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Legislazione  giurisprudenza                                                      Per altre sentenze vedi: Sentenze per esteso


 

 Massime della sentenza

 

Tar Puglia - Sede di Bari - Sezione I, - 28 gennaio 2003 - Sentenza n. 395

IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE

PER LA PUGLIA SEDE DI BARI - SEZIONE I
 

ha pronunciato la seguente
 

SENTENZA


sui ricorsi riuniti n. 1778/1998 e 696/1999 proposti da
COMUNE di SAN SEVERO, in persona del Sindaco pro-tempore, rappresentato e difeso dall’avv. Mario Carlino e con questi elettivamente domiciliato in Bari alla piazza Giuseppe Garibaldi n. 27, presso l’avv. Maria Petrocelli, per mandato a margine di ciascun ricorso;
CONTRO
Il COMMISSARIO DELEGATO per l’EMERGENZA in MATERIA di RIFIUTI SOLIDI URBANI nella REGIONE PUGLIA, in persona del Commissario delegato Presidente della Giunta regionale, rappresentato e difeso ex lege dall’Avvocatura distrettuale dello Stato di Bari e presso gli uffici della medesima domiciliato ex lege in Bari alla via Melo da Bari n. 97;
e nei confronti di
- PRESIDENZA del CONSIGLIO dei MINISTRI, in persona del Presidente pro-tempore del Consiglio dei Ministri, non costituita in giudizio;
- REGIONE PUGLIA, in persona del Presidente pro-tempore della Giunta regionale, costituita nel solo ricorso n. 696/1999, rappresentata e difesa dall’avv. Maria Paola Larato e con questa elettivamente domiciliata in Bari alla via Nicolai n. 43, presso lo studio dell’avv. Maurizio Di Cagno, per mandato a margine dell’atto di costituzione in giudizio;
- AMMINISTRAZIONE PROVINCIALE di FOGGIA, in persona del Presidente pro-tempore, non costituita in giudizio;
- COMUNE di CERIGNOLA, in persona del Sindaco pro-tempore, non costituito in giudizio;
- COMUNE di TORREMAGGIORE, in persona del Sindaco pro-tempore, non costituito in giudizio;
per l’annullamento
quanto al ricorso n. 1778/1998:
- dell’ordinanza del Commissario delegato per l’emergenza in materia di rifiuti solidi urbani nella Regione Puglia n. 15 dell’8 giugno 1998 recante piano temporaneo di conferimento dei rifiuti prodotti nei comuni della provincia di Foggia in impianti di smaltimento controllati e autorizzati in ambito provinciale, nella parte in cui obbliga il Comune di San Severo a conferire i propri rifiuti nella discarica di Cerignola per il periodo di mesi sei dalla data del provvedimento;
- della nota del Commissario delegato per l’emergenza in materia di rifiuti solidi urbani nella Regione Puglia n. 2856/CD del 6 luglio 1998 che ribadisce l’obbligo del Comune di San Severo di conferire i propri rifiuti nella discarica di Cerignola
quanto al ricorso n. 696/1999:
dell’ordinanza del Commissario delegato per l’emergenza in materia di rifiuti solidi urbani nella Regione Puglia n. 22 del 7 dicembre 1998 recante piano temporaneo di conferimento dei rifiuti prodotti nei comuni della provincia di Foggia in impianti di smaltimento controllati e autorizzati in ambito provinciale, nella parte in cui obbliga il Comune di San Severo a conferire i propri rifiuti nella discarica di Cerignola per il periodo di vigenza dello stato di emergenza socio-economico-ambientale nella Regione Puglia con riferimento alla gestione dei rifiuti;
- di ogni altro atto connesso, presupposto e consequenziale, anche se non conosciuto
Visti i ricorsi con i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’Autorità straordinaria statale intimata e della Regione Puglia, costituita nel solo ricorso n. 696/1999;
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
Visti gli atti tutti della causa;
Relatore, alla pubblica udienza del 23 ottobre 2002, il dott. Leonardo Spagnoletti e uditi l’avv. Mario Carlino per il Comune ricorrente, l’avvocato di Stato Ines Sisto per l’Autorità straordinaria statale intimata e l’avv. Maurizio Di Cagno, in sostituzione dell’avv. Maria Paola Larato per la Regione Puglia;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.
 

F A T T O


Con ordinanza n. 15 dell’8 giugno 1998 il Commissario delegato per l’emergenza in materia di rifiuti solidi urbani nella Regione Puglia ha adottato un piano temporaneo di conferimento dei rifiuti prodotti nei comuni della provincia di Foggia in impianti di smaltimento controllati e autorizzati in ambito provinciale.


Il Commissario, con la predetta ordinanza, ha disposto per il periodo di sei mesi dalla data dell’ordinanza che i vari comuni della provincia di Foggia conferissero i rifiuti nelle discariche autorizzate di 1^ categoria ubicate nei comuni di Vieste, Cerignola, Manfredonia e Panni (in particolare alcuni comuni del bacino d’utenza FG/1 nella discarica di Vieste; alcuni del bacino d’utenza FG/5 nella discarica di Panni; quelli del bacino d’utenza FG/3, altri del bacino d’utenza FG/1 nella discarica di Manfredonia; quelli del bacino d’utenza FG/4, alcuni dei bacini d’utenza FG/1 e FG/5 e quelli del bacino d’utenza FG/2 –e tra questi ultimi il Comune di San Severo- nella discarica di Cerignola).


A sostegno del provvedimento, adottato in dichiarata deroga al “…vigente piano regionale ordinario di smaltimento dei rifiuti urbani, nonché dell’art. 13 della l.r. 13.8.1993 n. 17 come modificato dall’art. 5 della l.r. 18.7.1996 n. 13”, è stato fatto richiamo:
- alla “…situazione di grave crisi ambientale igienico sanitaria nel settore dello smaltimento dei rifiuti urbani come attestato dall’Amministrazione provinciale di Foggia con nota prot. 16282/98”, come testimoniata altresì dalle numerose ordinanze sindacali emanate ai sensi dell’art. 13 del d.lgs. n. 22 del 1997;
- all’avvio della realizzazione degli impianti previsti dal piano regionale ordinario di smaltimento dei rifiuti e dal programma commissariale straordinario adottato con decreto n. 70 del 28 luglio 1997;
- alla circostanza che la realizzazione dei suddetti impianti “…richiede comunque tempi adeguati non comprimibili nell’immediato”;
- alla sussistenza dei presupposti “…per l’assunzione di un provvedimento contingibile ed urgente ai sensi dell’art. 13 del D.Lvo n. 22/97…per assicurare nell’immediato, nelle more della realizzazione degli impianti per la corretta gestione dello smaltimento dei rifiuti in provincia di Foggia, il corretto smaltimento di tutti i rifiuti urbani ivi prodotti negli impianti di discarica controllata autorizzati ai sensi di legge esercitati nello stesso ambito provinciale e in particolare nei comuni di Vieste, Cerignola, Manfredonia e Panni…”.


