Legislazione Giurisprudenza Per altre sentenze vedi: Sentenze per esteso
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CORTE DI CASSAZIONE Sez. III del 27 gennaio 2004, sentenza n. 2662
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Corte di Cassazione Sez. III del 27 gennaio 2004, (Ud. 15/01/2004 n. 00025),
sentenza n. 2662
Pres. Vitalone – Est. Novarese - Pm Passacantando G. (Diff.) – Imp. P.M. in
proc. Zanoni.
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE III PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.:
Dott. VITALONE Claudio - Presidente
Dott. DE MAIO Guido - Consigliere
Dott. PICCIALLI Luigi - Consigliere
Dott. NOVARESE Francesco - Consigliere
Dott. FRANCO Amedeo - Consigliere
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
PROCURATORE GENERALE della REPUBBLICA presso il Tribunale di Trento nel
procedimento a carico di Zanoni Alessandro;
avverso la sentenza del Tribunale di Trento del 24 aprile 2003;
Visti gli atti, la sentenza denunziata ed il ricorso;
Udita in pubblica udienza la relazione fatta dal Consigliere Dott. F. Novarese;
Udito il Pubblico Ministero in persona del Dott. Passacantando G. che ha
concluso per: rigetto del ricorso;
Udito il difensore Avv. GIUDICEANREA Bonifacio (Trento).
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Trento ha proposto ricorso "per saltum" per Cassazione avverso la sentenza del giudice monocratico del predetto Tribunale, emessa in data 24 aprile 2003, con la quale fanoni Alessandro veniva assolto dal reato di smaltimento di rifiuti speciali e pericolosi senza autorizzazione per non aver commesso il fatto, deducendo quali motivi la violazione dell'art. d. l.vo n. 22 del 1997, giacché l'imputato, in qualità di dirigente del servizio di edilizia pubblica, era il detentore dei rifiuti da demolizione di immobile, depositati dalla ditta appaltatrice nel terreno di proprietà della Provincia Autonoma di Trento e responsabile della contravvenzione.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Il motivo addotto è fondato sotto numerosi profili e non solo quello enucleato
dal ricorrente, sicché l'impugnata sentenza deve essere annullata con rinvio
alla Corte di appello di Trento. Appare opportuno riassumere i fatti quali
narrati nell'impugnata sentenza al fine di comprendere i rilievi mossi dal
ricorrente e le argomentazioni svolte.
Zanoni Alessandro, all'epoca dell'esecuzione del contratto di appalto tra la
Provincia Autonoma di Trento e l'impresa "Edilter" di Bragaglia Renzo per la
ristrutturazione dell'ex Centro Ospedaliere Angeli Custodi di proprietà della
prima ricopriva l'incarico di dirigente del servizio di edilizia pubblica della
predetta Provincia Autonoma ed è stato presente al collaudo delle opere ih data
11 gennaio 1996, pochi storni prima della formale rescissione del contratto
intervenuta il 19 s. m. a..
Detto appalto, il cui direttore dei lavori per conto della P.A.T. era l'ing.
Silvio Zanetti e direttore tecnico di cantiere per la ditta era l'ing. Scardovi,
a seguito di inadempienze contestate all'impresa appaltatrice con deliberazione
n. 358 del 19 gennaio 1996 è stato rescisso.
La stessa ditta con sentenza del dicembre 1996 veniva dichiarata fallita dal
Tribunale di Bologna, mentre una notevole quantità di rifiuti speciali,
provenienti dalla demolizione, e pericolosi, costituiti da lastre di amianto,
venivano lasciati abbandonati dall'epoca della rescissione del contratto presso
l'area dell'ex centro ospedaliere su indicato fino a quando nel giugno 1999 il
Comune di Trento richiedeva di provvedere allo smaltimento della quantità dei
rifiuti ed al ripristino della zona oggetto del loro deposito incontrollato.
Il prevenuto provvedeva ad eseguire la richiesta comunale, smaltendo i rifiuti.
L'impugnata sentenza ritiene che lo "Zanoni .. non possa essere ritenuto
responsabile .. del deposito incontrollato di rifiuti contestatogli", perché:
a) è stata "la Edilter a depositare i rifiuti in loco ed a lasciarli sul
cantiere dopo la rescissione del contratto", sicché "spettava .. alla ditta
appaltatrice .. l'onere di trasportare altrove e di smaltire nei modi prescritti
dalla legge i rifiuti risultanti dalle opere di demolizione fino ad allora
effettuate";
b) è contestata all'imputato una condotta omissiva "consistita nell'aver
permesso che tale illecita forma di smaltimento/ deposito incontrollato si
protrasse negli anni. riducendo l'area in questione ad un ricettacolo
tendenzialmente permanente di rifiuti anche pericolosi" senza che nello Zanoni
esista alcuna posizione di garanzia, perché "non fu parte contrattuale, ne'
committente .. non risulta titolare di diritti reali sull'area" ed esistevano
soggetti professionalmente qualificati con compiti di direttore tecnico di
cantiere, cui incombeva di individuare un'area per lo stoccaggio provvisorio dei
materiali di risulta, e di direttore dei lavori per conto della P.A.T.;
c) il reato contestato può realizzarsi solo mediante condotte commissive e non
può consistere nel "mantenimento della discarica o dello stoccaggio da altri
realizzato, pur in assenza di qualsiasi partecipazione attiva ed in base alla
sola consapevolezza della loro esistenza";
d) l'imputato non era a conoscenza dell'esistenza del "deposito incontrollato".
