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Legislazione  Giurisprudenza                                                      Per altre sentenze vedi: Sentenze per esteso


 

 Massime della sentenza

 

 

TAR LAZIO, SEZ. II TER -  27 ottobre 2003, Sentenza n. 9570  

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

 

TAR LAZIO, SEZ. II TER -  27 ottobre 2003, Sentenza n. 9570 

Pres. Scognamiglio, Est. Restaino - Calì (Avv.ti Parentela e Perri) c. Comune di Roma (Avv. Manganelli).


(omissis)

per l'annullamento
 

dei seguenti provvedimenti della IV Circoscrizione del Comune di Roma:

determinazione dirigenziale n. 77 del 6.2.2001 con cui è stata ordinata la immediata sospensione di lavori abusivi su un terrazzino confinante con quello condominiale (ric. N. 5704/01);

determinazione dirigenziale n. 233 del 3.1.2002 con cui è stata ingiunta la demolizione delle stesse opere abusive;

(omissis)


F A T T O


Viene impugnata la determinazione dirigenziale n. 77 del 6.2.2001 del Comune di Roma (IV^ Circoscrizione) con cui è stata ordinata la immediata sospensione di lavori abusivi riferiti alla realizzazione da parte del ricorrente, su un terrazzo di pertinenza (confinante con terrazzo condominiale) di una struttura di alluminio e vetri con cambio di destinazione d’uso della superficie interessata (circa mq. 6).

Vengono dedotti come motivi di gravame:

Eccesso di potere per difetto di motivazione. Violazione art. 31 l. 241/1990 per non contenere l’atto impugnato la motivazione della sua adozione.

Violazione di legge (art. 4 l. 28 febbraio 1985 n. 47) per non essere stato adottato, dopo l’ordine di sospensione dei lavori, il provvedimento definitivo nel termine previsto dalla suindicata disposizione.

Eccesso di potere poiché il regolamento di condominio relativo all’immobile di cui trattasi non contiene alcun divieto per i singoli condomini di realizzare lavori di qualsiasi genere nei locali propri e comuni locali e non subordina l’esecuzione dei suddetti lavori ad alcuna preventiva autorizzazione dell’amm.re

Falsa ed erronea rappresentazione dei fatti poiché non è dato rinvenire, in contrasto con quanto ritenuto dal Comune sulla base di sopraluogo effettuato da tecnico incaricato, alcun cambio di destinazione d’uso della superficie interessata, né la struttura realizzata appare sostenuta da tre muretti, né è stata eseguita alcuna delle opere relative alla realizzazione di impianti elettrico, idrico, pavimentazione, rivestimenti e montaggio di una vasca da bagno.

Viene evidenziata la finalità dell’opera cui trattasi limitata al riparo da agenti atmosferici ed alla protezione dall’accesso di terzi estranei del terrazzino posto sullo stesso livello del terrazzo condominiale attraverso la installazione di una struttura assimilabile ad una veranda a vetri non necessitante di concessione edilizia avendo funzioni esclusive di riparo.

Con successivo ricorso, essendo stata dal Comune adottata la determinazione n. 233 del 30.1.2002, contenente la ingiunzione al ricorrente a demolire la stessa opera abusiva, quest’ultimo ha impugnato anche tale ingiunzione con la quale vengono in sostanza reiterate tutte le censure già mosse con il primo ricorso.

Il contraddittorio è stato istituito per entrambi i ricorsi nei confronti del Comune di Roma che, costituitosi in giudizio, sostiene nella propria memoria di difesa la infondatezza delle censure del ricorrente relative alla inesistenza di un abuso edilizio, come dallo stesso ritenuto.

Alla udienza del 27 marzo 2003 entrambi i ricorsi sono passati in decisione.


D I R I T T O


I due ricorsi vanno riuniti per evidenti ragioni di connessione.

Sostiene il ricorrente che la struttura da lui realizzata sul terrazzino del suo appartamento, confinante con il terrazzo condominiale, non richiedeva il preventivo rilascio di concessione edilizia trattandosi della realizzazione di un’opera ad elementi metallici e tamponatura a vetri di ridotte dimensioni apposta esclusivamente per costituire un riparo dagli agenti atmosferici ed una protezione dall’accesso furtivo di terzi nell’abitazione.

A sostegno di tale prospettazione richiama orientamenti della magistratura penale che hanno escluso la necessità del preventivo rilascio di concessione edilizia per le verande a vetri nella limitata ipotesi in cui la stessa struttura adempia esclusivamente alla funzione di riparare dagli agenti atmosferici.

Con riferimento alle strutture a veranda installate come elementi accessori ad un fabbricato o a parte dello stesso per costituire un riparo o una protezione per l’edificio abitativo, va precisato che devono ritenersi sottratti al regime della concessione edilizia per essere invece annoverabili tra quelli aventi finalità di natura conservativa per la cui realizzazione l’art. 4 del D.L. 5.10.1993 n. 338 convertito con modifiche nella legge 4.12.1993 n. 493 e poi sostituito dall’art. 2 comma 60 della legge 23.12.1996 n. 662 (e successive modificazioni) richiede la semplice denuncia di inizio di attività, soltanto quegli interventi realizzanti, per le predette finalità, la installazione di elementi compatibili con le esigenze dell’ordinario uso dell’edificio o della parte di esso cui accedono nel rispetto degli elementi tipologici formali e strutturali dello stesso edificio e della destinazione edilizio-urbanistica delle varie parti di cui esso si compone.