Con successiva ordinanza n. 22 del 7 dicembre 1998 -sempre in dichiarata deroga al “…vigente piano regionale ordinario di smaltimento dei rifiuti urbani, nonché dell’art. 13 della l.r. 13.8.1993 n. 17 come modificato dall’art. 5 della l.r. 18.7.1996 n. 13”- il Commissario ha disposto la prosecuzione dei conferimenti come dianzi indicati “…per il periodo di vigenza dello stato di emergenza socio-economico-ambientale nella Regione Puglia con particolare riferimento alla gestione dei rifiuti”, ponendo in luce che:
- i lavori di realizzazione di alcuni impianti sono “…in avanzata fase di ultimazione”;
- le competenti AA.UU.SS.LL. FG/1 e FG/3 “…non hanno evidenziato alcuna eventuale sopravvenuta soluzione di smaltimento da parte dei singoli comuni interessati con sufficiente gado di sicurezza e garanzia dal punto di vista igienico-sanitario, valutata con riferimento alla normativa tecnica, anche con riguardo alla messa in opera della impermeabilizzazione artificiale”;
- l’amministrazione provinciale di Foggia “...non ha evidenziato l’esigenza di modificare il piano temporaneo di smaltimento dei rifiuti urbani negli impianti autorizzati esistenti nell’ambito del proprio territorio, definito con le citate ordinanza n. 15/98 e n. 16/98”;
- “ricorrono i presupposti per la adozione di un nuovo provvedimento commissariale per la prosecuzione del conferimento temporaneo dei rifiuti urbani così come definito con le citate ordinanza n. 15/98 e n. 16/98, al fine di continuare a tutelare l’intero territorio della provincia di Foggia e di non vanificare l’azione sin qui svolta per fronteggiare la grave crisi ambientale igienico-sanitaria nel settore dello smaltimento dei rifiuti urbani nell’ambito dello stesso ambito territoriale della provincia di Foggia”.


Il Comune di San Severo ha impugnato entrambe le ordinanze commissariali con i ricorsi in epigrafe (rispettivamente la n. 15 dell’8 giugno 1998 col ricorso n. 1778/1998 r.r., notificato il 22-27 luglio 1998 e depositato in Segreteria il 30 luglio 1998 e la n. 22 del 7 dicembre 1998 col ricorso n. 696/1999 r.r., notificato il 4-8 febbraio 1999 e depositato in Segreteria il 3 marzo 1999).


In particolare col ricorso n. 1778/1998 sono state dedotte le seguenti censure:
1) Violazione per errata e falsa applicazione del d.lgs. n. 22 del 1997. Eccesso di potere per difetto di motivazione, perché il provvedimento impugnato esula dai poteri conferiti al commissario delegato, finalizzati alla più rapida attuazione del piano regionale ordinario di smaltimento dei rifiuti e a connessi atti programmatori integrativi, né sussistono i presupposti di cui all’art. 13 del d.lgs. n. 22 del 1997 (che radicano poteri propri del Presidente della Regione e della Provincia e dei Sindaci) non sussistendo situazioni eccezionali e urgenti non fronteggiabili con le ordinanze ex art. 13 già adottate dai Sindaci dei comuni foggiani interessati, ivi comprese quelle adottate dal Sindaco di San Severo da ultimo con ordinanza n. 42 del 19 maro 1998 per il conferimento dei rifiuti del comune ricorrente nella discarica (non autorizzata) in contrada “Imperiale”, né gli atti gravati sono sorretti da sufficiente motivazione in ordine ai suddetti presupposti.


2) Violazione per mancata applicazione dell’art. 13 d.lgs. n. 22 del 1997. Eccesso di potere per difetto di istruttoria, in relazione all’omessa acquisizione dei pareri degli organi tecnici o tecnico-sanitari locali.


3) Eccesso di potere per illogicità, , perché la scelta di soli quattro siti per il conferimento dei rifiuti di numerosi comuni rischia di creare situazioni di pericolo ambientale, anche in relazione al più rapido esaurimento dei siti e al trasporto dei rifiuti verso i medesimi.


4) Violazione per falsa applicazione dell’art. 13 d.lgs. n. 22 del 1997. Violazione dei principi in materia di esercizio dei poteri extra ordinem. Eccesso di potere per contraddittorietà, perché difettano i requisiti di adeguatezza e proporzionalità tra situazione da fronteggiare e misure adottate, anche considerata la distanza notevole tra il comune ricorrente e quello di Cerignola in cui è ubicata la discarica alla quale devono essere conferiti i rifiuti di San Severo (circa 65 km), né il detto provvedimento, comunque temporaneo, è idoneo a risolvere i problemi connessi allo smaltimento dei rifiuti in funzione della diuturna sistemazione definitiva del piano regionale ordinario e del piano commissariale di smaltimento dei rifiuti.


5) Violazione del giusto procedimento. Violazione dell’art. 13 d.lgs. n. 22 del 1997, perché anche attesi i notevoli oneri finanziari, per i comuni destinatari della ordinanza, connessi alla loro esecuzione, occorreva apposita diffida ai Sindaci ad adottare i provvedimenti più idonei, solo all’esito negativo della quale il commissario avrebbe potuto provvedere in via sostitutiva.


6) Violazione dei principi in materia di poteri extra ordinem. Violazione per errata applicazione delle ordinanze P.C.M. n. 2450/1996, n. 2557/1997 n. 2776/1998. Violazione del principio autonomistico di cui agli art. 5, 117, 118, 119 Cost., perché l’ordinanza gravata esula dai poteri conferiti al commissario delegato con le ordinanze del Presidente del Consiglio dei Ministri richiamate in epigrafe, introducendo un vulnus ai poteri d’ordinanza ex art. 13 del d.lgs. n. 22 del 1997 riservati al Presidente della Regione, al Presidente della Provincia e al Sindaco, e quanto a quest’ultimo ai poteri di cui all’art. 38 della legge n. 142 del 1990, e quindi alla sfera di poteri locali da salvaguardare secondo le indicazioni della sentenza della Corte Costituzionale n. 127 del 14 maggio 1995.


7) Violazione del giudicato di cui alla sentenza della Corte Costituzionale n. 127 del 1995. Violazione dell’art. 54 della legge n. 142/1990, ribadita la violazione della sfera di attribuzioni degli enti locali, si sottolinea altresì il contrasto con le disposizioni in materia di autonomia finanziaria comunale, che risulta compressa e condizionata dal reperimento degli ingenti mezzi finanziari occorrenti per l’esecuzione dell’ordinanza, non iscritti in bilancio.
8) Eccesso di potere per carenza assoluta di presupposti e difetto di motivazione. Violazione per mancata applicazione dell’art. 13 d.lgs. n. 22 del 1997. Violazione dell’art. 3 della legge n. 142 del 1990, in relazione all’omessa considerazione dei poteri sindacali ex art. 13 d.lgs. n. 22 del 1997 (peraltro già esercitati dal Sindaco del comune ricorrente) e al difetto di motivazione sul punto.


