Legislazione Giurisprudenza Per altre sentenze vedi: Sentenze per esteso
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CORTE DI CASSAZIONE Civile Sezioni Unite, 09 giugno 2004 (Cc. 22 aprile 2004), Ordinanza n. 10978
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONI UNITE CIVILI
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. Vincenzo CARBONE Primo Presidente f.f.
Dott. Giovanni OLLA Presidente di sezione
Dott. Giovanni PAOLINI Consigliere
Dott. Alessandro CRISCUOLO Consigliere
Dott. Ernesto LUPO Consigliere
Dott. Giandonato NAPOLETANO Consigliere
Dott. Michele VARRONE Consigliere
Dott. Fabrizio MIANI CANEVARI Consigliere
Dott. Maria Gabriella LUCCIOLI Rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: AZIENDA SPECIALE A.M.I.U., CON SEDE IN TRANI, in persona del legalerappresentante pro - tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIAGIUSTINIANI 18, presso lo studio dell'avvocato GIOVANNI PELLEGRINO, che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati FRANCO GAETANOSCOCA, VINCENZO CAPUTI JAMBRENGHI, giusta delega a margine delricorso;
- ricorrente-
- contro MAURO MANZI IN PROPRIO E NELLA QUALITÀ DI LEGALE RAPPRESENTANTE DELLACOLMA S.R.L., elettivamente domiciliati in ROMA, PIAZZA BORGHESE 3, presso lo studio GUARINO; rappresentato e difeso dall'avvocato MARIO SPINELLI in sostituzione degli avvocati MICHELE SPINELLI e GIUSEPPEGUARINO, giusta procura del Notaio dott. Carlo Cicolani di Trani,rep. 69204;
- controricorrenti -
nonché contro PROVINCIA DI BARI, COMUNE DI TRANI;
- intimati - per regolamento preventivo di giurisdizione in relazione al giudiziopendente n. 6788/00 del Tribunale di BARI;
uditi gli avvocati Vincenzo CAPUTI JAMBRENGHI, Gianluigi PELLEGRINO per delega Giovanni PELLEGRINO, Mario SPINELLI;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio il22/04/04 dal Consigliere Dott. Maria Gabriella LUCCIOLI;
lette le conclusioni scritte dal Sostituto Procuratore Generale Dott.Vincenzo Marinelli, il quale chiede per il dichiararsi lagiurisdizione del giudice ordinario, con le conseguenze di legge.
Fatto
Mauro Manzi, in proprio e quale legale rappresentante della COLMA s.r.l.,
impugnava dinanzi al Tribunale Amministrativo Regionale della Puglia la delibera
della Giunta Provinciale di Bari del 6 aprile 1990 n. 859, integrata da altra
delibera del 20 aprile 1990 n. 1026 e confermata dalla successiva delibera
dell'8 giugno 1990 n. 1419, con la quale era stato approvato il progetto
dell'Azienda Municipalizzata di Igiene Urbana del Comune di Trani - di seguito
A.M.I.U. - per la realizzazione di una discarica di rifiuti solidi urbani, nella
dismessa cava di proprietà dello stesso Manzi e della COLMA s.r.l., previa
espropriazione dell'area.
Con sentenza del 28 settembre 1994 il giudice adito rigettava il ricorso. Tale
decisione era impugnata dinanzi al Consiglio di Stato, che con sentenza del 30
settembre 1998 n. 1360 annullava la delibera in oggetto e gli atti
consequenziali, ritenendo l'illegittimità della procedura espropriativa per non
essere stati previsti nella dichiarazione di pubblica utilità dell'opera
progettata, insita nella delibera stessa, i termini iniziali e finali per
l'espropriazione ed i lavori, ai sensi dell'art. 13 della legge n. 2359 del
1865.
A seguito di ricorso in via di urgenza il Tribunale di Bari, con ordinanza del
30 ottobre 2000 emessa ai sensi dell'art. 700 c.p.c., disponeva la restituzione
dei terreni espropriati, previa rimozione di tutti i rifiuti accumulati e delle
opere realizzate per la trasformazione della cava in discarica.