Solo tali interventi possono ritenersi infatti adempiere all’esclusiva finalità di riparo o protezione ("lato sensu", di conservazione del preesistente) che è quella sola in vista della quale è stata in via normativa prevista la esentabilità dal regime della concessione edilizia per venire ricondotta a quello, di maggiore semplificazione, della denuncia di inizio di attività.

Nel caso di specie non appare riconoscibile alla struttura dal ricorrente apposta sul terrazzino del suo appartamento, confinante con quello condominiale, una finalità meramente di riparo compatibile con l’uso ordinario dell’abitazione e con la sua naturale funzionalità quale consentita dalla destinazione edilizio-urbanistica delle varie parti di cui si compone, comprensive di quelle abitabili e di quelle non abitabili.

Con la realizzazione del manufatto in questione la ricorrente ha comunque ottenuto un nuovo spazio interamente chiuso utilizzabile come nuovo minuscolo locale che, anche nelle sue dimensioni ridotte (circa 6 mq.), arreca, nella sua sporgenza anche in elevazione sino al balcone del piano soprastante non essendo infatti assimilabile alle c.d. verande "a filo" di parete, una visibile alterazione allo stesso terrazzo condominiale.

La sua realizzazione pertanto richiedeva, come ha esattamente ritenuto il Comune, la esistenza di una concessione edilizia.

Tanto ritenuto risulta agevole la rilevazione della infondatezza di tutte le altre censure, compresa quella, contenuta soltanto nel primo ricorso, che denuncia la violazione dell’art. 4 della legge n. 47/1985 per non essere stato adottato, dopo l’ordine di sospensione lavori, il provvedimento definitivo nel termine indicato nello stesso articolo.

Rileva il Collegio che la indicazione, contenuta nel predetto art. 4 l. n. 47/1985, del termine entro cui il Comune, dopo la emissione della ordinanza di sospensione dei lavori abusivi, deve emanare i provvedimenti definitivi diretti a reprimere l’abuso edilizio accertato, se designa il termine della legale efficacia del provvedimento di sospensione dei lavori trascorso il quale lo stesso perde la sua efficacia, non priva il Comune del potere di adottare i provvedimenti definitivamente repressivi della violazione edilizia perpetrata, pur dopo il decorso dello stesso termine, con la conseguenza che l’avvenuto decorso di tale termine senza ancora la adozione dei provvedimenti definitivi enunciati dal già citato art. 4, non rende illegittimo né l’ordine di sospensione dei lavori già emesso, né il successivo definitivo provvedimento repressivo dell’abuso che sia stato emanato pur dopo la scadenza dello stesso termine.

Quanto agli altri rilievi, comuni ad entrambi i ricorsi, non trova alcun fondamento quello relativo alla assenza di una motivazione giustificativa della adozione degli atti emessi dal Comune.

Entrambi i provvedimenti risultano infatti emessi sulla base della rilevazione, da parte dello stesso Comune, delle opere indicate negli atti al ricorrente notificati, e nella constatazione che le stesse opere sono state eseguite senza concessione edilizia.

Tali indicazioni costituiscono i presupposti giustificativi della adozione dei provvedimenti che il Comune ha adottato per reprimere l’abuso edilizio da lui accertato, che, come noto, essendo di dovuta emanazione una volta accertata la esecuzione di opere edilizie senza la relativa concessione, non richiedono alcuna ulteriore motivazione.

Attesa la già rilevata consistenza dell’opera eseguita sul terrazzo di cui trattasi da ritenersi di per sé annoverabile, nella sua conformazione e collocazione, tra quelle richiedenti il preventivo rilascio di concessione edilizia, non assume alcuna rilevanza né la mancata previsione, nel regolamento del condominio relativo all’immobile di cui trattasi, di un divieto per i singoli condomini di realizzare lavori edilizi nei locali di proprietà o in locali condominiali, né la contestazione del ricorrente sull’effettivo avvenuto cambio di destinazione dell’area su cui ha realizzato il suo intervento, che il medesimo intenderebbe negare sulla base di confutazioni alle rilevazioni del Comune relative alla realizzazione di impianti elettrici, idrici o opere di pavimentazione, all’interno della struttura di cui trattasi.

Va al riguardo osservato che, anche indipendentemente dalla realizzazione di impianti o altre opere interne, deve ritenersi già verificato un mutamento nell’uso dell’originario terrazzino attraverso la realizzazione, al suo posto, di un ambiente interamente chiuso, sia pure di esigue dimensioni, esterno ai vani abitativi dell’appartamento.

Per tutte le ragioni sopra esposte entrambi i ricorsi vanno rigettati.

Si ritiene tuttavia potersi disporre la compensazione delle spese tra le parti ravvisandosi la presenza di motivi che la giustificano.
 