Con il ricorso n. 696/1999 sono state dedotte le seguenti censure:
1) Violazione per errata e falsa applicazione del d.lgs. n. 22 del 1997. Eccesso di potere per difetto di motivazione. Incompetenza. Eccesso di potere per difetto di presupposti e contraddittorietà, trattasi di censure analoghe a quelle svolte nel motivo sub 1) del ricorso n. 1778/1998.
2) Incompetenza. Violazione delle ordinanze n. 2450/1996, n. 2557/1997 n. 2776/1998. Violazione del giudicato costituzionale di cui alla sentenza n. 127 del 4 maggio 1995, trattasi di censure analoghe a quelle svolte nel motivo sub 6) del ricorso n. 1778/1998.


3) Eccesso di potere per illogicità, trattasi di censure analoghe a quelle svolte nel motivo sub 3) del ricorso n. 1778/1998.


4) Violazione dei principi che regolano la materia dei poteri extra ordinem. Eccesso di potere per contraddittorietà, trattasi di censure analoghe a quelle svolte nel motivo sub 4) del ricorso n. 1778/1998.


5) Violazione del principio del giusto procedimento, trattasi di censure analoghe a quelle svolte nel motivo sub 5) del ricorso n. 1778/1998.


6) Violazione del giudicato di cui alla sentenza della Corte Costituzionale n. 127 del 1995. Violazione dell’art. 54 della legge n. 142/1990, trattasi di censure analoghe a quelle svolte nel motivo sub 7) del ricorso n. 1778/1998.


7) Eccesso di potere per carenza assoluta di presupposti e difetto di motivazione. Violazione per mancata applicazione dell’art. 13 d.lgs. n. 22 del 1997. Violazione dell’art. 3 della legge n. 142 del 1990, trattasi di censure analoghe a quelle svolte nel motivo sub 8) del ricorso n. 1778/1998.


Nei giudizi relativi ad entrambi i ricorsi si è costituita l’Autorità straordinaria statale intimata, ed in quello relativo al ricorso n. 696/1999 anche la Regione Puglia.


La prima, con memoria difensiva unica depositata il 14 ottobre 2002, ha dedotto:
a) “l’improponibilità del ricorso…avverso l’ordinanza n. 15/98 per sopravvenuta carenza di interesse” in relazione all’esaurimento dell’efficacia temporale del provvedimento ed alla sua sostituzione ad opera dell’ordinanza n. 22/98;
b) l’infondatezza del ricorso perché al commissario delegato sono stati conferiti ampi poteri in deroga all’ordine delle competenze e alle modalità procedimentali, anche in relazione all’eventuale ampliamento delle discariche in esercizio, coerenti col fondamento delle ordinanze extra ordinem disciplinate dall’art. 5 della legge n. 225 del 1992, e nel caso di specie le ordinanze gravate sono state adottate, in deroga all’art. 13 della l.r. n. 17 del 1993, e cioè imponendo ai comuni il conferimento in discariche ubicate in bacino diverso da quello di appartenenza, in riferimento a situazione emergenziale determinata proprio dall’abuso da parte dei comuni foggiani dei poteri di ordinanza ex art. 13 d.lgs. n. 22 del 1997 (con utilizzazione di discariche non autorizzate e/o inadeguate) al fine di consentire lo smaltimento nelle discariche autorizzate, dovendo comunque far carico alle amministrazioni comunali, cui compete ex lege in regime di privativa lo smaltimento dei rifiuti, il sostentamento dei relativi oneri finanziari.


La Regione Puglia, con memoria difensiva depositata il 12 ottobre 2002, ha dedotto a sua volta l’improcedibilità dei ricorsi in epigrafe per sopravvenuta carenza d’interesse in relazione al decreto del commissario delegato n. 254 del 7 agosto 2002, col quale è stato autorizzato l’esercizio di centro di raccolta, prima lavorazione e stoccaggio dei materiali rivenienti dalla raccolta differenziata dei rifiuti dei bacini d’utenza FG/2 e FG/3 e “…della linea di selezione dei rifiuti indifferenziati in testa alla discarica di servizio”.


Con memorie difensive depositate il 10 ottobre 2002, il Comune ricorrente ha ribadito le censure svolte, evidenziando come soltanto con l’ordinanza del Ministro dell’Internio n. 3077 del 4 agosto 2000 al commissario delegato sia stato espressamente conferito, ed in via esclusiva, il potere di ordinanza ex art. 13 del d.lgs. n. 22 del 1997, ciò che confermerebbe che all’epoca dell’adozione delle ordinanze gravate egli versava in carenza di potere.


Con ordinanza n. 592 del 21 ottobre 1998 è stata respinta l’istanza incidentale di sospensione del provvedimento impugnato con il ricorso n. 1778/1998.


All’udienza pubblica del 23 ottobre 2002, infine, i due ricorsi, chiamati congiuntamente, sono stati discussi e riservati per la decisione.


D I R I T T O


1.) Il Tribunale, in limine, ritiene opportuno disporre la riunione dei ricorsi in epigrafe, stante la loro evidente connessione soggettiva ed oggettiva.


2.) Sempre in via preliminare, il Collegio deve darsi carico di esaminare le eccezioni pregiudiziali spiegate dall’Avvocatura dello Stato e dal difensore della Regione Puglia (costituita nel solo ricorso n. 696/1999).


2.1) La prima eccezione attiene alla invocata improcedibilità del ricorso n. 1778/1998 in funzione dell’esaurimento dell’efficacia temporale dell’ordinanza n. 15 dell’8 giugno 1998 (con validità espressamente riferita a sei mesi dalla sua emanazione e quindi sino all’8 dicembre 1998) e della sua sostituzione con l’ordinanza n. 22 del 7 dicembre 1998 (che ha disposto la prosecuzione dell’efficacia del piano temporaneo di smaltimento dei rifiuti solidi urbani dei comuni foggiani “…per il periodo di vigenza dello stato di emergenza socio-economico-ambientale nella Regione Puglia con particolare riguardo alla gestione dei rifiuti”, e quindi in relazione a termine certus an incertus quando).


L’eccezione è destituita di giuridico fondamento.


Sotto un primo profilo non può dubitarsi, sulla scorta di giurisprudenza pacifica ed univoca, che anche e soltanto un interesse di natura morale, e cioè attinente alla declaratoria dell’illegittimità dell’atto gravato per le conseguenze comunque dispiegate nella sfera giuridica del destinatario, è sufficiente a sorreggere la persistenza dell’interesse all’annullamento del provvedimento impugnato.