Sarebbe sufficiente rilevare che lo Zanoni è il dirigente e responsabile del
settore, cui viene per legge (l. n. 241 del 1990 e s. m. e leggi Bassanini e d.
l.vi n. 267 del 2000. n. 165 del 2001 e n. 145 del 2002) attribuita la gestione,
ha avuto consegnati i lavori in data 11 gennaio 1996 in seguito alla rescissione
del contratto di appalto, formalmente dichiarata il 19 successivo, ed era al
corrente dei lavori di demolizione svolti per inferirne la responsabilità, ove
lo stesso sia munito di autonomia organizzativa, certamente esistente in un
dirigente, e delle disponibilità finanziarie senza dubbio necessarie soprattutto
per smaltire i rifiuti pericolosi, qualora non esistano impianti nella
disponibilità (dalla proprietà all'appalto) della P.A.T.. ed, in caso di
mancanza delle stesse negativo, non abbia informato gli organi "politici" o
quelli cui compete la gestione della spesa straordinaria; circostanze
insussistenti nella fattispecie per espressa ammissione contenuta in sentenza.
Peraltro, appare ingenuo ritenere che il dirigente non avesse effettiva
conoscenza dell'illecito deposito dei rifiuti, pur avendo presenziato alla
consegna dei lavori ed avendo dovuto essere a conoscenza dell'intervenuto
fallimento della ditta. Tuttavia, è sufficiente la colpevole ignoranza di detti
fatti, ampiamente dimostrata dalle semplici superiori notazioni e dall'ordinanza
sindacale di ripristino dei luoghi, il cui presupposto per l'emanazione è la
sussistenza almeno della colpa in capo al proprietario dell'area, su cui altri
hanno introdotto rifiuti, configurino gli stessi una discarica, un deposito
incontrollato o uno stoccaggio illecito, perché effettuato in area diversa dal
luogo di produzione (cfr. Cons. Stato sez. 5^ 2 aprile 2001 n. 1904 e Cons.
Stato sez. 5^ 1 luglio 2002 n. 3596 cui adde Cons. Stato sez. 5^ 20 gennaio 2003
n. 168 in Rivistambiente 2002, 1095 e 2003, 434). Infatti, l'impugnata sentenza
non esamina il profilo funzionale e strutturale dell'ente pubblico territoriale,
non considera, in base alle normative su indicate, il dirigente di un settore
quale centro di imputazione della responsabilità in materia gestionale, non
tiene presente l'ormai consolidato indirizzo giurisprudenziale sul punto (cfr.
Cass. sez. 3^ 4 marzo 2002 n. 8530, Casti rv. 221261 cui adde Cass. sez. 3^ 21
giugno 2002 n. 23855, P.G. in proc. Pino rv. 222706) e neppure valuta
l'eventuale presenza di atti scritti, trattandosi di un ente pubblico, dai
quali, eventualmente, risulti il conferimento di quella particolare incombenza
(gestione dei rifiuti) a qualche altro soggetto. Pertanto l'ultimo argomento
svolto nell'impugnata sentenza non è fondato e contesta con specifiche norme di
legge, presupposte, pur se non citate, dal ricorrente.
Le prime tre argomentazioni vanno trattate congiuntamente poiché fra loro
connesse ed involgono una serie di tematiche, in parte accennate in ricorso, e
non svolte in sentenza, che oscilla tra diverse qualificazioni (deposito
incontrollato, stoccaggio e discarica), forse perché legata alle definizioni
utilizzate imputazione, e non sempre riesce a cogliere i compiti delle diverse
qualifiche tecniche.
Ed invero, il direttore dei lavori nominato dall'ente appaltante ha il compito
di accertare la regolare effettuazione dell'opera e non assume alcuna posizione
di garanzia e non ha alcun obbligo in tema di rifiuti, sicché la sua evocazione
non assume alcun rilievo (cfr. Cass. sez. 3^ 21 aprile 2000 n. 4957, Rigotti ed
altri rv. 215945), mentre il direttore di cantiere, nominato dall'appaltatore,
svolge una serie di funzioni dall'organizzazione del lavoro con mezzi,
attrezzature e personale al controllo della rispondenza dell'opera al progetto,
sicché, ove avesse avuto un'esplicita delega, poteva essere anche investito
della responsabilità relativa allo smaltimento dei rifiuti, nei confronti della
sola impresa appaltatrice, sicché permaneva sempre la responsabilità dello
Zanoni nella qualità. Peraltro, una volta individuato nel dirigente -
responsabile del settore il soggetto cui riferire le responsabilità gestionali,
potrebbe richiamarsi quella giurisprudenza citata dal ricorrente che pone anche
il committente in una posizione di garanzia in ordine all'obbligo di smaltire i
rifiuti secondo le modalità prescritte dal d. l.vo n. 22 del 1997 (cfr. Cass. n.
4957 del 2000 cit. rv. 215943 e 215944).
Tuttavia, non è necessario, in questa fattispecie, far riferimento a detto
indirizzo giurisprudenziale, condiviso da altra pronuncia (Cass. sez. 3^ 5
giugno 2003 n. 24347 in Rivistambiente 2003, 1353) e non accolto, in maniera
apodittica da altra (Cass. sez. 3^ 1 aprile 2003 n. 15165, Capecchi) con un
"inutile obiter", poiché "il primo motivo di ricorso appare fondato" in quanto
"il materiale inerte di natura lapidea proveniente da demolizione è compreso fra
quelli che l'art. 1 d. m. 3 settembre 1994, escludeva dalla disciplina dei
rifiuti contenuta nel d. l. 8 luglio 1994 n. 438 (all. 1 stesso d. m.)".
