si è costituito in giudizio per chiedere il rigetto del ricorso anche sulla base della documentazione prodotta.


Con successivo ricorso notificato il 5 aprile 2002 e depositato il successivo giorno 10 il sig. Verrelli ha chiesto l’annullamento dell’ordinanza n.13613 del 14 marzo 2002 con la quale l’Amministrazione Comunale ha disposto la demolizione al medesimo, in qualità di esecutore delle opere edilizie e comproprietario, unitamente alla sig.ra Tinterri Tomassina, di un lotto di terreno, di opere edilizie abusivamente realizzate in Latina, via Casilina Sud, su lotto di terreno di mq.1.000 circa, distinto in catasto al foglio n.248 particella n. 846, e alla rimessa in pristino dello stato dei luoghi abusivamente alterato.


Al riguardo parte ricorrente deduce la violazione degli artt.4 e 7 terzo comma e 40 primo comma legge 28 febbraio 1985 n.47; eccesso di potere per difetto di motivazione e per carenza istruttoria e di presupposti.


Insieme al ricorso sono stati depositati documenti.


Il Comune di Latina si è costituito in giudizio per chiedere il rigetto del ricorso sulla base della documentazione depositata.


All’udienza odierna i ricorsi sono stati chiamati insieme, ed il Collegio sulla richiesta delle parti si è riservato di decidere.


DIRITTO


I due ricorsi in epigrafe possono essere riuniti ai fini di una decisione unica essendo palesemente connessi sia soggettivamente che oggettivamente.


Il Dirigente del Servizio Condono edilizio –Settore Urbanistica – del Comune di Latina ha rigettato con il provvedimento impugnato con il ricorso n.2 del 2001, la detta istanza di condono edilizio avente ad oggetto un fabbricato per civile abitazione con copertura a tetto presentata dal ricorrente perché “le opere sono state compiute dopo la data del 31/ 12/ 93”, e dunque oltre il termine di cui all’art.39 ,1° co, legge 724/94.


Onde trattasi di istanza “dolosamente infedele” nonostante l’allegata dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà, a firma del ricorrente.


L’accertamento che l’epoca di costruzione dell’opera è posteriore al 31 dicembre 1993 è stato dal Comune basato su quattro elementi:
a) sul verbale della P.M. del 27 aprile 1995, attestante –che alla data del 6 aprile 1995 la costruzione dell’abitazione era in corso;
b) sulla dichiarazione in pari data del custode giudiziario, sig. Gratis Giuseppe, secondo cui i lavori inerenti la casa erano stati iniziati “da pochi giorni”;
c) sul contenuto dell’atto notarile d’acquisto del terreno stipulato davanti al Notaio Angelo salvi di Anagni con Rogito Rep.n.32076 del 12 gennaio 1995, in cui si da atto dell’acquisto del solo terreno con destinazione urbanistica a verde pubblico, sul quale nessun immobile risultava realizzato;
d) sulle “foto aree disponibili” (volo effettuato in data 12 ottobre 1994) da cui si evince che a tale data non esisteva alcun manufatto sul sito in esame.


Il ricorrente a ciò replica che sin dall’ottobre del 1993 sull’area era stata realizzata, completa di copertura, una struttura, senza infissi e senza tramezzature esterne.


Nell’anno gennaio primi di febbraio del 1995 tale struttura nel frattempo (1994) abbattuta dagli agenti atmosferici è stata fedelmente ricostruita in muratura.


La costruzione in muratura quindi deve essere considerata un tutt’uno con la precedente identica costruzione in legno del 1993 e quindi sanabile ex lege 724 del 1994.Senonchè il ricorrente non fornisce alcuna prova che non solo sia in grado di confutare gli elementi acquisiti dal Comune, ma neppure di collocare in maniera non inequivocabile le opere edilizie de quo entro la data del 31 dicembre 1993.


Al riguardo non può non essere qui richiamato, atteso il suo preminente valore probatorio, l’accertamento emergente dalla sentenza del giudice penale d’Appello investito del reato di costruzione abusiva ascritto al ricorrente (sentenza in atti 7826/2001).


Il giudice penale ribadisce quanto accertato in primo grado, vale a dire che “le due dichiarazioni sostitutive di notorietà con le quali attestava agli uffici comunali di avere realizzato l’opera abusiva prima del 31.12.1993 sono attestazione mendace in quanto contrastante con i rilievi aereofotogrammetrici della zona relativi all’anno 1994, rilievi che escludono anche la presenza di un manufatto in legno preesistente, e con le dichiarazioni contraddittorie rese dai testi dell’appellante (il ricorrente) esaminati nel giudizio di primo grado,…. dalle dichiarazioni ammissive rese da Verdelli Sante il quale ha riconosciuto di aver realizzato l’opera in muratura nel 1995 e …..dall’atto pubblico di compravendita (stipulato dal notaio A. Salvi di Anagni nel rogito stilato il 12 .1.1995) del predetto terreno su cui si sarebbe edificata l’opera abusiva da parte dell’appellante senza che si faccia menzione dell’esistenza del manufatto che si assume all’epoca fosse stato realizzato ;infine sul rilievo che la denuncia di furto di materiale edile dal cantiere dell’appellante presentata l’11.7.1995 è avvenuta successivamente all’accertamento dell’asportazione del materiale edile sottoposto a sequestro verificato dai verbalizzanti in data 2.6.1995 e come evidenziato dai testi dell’appellante esaminati nel corso del giudizio di primo grado”.