Sotto altro aspetto, poi, non può obliterarsi che in ipotesi di annullamento dell’ordinanza commissariale il Comune di San Severo ben potrebbe azionare il diritto al risarcimento dei danni connessi all’esecuzione dell’atto, ed in specie di quelli, più volte evocati in ricorso, connessi ai maggiori oneri finanziari sopportati per assicurare il trasporto dei rifiuti solidi urbani prodotti nel comune sino al sito di smaltimento, individuato nella discarica di 1^ categoria di Cerignola; e che, conseguentemente, sussiste, in linea teorica, un interesse di natura patrimoniale all’annullamento dell’ordinanza commissariale in funzione dell’eventuale proposizione dell’azione di danni.


2.2) La seconda eccezione riguarda la pretesa carenza d’interesse alla decisione di entrambi i ricorsi in relazione all’adozione di un decreto commissariale n. 254 del 7 agosto 2002 di autorizzazione all’esercizio di un centro raccolta, prima lavorazione e stoccaggio dei materiali rivenienti dalla raccolta differenziata nei bacini d’utenza FG/2 e FG/3, con una linea di selezione dei rifiuti indifferenziati “in testa alla discarica di servizio”.


Sennonché, a prescindere dal rilievo, decisivo e assorbente, che il citato decreto non ha annullato, revocato, ritirato o comunque posto nel nulla l’ordinanza commissariale n. 22 del 7 dicembre 1998, non può seriamente sostenersi che il provvedimento invocato abbia diversamente regolato la materia del conferimento dei rifiuti solidi urbani dei comuni foggiani, ad esempio disponendone la confluenza in altra e diversa discarica, limitandosi piuttosto a disporre l’attivazione di una linea di selezione dei rifiuti indifferenziati (ovvero di quelli non già assoggettati a raccolta differenziata) da parte della discarica di servizio, che, a quanto è dato di comprendere, resta quella definita per il Comune di San Severo (Cerignola) dalle ordinanze gravate, come del pari discariche di servizio sono le altre indicate per i vari comuni cui sono rivolte le ordinanze.


Sicché l’emanazione del decreto commissariale n. 254 del 7 agosto 2002 non incide in alcun modo sulla persistenza dell’interesse all’annullamento delle due ordinanze commissariali impugnate, ed in specie di quella successiva n. 22 del 7 dicembre 2002.


3.) Nel merito i ricorsi riuniti in epigrafe sono infondati e devono essere respinti per le ragioni di seguito illustrate.


3.1) Giova premettere una breve ricostruzione del quadro normativo di riferimento, così come già delineato in precedenti sentenze di questo Tribunale (cfr. T.A.R. Puglia, Bari, Sez. 1, 3 maggio 2001, n. 1424, 27 maggio 2002, n. 2587, 20 novembre 2002, n. 5043).


3.1.1) Lo stato di emergenza socio-economico-ambientale fu dichiarato, com’è noto, per la prima volta con d.P.C.M. 8 novembre 1994; la dichiarazione è stata rinnovata, senza soluzione di continuità, in un contesto che ha interessato, con analoghi provvedimenti, anche altre regioni meridionali (Campania, Calabria, più di recente Sicilia).


Un’accurata ricostruzione della genesi, dei limiti e delle finalità del ricorso al potere di ordinanza extra ordinem previsto dall’art. 5 della legge 24 febbraio 1992, n. 225 nella materia dei rifiuti e del ciclo delle acque, è contenuta nel documento sull’istituto del commissariamento per l’emergenza rifiuti, approvato nella seduta del 21 dicembre 2000 dalla Commissione parlamentare d’inchiesta sul ciclo dei rifiuti e sulle attività illecite ad esso connesse.


In breve, le crescenti difficoltà degli enti locali (regioni, province e comuni) nell’assicurare una gestione efficiente ed efficace del ciclo dei rifiuti (e/o anche della depurazione delle acque), connesse sia al ritardo nella modernizzazione del settore (raccolta differenziata, recupero, incenerimento), sia alle resistenze delle popolazioni locali, e l’immanente presenza e pervasività di situazioni di oligopolio nella gestione degli impianti e delle attività collegate, da parte di pochi soggetti privati, con infiltrazioni non infrequenti di organizzazioni criminali in grado di condizionare sia l’attività delle imprese di settore sia le scelte degli enti locali, hanno delineato un quadro nel quale, allo scopo di fronteggiare i pericoli e i danni ambientali e socio-sanitari rivenienti dalla situazione organizzativo-gestionale (la commissione parlamentare ricorda che “…nel settore rifiuti, per decenni, ha governato un vero e proprio ‘regime da far west’…”: cfr. documento pag. 48), con le correlate azioni di risanamento e riorganizzazione, si è fatto ricorso allo strumento emergenziale di cui agli artt. 1 e 5 della legge n. 225/1992.


Le situazioni di emergenza sono state inquadrate nella previsione della lettera c) dell’art. 2 della legge citata, che si riferisce, oltre che alle calamità naturali e alle catastrofi, e cioè ad eventi in certo senso tipizzati perché riconducibili all’impatto di eventi naturali in senso proprio, ad “…altri eventi che, per intensità ed estensione, debbano essere fronteggiati con mezzi e poteri straordinari”.


E’ evidente che, in un’accezione più restrittiva e rigorosa (come sottolineato anche dalla commissione parlamentare d’inchiesta sul ciclo dei rifiuti) che valorizzi il rapporto di specie a genere tra gli eventi non tipizzati e quelli tipizzati innanzi richiamati, può dubitarsi “…della pertinenza dello strumento utilizzato alle fattispecie connesse all’emergenza rifiuti…(perché si tratta di)…ipotesi…significativamente dissimili da quelle disciplinanti i casi della protezione civile…(e)…determinate più dalla difficoltà di reperire, con i normali mezzi legislativi e di amministrazione, di cui sono dotati i poteri locali e centrali, soluzioni adeguate al problema dello smaltimento dei rifiuti, che provocate da eventi naturali” (cfr. il citato documento della commissione parlamentare d’inchiesta sul ciclo dei rifiuti, pagg. 8 e 9).


Sennonché, proprio l’ampiezza del riferimento alla categoria residuale degli “…altri eventi…” e la sua definizione non già in relazione alle caratteristiche dei medesimi (quali eventi naturali di particolare impatto ambientale e socio-economico-produttivo), bensì in ragione della particolare qualità dei loro effetti, tali, per intensità ed estensione, da richiedere il ricorso a mezzi e poteri extra ordinem, e quindi in una accezione funzionale piuttosto che formale, spiega e giustifica come la stessa giurisprudenza costituzionale abbia ritenuto applicabile il “regime” emergenziale ex lege n. 225/1992.


La Consulta, nella nota sentenza n. 127 del 5-14 aprile 1995 (pronunciata su ricorso per conflitto di attribuzioni proposto proprio dalla Regione Puglia nei confronti del d.P.C.M. 8 novembre 1994), ha riconosciuto la legittimità della declaratoria dello stato di emergenza riferito a rischi (sia igienico-sanitari che) ambientali indotti da “…gravi carenze strutturali, da tempo segnalate, che riguardano il ciclo idrico e lo smaltimento dei rifiuti, e che presentano un alto rischio per un bene fondamentale come la salute”; ancorché abbia riconosciuto che, nella specie, era stata vulnerata la sfera di attribuzioni regionali ed il principio di leale cooperazione per non aver acquisito l’intesa della Regione, non già “…sulla realizzazione dei singoli interventi (bensì) per il programma generale degli interventi”, non surrogabile da un semplice parere.


