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 Massime della sentenza

 

 

CORTE DI CASSAZIONE Sez. III del 11 febbraio 2004, sentenza n. 5328

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO


Corte di Cassazione Sez. III del 11 febbraio 2004, (ud. 15 gennaio 2004 n. 00018 ), sentenza n.  5328
Pres. Vitalone – Est. Franco - Pm Passacantando – Imp.  Accetta


LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE III PENALE


Composta dagli Ill.mi Sigg.:

Dott. VITALONE Claudio - Presidente 
1. Dott. DE MAIO Guido - Consigliere 
2. Dott. PICCIALLI Luigi - Consigliere
3. Dott. NOVARESE Francesco - Consigliere 
4. Dott. FRANCO Amedeo - Consigliere 

ha pronunciato la seguente


SENTENZA


sul ricorso proposto da:


Accetta Salvatore, nato a Messina il 15 febbraio 1968;
avverso la sentenza emessa l'11 febbraio 2003 dalla Corte d'appello di Perugia;
udita nella udienza pubblica del 15 gennaio 2004 la relazione fatta dal Consigliere Dott. Amedeo Franco;
udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Passacantando Guglielmo, che ha concluso per la sospensione del processo;


SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
 

Con la sentenza in epigrafe la Corte d'appello di Perugia confermò la sentenza emessa il 19 febbraio 2002 dal giudice del tribunale di Perugia, che aveva dichiarato Accetta Salvatore colpevole del reato di cui all'art. 20, lett. b), della legge 28 febbraio 1985, n. 47, per avere, in assenza di concessione edilizia, installato quattro tabelloni pubblicitari, tre dei quali aventi una dimensione di m. 6 x 3 circa, ed il quarto di m. 7 x 2,5 circa.
 

L'imputato propone ricorso per Cassazione deducendo violazione ed erronea applicazione di norme di diritto. Lamenta che erroneamente la Corte d'appello non ha applicato - pur essendone stata sollecitata - la disposizione di cui all'art. 2, lett. n), del regolamento edilizio del comune di Perugia, la quale richiede una semplice autorizzazione e non la concessione edilizia per la collocazione di insegne, tabelle e cartelli pubblicitari. La Corte d'appello nemmeno ha tenuto conto che l'installazione dei cartelloni in questione era provvisoria, essendone prevista una durata di cinque anni, sicché si trattava di opere precarie. In ogni caso non si trattava di un'opera rilevante ai fini urbanistici.
 

MOTIVI DELLA DECISIONE
 

Il primo motivo del ricorso - nella parte in cui lamenta l'omesso esame della applicabilità dell'art. 2, lett. n), del regolamento edilizio del comune di Perugia - è fondato.
 

La Corte d'appello, infatti, ha affermato che il richiamo al regolamento edilizio era "del tutto inconferente posto che il medesimo non è agli atti del processo, ne' l'appellante ne ha chiesto l'acquisizione".
 

Si tratta però di un evidente errore di diritto, avendo il giudice a quo attribuito al regolamento edilizio il valore giuridico di una sorta di contratto e non quello di un atto normativo di diritto oggettivo. I regolamenti comunali, e quindi anche i regolamenti edilizi, infatti, sono fonti di diritto oggettivo e, di conseguenza, per le disposizioni da essi poste, non valgono le regole relative alle norme contrattuali, ma quelle applicabili appunto alle norme di diritto oggettivo, tra cui quella secondo cui per la interpretazione delle loro disposizioni devono applicarsi i criteri ermeneutici di cui all'art. 12 disp. prel. cod. civ. e non quelli di cui agli artt. 1362 e segg. cod. civ., quella secondo cui la violazione delle loro disposizioni costituisce errore di diritto denunciabile in Cassazione come violazione di legge, e quella secondo cui per le norme da essi poste vale il principio iura novit curia. La Corte d'appello aveva quindi il preciso dovere di procurarsi d'ufficio la conoscenza del regolamento invocato dall'imputato e non poteva sottrarsi all'esame della sua applicabilità al caso concreto solo perché l'imputato - che non aveva nessun onere ne' di depositarlo ne' di chiederne l'acquisizione - non ne aveva fatto pervenire una copia al giudice. Ciò posto, l'eccezione preliminare dell'imputato secondo cui il reato non sarebbe configurabile perché, ai sensi della richiamata disposizione del regolamento edilizio comunale, per le insegne pubblicitarie da lui poste in essere, sarebbe necessaria la sola autorizzazione e non la concessione edilizia, non è fondata. Infatti, l'art. 2 del regolamento edilizio del comune di Perugia, adottato dal Consiglio comunale con deliberazioni del 10 dicembre 1965 e dell'11 marzo 1963 ed approvato con decreto ministero dei lavori pubblici n. 5096 del 22 dicembre 1965, dispone che sono soggette ad autorizzazione una serie di opere, tra cui la formazione di nuovi quartieri, la lottizzazione di aree fabbricabili, la formazione di comparti edilizi, la costruzione di nuove case, e così via. È quindi chiaro che la detta disposizione regolamentare parla di autorizzazione in un senso del tutto generico, come provvedimento permissivo da parte del comune, e non già come specifico provvedimento da contrapporre alla concessione edilizia, quale poi è stato previsto e configurato dalle successive norme legislative, sicché, sotto questo profilo, l'invocata norma regolamentare è del tutto inconferente e comunque superata.
 