Alla luce di quanto precede al Collegio non resta che ribadire che “il richiedente il condono edilizi ha “l’onere di fornire un principio di prova in ordine alla preesistenza delle opere alla data del 31.12.1993 (Cons. Stato , Sez. IV, 10.01.2000 n.100), restando a carico dell’Amministrazione il controllo sull’attendibilità dei dati forniti ed eventualmente la contrapposizione delle risultanze di proprie verifiche (Cons. Stato Sez.V 12 10.1999).
Nella specie non solo il ricorrente non ha fornito neppure un principio di prova non mendace in ordine alla preesistenza delle opere alla data del 31.12.1993, ma le verifiche effettuate al riguardo autonomamente dall’Amministrazione Comunale hanno ricevuto l’avallo dell’accertamento effettuato in sede penale.


Il ricorso n.6 del 2001 deve essere quindi respinto.


Stessa sorte deve esser e riservata al ricorso n.426 del 2002.


Ivi il ricorrente riprende le censure già sviluppate nel ricorso proposto per l’annullamento dell’esaminato rigetto della domanda di condono edilizio , dolendosi del fatto che l’amministrazione ha adottato il provvedimento sanzionatorio della demolizione nonostante all’epoca fosse sub judice, sia in sede amministrativa che penale, il presupposto della sanzione stessa.


Sennonché quanto argomentato in ordina al ricorso n.6 del 2001, rende del tutto inconsistente tale doglianza.


Resta solo da aggiungere che l’assegnazione del termine di 15 giorni per effettuare la demolizione non viola neppure l’art.7 della legge n.47 del 1985 dove è stabilito il diverso e più ampio termine di novanta giorni.


Tale ultimo termine invero è stabilito per l’interessato al fine di evitare gli oneri derivanti dalla demolizione d’ufficio nonché l’acquisizione gratuita del sedime su cui l’abuso è stato realizzato oltre alle c.d. pertinenze urbanistiche.


Ma è anche rivolto all’Amministrazione fungendo da sbarramento a che detti effetti maturino prima dei novanta giorni stabiliti, con i conseguenti oneri a carico dell’interessato.


Onde attesa la dispiegata funzione, non può che ritenersi irrilevante l’indicazione nel provvedimento demolitorio di un termine inferiore ai novanta giorni, se in concreto esso, come nella fattispecie, è stato osservato essendo certo che ad oggi l’Amministrazione comunale non ha né proceduto alla demolizione d’ufficio, né acquisito formalmente l’area e le sue pertinenze.


Entrambi i ricorsi qui riuniti debbo quindi essere respinti.


Sussistono tuttavia giusti motivi per compensare le spese del giudizio.
 

P.Q.M.


Il Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio, Sezione Staccata di Latina, Riunisce e respinge i ricorsi in epigrafe.
Spese compensate.


Così deciso in Latina, alla Camera di Consiglio, il 23 maggio 2003.
IL CONSIGLIERE EST.
-Dr. Sandro AURELI-
IL PRESIDENTE
-Dr. Franco BIANCHI-


DEPOSITATA IN SEGRETERIA
IL 10/07/2003
(art. 55, L. 27.4.82 n. 186)
IL DIRETTORE DI SEGRETERIA


 

M A S S I M E

 

Sentenza per esteso

 

1) Urbanistica - Condono edilizio - Istanza “dolosamente infedele” – Diniego - Controllo dell’Amministrazione sull’attendibilità dei dati forniti – Obbligo. Il richiedente il condono edilizio ha “l’onere di fornire un principio di prova in ordine alla preesistenza delle opere alla data utile al condono (Cons. Stato , Sez. IV, 10.01.2000 n.100), restando a carico dell’Amministrazione il controllo sull’attendibilità dei dati forniti ed eventualmente la contrapposizione delle risultanze di proprie verifiche (Cons. Stato Sez.V 12 10.1999). Pres. BIANCHI - Est. AURELI – Verrelli (avv. Ceci) c. Comune di Latina (avv. Di Leginio).T.A.R. LAZIO Sezione Staccata di Latina del 10 luglio 2003, (Ud. 23 maggio 2003) Sentenza n. 655.

2) Urbanistica - Condono edilizio – Ordine di demolizione – Termine – Disciplina - Demolizione d’ufficio - Acquisizione gratuita del sedime. L’assegnazione del termine di 15 giorni per effettuare la demolizione non viola neppure l’art.7 della legge n.47 del 1985 dove è stabilito il diverso e più ampio termine di novanta giorni. Tale ultimo termine invero è stabilito per l’interessato al fine di evitare gli oneri derivanti dalla demolizione d’ufficio nonché l’acquisizione gratuita del sedime su cui l’abuso è stato realizzato oltre alle c.d. pertinenze urbanistiche. Ma è anche rivolto all’Amministrazione fungendo da sbarramento a che detti effetti maturino prima dei novanta giorni stabiliti, con i conseguenti oneri a carico dell’interessato. Onde attesa la dispiegata funzione, non può che ritenersi irrilevante l’indicazione nel provvedimento demolitorio di un termine inferiore ai novanta giorni, se in concreto esso, come nella fattispecie, è stato osservato essendo certo che ad oggi l’Amministrazione comunale non ha né proceduto alla demolizione d’ufficio, né acquisito formalmente l’area e le sue pertinenze. Pres. BIANCHI - Est. AURELI – Verrelli (avv. Ceci) c. Comune di Latina (avv. Di Leginio).T.A.R. LAZIO Sezione Staccata di Latina del 10 luglio 2003, (Ud. 23 maggio 2003) Sentenza n. 655.

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