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 Massime della sentenza

 

 

CORTE DI CASSAZIONE Sez. III del 16 marzo 2004 (Ud. 22.01.2003), Sentenza n. 12569

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO


Corte di Cassazione Sez. III del 16 marzo 2004 (ud.
22/01/2003), sentenza n. 12569
Pres. Savignano G. - P.m. Favalli M. - Imp. Paneroni A. ed altri.

 


LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE III PENALE

 

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SAVIGNANO Giuseppe - Presidente
Dott. ZUMBO Antonio - Consigliere
Dott. ONORATO Pierluigi - Consigliere
Dott. SQUASSONI Claudia - Consigliere
Dott. GRILLO Carlo M. - rel. - Consigliere

ha pronunciato la seguente:
 

SENTENZA

 

sul ricorso proposta da:
PANERONI ALBERTO, nato a Rudiano il 12/5/1937;

PANERONI FRANCESCO PAOLO, nato a Rudiano il 29/1/1965, e;
PANERONI GIACOMO LINO, nato a Rudiano il 20/2/1963;
avverso l’ordinanza dell’8 - 9/10/2003 pronunciata dal Tribunale del riesame di Brescia;
Sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. GRILLO Carlo M.;
Sentite le conclusioni del P.M., in persona del 5. Procuratore Generale Dott. M. Favalli, con le quali chiede il rigetto del ricorso.

La Corte osserva:

 

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

 

Con provvedimento 11/9/2003, il G.I.P. presso il Tribunale di Brescia, su istanza del P.M., disponeva il sequestro preventivo di un’apparecchiatura denominata “Ingestor”, installata presso l’azienda agricola Paneroni di Rudiano, ipotizzando - a carico dei titolari della stessa, Paneroni Alberto, Paneroni Francesco Paolo e Paneroni Giacomo Lino - i reati, di cui agli artt. 51, comma 1, D.Lgs. n. 22/1997 (a); art. 24 D.P.R. n. 203/1988 (b); art. 18, comma 1, L. n. 508/1992 (c) e art. 650 c.p. (d), in quanto lo smaltimento delle carcasse dei bovini morti nell’allevamento avveniva utilizzando il detto impianto e non secondo le prescrizioni di legge.

Di tale provvedimento gli indagati chiedevano il riesame per insussistenza del fumus dei delitti ipotizzati, sostenendo che l’apparecchiatura sequestrata non era destinata allo smaltimento vero e proprio delle carcasse, ma ad un temporaneo deposito di esse in attesa del conferimento a ditte specializzate, durante il quale la sostanza organica viene trasformata - attraverso un. processo di fermentazione enzimatica e batterica - in vapore acqueo e gas, con conseguente drastica diminuzione dei materiali da smaltire. Comunque le carcasse di bovini devono essere assimilate alle “carogne”, che sono espressamente escluse dal campo di applicazione del D.Lgs. n. 22/1997 art. 8, comma 1 lett. “c”), donde la non ipotizzabilita’ del reato di cui al menzionato art. 51 D.Lgs. n. 22/1997. Similmente non si poteva configurare violazione alla normativa sull’inquinamento atmosferico, in quanto diretta a disciplinare solo gli impianti destinati ad usi industriali odi pubblica utilità, ne’ a quella di cui al D.Lgs. n. 508/1992, da considerarsi abrogato.

Il Tribunale di Brescia, con l’ordinanza indicata in premessa, pur escludendo l’ipotizzabilita’ della contravvenzione prevista dal D.P.R. n. 203/1980 (b), rigettava l’impugnazione, ritenendo innanzi tutto sussistente il fumus del reato di cui all’art. 51, comma 2 (e non comma 1), D.Lgs. n. 22/1997 (a), giacche’ l’azienda incriminata gestiva solo propri rifiuti e non quelli prodotti da terzi; evidenziava, poi, che gli scarti animali, considerati rifiuti speciali dalla normativa comunitaria, sono soggetti ai regimi autorizzativi stabiliti dal detto decreto; la conservazione delle carcasse nel macchinario in questione integra perciò sicuramente un’attività di gestione di rifiuti, svolta senza autorizzazione, peraltro neppure ottenibile, giacché la conservazione dei materiali a rischio deve essere effettuata “a freddo”, mentre l’Ingestor mantiene all’interno una temperatura costante di 37°.