Nè appare opportuno, per economia di motivazione, rispondere in maniera
dettagliata alle critiche mosse alla decisione del 2000, seguita da quella del
giugno 2003, essendo sufficiente rilevare che, contrariamente a quanto opina la
"Capecchi", secondo quanto sostenuto dalla migliore dottrina la posizione di
garanzia è rinvenibile nell'art. 2 terzo comma d. l.vo n. 22 del 1997, secondo
cui: "la gestione dei rifiuti si conforma ai principi di responsabilizzazione e
di cooperazione di tutti i soggetti coinvolti nella produzione, nella
distribuzione, nell'utilizzo, e nel consumo di beni, da cui originano i rifiuti,
nel rispetto dei principi dell'ordinamento nazionale e comunitario.
Infatti, la situazione fattuale su descritta dimostra che si è in presenza, in
relazione a quanto si dirà in seguito, di un deposito incontrollato oppure di
uno stoccaggio senza autorizzazione di rifiuti, la cui detenzione, in seguito
alla rescissione del contratto, era passata alla P.A.T. sin dal 19 gennaio 1996,
sicché a detto organo incombeva l'obbligo di provvedere allo smaltimento e,
quindi, al dirigente del settore di edilizia pubblica. Peraltro, ove si volesse
brevemente accennare alle critiche rivolte alla sentenza "Rigotti" alcune
appaiono fondate su argomenti per assurdo e non considerano come il committente
sia un produttore del rifiuto in concorso con altri soggetti, poiché l'attività
di produzione deve essere intesa non solo in senso materiale, ma anche giuridico
e sotto il profilo della sua imputabilità cioè del soggetto nel cui interesse
l'attività è svolta ed il risultato ricade in via diretta, in quanto la stessa
deve essere complessivamente considerata, sicché non è logico estendere la
qualifica di produttore al dirigente del Comune che ha rilasciato un qualsiasi
provvedimento di assentimento della demolizione e ricostruzione dell'immobile o
dell'opera edilizia. Inoltre alcune obiezioni pratiche come quella relativa a
chi intestare il formulario ed agli "appesantimenti" in tema di trasporto
possono essere controbilanciate dalla riconosciuta vanificazione di ogni
possibilità di far pervenire i rifiuti verso siti impropri ed, in ogni caso, non
sembrano rilevanti ne' decisive proprio perché basate su pretesi inconvenienti
concreti e non sull'esegesi delle norme coinvolte.
L'affermazione, poi, secondo cui i produttori non sarebbero responsabili
dell'intero processo di gestione dei rifiuti è, in parte, distorta (cfr. Cass.
sez. 3^ 16 febbraio 2000 n. 1767, Riva ed altro rv. 215687), giacché non è vero
che non faccia assumere autonomo rilievo anche alla responsabilità civile ed
amministrativa, mentre non è neppure sufficiente adempiere agli oneri di cui
all'art. 10 d. l.vo cit. per andare esente da responsabilità, e, soprattutto,
tenta di astrarsi dalla nozione comunitaria di produttore, che, invece,
pronuncia in esame cerca parzialmente di recuperare in adesione con quel canone
di interpretazione comunitaria adeguatrice, secondo il quale fra due esegesi in
astratto possibili si sceglie quella più rispondente al dettato comunitario.
L'obiezione più consistente è quella che attiene ai connotati del contratto di
appalto e dell'obbligo di custodia ed ai c. d. pseudoappalti caratterizzati da
un'ingerenza più o meno marcata del committente o da una codirezione o da altre
forme di patologia del rapporto.
L'argomento necessiterebbe di un particolare approfondimento, che esula da una
pronuncia giurisdizionale ed appare, nella fattispecie, non molto conducente per
le ragioni fattuali già svolte, sicché può sinteticamente rilevarsi che il
concetto di "attività giuridica" è diverso dal mero contratto, l'evoluzione
giurisprudenziale nel settore civile in materia di appalto ha ampliato gli
esempi timidi avanzati nella pronuncia del 2000, ed anche il quadro normativo,
in tema di questa tipologia di contratto ha assunto connotati peculiari (ex. gr.
d. l.vo n. 276 del 2003). Pertanto, ferma restando la possibilità certa di
individuare una responsabilità del committente nei c. d. pseudoappalti ed a
titolo di concorso del produttore con il "gestore" dei rifiuti, non sembra che
l'impostazione di questo giudice di legittimità con la sentenza "Rigotti" debba
essere abbandonata.
Nella fattispecie, come già enunciato ed accennato, è l'intervenuta detenzione
dei rifiuti ad opera della P.A.T., subito dopo la rescissione del contratto di
appalto, a fondare la responsabilità del dirigente del settore, imputato nel
presente giudizio. Infatti, si tratta del soggetto, cui sono stati affidati i
rifiuti, in capo al quale è posto l'onere dello smaltimento e chi ne ha avuto la
materiale disponibilità giuridica.
La nozione di detentore ha carattere residuale ed ampio e finisce con il
ricomprendere tutti i soggetti che svolgono attività di raccolta, di trasporto,
di recupero, di smaltimento, di intermediazione e di commercio dei rifiuti, in
quanto la nuova disciplina, in conformità con il principio "chi inquina paga"
pone a carico del detentore gli oneri relativi allo smaltimento.
Peraltro, anche seguendo la tesi non condivisa secondo cui il detentore non è
responsabile della gestione dei rifiuti, in quanto ha solo un onere e non un
obbligo, sicché appare strano che il legislatore all'art. 10 cit. abbia previsto
che, in determinati casi, vada esente da responsabilità, ammettendola, quindi,
in altri, nella fattispecie in esame si è verificato un deposito incontrollato
oppure uno stoccaggio di rifiuti speciali e pericolosi non autorizzato.
