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CORTE DI CASSAZIONE Sez. III, 28 maggio 2004, (ud. 4 maggio 2004), Sentenza n. 24328
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
CORTE DI CASSAZIONE Sez. III, 28 maggio 2004, (ud. 4 maggio 2004),
Sentenza n. 24328
Pres. Papadia - Est. Postiglione - P.M. lacoviello (conf.) - Ric. Gambato ed altri
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
(omissis)
Svolgimento del processo e motivi della decisione.
- Il Tribunale di Velletri, in
composizione monocratica, con sentenza del 18 ottobre 2001 assolveva Gambato
Roberto, Pellegrino Enrico e Baruchello Gian Mario dai reati loro ascritti al
capo a) perché il fatto non costituisce reato e al capo b) perché il fatto non è
previsto come reato, mentre condannava gli stessi ad un milione di ammenda per
il reato di cui al capo c (art. 24 D.P.R. n. 203/88). Precisava il Tribunale che
all'epoca dei fatti, accertati il 15 e 23 aprile 1998 in Segni (ove la Castalia
Spa aveva in gestione una discarica di RSU) gli imputati rivestivano
rispettivamente la qualifica di amministratore delegato (il Gambato), capo
impianto (il Pellegrino) e direttore dei lavori (il Baruchello); che era stato
accertato nella sua oggettività il reato di cui all'art. 51, comma 4, D.L.vo n.
22/97 (in ottemperanza delle prescrizioni del Presidente della Giunta
Provinciale di Roma nella parte in cui si disponeva di lasciare libera per il
percolato l'area ai piedi dell'invaso della discarica), mentre difettava
l'elemento soggettivo della colpa, posto che un certo quantitativo di rifiuti si
era accumulato a causa della pendenza - caduta per gravità - essendo la
discarica localizzata in area non pianeggiante); che lo scarico indiretto,
realizzato mediante il trasporto dei liquidi di percolato, presso uno
stabilimento finale di Guidonia Montecelio, non era più punibile ex D.L.vo n.
152/99; che, invece, sussisteva il reato formale di carenza di autorizzazione ex
art. 24 D.P.R. n. 203/88, perché dalla discarica si liberavano emissioni di
biogas e non esisteva alcun impianto per la loro captazione nel corso della
gestione della discarica medesima (e non solo alla fine della gestione, ossia ad
esaurimento).
Contro questa sentenza gli imputati deducono, a vario titolo, violazione di
legge ed erronea motivazione, sui seguenti punti:
a) esistenza di una delega di funzioni da parte dell'amministratore delegato
Gambato, idonea ad escludere la penale responsabilità;
b) insussistenza della violazione della prescrizione della Provincia di Roma,
posto che la presenza di una limitata quantità di rifiuti nell'area ai piedi
dell'invaso era consentita purché non superante il limite di 60 cm;
c) insussistenza del reato di cui all'art. 21 L. n. 319/76, alla luce della
giurisprudenza anteriore alla legge n. 152/99;
d) insussistenza del reato di cui al D.P.R. n. 203/88, posto che l'obbligo di
adottare un impianto di captazione del gas dalla discarica era imposto dalla
P.A. solo allorché la discarica non fosse più funzionante, ossia a conclusione
del suo ciclo, onde prevenire quantitativi di biogas significativi.
I ricorsi sono infondati e vanno rigettati, mentre deve prendersi atto della
intervenuta prescrizione del reato di cui al capo c.
La difesa del ricorrente Gambato ha preliminarmente dedotto la applicabilità
dell'art. 129 c.p.p., che stabilisce l'obbligo di immediata declaratoria di
determinate cause di non punibilità: nel caso in esame invece della assoluzione
perché il fatto non costituisce reato, l'assoluzione per non aver commesso il
fatto o perché in fatto non sussiste, stante una delega di funzioni preesistente
al Direttore generale Ing. Aragozzini.
Osserva la Corte al riguardo che il predetto articolo presuppone che le
circostanze idonee ad escludere l'esistenza del fatto e la non commissione di
esso da parte dell'imputato emergono dagli atti in modo assolutamente non
contestabile ed evidente, si da implicare un riscontro in termini di
constatazione e non di apprezzamento (Cass., sez. VI, 25 marzo 1999, n. 3945.
[RV213882]).
Nel caso in esame - pur dovendosi riconoscere in via di principio la possibilità
della delega di funzioni a certe condizioni (Cass. sez. III, 20 gennaio 1992, n
132, Veronesi, e numerose altre successive) - deve escludersi la ricorrenza dei
presupposti indicati dallo art. 129 c.p.p., perché la delega 2 aprile 1996,
attiene alla sola normativa sui luoghi di lavoro ex lege 626/96 e la procura
speciale 23 gennaio 1998 attiene alla responsabilità gestionale - quale capo
impianto - della discarica di Segni al geometra Enrico Pellegrino, coimputato e
non appare idonea ad escludere sul piano formale e sostanziale quella
dell'amministratore delegato. Per il periodo antecedente il giudice di merito ha
tratto argomenti sia dal ruolo istituzionale dell'imputato Gambato, sia dalla
circostanza che la richiesta di autorizzazione del 9 ottobre 1998 fu
sottoscritta dall'amministratore delegato Ing. Urcioli e non dal direttore
generale in forza di delega.