La Corte, richiamando la propria giurisprudenza, ha altresì posto in rilievo lo stretto nesso di strumentalità tra la situazione emergenziale “…e le norme di cui consente la temporanea sospensione” e la necessità di una adeguata proporzionalità tra qualità e natura dell’evento da fronteggiare e misure adottate, che sole giustificano quella temporanea compressione che esse realizzano sulla sfera delle attribuzioni regionali e degli altri enti locali.


Ancorché, sotto tale ultimo profilo, non vada trascurata la penetrante osservazione della Commissione parlamentare d’inchiesta sul ciclo dei rifiuti che, nel documento più volte citato, evidenzia come “l’istituto del commissariamento è apparso essere…più quale azione di supporto all’attività dei poteri locali…(e le relative soluzioni)…non rappresentano, né hanno inteso rappresentare, interventi espropriativi del potere locale, né implicano, o hanno inteso implicare, valutazioni o giudizi (almeno da parte del Governo) sulla capacità di amministrare il fenomeno…né sui singoli fatti di gestione…(e nemmeno rivestono)…natura sanzionatoria o surrogatoria del potere locale”, come manifestato dalla circostanza che, in progresso di tempo, le gestioni commissariali sono state affidate non più ai prefetti, bensì ai presidenti delle regioni e ai sindaci “…cioè a quegli stessi organi che avrebbero dovuto provvedere nell’ambito delle loro ordinarie competenze” (cfr. il documento parlamentare, pag. 19).


In altri termini, il ricorso al regime emergenziale non si è risolto in una sovrapposizione centralistica e “autoritaria” di poteri extra ordinem alle attribuzioni proprie delle regioni e degli enti locali, sebbene nel conferimento di “mezzi e poteri” (e delle relative rilevanti risorse finanziarie) atti a integrare le ordinarie attribuzioni e riconosciuti indispensabili a fronte dell’insufficienza (sia strutturale che funzionale) dei mezzi e poteri ordinari in determinati contesti territoriali.


3.1.2) Ciò posto, deve rammentarsi che il procedimento relativo alle misure emergenziali di cui alla legge n. 225/1992 si articola in due sub procedimenti distinti e funzionalmente collegati, disciplinati dall’art. 5.


Preliminare ed essenziale è la declaratoria dello stato di emergenza, deliberato, al verificarsi di uno degli eventi di cui all’art. 2 comma primo lettera c), dal Consiglio dei Ministri, su proposta del Presidente del Consiglio (ovvero, per delega di questi, dal Ministro per il coordinamento della protezione civile), e formalizzato con d.P.C.M., che deve indicarne “…durata ed estensione territoriale in stretto riferimento alla qualità ed alla natura degli eventi”. (la revoca è deliberata nelle stesse forme).


E’ questo il momento e la fase procedimentale nella quale deve condursi la ricognizione dell’esistenza dei presupposti dello stato di emergenza, sia con riferimento alla qualità degli eventi (non fronteggiabili coi mezzi ordinari), sia in relazione, correlativamente, al giudizio di strumentalità e proporzionalità tra situazione emergenziale e misure straordinarie da adottare, con la connessa ostensione motivazionale e nella deliberazione del Consiglio dei Ministri e nel d.P.C.M.


Susseguente è l’adozione delle ordinanze che dispongono “l’attuazione degli interventi di emergenza…in deroga ad ogni disposizione vigente e nel rispetto dei principi dell’ordinamento giuridico”, con o senza nomina di commissari delegati, di cui vanno individuati i compiti (“…contenuto della delega, dell’incarico, i tempi e le modalità del suo esercizio”).


Le ordinanze in deroga a leggi vigenti “…devono contenere l’indicazione delle principali norme a cui si intende derogare e devono essere motivate”.


Sotto quest’ultimo profilo, però, deve ritenersi che la motivazione non attenga alle situazioni che hanno dato origine alla declaratoria dello stato di emergenza (il cui locus motivazionale proprio è nella deliberazione del Consiglio dei Ministri e nel d.P.C.M.), ma soltanto al rapporto tra le attribuzioni conferite in deroga a leggi vigenti ed il perseguimento degli obiettivi fissati, onde rendere verificabile che le prime non eccedano i secondi; e cioè che vi sia un effettivo nesso funzionale tra le attribuzioni extra ordinem e il più efficace raggiungimento dell’interesse pubblico.


3.2) Così rapidamente delineato il quadro normativo di riferimento può passarsi all’esame delle singole censure dedotte coi ricorsi riuniti in epigrafe.


3.2.1) Quanto al motivo sub 1) del ricorso n. 1778/1998, che può esaminarsi congiuntamente con il motivo sub 1) del ricorso n. 696/1999 in funzione della loro sostanziale analogia, esso è articolato in due distinti ordini di censure:
a) l’inconferenza dell’esercizio del potere di ordinanza ex art. 13 del d.lgs. n. 22 del 1997 rispetto all’ambito di attribuzioni tipiche e proprie del commissario delegato;
b) l’insussistenza dei presupposti per l’emanazione dell’ordinanza ex art. 13 del d.lgs. n. 22 del 1997 (oltre che carente motivazione sul punto delle ordinanze commissariali gravate),
Il primo profilo è poi ripreso e ampliato nel motivo sub 6) del ricorso n. 1778/1998 e nell’omologo motivo sub 2) del ricorso n. 696/1999, con la specificazione che le ordinanze commissariali gravate introdurrebbero un vulnus nella sfera di competenza relativa all’adozione delle ordinanze ex art. 13 del d.lgs. n. 22 del 1997 (riservata ai Presidenti di Regioni e Province e ai Sindaci) da ricondurre, quanto ai sindaci, anche al potere d’ordinanza ex art. 38 della legge n. 142 del 1990, anche alla luce delle statuizioni della Corte Costituzionale n. 127 del 14 maggio 1995, sulle quali è incentrata la prima parte del motivo sub 7) del ricorso n. 1778/1998 e dell’omologo motivo sub 6) del ricorso n. 696/1999.


Tali censure possono essere, dunque, esaminate congiuntamente perché strettamente collegate.


3.2.1.a) In sintesi il Comune ricorrente sostiene che l’esercizio del potere d’ordinanza ex art. 13 del d.lgs. esula dal quadro di attribuzioni demandate al commissario delegato per l’emergenza socio-economico-ambientale in Puglia e vulnera competenze proprie ed esclusive degli organi di vertice degli enti territoriali.


La prospettazione è del tutto erronea.


