Legislazione Giurisprudenza Per altre sentenze vedi: Sentenze per esteso
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CORTE DI CASSAZIONE Sez. III 15 giugno 2004 (Cc. 5 maggio 2004), sentenza n.587
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Corte di Cassazione Sez. III 15 giugno 2004 (Cc. 5/05/2004), Sentenza n. 587
Pres. Savignano
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE III PENALE
Omissis
CONSIDERATO IN FATTO E DIRITTO
Con la impugnata ordinanza il Tribunale di Bari ha rigettato l'istanza di
riesame, proposta dai ricorrenti generalizzati in epigrafe, quali legali
rappresentanti della società Miso S.r.l., del decreto di convalida del sequestro
probatorio di un autocarro e della documentazione relativa al trasporto di
scarti della macellazione di animali, emesso dal Pm in relazione al reato di cui
all'articolo 51, comma primo, del D.lgs 22/97.
La misura reale era stata adottata a seguito delle verifiche effettuate dai C.c.
del Noe di Bari presso lo stabilimento Sapa S.r.l., esercente attività di
produzione di concimi organici e minerali, dalle quali emergeva che erano in
corso di ultimazione le operazioni di scarico all'intenro di un capannone di
materiale, denominato "proteine animali trasformate cat. 3 regolamento
1774/2002/Ce", che era stato trasportato con un autocarro appartenente alla
ditta Miso S.r.l..
I verbalizzanti rilevavano che la ditta Sapa era stata diffidata, con nota della
Provincia di Bari dell'1.10.2003, dal proseguire l'attività di raccolta di
rifiuti non pericolosi e che il materiale scaricato poteva essere incompatibile
con il processo di lavorazione effettuato presso tale ditta.
L'ordinanza ha osservato che l'assunto degli istanti per il riesame, secondo il
quale le proteine animali venivano trasportate presso lo stabilimento della Sapa
per essere trasformate in fertilizzanti e non per essere destinate al consumo
umano o animale o per essere abbandonate come rifiuti, è allo stato privo di
riscontri, oltre ad essere in contrasto con il quadro indiziario rilevato dai
verbalizzanti e per la cui verifica è stato eseguito il sequestro.
Premesso inoltre che la normativa contenuta nel regolamento Ce 1774/2002 ha
tacitamente abrogato il D.lgs n. 508/92, si è osservato che il trasporto del
materiale di cui si tratta risultta effettuato in violazione del predetto
regolamento, in quanto dalla documentazione non è dato risalire alla categoria
di provenienza dello stesso; che detto materiale veniva trasportato senza le
cautele richieste dall'allegato VII in tema di magazzinaggio e dell'allegato II
(trasporto in imballaggi nuovi ermeticamente chiusi o in contenitori o veicoli
stagni coperti).
Si è osservato, infine, che l'affermazione degli istanti di avere ignorato il
provvedimento emesso dalla Provincia di Bari nei confronti della ditta Sapa è
privo di rilevanza, non essendo fondato il sequestro probatorio sull'esistenza
degli indizi di colpevolezza in relazione a soggetti determinati, ma
esclusivamente sul fumus del reato oggetto di indagine.
Avverso l'ordinanza ha proposto ricorso il difensore degli istanti per il
riesame, che la denuncia per violazione di legge.
I ricorrenti, in sintesi, premessa la indicazione di tutte le autorizzazioni in
loro possesso, richieste per la raccolta e trasformazione di sottoprodotti
animali a basso rischio, osservano che l'attività posta in essere e la
documentazione ad essa afferente è conforme alle prescrizioni del provvedimento
emanato dalla "Conferenza dei Presidenti delle Regioni e Province autonome con
l'intervento del Ministero della salute, dell'ambiente in data 22.5.2003", che
ha dettato le linee guida per l'applicazione del regolamento Ce n. 1774/2002.
Si denuncia quindi la violazione ed errata applicazione del D.lgs n. 508/92,
nonché dei citati regolamento Ce e Provvedimento adottato dalla Conferenza dei
Presidenti delle Regioni e Province autonome.
Si deduce in proposito che il regolamento Ce 1774/2002 ha classificato in 3
categorie, a seconda del grado di pericolosità, gli scarti di macellazione degli
animali, includendo nell'ultima quelli che non presentano pericoli per la salute
dell'uomo.
Per tale categoria il regolamento prevede la trasformazione degli scarti di
macellazione in proteine animali al fine di essere trasformate in fertilizzanti.