La mancanza di elementi certi in ordine al tempo, al contenuto, ai poteri
conferiti, questa Corte deve confermare il giudizio di assoluzione per carenza
dell'elemento soggettivo del reato ex art. 51, quarto comma D.L.vo n. 22/97.
È emerso in modo certo che una ingente quantità di rifiuti, sommersi e non,
fuoriuscivano dal percolato, sicché era stato obiettivamente violata la
prescrizione di lasciare libera l'area al piede dell'invaso. Il fatto che il
battente idraulico di 60 cm., al fine di prevenire eventi meteorici eccezionali,
non sia stato superato non esclude la violazione sopra indicata, come
giustamente ritenuto dai giudici di merito. Nelle discariche i rifiuti devono
essere contenuti con le misure tecniche necessarie e non fuoriuscire dall'area
ad essi deputata, mentre il solo percolato può defluire ed essere recuperato
nelle forme previste.
Costituisce giudizio di fatto - favorevole all'imputato - la valutazione della
assenza di colpa, nel caso concreto, essendosi ritenuto che la presenza di un
certo quantitativo di rifiuti all'esterno era attribuibile a caduta per gravità.
In relazione alla censura sulla pretesa violazione dell'art. 21 L. n. 319/76,
osserva la Corte che esattamente è stata dichiarata la insussistenza del reato
per scarico indiretto in forza della sopravvenuta legge n. 152/99.
In verità quest'ultima legge imponeva al giudice di applicare la normativa sui
rifiuti (D.L.vo n. 22/97) al trasporto dei liquami (scarico indiretto).
Contrariamente a quanto si assume nei ricorsi la giurisprudenza formatasi sulla
legge n. 319/76 ricomprendeva anche lo scarico indiretto nel concetto di scarico
(Cass., 8 gennaio 1990, n. 48, Zagra), sicché sul punto la decisione di
applicare la legge n. 152/99 che ha eliminato il concetto di scarico indiretto
appare corretta (pur con il rilievo sopra indicato della sottoposizione alla più
rigida disciplina sui rifiuti Cass., sez. III, 24 febbraio 2003, Conte).
Venendo all'esame del motivo attinente alla violazione del D.P.R. n. 203/88,
osserva la Corte che la censura è infondata.
La sentenza impugnata motiva correttamente sul punto osservando:
«È risultato addebitabile agli odierni imputati la mancata presentazione della
domanda di autorizzazione per l'immissione in atmosfera di biogas».
Il citato D.P.R. sottopone a preventivo controllo, nella forma di
un'autorizzazione regionale espressa e specifica, l'inizio della «costruzione»
di un nuovo impianto e distingue tale momento da quello dell'attivazione
dell'«esercizio», ugualmente soggetto a controllo regionale.
L'art. 1 (dello stesso decreto) sottopone alla suddetta disciplina «tutti gli
impianti che possono dar luogo ad emissioni nell'atmosfera», mentre la
definizione di impianto di cui al punto 9 dell'art. 2 ha riguardo allo
«stabilimento o altro impianto fisso che serva per usi industriali o di pubblica
utilità e possa provocare inquinamento atmosferico, ad esclusione di quelli
destinati alla difesa nazionale».
Le iniziali incertezze circa l'estensione del termine sono venute
sostanzialmente meno per effetto del D.P.C.M. 21 luglio 1989, che ha dettato
norme di indirizzo e coordinamento per l'attuazione e l'interpretazione del
D.P.R. n. 203/88, stabilendo la sua applicazione «agli impianti industriali di
produzione di beni o servizi ... escludendo gli impianti termici non inseriti in
un ciclo di produzione ..., gli impianti di climatizzazione ..., gli impianti
termici destinati esclusivamente a riscaldamento dei locali ..., ecc.».
L'assoggettabilità o meno dei singoli impianti alla suddetta normativa (D.P.R.
n. 203/88), inoltre, ha dato luogo a diverse pronunce della Suprema Corte che si
è soffermata sulla definizione di «inquinamento atmosferico» di cui all'art. 2,
punto 1, riscontrandone la sussistenza «... non necessariamente in caso di un
accertato pericolo di danno alla salute dell'uomo, per la presenza di sostanze
inquinanti o tossiche o nocive, ma anche solo per un'alterazione dell'atmosfera
che incida negativamente sui beni naturali o anche semplicemente sull'uso di
essi ...» (Cass., III, 3 marzo 1992, Forte; Cass., I, 7 giugno 1996; ed altre).
Alla luce delle superiori considerazioni, non può non rientrare la discarica
R.S.U. di Segni, gestita dalla Castalia Spa, nell'ambito di applicazione del
D.P.R. n. 203/88, trattandosi peraltro di un impianto di pubblica utilità.
