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Per altre sentenze vedi: Sentenze per esteso
CORTE DI CASSAZIONE Sez. III, 24 febbraio 2004 (Ud. 27.11.2003), sentenza n. 7746
Rifiuti - Gestione dei rifiuti - Produttore e detentore di rifiuti - Responsabilità - Condizioni - Individuazione. In tema di gestione dei rifiuti, le responsabilità per la sua corretta effettuazione, in relazione alle disposizioni nazionali e comunitarie, gravano su tutti i soggetti coinvolti nella produzione, distribuzione, utilizzo e consumo dei beni dai quali originano i rifiuti stessi, e le stesse si configurano anche a livello di semplice istigazione, determinazione, rafforzamento o facilitazione nella realizzazione degli illeciti commessi dai soggetti impegnati nella gestione dei rifiuti. (In applicazione di tale principio la Corte ha affermato la penale responsabilità dell'amministratore unico di una società a responsabilità limitata per non avere impedito la realizzazione del reato previsto dall'art. 51 del D.Lgs. 5 febbraio 1997 n. 22, avendola ritenuta obbligata all'osservanza delle prescrizioni imposte dalla legge e dal provvedimento autorizzativo regionale, nella specie non integralmente rispettato). Pres. Savignano G. - Est. Fiale A. - Ric. Turati ed altro. - P.M. D'Angelo G. (Parz. Diff.) (Rigetta, App.Milano, 15 ottobre 2002). CORTE DI CASSAZIONE Sez. III del 24 febbraio 2004 (Ud. 27/11/2003 n. 01963) Rv. 227400 , Sentenza n. 7746
Rifiuti - Gestione dei rifiuti - Responsabilità penale - Principi di responsabilizzazione e cooperazione dei soggetti coinvolti - Concetto di "coinvolgimento" - Omissione di doveri di vigilanza e di controllo - Responsabilità dei detentori e/o produttori di rifiuti - Presupposti - Fondamento - Sistema della responsabilità penale in materia di rifiuti. In tema di rifiuti nell'individuazione delle responsabilità penali nella gestione, deve rilevarsi che - ai sensi dell'art. 2, comma 3, del D.Lgs. n. 22/1997 - detta gestione "si conforma ai principi di responsabilizzazione e cooperazione di tutti i soggetti coinvolti nella produzione, nella distribuzione, nell'utilizzo e nel consumo di beni da cui originano i "rifiuti, nel rispetto dei principi dell'ordinamento nazionale e comunitario". Il concetto di "coinvolgimento" trova specificazione nelle disposizioni poste dal successivo art. 10 (fatte salve le ipotesi di concorso di persone nel reato), ma la giurisprudenza ha specificato che anche la mera osservanza delle condizioni di cui all’art. 10 non vale ad escludere la responsabilità dei detentori e/o produttori di rifiuti allorquando costoro si siano "resi responsabili di comportamenti materiali o psicologici tali da determinare una compartecipazione, anche a livello di semplice istigazione, determinazione, rafforzamento o facilitazione, negli illeciti commessi dai soggetti dediti alla gestione dei rifiuti" (vedi Cass., Sez. III, 6.2.2000, n. 1767, Riva). Il sistema della responsabilità penale, inoltre, nella materia in oggetto, "risulta ispirato ai principi di concretezza e di effettività, con il rifiuto di qualsiasi soluzione puramente formale ed astratta" (vedi Cass., Sez. III, 20.10.1999, n. 11951, Boncinelli). La consapevole omissione di doveri di vigilanza e di controllo, da parte di soggetto direttamente "coinvolto" nella gestione dei rifiuti, ha comportato responsabilità già sotto il profilo della "facilitazione" della commissione degli illeciti da parte del soggetto intromessosi nella gestione di fatto della società. Pres. Savignano G. - Est. Fiale A. - Ric. Turati ed altro. - P.M. D'Angelo G. (Parz. Diff.) (Rigetta, App.Milano, 15 ottobre 2002). CORTE DI CASSAZIONE PENALE, SEZ. III, 24 FEBBRAIO 2004, Sentenza n. 7746
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Corte di Cassazione Sez. III del
24 febbraio 2004
(Ud. 27 novembre 2003 n. 01963),
sentenza n. 7746
Pres. Savignano G.- Est. Fiale A. - P.M. D'Angelo G.- Ric. Turati ed altro.
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE III PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Udienza pubblica
Dott. SAVIGNANO Giuseppe - Presidente
Dott. RAIMONDI Raffaele - Consigliere
Dott. ONORATO Pierluigi - Consigliere
Dott. VANGELISTA Vittorio - Consigliere
Dott. FIALE Aldo - Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
1 - xxx, n. a xxx il xxx;
2 - xxx, n. a Milano il xxx;
avverso la sentenza 15.10.2002 della Corte di Appello di Milano;
Visti gli atti, la sentenza denunziata ed il ricorso;
Udita in Pubblica udienza la relazione fatta dal Consigliere Dr. Aldo FIALE;
Udito il Pubblico Ministero in persona del Dr. D'ANGLEO Giovanni che ha concluso
per l'annullamento con rinvio della sentenza impugnata, nei confronti del solo
XXX e limitatamente al diniego dell'attenuante speciale.
