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 Massime della sentenza

  

 

Tribunale di Sanremo I Civ. 13 gennaio 2003 .

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

 

Tribunale di Sanremo Sezione I^ Civile
Il Tribunale, in persona del Giudice Istruttore, dott. Ignazio Pardo, in funzione di giudice unico, ha pronunciato la seguente:


S E N T E N Z A

nella causa civile recante il n. 541/1998 di R.G.,
promossa da xxx e xxx, elettivamente domiciliati nello studio dell'avv. Luciano Sismondini che li rappresenta e difende per delega a margine dell'atto di citazione,
- ATTORI -
contro
xxx elettivamente domiciliata nello studio dell'avv. Marco Andreini che la rappresenta e difende per delega in calce alla copia notificata della citazione
- CONVENUTA -
CONCLUSIONI DELLE PARTI

Per gli attori:

“Piaccia al Tribunale Ill.mo, ogni eccezione avversaria respinta:

1) condannare la convenuta alla demolizione e comunque all'arretramento, sino al rispetto delle distanze prescritte, della costruzione addossata al muro perimetrale del fabbricato condomoniale sito in via ...... di Ventimiglia, ma con accesso da via C......;

2) in via di subordine a quanto sub 1): condannare la convenuta al ripristino dell'anteriore situazione mediante eliminazione delle pareti e/o paratie laterali della costruzione di cui si tratta.

3) Condannare la stessa convenuta alla eliminazione delle immissioni, nell'androne comune e nell'appartamento degli attori, sito nel detto fabbricato, di fumo e rumori molesti e intollerabili provenienti dal locale adibito a esercizio pubblico (bar Kristal) sito sullo stesso piano terra ovvero condannarla all'apprestamento delle misure e degli accorgimenti, a spese della medesima, ritenuti più idonei ad eliminare tali immissioni.

4) Condannare la convenuta al risarcimento del danno in favore degli attori nella misura che sarà liquidata in via eqitativa dal Tribunale oltre accessori di legge. In ogni caso col favore delle spese di causa oltre spese generali comprese quelle di CTU.

Per la convenuta:

“Voglia il Tribunale adito, previa rinnovazione della CTU relativa alle immissioni dannose, rigettare la domanda attrice con favore delle spese di causa”.
 

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO


Con atto di citazione notificato il 18 giugno 1998 Mx. Eufemia e MMx. Pietro, premesso di essere proprietari di un'abitazione in Ventimiglia nel condominio sito in via Cavallotti n.13, lamentavano che Ry. Vilma proprietaria del fabbricato limitrofo destinato a pubblico esercizio aveva realizzato una struttura addossata al muro perimetrale condominiale in spregio alla normativa sulle distanze legali e che dal bar provenivano immissioni di fumo e di rumore oltrepassanti la normale tollerabilità e chiedevano, pertanto, condannarsi la convenuta alla riduzione in pristino della predetta opera, all'eliminazione delle immissioni ed al risarcimento dei danni.

Costituitisi in giudizio i convenuti eccepivano di avere realizzato le dette opere da tempo idoneo ad usucapire la relativa servitù, precisando di avere sostituito recentemente soltanto alcune strutture lignee con materiale in metallico, contestavano la presenza di immissioni e chiedevano il rigetto delle domande.

La causa istruita con l'espletamento di ctu e l'audizione di testimoni veniva, all'udienza 2 ottobre 2002, posta in decisione sulle conclusioni riportate in epigrafe.
 

MOTIVI DELLA DECISIONE


La domanda è parzialmente fondata ed entro i limiti che verrano esposti può pertanto essere accolta.

Invero, dall'analisi della relazione di consulenza tecnica esperita nella fase istruttoria emerge che la convenuta ha realizzato una “costruzione addossata al muro perimetrale del condominio” che “ consiste in una tettoia in legno ad unica falda… sorretta da struttura in legno... chiusa con sette finestre in alluminio e vetro... Poste all'interno di montanti vetusti in ferro attualmente ancora presenti… Il lato est della veranda, quello verso l'ingresso del condominio non ha una chiusura fissa come gli altri lati, ma ha una tenda scorrevole in tessuto...”