Con atto di citazione notificato il 30 novembre 2000 il Manzi e la COLMA s.r.l.
promuovevano il giudizio di merito, convenendo dinanzi al medesimo Tribunale l'A.M.I.U.,
la Provincia di Bari ed il Comune di Trani al fine di ottenere il divieto di
immissione di altri rifiuti, la restituzione dell'area nello stato precedente
l'occupazione mediante la rimozione dei rifiuti immessi e delle opere realizzate
e la condanna dei convenuti al rendiconto ed al risarcimento dei danni subiti in
conseguenza dell'illecita occupazione e degli ulteriori danni sino al rilascio.
Parallelamente, con ricorso del 28 novembre 2000 il Manzi e la COLMA s.r.l.
adivano il giudice amministrativo nei confronti delle medesime parti, chiedendo
che venisse loro vietata l'immissione di altri rifiuti negli immobili in oggetto
e fosse loro ordinato di restituire gli immobili stessi, nonché di rendere il
conto, con la condanna al risarcimento del danno.
L'A.M.I.U. proponeva quindi ricorso per regolamento preventivo di giurisdizione,
chiedendo dichiararsi la giurisdizione del giudice amministrativo, e
specificamente la giurisdizione di merito del Consiglio di Stato, quale giudice
funzionalmente competente a pronunciare sull'ottemperanza alla propria
precedente decisione, ai sensi dell'art. 37 della legge n. 1034 del 1971 e
dell'art. 27 n. 4 del r.d. n. 1054 del 1924, ed in via subordinata deducendo la
giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, nell'assunto della
riconducibilità della domanda restitutoria proposta nell'ambito delineato dagli
artt. 34 e 35 del decr. legisl. n. 80 del 1998.
Il Manzi e la COLMA s.r.l. resistevano con controricorso, chiedendo la
dichiarazione di giurisdizione del giudice ordinario, previa, ove occorra,
rimessione degli atti alla Corte Costituzionale per la definizione delle
questioni di costituzionalità, sotto molteplici profili prospettate, dell'art.
34 del decr. legisl. n. 80 del 1998.
La Provincia di Bari ed il Comune di Trani non svolgevano attività difensiva.
Il pubblico ministero chiedeva nelle conclusioni scritte che sia affermata la
giurisdizione del giudice ordinario.
Diritto
Come risulta dall'esposizione in fatto che precede, il Manzi e la COLMA s.r.l.
hanno proposto dinanzi al Tribunale di Trani un'azione diretta ad ottenere la
restituzione dei terreni di loro proprietà, previa rimessione in pristino dello
stato dei luoghi, nonché la condanna dei convenuti al rendiconto in ordine alla
utilizzazione dell'area ed al risarcimento del danno, fondando la loro pretesa
sull'avvenuto annullamento in sede giurisdizionale del provvedimento implicante
la dichiarazione di pubblica utilità dell'opera.
Una volta identificato il petitum sostanziale come diretto ad ottenere la
restituzione di beni utilizzati dalla pubblica amministrazione sulla base di un
fatto non supportato da idonea attività provvedimentale, appare evidente
l'infondatezza delle deduzioni della ricorrente volte a ricondurre la pretesa
restitutoria azionata e le richieste connesse nell'ambito del giudizio di
ottemperanza, afferendo tali domande ad un diritto nuovo che trae ragione e
fondamento dal giudicato di annullamento della dichiarazione di pubblica
utilità, e non ad un bene della vita già attribuito agli interessati in forza di
detto giudicato.
Ai fini della soluzione della questione di giurisdizione in esame va tenuto
conto che la domanda introduttiva del giudizio di merito è stata proposta nel
vigore della legge 21 luglio 2000 n. 205, onde tale questione va esaminata, ai
sensi dell'art. 5 c.p.c., con riferimento a detta normativa, ed in particolare
all'art. 7 comma 3° lett. b), che sostituendo l'art. 34 del decr. legisl. 31
marzo 1998 n. 80 ha attribuito alla giurisdizione esclusiva del giudice
amministrativo le controversie aventi per oggetto gli atti, i provvedimenti e i
comportamenti delle amministrazioni pubbliche e dei soggetti alle stesse
equiparati in materia urbanistica ed edilizia, precisando che agli effetti del
presente decreto, la materia urbanistica concerne tutti gli aspetti dell'uso del
territorio.