A tal riguardo ritiene il collegio, anche alla luce della recente disciplina in
tema di discariche (d. l.vo n. 36 del 2003), di dover riesaminare la questione
attinente alla distinzione tra deposito incontrollato, stoccaggio e discarica,
seguendo l'impostazione e le critiche rivolte da una voce dottrinale, rivedendo
conseguentemente pure gli approdi in tema di permanenza del reato di discarica
abusiva di una sentenza delle sezioni unite di questa Corte (Cass. sez. un. 28
dicembre 1994 n. 12753, Zaccarelli rv. 199385), già superata dal d. l.vo n. 22
del 1997 e criticata (Cass. sez. 3^ ud. 24 febbraio 1999 dep. 9 aprile 1999,
Machetta, non massimata, nonostante la novità). È opportuno preliminarmente
chiarire che, al di là della fondatezza o meno del primo argomento della
sentenza "Capecchi", su cui non ci si sofferma, in ogni caso, l'allegato 1 del
D.M. 5 settembre 1994 in G.U. 10 settembre 1994 prevede l'inerte da demolizione
e costruzione come escluso dal campo di applicazione del decreto - legge 8
luglio 1994 n. 438 solo qualora sia privo di amianto, sfridi e rottami di
laterizi, laterizi, intonaci e calcestruzzo armato e non, purché proveniente da
idonei impianto di trattamento", sicché stupisce come detta decisione abbia
potuto ritenere sussistenti, in sede di legittimità, tutti questi presupposti,
interessando, nella fattispecie in esame, invece, evidenziare che dalla stessa
sentenza non risultano detti requisiti e, comunque, i rifiuti sono stati
detenuti fino all'agosto 1999 cioè dopo il termine di cui all'art. 57 quinto
comma d. l.vo cit.. Ciò posto, occorre rilevare che la giurisprudenza di questa
Corte, dopo un isolata pronuncia (Cass. sez. 3^ 30 novembre 1998 n. 12538,
Tiragallo rv. 212165), che aveva considerato deposito "controllato" l'accumulo
di materiali pericolosi in un'area dello stabilimento sotto un telone, è sempre
stata costante nel ritenere configurabile un deposito temporaneo solo in
presenza di tutti i requisiti stabiliti dal citato art. 6 lett. m) d. l.vo cit.,
interpretati in senso restrittivo alla luce della definizione comunitaria,
imponendo, comunque, il rispetto dei limite di 20 metri cubi per i rifiuti non
pericolosi in ogni momento e la durata massima di un anno, se si è sempre
mantenuto detto limite (cfr. Cass. sez. 3^ 21 aprile 2000, Rigotti ed altri cit.
215945 e 215946 cui adde Cass. sez. 3^ 19 giugno 2000 n. 7140, Eterno rv. 216977
e da ultimo Cass. sez. 3^ 26 febbraio 2003 n. 9057, Costa rv. 224172) oltre al
raggruppamento dei rifiuti nel luogo in cui sono prodotti.
Tuttavia, nonostante l'art. 6 lett. 1) d. l.vo n. 22 del 1997 fornisca la
nozione di stoccaggio e la successiva lettera m) quella di deposito temporaneo,
la giurisprudenza ha ritenuto che, ove non ricorrano dette condizioni, si sia
sempre in presenza di un deposito temporaneo irregolare e quindi di un deposito
incontrollato, punito ai sensi del secondo comma dell'art. 51 d. l.vo cit. senza
considerare, alle volte, che deve trattarsi di un'operazione precedente alla
gestione dei rifiuti e da effettuarsi nello stesso luogo di produzione, sicché,
ove manchino detti presupposti, si è più propriamente in presenza di uno
stoccaggio, che costituisce un modo di gestione dei rifiuti.
Il d. l.vo n. 36 del 2003 ha chiarito, in parte, detti concetti, stabilendo
attraverso la nozione di discarica (art. 2 lett. g) d. l.vo ult. cit.) un limite
temporale, prima inesistente, sicché, qualora un deposito temporaneo con tutti i
requisiti richiesti, superi un anno non viene più qualificato come deposito
incontrollato, ma come discarica, mentre, se non si è in presenza di un deposito
temporaneo, perché effettuato dopo la raccolta o non nel luogo di produzione,
qualora sia autorizzato, deve essere considerato stoccaggio, che deve essere
distinto se finalizzato allo smaltimento oppure al recupero dei rifiuti, con
l'ulteriore conseguenza che, decorso rispettivamente, un anno o tre dallo
stoccaggio Io stesso deve essere considerato discarica.
Infine, il deposito di rifiuti in modo irregolare, se effettuato nel luogo di
produzione e prima della raccolta, si qualifica come deposito incontrollato,
mentre, negli altri casi, come stoccaggio senza autorizzazione, sicché, in
entrambi i casi, Superato il termine di un anno si è in presenza di una
discarica, se il raggruppamento è finalizzato allo smaltimento dei rifiuti.
Pertanto, pur essendo stabilito un uniforme regime sanzionatorio, è possibile
operare una distinzione, già esistente nel vigore della pregressa normativa, tra
deposito incontrollato e stoccaggio a secondo se il raggruppamento di rifiuti è
effettuato nello stesso luogo di produzione e prima della raccolta in fase
precedente alla gestione oppure in un luogo diverso ovvero successivamente alla
raccolta.