Prosegue poi la medesima relazione specificando in ordine all'epoca di realizzazione della predetta veranda che “ le parti più vecchie sono state sicuramente realizzate da molto tempo… le parti più recenti sono in alluminio anodizzato, materiale in uso da tempi recenti, infatti la convenuta nei fascicoli di causa indica che sono state poste in opera nel 1994”.

Conclude infine, in ordine alle distanze, stabilendo che “il manufatto le viola palesemente, sia nei confronti delle proprietà adiacenti che nei confronti dei fabbricati”.

Tali considerazioni, inoltre, risultano sostanzialmente confermate dall'esame delle deposizioni testimoniali rese in fase istruttoria poiché tutti i soggetti escussi hanno sostanzialmente concordato nel distinguere tra opere preesistenti, consistenti nella sola tettoia sostenuta dai pali di legno poste in essere da più di venti anni (1972-1973 vedi teste Turco) dalla data di notifica della citazione introduttiva e struttura più recente costituita dalle finestre scorrevoli in alluminio anodizzato realizzate nel corso del 1995.

Orbene, a fronte di dette emergenze istruttorie ritiene questo Giudice che l'eccezione di usucapione del diritto di mantenimento delle opere a distanza inferiore a quella legale, ritualmente formulata già in comparsa di risposta da parte convenuta sicchè questo Giudice non ritiene che sul punto le osservazioni di parte attrice abbiano fondamento non rilevando la mancata indicazione specifica del diritto usucapito ma risultando necessario invece soltanto l'esposizione della situazione di fatto idonea a fondare l'invocata usucapione, possa avere fondamento solamente in relazione alla preesistente struttura e non anche con riferimento alle modifiche apportate nel corso del 1995 mediante la realizzazione delle finestrature scorrevoli.

Invero, ha stabilito al proposito la Suprema Corte che:” Per il principio "tantum praescriptum quantum possessum", il termine prescrizionale acquisitivo a titolo originario di un diritto di servitu', nel caso di modifica dell' opera per il suo esercizio rispetto ad altra precedente, decorre dall' effettuata trasformazione (nella specie iniziali paratie frangivento ed un tendone di copertura erano stati sostituiti da una veranda, con infissi in ferro, chiusi da vetri, a distanza inferiore da quella legale rispetto ad una soprastante veduta Cass.21-10-1998 n. 10481).

Tale affermazione risulta precisata in termini assolutamente rispondenti alla situazione in esame dalla recente pronuncia n.12483/2002 secondo la quale:” in tema di distanze tra costruzioni, l'eventuale diritto del proprietario frontista a mantenere un fabbricato preesistente sin dall'origine costruito a distanza inferiore aa quella legale rispetto all'immobile limitrofo non conferisce al predetto l'ulteriore diritto di apportare al manufatto aggiunte e/o modifiche di qualsiasi natura nella parte che, in base alla normativa attualmente vigente, risulti a distanza inferiore a quella minima legale, atteso che dette aggiunte o modifiche costituirebbero un'ulteriore e non consentita violazione della normativa in materia di distanze”.

Stabilito, pertanto, con giudizio del tutto condivisibile che non sussiste il potere in capo al soggetto che ha usucapito il diritto di mantenere una costruzione a distanza inferiore a quella legale di effettuare qualsiasi modifica o aggiunta alla costruzione originaria poiché da detto momento ricomincia a decorrere altro termine per l'usucapione in relazione alla nuova costruzione, sicchè il proprietario frontista ben può reagire con l'azione di cui agli artt. 872 ed 873 c.c. deve, pertanto, accogliersi la domanda esperita dagli attori nel caso in esame limitatamente all'eliminazione di tutte le finestre scorrevoli in alluminio anodizzato realizzate nel corso del 1995 e di cui alla perizia in atti e ritratte alle fotografie da n.1 a n.4 del supllemento di ctu.