Ritenevano i giudici del riesame, inoltre, ipotizzargli nel caso di specie sia la contravvenzione di cui all’art. 18 D.Lgs. n. 508/1992 (c), ritenendola tuttora vigente, aia quella prevista dall’art. 650 c.p. (d). La prima, perché le carcasse trattate dall’apparecchiatura in sequestro costituiscono “materiali ad alto rischio” e devono venire trasformate quindi con le modalità indicate dall’art.1 L. n. 49/2001 (incenerimento o coincenerimento in strutture autorizzate); la seconda perché l’azienda Paneroni era stata diffidata - in data 15/5/2003 dal Direttore del Distretto di Medicina veterinaria di Rovato - dall’utilizzare l’apparecchiatura in sequestro e ciò nonostante aveva continuato a servirsene.

Per quanto concerne poi la sussistenza delle esigenze cautelari, ancorché non contestata, il Tribunale reputava indispensabile il sequestro dell’apparecchiatura Ingestor per impedire la prosecuzione dei reati.

Ricorrono per Cassazione gli indagati, con un unico atto, deducendo: 1) violazione e falsa applicazione dell’art. 51, comma 2, D.Lgs. n. 22/1997, in relazione all’art. 321 c.p.p., in. quanto il Tribunale non ha tenuto conto che l’art. 1, comma 24, L. n. 426/1998 ha abrogato l’ultima parte del comma 2 dell’art. 51 D.L.gs. n. 22/1997, per cui il fatto ad essi addebitato, e cioè la gestione di rifiuti propri, senza le prescritte autorizzazioni, non è più previsto come reato; 2) violazione e falsa applicazione dell’art. 18 D.Lgs. n. 508/1992 e del regolamento CEE n. 1774/2002, perché detta normativa nazionale disciplina l’attività di raccolta e trasformazione di materiali ad alto rischio posta in essere con caratteri industriali e prodotti da terzi, come si evince dall’art. 4 del decreto; inoltre la materia e’ stata ridisciplinata dal regolamento comunitario sopra richiamato, che ha espressamente abrogato la direttiva 90/667/CEE del Consiglio del 27/11/1990, attuato col D.Lgs. n. 508/1992, per cui questo deve considerarsi non più applicabile.

Con memoria depositata il 21/11/2003, il P.M. di Brescia chiede il rigetto del ricorso e la conferma del provvedimento di sequestro preventivo, rilevando la ipotizzabilita’ del reato di cui al comma 1 dell’art. 51 D.Lgs. n. 22/1997, avendo sostanzialmente posto in essere gli indagati un’ attività di autosmaltimento non autorizzato di rifiuti propri, giacché nell’impianto “Ingestor” avviene una vera e propria degradazione biologica di tipo aerobico delle carcasse, con modifica sostanziale dello stato chimico - fisico delle stesse; inoltre il procedimento determina emissioni inquinanti in atmosfera, certamente soggette al D.P.R. n. 203/1988, per cui sarebbe ipotizzabile anche il reato previsto dall’art. 24, comma 1, D.P.R. n. 203/1988 del detto decreto; infine ritiene astrattamente configurabile anche la violazione dell’art. 18 D.Lgs. n. 508/1992, normativa da considerarsi tuttora vigente, tenendo disposizioni che non costituiscono attuazione della direttiva comunitaria 90/667/CEE, ora sostituita, aventi la propria autonomia.