Risolta in astratto detta questione termino logica con riflessi non solo
definitori, sotto il vigore della pregressa disciplina, la situazione fattuale
su descritta meglio si inquadra sotto il profilo del deposito incontrollato in
quanto il raggruppamento dei rifiuti è avvenuto nello stesso sito di produzione
e prima della raccolta con violazione dei requisiti prescritti dall'art. 6 lett.
m) d. l.vo n. 22 del 1997, essendo stati depositati ben 610 Kg. di materiale
contenente amianto, mentre la rimozione dei rifiuti nell'agosto 1999 esclude
l'applicazione della nuova disciplina di cui al d. l.vo n. 36 del 2003,
nonostante la natura permanente del reato, attesa anche la chiara delimitazione
temporale contenuta nel l'imputazione ("tra dicembre 1996 e agosto 1999").
Peraltro, la responsabilità dell'imputato sarebbe configurabile, ove lo si
volesse ritenere soltanto "proprietario" dell'area id est il soggetto
responsabile cui imputare la gestione della stessa, in ragione del rapporto
organico, che lo lega con l'ente, perché riveste la qualifica di dirigente del
settore senza aver affidato ad altri detto compito.
Infatti, la giurisprudenza citata in sentenza (Cass. sez. 3^ 26 settembre 2002
n. 32158. Ponzio rv. 222420),non esclude la possibilità di concorso con condotta
omissiva, ove sussista uno specifico obbligo di agire (Cfr. Cass. sez. 3^ 9
gennaio 2003 n. 2054 in Ambiente 2003, 882, e Cass. sez. 1^ 15 dicembre 1995 n.
12431, Insinua rv. 203332 cui adde Cass. sez. 3^ 3 ottobre 1997 n. 8984, Gangemi
rv. 208624 fra tante), nella fattispecie rinvenibile in considerazione della
qualità di detentore, come già illustrato e riferisce al proprietario che sia a
conoscenza dell'intervenuto abbandono, già effettuato, e non vi abbia
precedentemente dato causa e non consenta l'utilizzo dell'area per effettuarlo
ovvero ne divenga detentore per la rescissione del rapporto contrattuale
preesistente e non abbia deliberato al riguardo con il venir meno del contratto;
condizioni tutte che sembrano essersi verificate nel caso in esame e che,
comunque, il giudice di rinvio potrà verificare, anche se detto accertamento non
appare decisivo.
Del resto, contrariamente a quanto riferisce in sentenza il giudice trentino, il
P.M., sia pure con un utilizzo alternativo dei termini, aveva imputato anche
l'effettuazione senza autorizzazione dello smaltimento di rifiuti speciali e
pericolosi con amianto derivanti dalla demolizione dell'immobile o comunque ne
permetteva l'abbandono od il deposito incontrollato.
La contravvenzione contestata, infine, non è estinta per prescrizione, giacché,
indipendentemente dall'indicazione nell'imputazione dell'epoca del commesso
reato con relativa delimitazione temporale, è certo che l'illecita detenzione
dei rifiuti ed il deposito incontrollato degli stessi sono i perdurati fino
all'agosto 1999.
Infatti, la precedente affermazione delle sezioni unite (Cass. sez. un. 28
dicembre 1994 n. 12753 rv. 193585, Zaccarelli) in tema di discarica ed adattata
pure allo stoccaggio, secondo cui il reato configurato ha natura permanente e la
permanenza cessa o con l'ottenimento dell'autorizzazione o con la chiusura o la
disattivazione della discarica, non solo non era già condivisibile perché
riduttiva e contraddittoria, in quanto rendeva il termine di cessazione della
permanenza ondivago in conseguenza dell'emissione o meno da parte del Sindaco
del provvedimento di rimozione dei rifiuti e non includeva nella nozione di
gestione di discarica il mantenimento della stessa senza alcun conferimento
ovvero l'obbligo di rimessione in pristino (cfr. anche Cass. sez. 3^ ud. 21
settembre 2000, Rossi non massimata), ma, nella fattispecie in esame, non è
invocabile per molte ragioni.
Ed invero, è intervenuto, in questo caso, il provvedimento sindacale di
rimozione, sicché, pure per la pronuncia delle sezioni unite, il termine
prescrizionale inizierebbe a decorrere da detto adempimento e, comunque, il d. l.vo
n. 22 del 1997 all'art. 6 lett. d) a differenza del pregresso d. P. R. n. 915
del 1982 espressamente include nella gestione dei rifiuti "il controllo delle
discariche e degli impianti di smaltimento dopo la chiusura", mentre la nuova
disciplina (d. l.vo n. 36 del 2003) con l'introduzione delle cadenze temporali,
già indicate, del piano di sorveglianza e controllo e di gestione post operativa
conferma le indicazioni fornite dal decreto "Ronchi", sicché ormai la permanenza
del reato di discarica abusiva verrà meno solo dopo dieci anni dalla cessazione
dei conferimenti ovvero con l'ottenimento dell'autorizzazione o la rimozione dei
rifiuti applicandosi le ultime due ipotesi, del resto, in ogni fattispecie di
gestione e/o smaltimento. Pertanto, concludendo, la responsabilità dello Zanoni
potrebbe discendere:
a) dall'essere il soggetto, cui imputare l'attività dei committente, in virtù
del rapporto organico con l'ente territoriale e della qualifica rivestita, ove
non esista, come appare dall'impugnata sentenza, alcun atto scritto (dall'ordine