Dall'accoglimento, pur parziale, della domanda in tema di violazione delle distanze legali e conseguente riduzione in pristino della costruzione deriva, automaticamente, la condanna della convenuta al risarcimento del danno secondo il criterio equitativo stabilito dal Giudice procedente.

Al proposito, infatti, ha ripetutamente statuito la Suprema Corte che:” Il danno conseguente alla violazione delle norme del cod. civ. e integrative di queste, relative alla distanze nelle costruzioni, si identifica nella violazione stessa, determinando quest'ultima un asservimento di fatto del fondo del vicino, al quale, pertanto, compete il risarcimento senza la necessita' di una specifica attivita' probatoria (Cass.25-9-99 n.10600 ed anche 24-2-2000 n. 2095).

Nel caso di specie, pertanto, avuto riguardo alle modalità della costruzione realizzata a distanza inferiore costituita da più finestre scorrevoli, al periodo di permanenza della stessa, all'uso della medesima quale locale aperto al pubblico ritiene questo Giudice di dovere liquidare il danno, comprensivo di rivalutazione ed interessi ad oggi, nella misura di € 3000.

In ordine, poi, alla domanda di eliminazione delle immissioni di fumo e rumore provenienti dal locale adibito a bar avanzata dagli attori va innanzitutto respinta l'eccezione di nullità della CTU formulata da parte convenuta per la mancata convocazione alle operazioni di svolgimento risultando infatti, dalla stessa relazione di ufficio l'avvenuta regolare convocazione per il giorno 19-7-99 e non potendo essere ritenuta indispensabile la convocazione per i successivi accessi effettuati, trattandosi peraltro di accertamento, misurazione dei fumi e dei rumori, che per sua natura implica necessariamente sopralluoghi a “sorpresa” altrimenti vanificandosi del tutto il compito del perito.

Ciò posto, va rilevato come il nominato CTU, avvalendosi dell'ausilio di tecnico specializzato abbia concluso escludendo la presenza di immissioni di fumo nell'abitazione degli attori provenienti dal bar e nell'androne condominiale sicchè ne deriva il rigetto della domanda in relazione a tale aspetto, mentre a conclusioni differenti è pervenuto in ordine alle immissioni di rumore provenienti dal bar avendo rilevato valori, all'interno dell'abitazione degli attori, superiori ai limiti stabiliti dalla normativa in materia ed in particolare dalla legge 447/1995 e dal Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 1 marzo 1991.

Al proposito, poi, per quanto attiene all'eccezione di parte convenuta circa la non operatività nei rapporti fra privati delle predette normative nella parti in cui stabiliscono limiti specifici occorre rifarsi all'insegnamento della Suprema Corte secondo cui:” I criteri stabiliti dal D.P.C.M. 1 marzo 1991 per la determinazione dei limiti massimi di esposizione al rumore, benche' dettati per la tutela generale del territorio, possono esser utilizzati come parametro di riferimento per stabilire l'intensita', e di riflesso, la soglia di tollerabilita' delle immissioni rumorose nei rapporti tra privati purche', pero', considerati come un limite minimo e non massimo, dato che i suddetti parametri sono meno rigorosi di quelli applicabili nei singoli casi ai sensi dell'art. 844 cod. civ., con la conseguenza che, in difetto di altri dati, il loro superamento determina necessariamente la violazione della predetta norma. (Cass. 18-4-2001 n.5697).

L'applicazione del sopra esposto principio al caso in esame comporta pertanto che accertata la violazione della predetta normativa, come in effetti risultante dall'allegato peritale, ne consegue automaticamente la violazione del criterio di normale tollerabilità statuito dall'art. 844 c.c.; sul punto poi va ricordato che sempre in applicazione del sopra esposto criterio altra recente pronunzia della Suprema Corte (Cass.3-8-01 n.10735) ha individuato i predetti parametri normativi di riferimento per le aree non industriali nel superamento del rumore ambientale pari a 3 db in ore notturne ed in 5 db per le diurne.