E tuttavia l'affermazione della giurisdizione esclusiva del giudice
amministrativo ai sensi della richiamata disposizione postula la verifica della
riconducibilità della controversia in oggetto nell'ambito applicativo in essa
delineato, e più specificamente l'accertamento della ricorrenza degli elementi
oggettivi necessari perché il comportamento della pubblica amministrazione sia
riferibile alla materia urbanistica.
Nella necessaria definizione dei comportamenti delle amministrazioni pubbliche e
dei soggetti alle stesse equiparati in materia urbanistica ed edilizia, ai quali
i limiti della presente controversia consentono di circoscrivere l'esame, va
osservato che un comportamento della pubblica amministrazione o di un soggetto
equiparato in tanto può assumere rilevanza giuridica come espressione di un
potere amministrativo, in quanto sia diretto ad un fine pubblico o di pubblico
interesse legalmente dichiarato. Come queste sezioni unite hanno osservato nella
recente ordinanza n. 9139 del 2003, attraverso un iter argomentativo che
puntualizza e precisa le enunciazioni contenute nelle proprie precedenti
ordinanze n. 43 del 2000 e n. 8506 del 2001, nonché nella sentenza n. 494 del
2000 - secondo le quali la innovativa previsione di giurisdizione esclusiva del
giudice amministrativo è da ritenere comprensiva di tutte le attività della
pubblica amministrazione comunque indirizzate alla gestione del territorio ed
all'attuazione degli obiettivi programmati con gli strumenti urbanistici - non
tutti i comportamenti implicanti uso del territorio sono riconducibili alla
materia urbanistica ed edilizia, ma soltanto quelli che, in quanto esprimano
l'esercizio di un potere amministrativo, siano collegati ad un fine pubblico o
di pubblico interesse legalmente dichiarato, configurandosi in difetto di tale
collegamento un mero comportamento materiale, integrante, ove lesivo di
situazioni giuridiche di altri soggetti, un fatto illecito generatore di danno,
che esula dalla previsione in esame.
Ritengono queste sezioni unite che a tale ordinanza, che in ipotesi siffatte -
caratterizzate dalla impossibilità di ricondurre l'occupazione all'esercizio di
un potere amministrativo nei due settori indicati - ha ravvisato la
giurisdizione del giudice ordinario, debba essere data continuità, per la sua
evidente coerenza con le elaborazioni da tempo offerte in sede giurisprudenziale
in ordine alle ipotesi di occupazione usurpativa, nelle quali, come è noto, i
comportamenti della pubblica amministrazione non sono collegati ad alcuna
utilità formalmente dichiarata, o per mancanza ab initio della dichiarazione di
pubblica utilità o perché questa sia venuta meno in seguito all'annullamento
dell'atto in cui era contenuta ovvero sia divenuta inefficace.
In tali fattispecie l'acquisizione del bene alla mano pubblica non si verifica
automaticamente per effetto della sua irreversibile trasformazione - come
avviene nei casi di occupazione appropriativa, in cui la valutazione da parte
della pubblica amministrazione dell'interesse pubblico da soddisfare insita
nella dichiarazione di pubblica utilità comporta la irreversibilità della
destinazione del bene quando l'opera sia stata realizzata in conformità a detta
dichiarazione - ma solo in via eventuale e subordinata ad una scelta del
proprietario usurpato, il quale rinunci alle azioni a tutela della non perduta
proprietà in favore di pretese risarcitorie commisurate a criteri di
integralità, così dando luogo ad un meccanismo abdicatorio del proprio diritto
dominicale (v. sul punto, tra le altre, Cass. 2003 n. 7643; 2001 n. 15710; 2001
n. 4451; 2001 n. 1266; 2000 n. 3298; 2000 n. 1814).
E poiché la preventiva valutazione della pubblica utilità dell'opera deve
necessariamente affidarsi ad un atto tipico, che non può prescindere dai suoi
requisiti essenziali, la carenza della dichiarazione di pubblica utilità o la
sua accertata nullità comporta che l'occupazione del bene, in quanto non
collegata ad un fine di pubblico interesse legalmente dichiarato, si risolva in
un illecito permanente, con le relative implicazioni sia in punto di
prescrizione che di esperibilità dinanzi al giudice ordinario delle azioni
ripersecutorie e possessorie a tutela del diritto dominicale o del possesso.