di servizio al regolamento interno), dal quale risulti l'affidamento
dell'incarico relativo a detto immobile e dello specifico compito oggetto di
contestazione da parte del dirigente del settore ad altro soggetto, e da
qualificare coproduttore dei rifiuti, secondo i principi affermati dalla
sentenza "Rigotti" del 2000;
b) dell'essersi verificato un deposito incontrollato di rifiuti, ove siano stati
raggruppati nello stesso luogo di produzione e prima della raccolta, secondo
quanto appare dalla contestazione e dalla motivazione della sentenza, ovvero uno
stoccaggio senza autorizzazione, qualora non ricorrano dette condizioni,
imputabile a partire dal 19 gennaio 1996 all'ente territoriale e, quindi, al
responsabile della gestione del settore, ove fornito dei mezzi, tecnici o
finanziari, necessari, soprattutto, per quanto attiene allo smaltimento dei
rifiuti pericolosi ed, in mancanza, qualora non li abbia richiesti agli organi
competenti per la gestione e deliberazione della spesa straordinaria;
c) dall'avere l'ente, in qualità di proprietario dell'area, conosciuto o essere
stato posto nelle condizioni di venire a conoscenza, ed aver consentito ed anche
ammesso il deposito incontrollato o lo stoccaggio illecito dei rifiuti nel sito
sin dal 16 gennaio 1996, epoca della consegna dei lavori, e, precedentemente,
ove esistano ulteriori prove circa una condotta agevolatrice, desumibile, in via
induttiva e logica, dall'omesso riferimento in sentenza ad obblighi contrattuali
assunti in tal senso dalla ditta appaltatrice, genericamente ricompresi forse
nel periodo in cui si afferma l'obbligo del "rispetto, da parte della ditta
appaltatrice, delle normative in materia ambientale, gravanti .. su quest'ultima,
che aveva provveduto a nominare .. il direttore tecnico di cantiere, prevedendo
un'area per lo stoccaggio provvisorio dei materiali di risulta", e, comunque,
alle modalità con cui è stata individuata l'area;
d) dall'essere in ogni caso la P.A.T. e per essa il dirigente del settore la
detentrice dei rifiuti dal 16 gennaio 1996, secondo quanto appare dell'impugnata
sentenza.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata con rinvio alla Corte d'appello di Trento.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 15 gennaio 2004. Depositato in Cancelleria il 27 gennaio 2004
Rifiuti - Discarica abusiva e permanenza del reato - Reato di discarica abusiva - Natura di reato permanente - Momento di cessazione della permanenza - Individuazione. In tema di gestione dei rifiuti, il reato di cui all'art. 51, comma terzo, del D. Lgs. 5 febbraio 1997 n. 22, realizzazione o gestione di discarica non autorizzata, a seguito dell'entrata in vigore del D. Lgs. 13 gennaio 2003 n. 36, che ha recepito la direttiva 31/99/CE sulle discariche dei rifiuti, ha natura permanente sino al decorrere di anni dieci dalla cessazione dei conferimenti ovvero con l'ottenimento dell'autorizzazione o la loro rimozione. Pres.Vitalone – Est. Novarese – Imp. P.M. in proc. Zanoni - Pm Passacantando G. (Diff.) (Annulla con rinvio, Trib.Trento, 24 aprile 2003). CORTE DI CASSAZIONE Sez. III del 27 gennaio 2004, (Ud. 15/01/2004) Rv. 227219 sentenza n. 2662
Rifiuti - Illecito deposito di rifiuti - Stoccaggio illecito - Dirigente - Responsabilità - Presupposti - Colpa in capo al proprietario dell'area - Fondamento. In tema di rifiuti, affinché il dirigente abbia effettiva conoscenza dell'illecito deposito dei rifiuti, è sufficiente la colpevole ignoranza dei fatti e la conoscenza dell'ordinanza sindacale di ripristino dei luoghi, il cui presupposto per l'emanazione è la sussistenza almeno della colpa in capo al proprietario dell'area, su cui altri hanno introdotto rifiuti, configurando così una discarica, un deposito incontrollato o uno stoccaggio illecito, in quanto effettuato in area diversa dal luogo di produzione (cfr. Cons. Stato sez. 5^ 2 aprile 2001 n. 1904 e Cons. Stato sez. 5^ 1 luglio 2002 n. 3596 cui adde Cons. Stato sez. 5^ 20 gennaio 2003 n. 168); (cfr. Cass. sez. 3^ 4 marzo 2002 n. 8530, Casti rv. 221261 cui adde Cass. sez. 3^ 21 giugno 2002 n. 23855, P.G. in proc. Pino rv. 222706). Pres. Vitalone - Est. Novarese - Imp. P.M. in proc. Zanoni - Pm Passacantando G. (Diff.) (Annulla con rinvio, Trib. Trento, 24 aprile 2003). CORTE DI CASSAZIONE Sez. III del 27 gennaio 2004, (Ud. 15/01/2004), sentenza n. 2662