Nel caso di specie detti parametri sono con sicurezza stati oltrepassati, come emerge dal citato allegato alla CTU al quale si rimanda, essendo stati rilevati nei diversi locali dell'abitazione degli attori, superamenti del rumore ambientale compresi tra i 10 ed i 15 db nelle ore notturne e tra 17 e 19 db in quelle diurne e pertanto sicuramente oltrepassanti la normale tollerabilità in quanto sicuramente impedenti quantomeno il normale riposo.

La domanda di condanna della convenuta all'eliminazione delle immissioni di rumore va pertanto accolta e la stessa deve quindi essere condannata alla cessazione dei predetti mediante la realizzazione di quelle opere di sistemazione di pannelli fonoassorbenti od altri rimedi di cui all'allegato di CTU pag.11.

Trattandosi di attività illecita ne deriva (vedi Cass. 6-12-2000 n.15509) la condanna degli attori al risarcimento del danno in applicazione dei criteri generali dettati in tema di illecito aquiliano, avendo la proprgazione dei rumori oltrepassanti la normale tollerabilità, arrecato danno concreto e specifico consistito nell'impedimento del normale riposo notturno che appare equo determinare, avuto riguardo al prolungato periodo di consumazione della condotta nella misura di € 3500, comprensiva di interessi e rivalutazione.

Avuto riguardo al parziale accoglimento delle domande appare equo compensare le spese processuali nella misura del 30% e condannare parte convenuta al pagamento del residuo liquidato in € 200 per esborsi, €1150 per diritti ed € 2500 per onorari.
 

P.Q.M.


il Tribunale, definitivamente pronunciando, respinta ogni altra domanda, istanza od eccezione, in parziale accoglimento della domanda formulata dagli attori:

1) condanna la convenuta all'eliminazione di tutte le finestre scorrevoli in alluminio anodizzato realizzate sulla struttura in contestazione nel corso del 1995 e di cui alla perizia in atti e ritratte alle fotografie da n.1 a n.4 del supplemento di ctu.

2) condanna la Ry. al risarcimento del danno causato dalla realizzazione delle modifiche della costruzione a distanza non legale liquidato in € 3000 oltre interessi legali dalla pronuncia al saldo.

3) Condanna inoltre la convenuta alla cessazione delle immissioni di rumore nell'appartamento degli attori mediante la sistemazione di pannelli fono assorbenti o di altri rimedi di cui all'allegato di CTU pag.11.

4) Condanna altresì la medesima al risarcimento del danno provocato dalle illecite immissioni in favore degli attori liqudato nella misura di € 3.500 oltre interessi legali dalla pronuncia al saldo.

5) Rigetta le altre domande formulate da parte attrice.

6) Condanna infine la convenuta al pagamento del 70% delle spese processuali sostenute dagli attori liquidate in in € 200 per esborsi, €1150 per diritti ed € 2500 per onorari.

Sanremo, lì 13-1-2003

Il Giudice
(dott. Ignazio Pardo)


 

M A S S I M E

 

Sentenza per esteso

 