La difesa ribadisce le proprie argomentazioni con memoria depositata il 16/1/2004, evidenziando che la ipotizzabilita’ del reato previsto dalla ed. normativa “antismog” e’ stata esclusa dal Tribunale, per cui non può tornare in discussione; che la fattispecie in esame deve considerarsi rientrante nell’ipotesi di “deposito temporaneo” previsto dall’art. 6, comma 1 lett. m) D.Lgs. n. 22/1997, ricorrendone tutti i presupposti; che il D.Lgs. n. 508/1992, anche se fosse ancora vigente, ha come destinatario soltanto “chi inizia l’attività di raccolta e trasformazione ...“ e cioè chi trasporta i rifiuti all’inceneritore, per cui non potrebbe trovare applicazione nel caso in esame.

All’odierna udienza, il P.G. conclude come sopra riportato.

 

 MOTIVI DELLA DECISIONE


I ricorrenti si limitano a contestare la sussistenza del fumus di due dei tre reati ipotizzati dal Tribunale, peraltro nulla osservando in ordine a quella delle esigenze cautelari; in particolare l’impugnazione investe solo le fattispecie contravvenzionali previste dal decreto Ronchi e dal D.Lgs. n. 508/1992. Nessuna doglianza, infatti, riguarda la contravvenzione di cui all’art. 650 c.p., posta anch’essa a fondamento e legittimazione della misura cautelare.

Considerato che questa non cade se anche una sola delle ipotesi di reato astrattamente configurate resiste, ritiene il Collegio evidente, in ordine alla menzionata contravvenzione codicistica, la sussistenza del fumus, risultando pacificamente in atti che il Direttore del Distretto di Medicina Veterinaria di Rovato diffidò i responsabili dell’azienda Paneroni dall’utilizzo dell’Ingestor per il “trattamento” delle carcasse, ma i predetti continuarono egualmente a servirsene, come ebbe a verificare il veterinario Begni.

Pertanto risulta manifesta l’inosservanza del provvedimento legalmente dato dall’Autorità per motivi di igiene, che concreta la contravvenzione codicistica de qua.

La sussistenza delle esigenze cautelari, benché - come si e’ detto - non contestata, e’ stata adeguatamente motivata dal Tribunale nell’ordinanza impugnata.

Tanto basta per tenere ferma la misura cautelare in corso e rigettare l’impugnazione.

 

P.Q.M.

 

La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti in solido al pagamento delle spese processuali.

Così deciso in Roma, il 22 gennaio 2004.
Depositato in Cancelleria il 16 marzo 2004

M A S S I M E

 

Sentenza per esteso

1) Rifiuti - Smaltimento di carcasse di bovini - “materiale ad alto rischio” - Norme sanitarie per l'eliminazione di rifiuti di origine animale - Art. 18 D. L.vo n. 508/1992 - Art. 1 L. n. 49/2001 - Art. 650 c.p.. Lo smaltimento, (in specie attraverso un’apparecchiatura denominata “Ingestor”), di carcasse di bovini morti all’interno dell’allevamento configura la contravvenzione di cui all’art. 18 Decreto Legislativo n. 508 del 1992 (tuttora vigente), in quanto le carcasse costituiscono “materiale ad alto rischio” e devono venire trasformate con le modalità indicate dall’art. 1 della Legge n. 49 del 2001 (incenerimento o coincenerimento in strutture autorizzate). Sicché è legittima, anche, la relativa applicazione dell’art. 650 c.p. per inosservanza del provvedimento legalmente dato dall’autorità per motivi di igiene reggendo peraltro il sequestro preventivo dell’apparecchiatura. - Pres. SAVIGNANO - Est. GRILLO - Imp. PANERONI - P.M. FAVALLI (conferma Tribunale del riesame di Brescia Ordinanza 9/10/2003. CORTE DI CASSAZIONE Sez. III , 16 marzo 2004 (Ud. 22 gennaio 2004) Sentenza n. 12569

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