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CORTE DI CASSAZIONE Sez. III del 27 aprile 2004, sentenza n. 19498
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Corte di Cassazione Sez. III del 27 aprile 2004, sentenza n. 19498
Pres. Zumbo - Est. Grassi - P.M. Iacoviello - Imp. Favero
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE III PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ZUMBO Antonio
Presidente
Dott. RAIMONDI Raffaele
Consigliere
Dott. GRASSI Aldo
Consigliere
Dott. SQUASSONI Claudia
Consigliere
Dott. GRILLO Carlo
Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
FAVERO MARIO, nato a S. Giorgio in Bosco il 29 Aprile 1945;
avverso la sentenza del Tribunale, in composizione monocratica, di Padova - sez.
dist. di Cittadella - in data 11/5/'01;
Letti gli atti, il provvedimento denunciato ed il ricorso;
Udita la relazione fatta dal Consigliere Dott. Grassi;
Udito il Pubblico Ministero, in persona del S. Procuratore Generale Dott.
IACOVIELLO F. M., il quale ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso,
perché manifestamente infondato;
Ascoltato l'Avv. Giuseppe Antonini, difensore di fiducia del ricorrente;
La Corte Suprema di Cassazione:
OSSERVA
Con sentenza del Tribunale, in composizione monocratica, di Padova - sez. dist.
di Cittadella - datata 11/5/'00, Mario Favero veniva condannato, previo
riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, alla pena di otto milioni
di lire d'ammenda in quanto colpevole del reato previsto dall'art. 51 co. 1
lett. a) D.Lgs. 5/02/'97, n. 22, del quale era chiamato a rispondere per avere,
quale legale rappresentante della "Favero s.r.l." corrente in S. Giorgio in
Bosco, effettuato, su un terreno agricolo sito lungo la via Kennedy di tale
Comune, lo smaltimento - mediante interramento - di rifiuti non pericolosi,
costituiti da materiali provenienti da scavi e demolizioni, nonostante
sprovvisto della necessaria autorizzazione, come accertato il 18/1/'00.
Affermava, il Giudice di primo grado, che la responsabilità penale
dell'imputato, in ordine alla contravvenzione ascrittagli, doveva ritenersi in
atti provata, essendo emerso:
- che l'area, della dimensione di m. 30 x 50 circa, nella
quale i detti rifiuti erano stati scaricati ed interrati per una profondità
variabile da cinquanta centimetri ad un metro e mezzo, era di proprietà della
stessa società ed era stata, da molti anni, adibita - senza autorizzazione - a
deposito di materiali provenienti da scavi e demolizioni che costituivano
l'attività d'impresa edile della "Favero s.r.l.";
- che in conseguenza di tale attività, protratta nel tempo,
la natura morfologica del terreno era stata radicalmente mutata. Avverso tale
decisione il difensore del Favero proponeva appello per chiedere l'assoluzione
del proprio assistito con formula piena, in quanto il fatto non costituirebbe
reato dal momento che:
- l'art. 51 co. 1 D.Lgs. 22/'97 punirebbe, al co. 1, lo
smaltimento non autorizzato di rifiuti "provenienti da terzi" ed, al co. 2,
l'abbandono o il deposito incontrollato, di rifiuti "propri";
- l'area in cui questi erano stati depositati era di
proprietà della stessa società;
- il deposito di che trattasi non era avvenuto in maniera
incontrollata, essendo stato effettuato in fondo rustico recintato e munito di
cancello che ne vietava l'accesso ad estranei;
- i materiali da scavo e demolizione raccolti in detta area erano
stati prodotti dalla medesima società che esercitava, appunto, attività di
impresa edile.