Rigetto nel resto.
Udito, per la parte civile, l'Avv. Giuliano M. POMPA, che ha concluso chiedendo
il rigetto del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza del 15.10.2002 la Corte di Appello di Milano confermava la sentenza 30.10.2001 del Tribunale monocratico di quella città, che aveva affermato:
a) la responsabilità penale di xxx Bianca e Xxx Ivan in ordine ai
reati di cui:
- all'art. 51, 1^ e 4^ comma, D. Lgs. 5.2.1997, n. 22 per avere la xxx nella
qualità di amministratore unico della s.r.l. "xxx" ed il Xxx in
quella di socio gestore effettivo dell'impresa, effettuato attività di messa in
riserva, recupero e deposito di rifiuti speciali non pericolosi in violazione
delle prescrizioni della delibera regionale n. 41177 del 29.1.1999 acc. in
Milano, il 27 ed il 30.9.1999;
- all'art. 51, 1^ comma, D. Lgs. 5.2.1997, n. 22 per avere nelle rispettive
qualità dianzi indicate effettuato attività di raccolta e di messa in riserva
del rifiuto CRE 150106 (imballaggi di materiali vari) in assenza della
prescritta autorizzazione regionale con riferimento alla maggiore quantità
raccolta (me. 12001300) rispetto a quella autorizzata (mc. 300) acc. in Milano,
il 30.9.1999;
- all'art. 51, 1^ comma, D. Lgs. 5.2.1997, n. 22 per avere nelle rispettive
qualità dianzi indicate effettuato attività di raccolta e di messa in riserva di
rifiuti vegetali (CRE 200200) e di rifiuti provenienti dall'attività urbana
(vetro, prodotti tessili e carta) in assenza della prescritta autorizzazione
regionale acc. in Milano, il 3.11.1999;
- all'art. 51, 1^ comma, D. Lgs. 5.2.1997, n. 22 per avere - nelle rispettive
qualità dianzi indicate effettuato attività di raccolta e di stoccaggio di
rifiuti pericolosi (soluzione alcalina da cianuro contenente metalli pesanti) in
assenza della prescritta autorizzazione regionale acc. in Milano, il 3.11.1999;
b) nonché la responsabilità penale del solo Xxx Ivan anche in ordine al
reato di cui:
- agli artt. 640 e 61, n. 11, cod. pen. truffa in danno dei titolari della
s.n.c. "CORMET", per avere contribuito, con artifici e raggiri, a procurare alla
s.r.l. "ECODELFT un ingiusto profitto corrispondente al maggior prezzo pagato
dalla società produttrice del rifiuto, per il recupero, rispetto a quello
necessario per lo smaltimento in discarica in Milano, dal luglio all'ottobre del
1999 e, riconosciute ad entrambi gli imputati circostanze attenuanti generiche
ed al solo Xxx anche l'attenuante di cui all'art. 62, a 4, cod. pen.,
prevalenti sulle aggravanti contestate, unificati i reati nel vincolo della
continuazione ex art. 81 cpv. cod. pen., aveva condannato la xxx alla pena
complessiva di mesi 4 e giorni 15 di arresto e lire 6.000.000 di ammenda ed il
Xxx alla pena complessiva (condizionalmente sospesa) di mesi 5 di
reclusione e lire 200.000 di multa; nonché entrambi, in solido, al risarcimento
dei danni ed alla rifusione delle spese in favore della Provincia di Milano,
costituitasi parte civile.
Avverso tale sentenza hanno proposto ricorso i due imputati, sotto i profili
della violazione di legge e del vizio di motivazione. La xxx ha eccepito la
propria estraneità alle contravvenzioni contestate, poiché l'effettivo gestore
della s.r.l. "xxx" era il Xxx (suo figlio e socio di
maggioranza) mentre la sua carica di amministratrice era soltanto formale e
priva di qualunque potere gestorio e decisorio.
Il Xxx, a sua volta, ha impugnato le sole statuizioni relative al
delitto di truffa, lamentando l'insussistenza di tale reato e l'incongruo
diniego dell'attenuante di cui all'art. 62, n. 4, cod. pen.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Il ricorso deve essere rigettato in relazione alle doglianze rispettivamente svolte da entrambi gli imputati.
1. Per l'individuazione delle responsabilità penali nella gestione dei rifiuti,
deve rilevarsi che ai sensi dell'art. 2, comma 3, del D. Lgs. n. 22/1997 detta
gestione "si conforma ai principi di responsabilizzazione e cooperazione di
tutti i soggetti coinvolti nella produzione, nella distribuzione, nell'utilizzo
e nel consumo di beni da cui originano i rifiuti, nel rispetto dei principi
dell'ordinamento nazionale e comunitario".