Come già rilevato in altra sentenza di questo Tribunale (n. 5043 del 20 novembre 2002), pronunciata su analogo ricorso rivolto avverso l’ordinanza commissariale n. 22 del 7 dicembre 1998, “…l’art. 3 dell’ordinanza (ministeriale) n. 2557 del 30/4/97, richiamata nella premessa del provvedimento impugnato, recita: “Il Commissario delegato presidente della regione Puglia attua le disposizioni del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, con facoltà di derogare riguardo le competenze, i tempi e le modalità procedimentali nei limiti necessari all’espletamento delle funzioni e dei poteri dell’ordinanza. Per l’esecuzione degli incarichi affidatigli il commissario delegato può, altresì, avvalersi delle deroghe di cui alle ordinanze 8 novembre 1994 e 27 giugno 1996.”


In altri termini al Commissario delegato è stato espressamente attribuito il potere di dare attuazione alle disposizioni del d.lgs. n. 22 del 1997, senza restrizioni o limitazioni, e quindi di esercitare tutti i poteri ivi previsti, ivi compreso, e non certo escluso, il potere di ordinanza di cui all’art. 13, che, com’è noto, dispone:
“Fatto salvo quanto previsto dalle disposizioni vigenti in materia di tutela ambientale, sanitaria e di pubblica sicurezza, qualora si verifichino situazioni di eccezionale ed urgente necessità di tutela della salute pubblica e dell’ambiente, e non si possa altrimenti provvedere, il Presidente della giunta regionale o il Presidente della provincia ovvero il sindaco possono emettere, nell’ambito delle rispettive competenze, ordinanze contingibili ed urgenti per consentire il ricorso temporaneo a speciali forme di gestione dei rifiuti, anche in deroga alle disposizioni vigenti, garantendo un elevato livello di tutela della salute e dell’ambiente. Dette ordinanze sono comunicate al Ministro dell’ambiente, al Ministro della sanità e al presidente della regione entro tre giorni dall’emissione ed hanno efficacia per un periodo non superiore a sei mesi (comma primo).


Entro centoventi giorni dall’adozione delle ordinanze di cui al comma 1, il Presidente della Giunta regionale promuove ed adotta le iniziative necessarie per garantire la raccolta differenziata, il riutilizzo, il riciclaggio e lo smaltimento dei rifiuti. In caso di inutile decorso del termine e di accertata inattività, il Ministro dell’ambiente diffida il Presidente della Giunta regionale a provvedere entro un congruo termine, e in caso di protrazione dell’inerzia può adottare in via sostitutiva tutte le iniziative necessarie ai predetti fini (comma secondo).


Le ordinanze di cui al comma 1 indicano le norme a cui si intende derogare e sono adottate su parere degli organi tecnici o tecnico-sanitari locali, che lo esprimono con specifico riferimento alle conseguenze ambientali (comma terzo).


Le ordinanze di cui al comma 1 non possono essere reiterate per più di due volte. Qualora ricorrano comprovate necessità, il Presidente della regione d’intesa con il Ministro dell’ambiente può adottare, sulla base di specifiche prescrizioni, le ordinanze di cui al comma 1 anche oltre i predetti termini (comma quarto).


Le ordinanze di cui al comma 1 che consentono il ricorso temporaneo a speciali forme di gestione dei rifiuti pericolosi sono comunicate dal Ministro dell’ambiente alla Commissione dell’Unione Europea” (comma quinto).


Sicchè, se è esatto il rilievo contenuto nella memoria difensiva finale del Comune di San Severo secondo il quale con l’ordinanza ministeriale n. 3077 del 4 agosto 2000 al commissario delegato è stato assegnato in via esclusiva il potere d’ordinanza ex art. 13, nondimeno sin dall’ordinanza ministeriale n. 2557 del 30 aprile 1997 egli era stato investito di tutte le attribuzioni relative all’applicazione del d.lgs. 5 febbraio 1997 n. 22, e ovviamente, tra di esse, anche di quelle relative all’art. 13”.


Ne consegue che ogni censura relativa alla presunta incompetenza o carenza di potere del commissario circa l’emanazione delle ordinanze n. 15 dell’8 giugno 1998 e n. 22 del 7 dicembre 1998 è infondata ed anzi, a ben guardare, inammissibile per l’omessa impugnativa dell’ordinanza ministeriale n. 2557/1997 attributiva del suddetto potere, avverso la quale andavano anzitutto rivolte le doglianze del Comune ricorrente.


Né può sfuggire che le suddette attribuzioni sono conferite “con facoltà di derogare riguardo le competenze, i tempi e le modalità procedimentali”.


Ciò significa, ad esempio, che l’esercizio del potere d’ordinanza ex art. 13 è svincolato non soltanto dal rispetto del regime “ordinario” delle competenze, e quindi delle invocate attribuzioni di Presidenti di Regione, Provincia e Sindaci, bensì dai limiti temporali e dalle regole del procedimento ivi stabiliti (potendosi, quindi, prescindere dall’acquisizione dei pareri degli organi tecnici o tecnico-sanitari locali).


E la ratio di tale ampia “deroga” è stata chiarita da questo Tribunale in altra sentenza (27 maggio 2002, n. 2587) nella quale si è osservato come:

“…poiché la declaratoria dello stato di emergenza introduce un regime giuridico-normativo derogatorio rispetto alla disciplina di settore, non può considerarsi in sé illegittimo che un provvedimento emanato dal commissario delegato in materia di smaltimento dei rifiuti (ovvero di “forme speciali di gestione dei rifiuti”) sia svincolato dai termini “normali” di efficacia di provvedimenti contingibili ed urgenti che si inscrivono, pur sempre, in un quadro “ordinario” e non “straordinario ed emergenziale”…In altri termini, pur essendo il potere contingibile ed urgente ex art. 13 un tipico potere extra ordinem, la sua utilizzazione nel contesto degli altri poteri assegnati al commissario delegato ne modifica i tratti distintivi, nel senso di accentuarne il profilo “emergenziale” e derogatorio”.


Né appare congruente il richiamo alla sentenza della Consulta n. 127 del 14 maggio 1995, già esaminata amplius sub 3.1.1), che ha evidenziato come il principio di leale cooperazione implichi il coinvolgimento degli enti territoriali, ed in specie della Regione, non già “…sulla realizzazione dei singoli interventi (bensì) per il programma generale degli interventi”.


Le osservazioni che precedono dimostrano quindi l’infondatezza delle censure svolte nei motivi sin qui esaminati.


3.2.1.b) Non hanno poi maggior fondamento le doglianze proposte con la seconda parte del motivo sub 1) del ricorso n. 1778/1998 e del motivo sub 1) del ricorso n. 696/1999.


Per un verso non può omettersi di rilevare che la sussistenza dei presupposti per l’emanazione delle due ordinanze commissariali coi poteri di cui all’art. 13 del d.lgs. n. 22 del 1997 (situazioni di eccezionale ed urgente necessità di tutela della salute pubblica e dell’ambiente cui non si possa fare altrimenti fronte) è testimoniata paradossalmente proprio dalla circostanza che numerosi comuni foggiani (ben ventotto secondo la relazione depositata in allegato al fascicolo dell’Avvocatura di Stato) e lo stesso Comune di San Severo avevano fatto ampio, costante, diuturno ricorso ad ordinanze ex art. 13 per assicurare lo smaltimento di rifiuti solidi urbani in discariche temporanee, addirittura, come proprio per il Comune di San Severo, prive della prescritta autorizzazione.