Si osserva, quindi, che il citato regolamento ha esteso a livello comunitario
disposizioni già contenute nel D.lgs n. 508/92, abrogato dal provvedimento in
data 22.5.2003 della Conferenza dei Presidenti delle Regioni e Province
autonome. In ordine al D.lgs citato si osserva inoltre che, secondo un indirizzo
interpretativo di questa Corte e varie circolari ministeriali, gli scarti di
macellazione dovevano considerarsi assoggettati alle sole disposizioni di quest'ultimo
e non anche a quelle del D.lgs n. 22/97. Tale interpretazione - si deduce - trova
puntuale conferma nel provvedimento in data 22.5.2003 nel quale si è evidenziato
che, secondo l'opinione dei Ministeri competenti, il regolamento Ce non
considera mai la gestione dei sottoprodotti di origine animale, non destinati al
consumo, come gestione di rifiuti, mentre li menziona come rifiuti solo
relativamente alla eliminazione finale.
Si conclude, osservando che nel caso in esame è, perciò, inapplicabile il
disposto di cui all'articolo 51 del D.lgs n. 22/97, pur ribadendosi che
l'attività di cui si tratta è stata svolta con tutte le autorizzazioni
richieste, anche in relazione al mezzo di trasporto utilizzato e nel rispetto
delle prescrizioni contenute nella normativa citata.
Il ricorso non è fondato.
Osserva il Collegio che i ricorrenti hanno fatto particolare riferimento, a
sostengono delle argomentazioni esposte, al recente indirizzo interpretativo di
questa Corte, secondo la quale "La materia dei rifiuti di origine animale trova
una propria particolare disciplina nel D.lgs 14 dicembre 1992, n. 508 (attuativo
della direttiva 90/667/Cee), così che le attività di smaltimento e trasporto dei
cd. scarti da macellazione sono sottratte alla disciplina di cui al D.lgs 5
febbraio 1997, n. 22 in virtù del principio di specialità rispetto alla
disciplina generale in tema di rifiuti." (sez. III, 200329236, Miccoli, riv.
2215419).
Al citato indirizzo giurisprudenziale, tuttavia, si contrappone l'altro, anche
esso recente, di questa Corte, secondo il quale "In tema di gestione dei
rifiuti, configura l'ipotesi di reato di cui agli articoli 30 e 51 del D.lgs 5
febbraio 1997, n. 22 lo svolgimento dell'attività di raccolta, trasporto e
stoccaggio di scarti animali non trattati in assenza della iscrizione all'albo
nazionale delle imprese esercenti la gestione dei rifiuti, atteso che la
esclusione del regime generale dei rifiuti prevista dall'articolo 8, comma 1,
del citato decreto n. 22 per le carogne ed altri rifiuti agricoli specificamente
indicati, non può estendersi agli scarti animali in quanto le esclusioni
dall'ambito di una normativa devono essere oggetto di interpretazione
restrittiva." (sez. III, 200208520, Leuci E, riv. 221273)
In tale pronuncia, che ha esaminato in modo particolarmente esaustivo la
questione del rapporto tra i citati testi normativi, si è osservato che le
esclusioni dal regime di cui al D.lgs 22/97 operano soltanto allorquando le
categorie di materie esonerate siano disciplinate da specifiche disposizioni di
legge, e tale non può essere considerato il D.lgs 14 dicembre 1992 n. 508, che
regola esclusivamente i profili sanitari e di polizia veterinaria della fase di
trasformazione dei rifiuti di origine animale, con esclusione, quindi, dei
profili di gestione per i quali rimane la operatività del decreto n. 22 del
1997.
Va ancora osservato che, come dedotto nel ricorso, a seguito della
pubblicazione, in data 10.10.2002, del regolamento Ce n. 1774/2002 del
Parlamento europeo e del Consiglio la disciplina della raccolta, trasporto,
magazzinaggio e altre attività elencate dei sottoprodotti di origine animale è
dettata dal citato testo normativo, stante la immediata operatività dello stesso
nel diritto interno, ai sensi dell'articolo 189 del Trattato Cee, in quanto
emanato da fonti primarie (cfr. sentenza n. 86 del 12.6.1973 e successive della
Corte Costituzionale), di talché il D.lgs n. 508/92 deve ritenersi tacitamente
abrogato con riferimento alle disposizioni che risultino incompatibili con le
norme dettate dalla Comunità europea.
Infine, per dare concreta attuazione alla normativa comunitaria è intervenuto il
Provvedimento in data 22.5.2003 della "Conferenza dei Presidenti delle Regioni e
delle Province autonome", che ha dettato linee guida e disposizioni
interpretative del testo regolamentare.
A proposito di queste ultime è da rilevare che, secondo il citato provvedimento,
il regolamento Ce non considera mai la gestione dei sottoprodotti di origine
animale non destinati al consumo umano, come gestione di rifiuti, li menziona
come rifiuti solo relativamente all'eliminazione finale.
Orbene, si deve osservare che, a seguito della entrata in vigore del citato
regolamento Ce n. 1774/2002 il quadro normativo afferente alla disciplina dei
sottoprodotti di origine animale non è sostanzialmente mutato rispetto a quello
derivante dall'applicazione del D.lgs n. 508/92, in quanto anche detto
provvedimento regola esclusivamente i profili sanitari e di polizia sanitaria
della gestione degli scarti di origine animale non destinati al consumo umano
(articolo 1).
