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CORTE DI CASSAZIONE Penale Sez. III 1 Ottobre 2004 (Ud. 09/07/2004), Sentenza n. 38689
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Corte di Cassazione Sez. III Penale 1 Ottobre 2004 (Ud. 09/07/2004), sentenza n.
38689
Pres.Dell'Anno P. - Est. Sarno G.-
Rel. Sarno G.- Imp. Frison.- P.M. Izzo G. (Conf.)
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri
Magistrati: Udienza pubblica
Dott. DELL'ANNO Paolino - Presidente - del 09/07/2004
Dott. ZUMBO Antonio - Consigliere - SENTENZA
Dott. ONORATO Pierluigi - Consigliere - N. 01629
Dott. FRANCO Amedeo - Consigliere - REGISTRO GENERALE
Dott. SARNO Giulio - Consigliere - N. 010411/2003
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
1) FRISON REMO, N. IL 23/12/1950;
avverso SENTENZA del 10/04/2002 CORTE APPELLO di ROMA;
visti gli atti, la sentenza ed il procedimento;
udita in PUBBLICA UDIENZA la relazione fatta dal Consigliere Dott. SARNO GIULIO;
Udito il parere del Procuratore Generale in persona del Dott. Gioacchino IZZO
che ha concluso per il rigetto del ricorso;
Udito il difensore avv. Alberto Melegari;
Udito il P.M. nella persona del Dott. IZZO Gioacchino che ha concluso: rigetto
del ricorso.
FATTI
Con sentenza del 14.3.2000 il
Giudice dell'udienza preliminare del Tribunale di Latina condannava Frison Remo
alla pena di mesi tre di arresto, sostituendola con lire 6.750.000 di ammenda,
per il reato previsto dall'art. 51, comma 1, legge 22/97, per avere svolto una
attività di autodemolizione e senza la prescritta autorizzazione, e, previa
unificazione con il vincolo della continuazione, alla pena di lire 3.000.000 di
ammenda per il reato di cui all'art. 14 in relazione all'art. 3 numero 2 lettera
b) del d.lvo n. 95/1992, per aver tenuto motori e parti di essi adagiati sul
nudo terreno ed esposti al dilavamento meteorico con conseguente percolazione di
olii. In Latina il 4.2.2000.
Disponeva, inoltre, la confisca di
quanto in sequestro. Avverso tale sentenza proponeva appello il Frison
chiedendo:
a) l'assoluzione dal reato di cui all'articolo 14 d.lvo 95/1992, perché gli
agenti non avevano constatato la percolazione degli olii;
b) la condanna alla sola pena pecuniaria per il reato di cui all'art. 51 legge
22/1997, concernendo la violazione rifiuti non pericolosi;
c) l'applicazione della disciplina della continuazione agli episodi indicati in
un decreto penale, prodotto in primo grado, ma non ancora esecutivo, e ad una
sentenza del 1993.
Con sentenza del 10.4.2002, la Corte di Appello di Roma confermava la sentenza
impugnata e condannava l'appellante al pagamento delle maggiori spese
processuali per il grado di giudizio. Contro la sentenza della Corte d'Appello
il Frison ha proposto ricorso per Cassazione per i seguenti motivi:
a) violazione dell'art. 606 lett. b) c.p.p. per inosservanza o erronea
applicazione degli artt. 14 e 3 n. 2 lett. b) d.Lvo. n. 95/1992;
b) violazione dell'art. 606 lett. e) c.p.p. per manifesta illogicità della
motivazione in relazione alla insussistenza della continuazione.
In ordine al primo motivo il ricorrente osserva che per la configurazione
dell'ipotesi delittuosa in esame è necessario che l'olio o la sostanza nociva
cada sul terreno e che il giudice di appello ha erroneamente ritenuto
sussistente l'ipotesi delittuosa benché non sia mai stata riscontrata la
percolazione di olii. In ordine al secondo motivo il ricorrente rileva, invece,
che la Corte di Appello ha escluso la continuazione attribuendo rilievo
pregnante al solo elemento della distanza temporale tra i fatti.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Il ricorso è infondato e va rigettato.
In ordine al primo motivo si osserva quanto segue:
Il decreto legislativo n. 95/1992, dando attuazione, alla direttiva CEE n.