Sennonché, e a prescindere dai profili penali dello smaltimento in discariche non autorizzate non scriminato affatto dall’utilizzazione dell’art. 13 (cfr. Cass., Sez. III penale, 29 maggio 1998, n. 6292, 15 aprile 1998, n. 377, 21 gennaio 1994, n. 2180, 23 marzo 1994, n. 351), le ordinanze commissariali sono congruamente motivate in ordine all’esistenza dei presupposti di eccezionalità e urgenza per i pericoli alla salute pubblica e all’equilibrio ambientale che hanno giustificato il ricorso a quella forma speciale di gestione dei rifiuti consistente nell’imposizione ai comuni foggiani di conferire i rifiuti solidi urbani prodotti dalle rispettive collettività agli impianti autorizzati ivi indicati presenti nella provincia di Foggia (con unica motivata eccezione per il comune di Poggio Imperiale).


In esse sono infatti richiamate le situazioni di grave crisi ambientale e igienico sanitaria nel settore dello smaltimento dei rifiuti rappresentate dall’Amministrazione provinciale e confermate dal larghissimo uso (e forse dovrebbe dirsi abuso) di ordinanze ex art. 13 d.lgs. n. 22 del 1997 e dall’esigenza di ricondurre lo smaltimento ad una condizione di regolarità e correttezza (sia pure in dichiarata e necessitata deroga all’art. 13 della legge regionale 13 agosto 1993, n. 17, come modificato dall’art. 5 della legge regionale 18 luglio 1996, n. 13, circa l’obbligo dei comuni di conferire i propri rifiuti esclusivamente agli impianti di smaltimento a servizio di ciascun bacino d’utenza) attraverso la individuazione di quattro discariche regolarmente autorizzate, in esercizio nei comuni di Vieste, Cerignola, Manfredonia e Panni, alle quali conferire i rifiuti dei comuni foggiani, nelle more della realizzazione degli impianti previsti dal piano ordinario regionale di smaltimento dei rifiuti e dal programma commissariale straordinario di cui al decreto n. 70 del 28 luglio 1997.


In sostanza, sia pure entro una logica ed un contesto “emergenziale”, le ordinanze commissariali hanno inteso razionalizzare lo smaltimento dei rifiuti urbani dei comuni foggiani, eliminando l’indiscriminato proliferare e la persistenza di discariche temporanee utilizzate da ciascun comune, alcune (o molte?) delle quali non autorizzate e comunque prive di garanzie sotto il profilo igienico-ambientale.


Pertanto, anche le censure testé esaminate risultano destituite di giuridico fondamento.


3.2.2) Quanto alle censure dedotte col motivo sub 2) del ricorso n. 1778/1998 e col motivo sub 2) del ricorso n. 696/1999, circa l’omessa acquisizione dei pareri degli organi tecnici o tecnico-sanitari locali, è sufficiente qui richiamare, per confutarne la fondatezza, le osservazioni svolte nel paragrafo sub 3.2.1.a).


Poiché al commissario delegato, con l’ordinanza ministeriale n. 2557 del 30 aprile 1997, è stato espressamente attribuito il potere di dare attuazione alle disposizioni del d.lgs. n. 22 del 1997, senza restrizioni o limitazioni, e quindi di esercitare tutti i poteri ivi previsti, ivi compreso, e non certo escluso, il potere di ordinanza di cui all’art. 13, “con facoltà di derogare riguardo le competenze, i tempi e le modalità procedimentali”, si poteva legittimamente prescindere dall’acquisizione dei pareri degli organi tecnici o tecnico-sanitari locali.


3.2.3) Intrusive del merito, e come tali inammissibili, sono invece le censure dedotte coi motivi sub 3) e 4) dei ricorsi n. 1778/1998 e n. 696/1999, nella parte in cui lamentano che siano stati scelti solo quattro siti per il conferimento dei rifiuti di numerosi comuni e contestano adeguatezza e proporzionalità tra misure adottate e situazioni da fronteggiare (con particolare riguardo alla distanza tra i comuni di San Severo e Cerignola), posto che tanto la individuazione delle discariche autorizzate da utilizzare quanto quella dei comuni conferitari per ciascuna di esse rispecchia valutazioni tecniche insindacabili in sede di legittimità.


3.2.4) Non hanno maggior pregio le censure svolte nei motivi sub 5) dei ricorsi n. 1778/1998 e n. 696/1999, e quelle sostanzialmente riproduttive di cui al motivo sub 7) del ricorso n. 1778/1998 riprese nel motivo sub 6) del ricorso n. 696/1999, imperniate sull’insostenibile assunto di un obbligo di previa diffida, privo di base normativa e incompatibile con i poteri contingibili ed urgenti ex art. 13, in deroga a competenze, termini e modalità procedimentali, assegnati al commissario delegato, nonché sull’omessa considerazione dell’interesse finanziario dei comuni, per gli oneri connessi al trasporto dei rifiuti, che è interesse recessivo rispetto all’interesse pubblico del tutto preminente alla salvaguardia ambientale, come evidenziato nella sentenza di questo Tribunale n. 5043 del 20 novembre 2002, nella quale è stato osservato come: “gli interessi particolari della singola Amministrazione comunale…specialmente se aventi rilievo meramente economico, devono necessariamente cedere il passo di fronte al superiore e comune interesse pubblico della tutela dell’ambiente”.


3.2.5) Infondate sono infine le censure svolte nel motivo sub 8) del ricorso n. 1778/1998, riproposte nel motivo sub 7) del ricorso n. 696/1999, poiché la segnalata situazione emergenziale e l’attribuzione dei poteri ex art. 13 in deroga a competenze, termini e modalità procedimentali legittimano la obliterazione dell’ordinanza sindacale relativa allo smaltimento nella discarica comunale non autorizzata, costituendo anzi proprio l’uso indiscriminato dei poteri sindacali d’ordinanza ex art. 13 da parte dei sindaci dei comuni foggiani, ivi compreso il Comune di San Severo, uno degli elementi costitutivi della situazione di emergenza, per quanto osservato nel paragrafo sub 3.2.1.b).


4.) In conclusione i ricorsi in epigrafe devono essere rigettati siccome infondati.


5.) In relazione alla relativa novità delle questioni affrontate sussistono giusti motivi per dichiarare interamente compensate le spese processuali tra le parti costituite, mentre non vi è luogo a provvedere in ordine alle spese delle altre parti pubbliche intimate non costituite.
 

P.Q.M.
 