Rifiuti - Appalti - Obblighi in tema di rifiuti - Responsabilità relativa allo smaltimento dei rifiuti - Direttore dei lavori nominato dall'ente appaltante - Esclusione - Direttore di cantiere - Esplicita delega - Sussiste - Responsabilità del committente - Sussiste - Garanzia in ordine all'obbligo di smaltire i rifiuti secondo le modalità prescritte dal d. l.vo n. 22/1997. Il direttore dei lavori nominato dall'ente appaltante ha il compito di accertare la regolare effettuazione dell'opera e non assume alcuna posizione di garanzia e non ha alcun obbligo in tema di rifiuti, sicché la sua evocazione non assume alcun rilievo (cfr. Cass. sez. 3^ 21 aprile 2000 n. 4957, Rigotti ed altri rv. 215945), mentre il direttore di cantiere, nominato dall'appaltatore, svolge una serie di funzioni dall'organizzazione del lavoro con mezzi, attrezzature e personale al controllo della rispondenza dell'opera al progetto, sicché, ove avesse avuto un'esplicita delega, poteva essere anche investito della responsabilità relativa allo smaltimento dei rifiuti, nei confronti della sola impresa appaltatrice. Peraltro, una volta individuato nel dirigente - responsabile del settore il soggetto cui riferire le responsabilità gestionali, potrebbe richiamarsi quella giurisprudenza che pone anche il committente in una posizione di garanzia in ordine all'obbligo di smaltire i rifiuti secondo le modalità prescritte dal d. l.vo n. 22 del 1997 (cfr. Cass. n. 4957 del 2000 cit. rv. 215943 e 215944). Pres. Vitalone - Est. Novarese - Imp. P.M. in proc. Zanoni - Pm Passacantando G. (Diff.) (Annulla con rinvio, Trib. Trento, 24 aprile 2003). CORTE DI CASSAZIONE Sez. III del 27 gennaio 2004, (Ud. 15/01/2004), sentenza n. 2662
Rifiuti - Appalti - Responsabilità del committente nei c. d. pseudoappalti ed a titolo di concorso del produttore con il "gestore" dei rifiuti - Sussiste - Tra due esegesi in astratto possibili si deve scegliere quella più rispondente al dettato comunitario - Principio. In tema di rifiuti, l'affermazione, secondo cui i produttori non sarebbero responsabili dell'intero processo di gestione dei rifiuti è, in parte, distorta (cfr. Cass. sez. 3^ 16 febbraio 2000 n. 1767, Riva ed altro rv. 215687), giacché non è vero che non faccia assumere autonomo rilievo anche alla responsabilità civile ed amministrativa, mentre non è neppure sufficiente adempiere agli oneri di cui all'art. 10 d. l.vo n. 22 del 1997 per andare esente da responsabilità, e, soprattutto, tenta di astrarsi dalla nozione comunitaria di produttore, che, invece, pronuncia in esame cerca parzialmente di recuperare in adesione con quel canone di interpretazione comunitaria adeguatrice, secondo il quale fra due esegesi in astratto possibili si sceglie quella più rispondente al dettato comunitario. Pres. Vitalone - Est. Novarese - Imp. P.M. in proc. Zanoni - Pm Passacantando G. (Diff.) (Annulla con rinvio, Trib. Trento, 24 aprile 2003). CORTE DI CASSAZIONE Sez. III del 27 gennaio 2004, (Ud. 15/01/2004), sentenza n. 2662
Rifiuti - Nozione di detentore - Principio "chi inquina paga". In tema di rifiuti, la nozione di detentore ha carattere residuale ed ampio e finisce con il ricomprendere tutti i soggetti che svolgono attività di raccolta, di trasporto, di recupero, di smaltimento, di intermediazione e di commercio dei rifiuti, in quanto la nuova disciplina, in conformità con il principio "chi inquina paga" pone a carico del detentore gli oneri relativi allo smaltimento. Pres. Vitalone - Est. Novarese - Imp. P.M. in proc. Zanoni - Pm Passacantando G. (Diff.) (Annulla con rinvio, Trib. Trento, 24 aprile 2003). CORTE DI CASSAZIONE Sez. III del 27 gennaio 2004, (Ud. 15/01/2004), sentenza n. 2662
Rifiuti - Le discariche alla luce della recente disciplina (d. l.vo n. 36 del 2003) - Dottrina e Giurisprudenza. In tema di discariche alla luce della recente disciplina (d. l.vo n. 36 del 2003), bisogna riesaminare la questione attinente alla distinzione tra deposito incontrollato, stoccaggio e discarica, seguendo l'impostazione e le critiche rivolte da una voce dottrinale, rivedendo conseguentemente pure gli approdi in tema di permanenza del reato di discarica abusiva di una sentenza delle sezioni unite di questa Corte (Cass. sez. un. 28 dicembre 1994 n. 12753, Zaccarelli rv. 199385), già superata dal d. l.vo n. 22 del 1997 e criticata (Cass. sez. 3^ ud. 24 febbraio 1999 dep. 9 aprile 1999, Machetta, non massimata, nonostante la novità). È opportuno preliminarmente chiarire che, al di là della fondatezza o meno del primo argomento della sentenza "Capecchi", su cui non ci si sofferma, in ogni caso, l'allegato 1 del D.M. 5 settembre 1994 in G.U. 10 settembre 1994 prevede l'inerte da demolizione e costruzione come escluso dal campo di applicazione del decreto - legge 8 luglio 1994 n. 438 solo qualora sia privo di amianto, sfridi e rottami di laterizi, laterizi, intonaci e calcestruzzo armato e non, purché proveniente da idonei impianto di trattamento", sicché stupisce come detta decisione abbia potuto ritenere sussistenti, in sede di legittimità, tutti questi presupposti, interessando, nella fattispecie in esame, invece, evidenziare che dalla stessa sentenza non risultano detti requisiti e, comunque, i rifiuti sono stati detenuti fino all'agosto 1999 cioè dopo il termine di cui all'art. 57 quinto comma d. l.vo cit.. Ciò posto, occorre rilevare che la giurisprudenza di questa Corte, dopo un isolata pronuncia (Cass. sez. 3^ 30 novembre 1998 n. 12538, Tiragallo rv. 212165), che aveva considerato deposito "controllato" l'accumulo di