75/439 - successivamente modificata dalla direttiva 87/101 -, ha disciplinato
specificamente la tenuta, la raccolta e l'eliminazione degli olii usati.
Lo scopo della direttiva è duplice in quanto per un verso essa persegue la
finalità di approvvigionamento di combustibili attraverso la loro
riutilizzazione e, dall'altro, nel rispetto del programma d'azione delle
Comunità europee in materia ambientale, quella di garantire che l'eliminazione
degli oli usati sia effettuata senza conseguenze nocive per l'ambiente.
È in questo contesto che si pone l'art. 14 del decreto che sanziona, tra
l'altro, il deposito e/o lo scarico di olii usati che abbia effetti nocivi per
il suolo.
Tale disposizione va letta come "norma di chiusura", nel senso che persegue
evidentemente la finalità di impedire in maniera onnicomprensiva qualsiasi
condotta finalizzata alla eliminazione degli olii esausti con modalità
contrastanti con quelle indicate nel decreto.
La norma vieta, infatti, ove ne possano derivare effetti nocivi per il suolo,
non solo l'attività di scarico degli olii sul terreno e, cioè, in quella di
sversamento propriamente intesa, ma anche quella di deposito degli olii
medesimi.
In quest'ultimo caso si tratta evidentemente di un divieto finalizzato ad
impedire " a monte" che, per effetto della raccolta e dell'accumulo sul suolo di
elementi nocivi, possa derivare danno all'ambiente.
La valutazione del rischio implica naturalmente un'attenta valutazione non solo
dalla tipologia degli olii ma anche delle condizioni di raccolta, tenuta ed
allocamento degli olii medesimi e dei loro contenitori.
Per la sussistenza del reato non appare necessario, peraltro, l'accertamento
dell'attualità della percolazione apparendo sufficiente che essa costituisca, in
una valutazione che tenga conto anche del dato logico e dell'esperienza comune,
conseguenza inevitabile o, quantomeno, altamente probabile della condotta.
Correttamente è, pertanto, ravvisabile il reato in esame in presenza di motori
adagiati su nudo terreno ed esposti al dilavamento meteorico.
Quanto al secondo motivo si osserva che la motivazione della Corte di appello
non appare censurabile in questa sede.
La sentenza impugnata non nega affatto che la continuazione debba essere
applicata sulla base di indici comunemente riconosciuti attraverso le pronunce
della Suprema Corte.
Semplicemente la Corte di appello opera una valutazione di tali indici
attribuendo, nell'escludere la continuazione, valore pregnante all'elemento
della distanza cronologica tra i fatti. Trattandosi di valutazione di merito,
adeguatamente e logicamente motivata, essa si sottrae al giudizio di questa
Corte.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il
ricorrente al pagamento delle spese del processo.
Così deciso in Roma, il 9 luglio 2004.
Depositato in Cancelleria il 1 ottobre 2004
Rifiuti - Gestione dei rifiuti - Abbandono e deposito incontrollato
di rifiuti - Motori e parti di veicoli - Scarico o sversamento degli olii sul
terreno - Verifica della effettiva percolazione -
Necessità - Esclusione - Fondamento. In tema di gestione dei rifiuti, ai fini
della configurabilità del reato di cui all'art. 14 del D.Lgs. 5 febbraio 1997 n.
22, abbandono e deposito incontrollato di rifiuti sul suolo, non è necessario
l'accertamento dell'attualità della percolazione di sostanze liquide costituenti
rifiuto, essendo sufficiente che questa costituisca, in una valutazione che
tenga conto del dato logico e dell'esperienza comune, una conseguenza
inevitabile o altamente probabile, atteso che la disposizione di cui al citato
art. 14 costituisce una norma di chiusura che persegue la finalità di impedire
che per effetto della raccolta e dell'accumulo sul suolo di rifiuti possa
derivare una danno all'ambiente. (Fattispecie relativa al deposito di motori ed
altre parti di veicoli in difetto di autorizzazione). Pres. Dell'Anno P. - Est. Sarno G.-
Rel. Sarno G.- Imp. Frison.- P.M. Izzo G. (Conf.). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. III
1 Ottobre
2004 (Ud. 09/07/2004), Sentenza n. 38689
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