Il concetto di "coinvolgimento" trova specificazione nelle disposizioni poste
dal successivo art. 10 (fatte salve le ipotesi di concorso di persone nel
reato), ma la giurisprudenza di questa Corte Suprema ha specificato che anche la
mera osservanza delle condizioni di cui all'art. 10 non vale ad escludere la
responsabilità dei detentori e/o produttori di rifiuti allorquando costoro si
siano "resi responsabili di comportamenti materiali o psicologici tali da
determinare una compartecipazione, anche a livello di semplice istigazione,
determinazione, rafforzamento o facilitazione, negli illeciti commessi dai
soggetti dediti alla gestione dei rifiuti" (vedi Cass., Sez. 3^, 6.2.2000, n.
1767, Riva).
Il sistema della responsabilità penale, inoltre, nella materia in oggetto,
"risulta ispirato ai principi di concretezza e di effettività, con il rifiuto di
qualsiasi soluzione puramente formale ed astratta" (vedi Cass., Sez. 3^,
20.10.1999, n. 11951, Bonomelfi). Nella specie non risulta volato il principio
della personalità della responsabilità penale, fissato dall'art. 27 della
Costituzione, poiché la xxx, amministratrice unica e rappresentante legale
della s.r.l. "Ecorecuperi", è stata condannata:
- dal punto di vista oggettivo (unitamente all'amministratore di fatto, che ha
assunto responsabilità propria essendosi intromesso nella gestione) per non
avere impedito eventi che aveva l'obbligo giuridico di impedire, essendo
direttamente obbligata all'osservanza delle prescrizioni imposte dalla legge e
dal provvedimento autorizzatone;
- dal punto di vista soggettivo, non per il solo fatto che avesse acconsentito a
ricoprire formalmente la carica sociale, bensì sul presupposto che ella,
frequentando la sede ed il deposito aziendali, ben poteva essere in grado di
accorgersi delle evidenti violazioni degli obblighi di legge e di quelli imposti
dall'autorizzazione regionale ed aveva comunque tenuto un comportamento quanto
meno negligente, integrante colpa.
La consapevole omissione di doveri di vigilanza e di controllo, da parte di
soggetto direttamente "coinvolto" nella gestione dei rifiuti, ha comportato
responsabilità già sotto il profilo della "facilitazione" della commissione
degli illeciti da parte del soggetto intromessosi nella gestione di fatto della
società. 2. Quanto alle doglianze del Domenichini (riferite al solo delitto di
truffa):
a) l'imputato, pur dolendosi della condanna, ha omesso di indicare
specificamente le ragioni di diritto e gli elementi di fatto che sorreggono la
censura, sicché il motivo di gravame risulta del tutto generico, in violazione
dell'art. 581, lett. c), c.p.p.;
b) la Corte di merito (in carenza di impugnazione del P.M.) ha denegato
l'attenuante del danno patrimoniale di speciale tenuità, che pure era stata già
riconosciuta dal giudice di primo grado:
nessun effetto ha però prodotto tale illegittimo diniego sull'entità della pena,
che era stata determinata anche in considerazione del riconoscimento
dell'attenuante medesima con giudizio di prevalenza ex art. 69 cod. pen.
Il dispositivo di conferma integrale della sentenza appellata riguarda,
conseguentemente, anche la concessione dell'attenuante di cui all'art. 62, n. 4,
cod. pen. e dall'evidente errore di motivazione non deriva alcun pregiudizio che
il ricorrente abbia interesse a fare valere in sede di legittimità.
3. A norma dell'art. 616 c.p.p., al rigetto del ricorso segue la condanna dei
ricorrenti, in solido, al pagamento delle spese del procedimento.
Gli stessi ricorrenti, inoltre, devono essere solidalmente condannati al
rimborso degli onorati e delle spese sostenute per questo grado di giudizio
dalla Provincia di Milano, costituitasi parte civile in persona del presidente
protempore, che vengono liquidate in complessivi euro 1.230,00, di cui euro
1.200,00 per onorario, oltre I.V.A. e contributi Cassa Avvocati.
P.Q.M.
la Corte Suprema di Cassazione, visti gli artt. 607, 615 e 616 c.p.p., rigetta
il ricorso e condanna i ricorrenti, in solido, al pagamento delle spese
processuali nonché al rimborso degli onorali e delle spese di questo grado di
giudizio, in favore della costituita parte civile, liquidate in complessivi euro
1.230,00, di cui euro 1.200,00 per onorario, oltre I.V.A. e contributi Cassa
Avvocati.
Così deciso in Roma, il 27 novembre 2003.
Depositato in Cancelleria il 24 febbraio 2004
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