materiali pericolosi in un'area dello stabilimento sotto un telone, è sempre stata costante nel ritenere configurabile un deposito temporaneo solo in presenza di tutti i requisiti stabiliti dal citato art. 6 lett. m) d. l.vo cit., interpretati in senso restrittivo alla luce della definizione comunitaria, imponendo, comunque, il rispetto dei limite di 20 metri cubi per i rifiuti non pericolosi in ogni momento e la durata massima di un anno, se si è sempre mantenuto detto limite (cfr. Cass. sez. 3^ 21 aprile 2000, Rigotti ed altri cit. 215945 e 215946 cui adde Cass. sez. 3^ 19 giugno 2000 n. 7140, Eterno rv. 216977 e da ultimo Cass. sez. 3^ 26 febbraio 2003 n. 9057, Costa rv. 224172) oltre al raggruppamento dei rifiuti nel luogo in cui sono prodotti. Pres. Vitalone - Est. Novarese - Imp. P.M. in proc. Zanoni - Pm Passacantando G. (Diff.) (Annulla con rinvio, Trib. Trento, 24 aprile 2003). CORTE DI CASSAZIONE Sez. III del 27 gennaio 2004, (Ud. 15/01/2004), sentenza n. 2662
Rifiuti - Stoccaggio - Deposito temporaneo - Art. 51 d. l.vo n. 22/1997 - Applicabilità. In tema di rifiuti, nonostante l'art. 6 lett. 1) d. l.vo n. 22 del 1997 fornisca la nozione di stoccaggio e la successiva lettera m) quella di deposito temporaneo, la giurisprudenza ha ritenuto che, ove non ricorrano dette condizioni, si sia sempre in presenza di un deposito temporaneo irregolare e quindi di un deposito incontrollato, punito ai sensi del secondo comma dell'art. 51 d. l.vo n. 22 del 1997 senza considerare, alle volte, che deve trattarsi di un'operazione precedente alla gestione dei rifiuti e da effettuarsi nello stesso luogo di produzione, sicché, ove manchino detti presupposti, si è più propriamente in presenza di uno stoccaggio, che costituisce un modo di gestione dei rifiuti. Pres. Vitalone - Est. Novarese - Imp. P.M. in proc. Zanoni - Pm Passacantando G. (Diff.) (Annulla con rinvio, Trib. Trento, 24 aprile 2003). CORTE DI CASSAZIONE Sez. III del 27 gennaio 2004, (Ud. 15/01/2004), sentenza n. 2662
Rifiuti - Discarica - Deposito temporaneo - Deposito incontrollato - D. l.vo n. 36/2003 - D. l.vo n. 22/1997. Qualora un deposito temporaneo con tutti i requisiti richiesti dalla norma in materia, superi un anno non viene più qualificato come deposito incontrollato, ma come discarica, mentre, se non si è in presenza di un deposito temporaneo, perché effettuato dopo la raccolta o non nel luogo di produzione, qualora sia autorizzato, deve essere considerato stoccaggio, che deve essere distinto se finalizzato allo smaltimento oppure al recupero dei rifiuti, con l'ulteriore conseguenza che, decorso rispettivamente, un anno o tre dallo stoccaggio Io stesso deve essere considerato discarica. Pres. Vitalone - Est. Novarese - Imp. P.M. in proc. Zanoni - Pm Passacantando G. (Diff.) (Annulla con rinvio, Trib. Trento, 24 aprile 2003). CORTE DI CASSAZIONE Sez. III del 27 gennaio 2004, (Ud. 15/01/2004), sentenza n. 2662
Rifiuti - Deposito di rifiuti irregolare - Qualificazione - Stoccaggio senza autorizzazione - Deposito incontrollato - Raggruppamento finalizzato allo smaltimento dei rifiuti - Discarica. Il deposito di rifiuti in modo irregolare, se effettuato nel luogo di produzione e prima della raccolta, si qualifica come deposito incontrollato, mentre, negli altri casi, come stoccaggio senza autorizzazione, sicché, in entrambi i casi, superato il termine di un anno si è in presenza di una discarica, se il raggruppamento è finalizzato allo smaltimento dei rifiuti. Pertanto, pur essendo stabilito un uniforme regime sanzionatorio, è possibile operare una distinzione, già esistente nel vigore della pregressa normativa, tra deposito incontrollato e stoccaggio a secondo se il raggruppamento di rifiuti è effettuato nello stesso luogo di produzione e prima della raccolta in fase precedente alla gestione oppure in un luogo diverso ovvero successivamente alla raccolta. Pres. Vitalone - Est. Novarese - Imp. P.M. in proc. Zanoni - Pm Passacantando G. (Diff.) (Annulla con rinvio, Trib. Trento, 24 aprile 2003). CORTE DI CASSAZIONE Sez. III del 27 gennaio 2004, (Ud. 15/01/2004), sentenza n. 2662
Rifiuti - Abbandono di rifiuti - Proprietario dell’area - Concorso per condotta omissiva - Sussiste. La giurisprudenza, non esclude la possibilità di concorso con condotta omissiva, ove sussista uno specifico obbligo di agire (Cass. sez. 3^ 26 settembre 2002 n. 32158. Ponzio rv. 222420Cfr. Cass. sez. 3^ 9 gennaio 2003 n. 2054 in Ambiente 2003, 882, e Cass. sez. 1^ 15 dicembre 1995 n. 12431, Insinua rv. 203332 cui adde Cass. sez. 3^ 3 ottobre 1997 n. 8984, Gangemi rv. 208624 fra tante). Fattispecie: indifferenza del proprietario a conoscenza dell'intervenuto abbandono di rifiuti. Pres. Vitalone - Est. Novarese - Imp. P.M. in proc. Zanoni - Pm Passacantando G. (Diff.) (Annulla con rinvio, Trib. Trento, 24 aprile 2003). CORTE DI CASSAZIONE Sez. III del 27 gennaio 2004, (Ud. 15/01/2004), sentenza n. 2662
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