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia Sede di Bari – Sezione I, così provvede sui ricorsi in epigrafe:
1) dispone la riunione dei ricorsi n. 1778/1998 e n. 696/1999;
2) rigetta i ricorsi riuniti n. 1778/1998 e n. 696/1999;
3) dichiara compensate per intero tra le parti costituite le spese ed onorari del giudizio;
4) dichiara non luogo a provvedere in ordine alle spese del giudizio per le parti intimate non costituite.
 

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità Amministrativa.
Così deciso in Bari nella Camera di Consiglio del 23 ottobre 2002, con l’intervento dei magistrati:
Gennaro FERRARI Presidente
Leonardo SPAGNOLETTI Componente est.
Fabio MATTEI Componente

Depositata il 28/01/2003
 

 

M A S S I M E

 

Sentenza per esteso

 

1) La pronuncia sul ricorso per conflitto di attribuzioni proposto proprio dalla Regione Puglia nei confronti del d.P.C.M. 8 novembre 1994 - ciclo idrico e lo smaltimento dei rifiuti - lo stretto nesso di strumentalità tra la situazione emergenziale e la necessità di una adeguata proporzionalità - poteri extra ordinem. La Consulta, nella nota sentenza n. 127 del 5-14 aprile 1995 (pronunciata su ricorso per conflitto di attribuzioni proposto proprio dalla Regione Puglia nei confronti del d.P.C.M. 8 novembre 1994), ha riconosciuto la legittimità della declaratoria dello stato di emergenza riferito a rischi (sia igienico-sanitari che) ambientali indotti da “…gravi carenze strutturali, da tempo segnalate, che riguardano il ciclo idrico e lo smaltimento dei rifiuti, e che presentano un alto rischio per un bene fondamentale come la salute”; ancorché abbia riconosciuto che, nella specie, era stata vulnerata la sfera di attribuzioni regionali ed il principio di leale cooperazione per non aver acquisito l’intesa della Regione, non già “…sulla realizzazione dei singoli interventi (bensì) per il programma generale degli interventi”, non surrogabile da un semplice parere. La Corte, richiamando la propria giurisprudenza, ha altresì posto in rilievo lo stretto nesso di strumentalità tra la situazione emergenziale “…e le norme di cui consente la temporanea sospensione” e la necessità di una adeguata proporzionalità tra qualità e natura dell’evento da fronteggiare e misure adottate, che sole giustificano quella temporanea compressione che esse realizzano sulla sfera delle attribuzioni regionali e degli altri enti locali. In altri termini, il ricorso al regime emergenziale non si è risolto in una sovrapposizione centralistica e “autoritaria” di poteri extra ordinem alle attribuzioni proprie delle regioni e degli enti locali, sebbene nel conferimento di “mezzi e poteri” (e delle relative rilevanti risorse finanziarie) atti a integrare le ordinarie attribuzioni e riconosciuti indispensabili a fronte dell’insufficienza (sia strutturale che funzionale) dei mezzi e poteri ordinari in determinati contesti territoriali. Tar Puglia - Sede di Bari - Sezione I, - 28 gennaio 2003 - Sentenza n. 395

2) Il procedimento relativo alle misure emergenziali - l’istituto del commissariamento per l’emergenza rifiuti - i due sub procedimenti distinti e funzionalmente collegati, disciplinati dall’art. 5 - la ricognizione dell’esistenza dei presupposti dello stato di emergenza - gli interventi di emergenza…in deroga ad ogni disposizione vigente e nel rispetto dei principi dell’ordinamento giuridico - obbligo di motivare gli atti adottati - nesso funzionale tra le attribuzioni extra ordinem e il più efficace raggiungimento dell’interesse pubblico. Il procedimento relativo alle misure emergenziali di cui alla legge n. 225/1992 si articola in due sub procedimenti distinti e funzionalmente collegati, disciplinati dall’art. 5. Preliminare ed essenziale è la declaratoria dello stato di emergenza, deliberato, al verificarsi di uno degli eventi di cui all’art. 2 comma primo lettera c), dal Consiglio dei Ministri, su proposta del Presidente del Consiglio (ovvero, per delega di questi, dal Ministro per il coordinamento della protezione civile), e formalizzato con d.P.C.M., che deve indicarne “…durata ed estensione territoriale in stretto riferimento alla qualità ed alla natura degli eventi”. (la revoca è deliberata nelle stesse forme). E’ questo il momento e la fase procedimentale nella quale deve condursi la ricognizione dell’esistenza dei presupposti dello stato di emergenza, sia con riferimento alla qualità degli eventi (non fronteggiabili coi mezzi ordinari), sia in relazione, correlativamente, al giudizio di strumentalità e proporzionalità tra situazione emergenziale e misure straordinarie da adottare, con la connessa ostensione motivazionale e nella deliberazione del Consiglio dei Ministri e nel d.P.C.M. Susseguente è l’adozione delle ordinanze che dispongono “l’attuazione degli interventi di emergenza…in deroga ad ogni disposizione vigente e nel rispetto dei principi dell’ordinamento giuridico”, con o senza nomina di commissari delegati, di cui vanno individuati i compiti (“…contenuto della delega, dell’incarico, i tempi e le modalità del suo esercizio”). Le ordinanze in deroga a leggi vigenti “…devono contenere l’indicazione delle principali norme a cui si intende derogare e devono essere motivate”. Sotto quest’ultimo profilo, però, deve ritenersi che la motivazione non attenga alle situazioni che hanno dato origine alla declaratoria dello stato di emergenza (il cui locus motivazionale proprio è nella deliberazione del Consiglio dei Ministri e nel d.P.C.M.), ma soltanto al rapporto tra le attribuzioni conferite in deroga a leggi vigenti ed il perseguimento degli obiettivi fissati, onde rendere verificabile che le prime non eccedano i secondi; e cioè che vi sia un effettivo nesso funzionale tra le attribuzioni extra ordinem e il più efficace raggiungimento dell’interesse pubblico. In altri termini al Commissario delegato è stato espressamente attribuito il potere di dare attuazione alle disposizioni del d.lgs. n. 22 del 1997, senza restrizioni o limitazioni, e quindi di esercitare tutti i poteri ivi previsti, ivi compreso, e non certo escluso, il potere di ordinanza di cui all’art. 13, che, com’è noto, dispone: “Fatto salvo quanto previsto dalle disposizioni vigenti in materia di tutela ambientale, sanitaria e di pubblica sicurezza, qualora si verifichino situazioni di eccezionale ed urgente necessità di tutela della salute pubblica e dell’ambiente, e non si possa altrimenti provvedere, il Presidente della giunta regionale o il Presidente della provincia ovvero il sindaco possono emettere, nell’ambito delle rispettive competenze, ordinanze contingibili ed urgenti per consentire il ricorso temporaneo a speciali forme di gestione dei rifiuti, anche in deroga alle disposizioni vigenti, garantendo un elevato livello di tutela della salute e dell’ambiente. Tar Puglia - Sede di Bari - Sezione I, - 28 gennaio 2003 - Sentenza n. 395
 

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