Ritiene questa Corte che il principio di diritto da valere nella materia è il
seguente: «Le emissioni di biogas di una discarica di rifiuti rientrano nella
normativa sulla prevenzione dell'inquinamento atmosferico di cui al D.P.R. n.
203/88 e devono formare oggetto di specifiche prescrizioni tecniche durante
tutto l'esercizio dell'attività e non solo quando la discarica si sia esaurita.
L'obbligo di provvedere alla captazione discende direttamente dalla legge,
mentre la P.A. può solo determinare le modalità tecniche con cui provvedere. Le
discariche sono stabilimenti di pubblica utilità idonei a dar luogo
all'inquinamento atmosferico, fenomeno che deve essere considerato nella
unitaria autorizzazione integrata preventiva».
Di questo principio ha tenuto conto la stessa Provincia di Roma con l'ordinanza
di provvedere alla captazione delle emissioni dalla discarica. Tuttavia il reato
in oggetto, pur sussistente, deve essere dichiarato estinto per decorrenza del
termine prescrizionale a partire dalla data di accertamento (23 aprile 1998).
(Omissis).
Così deciso in Roma, ud. 4 maggio 2004.
Depositato in Cancelleria il 28 maggio 2004
1) Rifiuti - Inquinamento atmosferico - Discarica di RSU - Gestione - Emissioni di biogas -Specifiche prescrizioni tecniche durante l’esercizio dell’attività - Autorizzazione integrata preventiva - D.P.R. n. 203/88. Le emissioni di biogas di una discarica di rifiuti rientrano nella normativa sulla prevenzione dell'inquinamento atmosferico di cui al D.P.R. n. 203/88 e devono formare oggetto di specifiche prescrizioni tecniche durante tutto l'esercizio dell'attività e non solo quando la discarica si sia esaurita. L'obbligo di provvedere alla captazione discende direttamente dalla legge, mentre la P.A. può solo determinare le modalità tecniche con cui provvedere. Le discariche sono stabilimenti di pubblica utilità idonei a dar luogo all'inquinamento atmosferico, fenomeno che deve essere considerato nella unitaria autorizzazione integrata preventiva. (D.P.R. 24 maggio 1988, n. 203, art. 24). - Pres. Papadia - Est. Postiglione - P.M. lacoviello (conf.) - Ric. Gambato ed altri. CORTE DI CASSAZIONE Penale, Sez. III, 28 maggio 2004 (ud. 4 maggio 2004), Sentenza n. 24328
2) Rifiuti - Discarica di RSU - Gestione del percolato - Scarico indiretto - Violazione dell'art. 21 L. n. 319/76 - Esclusione - Fondamento - L. n. 152/99. Nella gestione del percolato, per la pretesa violazione dell'art. 21 L. n. 319/76, è stata dichiarata la insussistenza del reato per scarico indiretto in forza della sopravvenuta legge n. 152/99 (fattispecie: trasporto dei liquidi di percolato, presso uno stabilimento finale). La giurisprudenza formatasi sulla legge n. 319/76 ricomprendeva anche lo scarico indiretto nel concetto di scarico (Cass., 8 gennaio 1990, n. 48, Zagra), sicché sul punto la decisione di applicare la legge n. 152/99 che ha eliminato il concetto di scarico indiretto appare corretta (pur con il rilievo della sottoposizione alla più rigida disciplina sui rifiuti Cass., sez. III, 24 febbraio 2003, Conte). Pres. Papadia - Est. Postiglione - P.M. lacoviello (conf.) - Ric. Gambato ed altri. CORTE DI CASSAZIONE Penale, Sez. III, 28 maggio 2004 (ud. 4 maggio 2004), Sentenza n. 24328
3) Rifiuti - Discarica di RSU - Contenimento dei rifiuti - misure tecniche necessarie - Percolato recuperato nelle forme previste - Necessità. Nelle discariche i rifiuti devono essere contenuti con le misure tecniche necessarie e non fuoriuscire dall'area ad essi deputata, mentre il solo percolato può defluire ed essere recuperato nelle forme previste. Pres. Papadia - Est. Postiglione - P.M. lacoviello (conf.) - Ric. Gambato ed altri. CORTE DI CASSAZIONE Penale, Sez. III, 28 maggio 2004 (ud. 4 maggio 2004), Sentenza n. 24328
4) Rifiuti - Gestione dei rifiuti - Carenza dell'elemento soggettivo del reato - Punibilità - Esclusione. In mancanza di elementi certi in ordine al tempo, al contenuto, ai poteri conferiti, è corretto il giudizio di assoluzione per carenza dell'elemento soggettivo del reato ex art. 51, quarto comma D.L.vo n. 22/97. Pres. Papadia - Est. Postiglione - P.M. lacoviello (conf.) - Ric. Gambato ed altri. CORTE DI CASSAZIONE Penale, Sez. III, 28 maggio 2004 (ud. 4 maggio 2004), Sentenza n. 24328
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