1) La determinazione dei limiti massimi di esposizione al rumore - la soglia di tollerabilita' delle immissioni rumorose nei rapporti tra privati - art. 844 cod. civ. - risarcimento del danno. I criteri stabiliti dal D.P.C.M. 1 marzo 1991 per la determinazione dei limiti massimi di esposizione al rumore, benche' dettati per la tutela generale del territorio, possono esser utilizzati come parametro di riferimento per stabilire l'intensita', e di riflesso, la soglia di tollerabilita' delle immissioni rumorose nei rapporti tra privati purche', pero', considerati come un limite minimo e non massimo, dato che i suddetti parametri sono meno rigorosi di quelli applicabili nei singoli casi ai sensi dell'art. 844 cod. civ., con la conseguenza che, in difetto di altri dati, il loro superamento determina necessariamente la violazione della predetta norma. (Cass. 18-4-2001 n. 5697). L'applicazione del sopra esposto principio al caso in esame comporta pertanto che accertata la violazione della predetta normativa, come in effetti risultante dall'allegato peritale, ne consegue automaticamente la violazione del criterio di normale tollerabilità statuito dall'art. 844 c.c.; sul punto poi va ricordato che sempre in applicazione del sopra esposto criterio altra recente pronunzia della Suprema Corte (Cass. 3-8-01 n. 10735) ha individuato i predetti parametri normativi di riferimento per le aree non industriali nel superamento del rumore ambientale pari a 3 db in ore notturne ed in 5 db per le diurne. (Nel caso di specie detti parametri sono con sicurezza stati oltrepassati, come emerge dal citato allegato alla CTU al quale si rimanda, essendo stati rilevati nei diversi locali dell'abitazione degli attori, superamenti del rumore ambientale compresi tra i 10 ed i 15 db nelle ore notturne e tra 17 e 19 db in quelle diurne e pertanto sicuramente oltrepassanti la normale tollerabilità in quanto sicuramente impedenti quantomeno il normale riposo. Trattandosi di attività illecita ne deriva (vedi Cass. 6-12-2000 n. 15509) la condanna degli attori al risarcimento del danno in applicazione dei criteri generali dettati in tema di illecito aquiliano, avendo la proprgazione dei rumori oltrepassanti la normale tollerabilità, arrecato danno concreto e specifico consistito nell'impedimento del normale riposo notturno che appare equo determinare, avuto riguardo al prolungato periodo di consumazione della condotta nella misura di € 3500, comprensiva di interessi e rivalutazione). Tribunale di Sanremo I Civ. 13 gennaio 2003

2) Il termine prescrizionale acquisitivo a titolo originario di un diritto di servitu' in tema di distanze tra costruzioni - paratie frangivento - il proprietario frontista - danno. Per il principio "tantum praescriptum quantum possessum", il termine prescrizionale acquisitivo a titolo originario di un diritto di servitu', nel caso di modifica dell' opera per il suo esercizio rispetto ad altra precedente, decorre dall' effettuata trasformazione (nella specie iniziali paratie frangivento ed un tendone di copertura erano stati sostituiti da una veranda, con infissi in ferro, chiusi da vetri, a distanza inferiore da quella legale rispetto ad una soprastante veduta Cass. 21-10-1998 n. 10481). Tale affermazione risulta precisata in termini assolutamente rispondenti alla situazione in esame dalla recente pronuncia n. 12483/2002 secondo la quale:” in tema di distanze tra costruzioni, l'eventuale diritto del proprietario frontista a mantenere un fabbricato preesistente sin dall'origine costruito a distanza inferiore a quella legale rispetto all'immobile limitrofo non conferisce al predetto l'ulteriore diritto di apportare al manufatto aggiunte e/o modifiche di qualsiasi natura nella parte che, in base alla normativa attualmente vigente, risulti a distanza inferiore a quella minima legale, atteso che dette aggiunte o modifiche costituirebbero un'ulteriore e non consentita violazione della normativa in materia di distanze”. Stabilito, pertanto, con giudizio del tutto condivisibile che non sussiste il potere in capo al soggetto che ha usucapito il diritto di mantenere una costruzione a distanza inferiore a quella legale di effettuare qualsiasi modifica o aggiunta alla costruzione originaria poiché da detto momento ricomincia a decorrere altro termine per l'usucapione in relazione alla nuova costruzione, sicchè il proprietario frontista ben può reagire con l'azione di cui agli artt. 872 ed 873 c.c. deve, pertanto, accogliersi la domanda esperita dagli attori nel caso in esame limitatamente all'eliminazione di tutte le finestre scorrevoli in alluminio anodizzato realizzate nel corso del 1995 e di cui alla perizia in atti e ritratte alle fotografie da n.1 a n.4 del supllemento di ctu. ”Il danno conseguente alla violazione delle norme del cod. civ. e integrative di queste, relative alla distanze nelle costruzioni, si identifica nella violazione stessa, determinando quest'ultima un asservimento di fatto del fondo del vicino, al quale, pertanto, compete il risarcimento senza la necessita' di una specifica attivita' probatoria (Cass. 25-9-99 n. 10600 ed anche 24-2-2000 n. 2095). Tribunale di Sanremo I Civ. 13 gennaio 2003

 

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