È altresì fondata la lagnanza del ricorrente secondo cui la Corte d'appello avrebbe erroneamente omesso di esaminare se i cartelloni in questione costituivano o meno una opera rilevante ai fini urbanistici.
 

Infatti, secondo la giurisprudenza di questa Suprema Corte, necessita di concessione soltanto un sostanziale mutamento del territorio nel suo contesto preesistente sia sotto il profilo urbanistico che sotto quello edilizio: entro questi limiti pertanto assume rilevanza penale la violazione dei regolamenti edilizi. Ne deriva che la sistemazione di una insegna o di una tabella (cosiddetta tabellone) pubblicitaria o di ogni altro genere richieda la concessione soltanto quando per le sue consistenti dimensioni comporti un rilevante mutamento territoriale. In tutti i casi in cui è richiesta dalla normativa edilizia comunale l'autorizzazione, l'assenza di quest'ultima da luogo non a sanzione penale, ma - eventualmente - soltanto amministrativa (Sez. 3^, 8 novembre 1988, Lucchesi, m. 182.465; Sez. 3^, 18 settembre 1989, Mastrocinque, m. 182.595; cfr. anche Sez. 3^, 23 maggio 1990, Giusti, m. 184.671).
 

La Corte d'appello ha invece totalmente omesso di esaminare questo aspetto decisivo, essendosi limitata ad affermare che i cartelloni pubblicitari richiedevano la concessione edilizia, e non la semplice autorizzazione, perché erano funzionalmente preordinati ad una utilizzazione stabile e duratura.
 

Tuttavia, non occorre rinviare al giudice del merito per la suddetta valutazione.
 

Risulta infatti che la presenza dei cartelloni fu accertata dal teste Caravaggi durante il suo sopralluogo effettuato il 16 luglio 1999. Emerge anche dalla deposizione del teste che in occasione di detto sopralluogo i cartelloni erano già sistemati ed ultimati. È quindi evidente che l'apposizione di detti cartelloni sia stata ultimata in una data certamente anteriore al 14 luglio 1999 e che quindi il termine di prescrizione dell'eventuale reato sia comunque cominciato a decorrere almeno due giorni prima della data del sopralluogo. Non risulta che il processo abbia subito rinvii a richiesta della difesa. Ne consegue che deve ritenersi che, alla data odierna, il termine prescrizionale sia sicuramente decorso. Dagli atti non risultano in modo evidente cause di proscioglimento ai sensi dell'art. 129 cod. proc. pen..
 

La sentenza impugnata deve pertanto essere annullata senza rinvio perché il reato è estinto per prescrizione.
 

PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

 

annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il reato è estinto per prescrizione.
 

Così deciso in Roma, nella Corte Suprema di Cassazione, il 15 gennaio 2004.
Depositato in Cancelleria il 11 febbraio 2004



 

 

M A S S I M E

 

Sentenza per esteso

 

Edilizia e urbanistica - Sistemazione di insegna o tabella pubblicitaria - Permesso di costruire - Necessità - Condizioni.  La sistemazione di una insegna o tabella pubblicitaria richiede il rilascio del preventivo permesso di costruire quando per le sue rilevanti dimensioni comporti un mutamento territoriale, atteso che soltanto un sostanziale mutamento del territorio nel suo contesto preesistente sia sotto il profilo urbanistico che edilizio fa assumere rilevanza penale alla violazione del regolamento edilizio, con conseguente integrazione del reato di cui all'art. 44 del d.P.R. 6 giugno 2001 n. 380. Pres.Vitalone – Est. Franco – Imp.  Accetta - Pm Passacantando  (Parz. Diff.) (Annulla senza rinvio, App. Perugia, 11 febbraio 2003). CORTE DI CASSAZIONE  Sez. III del 11 febbraio 2004 (Ud. 15 gennaio 2004 n. 00018) Rv. 227402  sentenza n. 5328

 

Edilizia e urbanistica - Regolamenti comunali, (regolamenti edilizi) - Fonte giuridica - Natura - Criteri ermeneutici. In tema di potestà comunale i regolamenti, e quindi anche i regolamenti edilizi comunali, sono fonti di diritto oggettivo e, di conseguenza, per le disposizioni da essi poste, non valgono le regole relative alle norme contrattuali, ma quelle applicabili appunto alle norme di diritto oggettivo, tra cui quella secondo cui per la interpretazione delle loro disposizioni devono applicarsi i criteri ermeneutici di cui all'art. 12 disp. prel. cod. civ. e non quelli di cui agli artt. 1362 e segg. cod. civ., quella secondo cui la violazione delle loro disposizioni costituisce errore di diritto denunciabile in Cassazione come violazione di legge, e quella secondo cui per le norme da essi poste vale il principio iura novit curia. Pres.Vitalone – Est. Franco – Imp. Accetta - Pm Passacantando (Parz. Diff.) (Annulla senza rinvio, App. Perugia, 11 febbraio 2003). CORTE DI CASSAZIONE Sez. III del 11 febbraio 2004 (Ud. 15 gennaio 2004) sentenza n. 5328

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