P. Q. M.

 

Il Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio (Sezione Seconda Ter) pronunciando sui ricorsi indicati in epigrafe:

Dispone la riunione dei due gravami;

Rigetta entrambi i ricorsi.

Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio del 27.3.2003.
Roberto SCOGNAMIGLIO Presidente
Paolo RESTAINO Consigliere est.

Depositata in Segreteria il 27 ottobre 2003
 

M A S S I M E

 

Sentenza per esteso

 

1) Urbanistica - attività edilizia - verande installate come elementi accessori ad un fabbricato o a parte dello stesso per costituire un riparo o una protezione per l’edificio abitativo - applicabilità del regime della denuncia di inizio attività - casi di sottrazione al regime della concessione edilizia - presupposti e condizioni - c.d. verande "a filo" di parete - terrazzo condominiale - concessione edilizia - necessità. Le strutture a veranda installate come elementi accessori ad un fabbricato o a parte dello stesso per costituire un riparo o una protezione per l’edificio abitativo, devono ritenersi sottratti al regime della concessione edilizia per essere invece annoverabili tra quelli aventi finalità di natura conservativa per la cui realizzazione l’art. 4 del D.L. 5.10.1993 n. 338 convertito con modifiche nella legge 4.12.1993 n. 493 e poi sostituito dall’art. 2 comma 60 della legge 23.12.1996 n. 662 (e successive modificazioni) richiede la semplice denuncia di inizio di attività, soltanto quegli interventi realizzanti, per le predette finalità, la installazione di elementi compatibili con le esigenze dell’ordinario uso dell’edificio o della parte di esso cui accedono nel rispetto degli elementi tipologici formali e strutturali dello stesso edificio e della destinazione edilizio-urbanistica delle varie parti di cui esso si compone. (Nel caso di specie non appare riconoscibile alla struttura dal ricorrente apposta sul terrazzino del suo appartamento, confinante con quello condominiale, una finalità meramente di riparo compatibile con l’uso ordinario dell’abitazione e con la sua naturale funzionalità quale consentita dalla destinazione edilizio-urbanistica delle varie parti di cui si compone, comprensive di quelle abitabili e di quelle non abitabili. Con la realizzazione del manufatto in questione la ricorrente ha comunque ottenuto un nuovo spazio interamente chiuso utilizzabile come nuovo minuscolo locale che, anche nelle sue dimensioni ridotte (circa 6 mq.), arreca, nella sua sporgenza anche in elevazione sino al balcone del piano soprastante non essendo infatti assimilabile alle c.d. verande "a filo" di parete, una visibile alterazione allo stesso terrazzo condominiale. La sua realizzazione pertanto richiedeva, come ha esattamente ritenuto il Comune, la esistenza di una concessione edilizia. TAR LAZIO, SEZ. II TER - 27 ottobre 2003, Sentenza n. 9570

2) Edilizia ed urbanistica - violazione edilizia - emissione dell'ordinanza di sospensione dei lavori abusivi - provvedimenti definitivi diretti a reprimere l’abuso edilizio accertato - termine previsto dall’art. 4 L. n. 47/1985 - decorso dello stesso termine - potere del Comune di adottare provvedimenti repressivi anche dopo la scadenza del suddetto termine - sussiste - assenza di motivazione giustificativa della adozione - presupposti giustificativi - mancanza di motivazione - legittimità. La indicazione, contenuta nel predetto art. 4 l. n. 47/1985, del termine entro cui il Comune, dopo la emissione della ordinanza di sospensione dei lavori abusivi, deve emanare i provvedimenti definitivi diretti a reprimere l’abuso edilizio accertato, se designa il termine della legale efficacia del provvedimento di sospensione dei lavori trascorso il quale lo stesso perde la sua efficacia, non priva il Comune del potere di adottare i provvedimenti definitivamente repressivi della violazione edilizia perpetrata, pur dopo il decorso dello stesso termine, con la conseguenza che l’avvenuto decorso di tale termine senza ancora la adozione dei provvedimenti definitivi enunciati dal già citato art. 4, non rende illegittimo né l’ordine di sospensione dei lavori già emesso, né il successivo definitivo provvedimento repressivo dell’abuso che sia stato emanato pur dopo la scadenza dello stesso termine. (Nella specie, non trova alcun fondamento relativo alla assenza di una motivazione giustificativa della adozione degli atti emessi dal Comune. Entrambi i provvedimenti risultano infatti emessi sulla base della rilevazione, da parte dello stesso Comune, delle opere indicate negli atti al ricorrente notificati, e nella constatazione che le stesse opere sono state eseguite senza concessione edilizia. Tali indicazioni costituiscono i presupposti giustificativi della adozione dei provvedimenti che il Comune ha adottato per reprimere l’abuso edilizio da lui accertato, che, come noto, essendo di dovuta emanazione una volta accertata la esecuzione di opere edilizie senza la relativa concessione, non richiedono alcuna ulteriore motivazione. TAR LAZIO, SEZ. II TER - 27 ottobre 2003, Sentenza n. 9570

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