Tale lettura è peraltro l'unica costituzionalmente corretta, in quanto la sola
idonea ad offrire una protezione al perdurante diritto di proprietà conforme
alla normativa dettata dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti
dell'uomo. Ritenuto invero che lo Stato e le Regioni sono tenuti, ai sensi
dell'art. 117 Cost., nella nuova formulazione introdotta con la legge
costituzionale n. 3 del 2001, al rispetto anche dei vincoli derivanti
dall'ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali, e che la
richiamata Convenzione, che ha valore di fonte normativa primaria, affida a
ciascuno Stato il compito di assicurare il godimento dei diritti riconosciuti al
singolo, spetta al legislatore nazionale apprestare strumenti capaci di
garantire il diritto fondamentale al rispetto della proprietà enunciato
nell'art. 1 del protocollo n. 1 addizionale alla Convenzione stessa ed aderenti
al principio, sancito nello stesso alinea, a tenore del quale nessuno può essere
privato della sua proprietà se non per causa di pubblica utilità e nelle
condizioni previste dalla legge e dai principi generali del diritto
internazionale.
In tale prospettiva queste sezioni unite, nell'affermare la compatibilità
dell'istituto della occupazione appropriativa con i principi sulla tutela della
proprietà dettati nel richiamato protocollo addizionale, nell'interpretazione
offerta dalla Corte europea dei diritti dell'uomo nelle note sentenze in data 30
maggio 2000 s.r.l. Belvedere alberghiera c. Governo italiano e Carbonara e
Ventura c. Governo italiano, hanno avuto cura di tenere ben distinto da tale
istituto quello della occupazione usurpativa, ricordando che in questo si
realizza unicamente una fattispecie illecita generatrice di danno, legittimante
la pretesa restitutoria da parte del proprietario, ovvero possessoria, ovvero
risarcitoria, connotata da criteri di integralità, da far valere dinanzi al
giudice ordinano (S.U. 2003 n. 6853; 2003 n. 5902).
La tutela reipersecutoria e risarcitoria così riconosciuta si conforma
pienamente alla decisione emessa dai giudici di Strasburgo nella prima delle due
sentenze richiamate - riguardante appunto un'ipotesi di occupazione usurpativa,
per essere stata annullata la dichiarazione di pubblica utilità - che ha
affermato che ai fini dell'eliminazione della violazione dell'art. 1 del
protocollo n. 1 alla Convenzione la migliore forma di riparazione della
violazione del diritto fondamentale leso è costituita dalla restituzione del
bene da parte dell'amministrazione, oltre al risarcimento dei danni.
In applicazione dei suesposti principi deve argomentarsi che nella specie la
sopravvenuta statuizione del giudice amministrativo di annullamento della
dichiarazione di pubblica utilità, che ha rimosso con efficacia ex tunc gli atti
emanati nell'esercizio del potere amministrativo di uso del territorio,
impedisce di ricondurre il comportamento della pubblica amministrazione
all'ambito di giurisdizione esclusiva di detto giudice delineato dall'art. 34
della legge n. 205 del 2000. Restano pertanto chiaramente prive di rilevanza le
questioni di legittimità costituzionale sollevate dai controricorrenti. Va
infine osservato che non è neppure ravvisabile la giurisdizione generale di
legittimità del giudice amministrativo ai sensi dell'art. 7 comma 3 della legge
n. 1034 del 1971, come sostituito dall'art. 7 comma 3 lett. c) della legge n.
205 del 2000, non configurandosi nell'occupazione usurpativa, in forza delle
osservazioni innanzi svolte, situazioni giuridiche aventi consistenza di
interessi legittimi, ma posizioni di diritto soggettivo, quando si tratti - come
nella specie - di azioni restitutorie o risarcitone correlate al diritto di
proprietà, ovvero situazioni possessorie, la cui tutela è demandata, in assenza
di norme che ne affidino la cognizione ad altro giudice, al giudice ordinario.
Attesa la natura delle questioni trattate, si ravvisano giusti motivi per
disporre la compensazione delle spese di questo giudizio di cassazione.
