Per altre sentenze vedi: Sentenze per esteso
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CORTE DI CASSAZIONE sez. III del 9 settembre 2004, (Ud. 03/06/2004) Sentenza n. 36093
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Corte di Cassazione sez. III del 9
settembre 2004, (Ud.
03/06/2004), sentenza n. 36093
Pres. Dell'Anno -
Est. Franco A. - Imp. Salerno - P.M. Ciampoli L. (Conf.)
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DELL'ANNO Paolino - Presidente
Dott. DE MAIO Guido - Consigliere
Dott. LOMBARDI Alfredo Maria - Consigliere
Dott. FIALE Aldo - Consigliere
Dott. FRANCO Amedeo - est. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
Salerno Mele Paolo, nato a Taranto il 14 febbraio 1948, e da Manograssi
Francesco, nato a Oria il 19 aprile 1964;
avverso la sentenza emessa il 2 luglio 2002 dal giudice del tribunale di
Brindisi, sezione distaccata di Francavilla Fontana;
udita nella Pubblica udienza del 3 giugno 2004 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. Amedeo Franco;
udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
Ciampoli Luigi, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con la sentenza in epigrafe il giudice del tribunale di Brindisi, sezione
distaccata di Francavilla Fontana, dichiarò Salerno Mele Paolo e Manograssi
Francesco colpevoli del reato di cui agli artt. 2, 4, 13 e 14 legge 5 novembre
1971, n. 1086, per avere realizzato una vasca in cemento armato all'interno di
una fossa di m. 5,00 x 6,30 x 3,00, senza progetto esecutivo, direttore dei
lavori e denunzia al genio civile, e li condannò alla pena di E. 150,00
ciascuno, mentre li assolse dal reato di cui all'art. 20, lett. b), della legge
28 febbraio 1985, n, 47, perché estinto per sopravvenuta concessione edilizia in
sanatoria e dichiarò non doversi procedere contro il Salerno per il reato di cui
all'art. 51 d. lgs. 5 febbraio 1997, n. 22, perché il fatto non sussiste.
Gli imputati propongono ricorso per Cassazione deducendo:
a) inapplicabilità nella specie della legge 5 novembre 1971, n. 1086. Osservano
che è pacifico che si è trattato di una vasca in cemento armato a servizio di un
frantoio oleario esistente, dalle contenute dimensioni, avente l'unico fine di
impermeabilizzazione, ossia di raccogliere le acque provenienti dal lavaggio
delle olive. È anche pacifico che le dimensioni della buca scavata sono più
ampie della vasca realizzata e tra la vasca in cemento armato e le pareti della
buca resta una considerevole intercapedine, sicché il cemento armato della vasca
non ha nessuna funzione di contenimento dello scavo. È inoltre evidente che la
base della vasca è in cemento armato proprio e soltanto ai fini della
impermeabilizzazione. Pertanto nella specie si tratta di una unica struttura
costituita dalle pareti della vasca, realizzata con una unica gettata di cemento
armato, che non realizza alcun volume e che comunque non ha alcuna finalità
statica, e quindi non rientra tra quelle di cui alla legge 5 novembre 1971, n.
1086.
b) mancanza di motivazione in ordine all'irrilevanza della circolare della
regione Puglia in atti, che esclude dall'applicazione dell'art. 4 della legge in
questione anche gli elementi costruttivi in cemento armato che assolvono una
limitata importanza nel contesto statico dell'opera. Nella specie mancano tutti
i connotati tipici individuati dalla norma incriminatrice.
MOTIVI DELLA DECISIONE
I motivi del ricorso sono infondati.
Secondo la giurisprudenza di questa Suprema Corte, esattamente citata dal giudice a quo, infatti, "gli artt. 1 e 4 della legge n. 1086 del 1971 si riferiscono a tutte le opere in cemento armato e c.a. precompresso senza alcuna distinzione circa le dimensioni e le caratteristiche, richiamate, invece, dall'art. 2 al fine di individuare il tecnico qualificato (ingegnere, architetto oppure geometra) cui commettere la redazione del progetto e la direzione dei lavori. L'art. 1 comma quarto della legge n. 1086 del 1971 indica una prescrizione, quella della denuncia dell'inizio dei lavori con conglomerato cementizio, a cui il costruttore deve attenersi per consentire all'ente preposto di venire a conoscenza dell'attività costruttiva e di effettuare i dovuti controlli al fine di escludere ogni pericolo per la pubblica e privata incolumità" (Sez. 3^, 10 giugno 1996, Sangiorgi, m. 205.791).
È vero, peraltro, che, sul punto richiamato dal ricorrente sono rinvenibili due
orientamenti giurisprudenziali che in parte si differenziano: secondo un primo
orientamento, invero, un'opera in tanto è sottoposta alla disciplina della legge
5 novembre 1971, n. 1086, in quanto risulti dal concorso di una pluralità di
strutture, restando invece al di fuori della normativa le opere costituite da
un'unica struttura (come, ad es., il solaio di una stalla, l'architrave di una
porta) (Sez. 3^, 23 novembre 1998, Consolo, m. 212.177; Sez. 3^, 19 novembre
1996, Elia, m. 206.474), mentre secondo un altro orientamento rientra nella
normativa anche una struttura unitaria (come la realizzazione di un architrave o
di una scala) atteso che non è necessario che l'elemento materiale sia
costituito da un complesso di strutture, essendo rilevante l'elemento funzionale
(Sez. 3^, 3 novembre 1995, Civello, m. 203.159; Sez. 3^, 29 novembre 2000,
Arena, m. 218.797).