Così precisato il campo di applicazione del regolamento Ce, il Collegio ritiene
corretto l'indirizzo interpretativo espresso nella citata sentenza n. 8520 del
2002, Leuci, secondo il quale nel rapporto tra la normativa in materia di
gestione dei sottoprodotti di origine animale e quella in materia di gestione
dei rifiuti non opera il principio di specialità, in considerazione dei limiti
afferenti ai profili sanitari e di polizia sanitaria cui ha riguardo la prima.
La disciplina dettata dal regolamento Ce n. 1774/2002, pertanto, concorre con
quella di cui al D.lgs n. 22/97 per quanto riguarda i profili della gestione dei
sottoprodotti di origine animale riferentesi alla loro natura di rifiuti, in
quanto debbono essere considerati tali, anche alla luce delle disposizioni
interpretative di cui all'articolo 14, comma secondo lettere a) e b), del Dl
8.7.2002 n. 138, convertito in legge 8.8.2002 n. 178, e, cioè, per quanto
interessa ai fini del presente procedimento cautelare, in ogni caso in cui
risultino destinati alla eliminazione.
Il provvedimento impugnato, infatti, ha ritenuto configurabile la fattispecie
criminosa di cui all'articolo 51 del D.lgs n. 22/97, in considerazione della
ritenuta sussistenza degli elementi di fatto che hanno indotto la pubblica
accusa ad ipotizzare una destinazione degli scarti trasportati dalla ditta Miso
alla eliminazione finale e non si palesa, perciò, in contrasto con gli enunciati
principi di diritto.
Tali elementi, come rilevato in narrativa, sono stati puntualmente individuati
nel fatto che la società Sapa era stata diffidata dal proseguire l'attività di
raccolta di rifiuti non pericolosi; nel comportamento equivoco tenuto dal
conducente dell'automezzo della ditta Miso, una volta rilevata la presenza dei
Carabinieri; nella circostanza che dalla documentazione di trasporto non era
possibile risalire alla categoria di provenienza dei materiali; nel fatto che
detto materiale veniva trasportato senza le cautele richieste dall'allegato VII
in tema di magazzinaggio e dall'allegato II (trasporto in imballaggi nuovi
ermeticamente chiusi o in contenitori o veicoli stagni coperti).
Peraltro, come è noto nessun accertamento di merito doveva essere effettuato dai
giudici del riesame in ordine alla fondatezza della ipotesi di reato oggetto di
indagine (Sezioni unite 25.3.1993 n. 4, Gifuni, riv. 193117); né, tanto meno,
possono essere contestati in sede di legittimità gli elementi di fatto sui quali
è stato fondato il giudizio del Tribunale del riesame.
Va infine osservato che i ricorrenti non hanno contestato il provvedimento
impugnato in punto di indicazione delle esigenze probatorie in funzione delle
quali è stata adottata la misura reale.
L'esito del presente giudizio, peraltro, non preclude agli interessati la
possibilità di chiedere la restituzione di quanto in sequestro, laddove debbano
ritenersi venute meno le citate esigenze probatorie, che a seguito della recente
pronuncia di questa Corte (Sezioni unite n. 5876/04, Ferazzi), devono costituire
oggetto di concreta indicazione.
Il ricorso, pertanto, deve essere rigettato.
Ai sensi dell'articolo 616 C.p.c. al rigetto dell'impugnazione segue la condanna
dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
PQM
La Corte rigetta il ricorso e
condanna i ricorrenti (...) in solido al pagamento delle spese del procedimento.
Così deciso in Roma nella Camera di Consiglio del 5.5.2004.
Depositata in Cancelleria il 15 giugno 2004.
Rifiuti - Gestione dei rifiuti - Gestione dei sottoprodotti di origine animale - Reg. Ce n. 1774/2002 - Art. 14, D.lgs n. 22/97. Nel rapporto tra la normativa in materia di gestione dei sottoprodotti di origine animale e quella in materia di gestione dei rifiuti non opera il principio di specialità, in considerazione dei limiti afferenti ai profili sanitari e di polizia sanitaria cui ha riguardo la prima. La disciplina dettata dal regolamento Ce n. 1774/2002, pertanto, concorre con quella di cui al D.lgs n. 22/97 per quanto riguarda i profili della gestione dei sottoprodotti di origine animale riferentesi alla loro natura di rifiuti, in quanto debbono essere considerati tali, anche alla luce delle disposizioni interpretative di cui all'articolo 14, comma secondo lettere a) e b), del Dl 8.7.2002 n. 138, convertito in legge 8.8.2002 n. 178, e, cioè, per quanto interessa ai fini del presente procedimento cautelare, in ogni caso in cui risultino destinati alla eliminazione. Pres. Savignano. CORTE DI CASSAZIONE Sez. III 15 giugno 2004 (Cc. 5 maggio 2004), sentenza n. 587
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