La Corte d'Appello di Venezia, cui gli atti erano pervenuti, rilevato trattarsi
di impugnazione di sentenza non appellabile, ai sensi dell'art. 593 co. 3 c.p.p.,
perché di condanna, per contravvenzione, alla sola pena dell'ammenda, con
ordinanza del 18/9/'01, ha qualificato la stessa come ricorso in sede di
legittimità ed ordinato la trasmissione del fascicolo a questa Corte, per
l'ulteriore corso.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Il ricorso è destituito di fondamento e, come tale, deve essere rigettato, con
conseguente condanna del ricorrente - a mente dell'art. 616 c.p.p. - al
pagamento delle spese processuali. L'estensore dell'impugnazione in esame ignora
che il testo originario dell'art. 51 D.Lgs. 5/02/'97, n. 22, è stato modificato
dall'art. 7 co. 6 e 7 D.Lgs. 8/9/'97, n. 389 e, poi, dall'art. 1 co. 24 L.
9/12/'98, n. 426, i quali hanno soppresso, al co. 1, le parole "(rifiuti)
prodotti da terzi" ed, al co. 2, le parole "i propri (rifiuti)", nonché l'ultimo
periodo "ovvero effettuano attività di gestione dei rifiuti....".
In conseguenza, l'abbandono - come nel caso in specie non occasionale e non
autorizzato - di rifiuti provenienti da attività di demolizione e
ristrutturazione di immobili integra, in considerazione della ripetitività della
condotta, l'ipotesi di gestione e smaltimento di rifiuti sanzionata penalmente
dall'art. 51 co. 1 lett. a) D.Lgs. 22/'97, anche se trattasi di rifiuti "propri"
(v. conf. Cass. sez. 3^ pen., 10/11/'00, Duclos).
Nella fattispecie in esame il Giudice di merito, tenuto conto della
reiterazione, per anni, della condotta, dell'estensione dell'area in cui i
materiali venivano depositati e dell'ingente quantità di essi, ha legittimamente
e motivatamente ritenuto non ipotizzabile giuridicamente la figura del deposito
controllato e temporaneo di rifiuti, non sussistendo le condizioni dettate
dall'art. 6 lett. m) D.Lgs. 22/'97, in particolare il raggruppamento dei rifiuti
nel luogo di produzione e l'osservanza dei tempi di giacenza di essi (v. conf.
Cass. sez. 3^ pen., 11/4/'02, Brustia).
P.Q.M.
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
rigetta il ricorso proposto da Mario Favero avverso la sentenza del Tribunale,
in composizione monocratica, di Padova - sez. dist. di Cittadella - datata
11/5/'01 e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 16 marzo
2004.
Depositato in Cancelleria il 27
aprile 2004
Rifiuti - Gestione dei rifiuti - Abbandono ripetuto di rifiuti da demolizione - Reato di cui all'art. 51 D.Lgs. n. 22 del 1997 – Configurabilità - Fattispecie. L'abbandono - come nel caso in specie non occasionale e non autorizzato - di rifiuti provenienti da attività di demolizione e ristrutturazione di immobili integra, in considerazione della ripetitività della condotta, l'ipotesi di gestione e smaltimento di rifiuti sanzionata penalmente dall'art. 51 co. 1 lett. a) D.Lgs. 22/'97, anche se trattasi di rifiuti "propri" (v. conf. Cass. sez. 3^ pen., 10/11/'00, Duclos). Nella specie, il Giudice di merito, tenuto conto della reiterazione, per anni, della condotta, dell'estensione dell'area in cui i materiali venivano depositati e dell'ingente quantità di essi, ha legittimamente e motivatamente ritenuto non ipotizzabile giuridicamente la figura del deposito controllato e temporaneo di rifiuti, non sussistendo le condizioni dettate dall'art. 6 lett. m) D.Lgs. 22/'97, in particolare il raggruppamento dei rifiuti nel luogo di produzione e l'osservanza dei tempi di giacenza di essi (v. conf. Cass. sez. 3^ pen., 11/4/'02, Brustia). Pres. Zumbo R. Est. Grassi P.M. Iacoviello F. (Parz. Diff.) Imp. Favero. (Rigetta, Trib. Padova, 11 maggio 2001). CORTE DI CASSAZIONE Sez. III 27 aprile 2004 (Ud. 16 marzo 2004), sentenza n. 19498
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