P.Q.M
La Corte di
Cassazione, a sezioni unite, dichiara la giurisdizione del giudice ordinario.
Compensa le spese.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio delle sezioni unite civili il 22
aprile 2004.
DEPOSITATA IN CANCELLERIA IL 9 GIU. 2004.
1) Urbanistica e edilizia - Uso del territorio - Esercizio di un potere amministrativo - Presupposti - Limiti - Fine pubblico o di pubblico interesse legalmente dichiarato - Necessità. Non tutti i comportamenti implicanti un uso del territorio sono riconducibili alla materia urbanistica ed edilizia, ma solo quelli che, esprimendo l'esercizio di un potere amministrativo, siano collegati ad un fine pubblico o di pubblico interesse legalmente dichiarato; in difetto di tale collegamento, si configura un mero comportamento materiale, integrante, ove lesivo di situazioni giuridiche di altri soggetti, un fatto illecito generatore di danno, che esula dall'ambito applicativo della riserva di giurisdizione in favore del giudice amministrativo, prevista dall'art. 34 del D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 80, nel testo sostituito dall'art. 7 della legge 21 luglio 2000, n. 205. (Conf. Cass. 6 giugno 2003 n. 9139). Pres. CARBONE - Est. LUCCIOLI - AZIENDA SPECIALE A.M.I.U. (avv.ti PELLEGRINO, SCOCA, CAPUTI JAMBRENGHI) c. MANZI (avv. SPINELLI) ed altro CORTE DI CASSAZIONE Civile Sezioni Unite, 09 giugno 2004 (Cc. 22 aprile 2004), Ordinanza n. 10978
2) Espropriazione - Urbanistica e edilizia - Dichiarazione di pubblica utilità - Irreversibilità della destinazione del bene - Requisiti essenziali - Carenza - Effetti - Strumenti di tutela del proprietario usurpato - Fattispecie: realizzazione di una discarica di rifiuti solidi urbani. L'acquisizione del bene alla mano pubblica non si verifica automaticamente per effetto della sua irreversibile trasformazione - come avviene nei casi di occupazione appropriativa, in cui la valutazione da parte della pubblica amministrazione dell'interesse pubblico da soddisfare insita nella dichiarazione di pubblica utilità comporta la irreversibilità della destinazione del bene quando l'opera sia stata realizzata in conformità a detta dichiarazione - ma solo in via eventuale e subordinata ad una scelta del proprietario usurpato, il quale rinunci alle azioni a tutela della non perduta proprietà in favore di pretese risarcitorie commisurate a criteri di integralità, così dando luogo ad un meccanismo abdicatorio del proprio diritto dominicale (v. sul punto, tra le altre, Cass. 2003 n. 7643; 2001 n. 15710; 2001 n. 4451; 2001 n. 1266; 2000 n. 3298; 2000 n. 1814). E poiché la preventiva valutazione della pubblica utilità dell'opera deve necessariamente affidarsi ad un atto tipico, che non può prescindere dai suoi requisiti essenziali, la carenza della dichiarazione di pubblica utilità o la sua accertata nullità comporta che l'occupazione del bene, in quanto non collegata ad un fine di pubblico interesse legalmente dichiarato, si risolva in un illecito permanente, con le relative implicazioni sia in punto di prescrizione che di esperibilità dinanzi al giudice ordinario delle azioni ripersecutorie e possessorie a tutela del diritto dominicale o del possesso. (Conf. Cass. 6 giugno 2003 n. 9139) (Nella specie, era stato approvato il progetto dell'Azienda Municipalizzata di Igiene Urbana del Comune di Trani (A.M.I.U.) per la realizzazione di una discarica di rifiuti solidi urbani, nella dismessa cava di proprietà dello stesso Manzi e della COLMA s.r.l., previa espropriazione dell'area).. Pres. CARBONE - Est. LUCCIOLI - AZIENDA SPECIALE A.M.I.U. (avv.ti PELLEGRINO, SCOCA, CAPUTI JAMBRENGHI) c. MANZI (avv. SPINELLI) ed altro CORTE DI CASSAZIONE Civile Sezioni Unite, 09 giugno 2004 (Cc. 22 aprile 2004), Ordinanza n. 10978
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