Nella fattispecie in esame, tuttavia, la questione è irrilevante perché, secondo
quanto accertato dal giudice del merito, l'intervento incriminato non si è
esaurito nella mera messa in opera di una soletta di cemento avente
esclusivamente funzione di impermeabilizzazione, essendo esso consistito, al
contrario, nella realizzazione di una vasca, composta oltre che dalla base anche
da quattro pareti (di m. 5,0 x 6,30 x 3,00), e quindi non già in un'unica
struttura o membratura in conglomerato, bensì appunto in quel complesso di
strutture (collegate tra loro ed esplicanti una funzione statica e di
contenimento) al quale la norma incriminatrice fa riferimento.
Il riferimento ad una circolare dell'assessorato della regione Puglia (che,
com'è noto, non costituisce fonte di diritto oggettivo neppure di livello
secondario, sicché per essa non opera il principio iura novit curia), che non è
stata depositata in atti e della quale non sono stati neppure indicati gli
estremi, è del tutto irrilevante, anche perché la giurisprudenza di questa Corte
ha già esattamente affermato l'irrilevanza di alcune "circolari" amministrative
regionali emanate in senso contrario all'interpretazione adottata da questa
Corte circa l'ambito delle opere in cemento armato rientranti nella previsione
degli artt. 1 e 4 della legge 5 novembre 1971, n. 1086 (Sez. 3^, 10 giugno 1996,
Sangiorgi, m. 205.791).
Il ricorso deve pertanto essere rigettato con conseguente condanna dei ricorrenti in solido al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
La Corte Suprema de Cassazione
rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti in solido al pagamento delle spese
processuali.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte Suprema di Cassazione, il 3 giugno
2004.
Depositato in Cancelleria il 9 settembre 2004.
Edilizia e urbanistica - Opere in cemento armato - Denuncia di inizio dei lavori - Fondamento - Circolari amministrative individuanti l'ambito di applicabilità della legge n. 1086 del 1071- Irrilevanza. La prescrizione della denuncia dell'inizio dei lavori con conglomerato cementizio, prevista dall'art. 1 della legge 5 novembre 1971 n. 1089, è giustificata dalla necessità di consentire all'ente preposto di venire a conoscenza di ogni attività costruttiva in cemento armato, ritenuta rilevante secondo l'interpretazione giurisprudenziale degli artt. 1 e 4 della citata legge n. 1089, e di effettuare i dovuti controlli al fine di escludere ogni pericolo per la pubblica e privata incolumità, non rilevando in proposito le eventuali circolari amministrative emanate in senso contrario dall'autorità regionale. (Sez. 3^, 10 giugno 1996, Sangiorgi, m. 205.791) Pres. Dell'Anno - Est. Franco A. - Imp. Salerno - P.M. Ciampoli L. (Conf.) (Rigetta, Trib. Brindisi, 2 luglio 2002). CORTE DI CASSAZIONE, sez. III, del 9 settembre 2004, (Ud. 03/06/2004), sentenza n. 36093
Edilizia e urbanistica - Opere in cemento armato - Individuazione del tecnico qualificato - Redazione del progetto e direzione dei lavori - Denuncia dell'inizio dei lavori - Giurisprudenza. Gli artt. 1 e 4 della legge n. 1086 del 1971 si riferiscono a tutte le opere in cemento armato e c.a. precompresso senza alcuna distinzione circa le dimensioni e le caratteristiche, richiamate, invece, dall'art. 2 al fine di individuare il tecnico qualificato (ingegnere, architetto oppure geometra) cui commettere la redazione del progetto e la direzione dei lavori. L'art. 1 comma quarto della legge n. 1086 del 1971 indica una prescrizione, quella della denuncia dell'inizio dei lavori con conglomerato cementizio, a cui il costruttore deve attenersi per consentire all'ente preposto di venire a conoscenza dell'attività costruttiva e di effettuare i dovuti controlli al fine di escludere ogni pericolo per la pubblica e privata incolumità" (Sez. 3^, 10 giugno 1996, Sangiorgi, m. 205.791). È vero, peraltro, che, sul punto sono rinvenibili due orientamenti giurisprudenziali che in parte si differenziano: secondo un primo orientamento, invero, un'opera in tanto è sottoposta alla disciplina della legge 5 novembre 1971, n. 1086, in quanto risulti dal concorso di una pluralità di strutture, restando invece al di fuori della normativa le opere costituite da un'unica struttura (come, ad es., il solaio di una stalla, l'architrave di una porta) (Sez. 3^, 23 novembre 1998, Consolo, m. 212.177; Sez. 3^, 19 novembre 1996, Elia, m. 206.474), mentre secondo un altro orientamento rientra nella normativa anche una struttura unitaria (come la realizzazione di un architrave o di una scala) atteso che non è necessario che l'elemento materiale sia costituito da un complesso di strutture, essendo rilevante l'elemento funzionale (Sez. 3^, 3 novembre 1995, Civello, m. 203.159; Sez. 3^, 29 novembre 2000, Arena, m. 218.797). Pres. Dell'Anno - Est. Franco A. - Imp. Salerno - P.M. Ciampoli L. (Conf.) (Rigetta, Trib. Brindisi, 2 luglio 2002). CORTE DI CASSAZIONE, sez. III, del 9 settembre 2004, (Ud. 03/06/2004), sentenza n. 36093
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