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CORTE DI CASSAZIONE Sez. III del 26 febbraio 2004 (Ud. 16.01.2004), sentenza n. 8424
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Corte di Cassazione Sez. III del
26 febbraio 2004, (Ud.
16/01/2004), sentenza n.
8424
Pres. Papadia U. – Est. De Maio G - Pm Izzo G. – Imp. Fiato.
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE III PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.:
- Dott. PAPADIA Umberto - Presidente
- Dott. VITALONE Claudio - Consigliere
- Dott. DE MAIO Guido - Consigliere
- Dott. VANGELISTA Vittorio - Consigliere
- Dott. FRANCO Amedeo - Consigliere
ha pronunciato la seguente
SENTENZA/ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
FIATO ANTONIO N. IL 24/06/1968;
avverso SENTENZA del 27/12/2002 CORTE APPELLO di CATANZARO;
visti gli atti, la sentenza ed il procedimento;
udita in Udienza pubblica la relazione fatta dal Consigliere Dott. DE MAIO
GUIDO;
Udito il P.M. nella persona del Dott. IZZO G. che ha concluso:
rigetto del ricorso;
MOTIVAZIONE
Con sentenza in data 27.12.2002 la Corte d'Appello di Catanzaro confermò la
sentenza 26.11.2001 del Giudice monocratico del Tribunale di quella città, con
la quale Fiato Antonio era stato condannato, con le attenuanti generiche e la
sospensione condizionale, alla pena di mesi otto di arresto e lire dieci milioni
di ammenda, perché riconosciuto colpevole del reato di cui agli artt. 51 co. 3
D. L.vo 22/97 ("per avere realizzato e gestito, in assenza di autorizzazione,
una discarica di rifiuti speciali - materiale edilizio, eternit ed altro - su
suolo di sua proprietà", in Borgia, acc. il 5.10.99).
La sentenza di appello è stata impugnata con ricorso per Cassazione
personalmente dall'imputato, il quale ha denunciato, con unico motivo,
violazione dell'art. 51 co. 3 D. L.vo 22/97. Il ricorso va dichiarato
inammissibile perché le censure propongono questioni di mero fatto, limitandosi
a una diversa prospettazione delle risultanze processuali, e sono comunque
manifestamente infondate. Infatti, il ricorrente sostiene, innanzi tutto, che "è
risultato provato che il sito, presso il quale i CC hanno sorpreso tal Ferro
Antonio nell'atto di scaricare da un autocarro del materiale, non è attrezzato
ne' destinato a discarica"; che "con interpretazione personale, avulsa dal dato
obiettivo e dalle prove testimoniali addotte dalla stessa accusa, ... quella
modestissima quantità di materiale inerte non pericoloso osservato dai CC... e
di cui al verbale di sequestro, è divenuto, nella parte motiva della sentenza di
primo grado, una cospicua quantità di materiale di scarico, operata con dei
camion, alla presenza dell'imputato Fiato". Per contro, la sentenza impugnata ha
ritenuto, con accertamento di fatto insindacabile in sede di legittimità e
sorretto da adeguata motivazione (in quanto basata sui riferimenti dei
verbalizzanti e sui rilievi fotografici eseguiti) a) che "sul posto vi era una
quantità veramente notevole di materiali provenienti da demolizioni edilizie:
frammenti di mattoni, di marmetti e pavimentazioni, eternit, una betoniera,
ecc."; b) che tale ammasso di rifiuti, per la sua quantità ed eterogeneità, "non
poteva essere stato scaricato in una sola occasione, ma in una pluralità di
operazioni, effettuate in tempi diversi, con materiali provenienti da più
cantieri". Su tali basi, i giudici di merito hanno fatto ineccepibile
applicazione del principio secondo cui i materiali provenienti da demolizioni e
scavi costituiscono rifiuti speciali a norma dell'art. 7 co. 3 lett. b) D. L.vo
22/97 e scaricarli in un'area determinata attraverso una condotta ripetuta,
anche se non abituale e protratta per lungo tempo, configura quella
realizzazione o gestione di discarica per la quale è richiesta l'autorizzazione
di cui agli artt. 27 e segg. del citato D. L.vo (tra le molte, Cass. sez. 3^,
28.11.97, Verrastro).
Manifestamente infondata è, poi, la tesi difensiva secondo cui il Fiato non si
sarebbe "neppure accorto dell'ingresso sul sito del camion condotto
dall'ineffabile Ferro", avendo i giudici di merito persuasivamente rilevato che
"la baracca dell'officina del Fiato è posta a pochissimi metri dall'avvallamento
ove gli scarichi venivano effettuati", per cui gli stessi "non potevano di certo
passare inosservati"; mentre di mero fatto e comunque non decisiva è
l'affermazione del ricorrente che "la baracca è posta ad almeno cento metri
dall'avvallamento di cui parla la Corte". Manifestamente infondata è anche
l'ulteriore deduzione secondo cui la sentenza impugnata "immotivatamente e
irragionevolmente estende al Fiato la responsabilità di tutti quegli altri
apporti..., per il solo fatto che lo stesso Fiato era il componente della
famiglia presente in officina il 5.10.99 e sol perché in quel verbale di
sequestro... viene dai CC. indicato - erroneamente - come il proprietario del
terreno". Infatti, i giudici di merito hanno basato la riferibilità della
discarica all'attuale ricorrente sui seguenti decisivi rilievi: 1) il Fiato
aveva la disponibilità del terreno in questione; 2) l'officina di cui si è detto
era gestita dallo stesso (in questa sede, non ha importanza se da solo o insieme
agli altri componenti della famiglia); 3) per la già sottolineata situazione dei
luoghi, egli stesso non poteva non essere a conoscenza degli scarichi (che,
quindi, avvenivano con il suo consenso). Del tutto apodittica e infondata è, di
conseguenza, anche l'affermazione che il Fiato "deve rispondere del solo fatto
del 5.10.99". Alla declaratoria di inammissibilità consegue la condanna
dell'imputato, che ha sottoscritto personalmente il ricorso, alle spese, nonché
al versamento, in favore della Cassa delle ammende, della somma, equitativamente
fissata, di cinquecento euro.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il
ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al
versamento di cinquecento euro alla Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 16 gennaio
2004.
Depositato in Cancelleria il 26 febbraio 2004
Rifiuti - Gestione di rifiuti - Materiali da demolizione e scavo - Natura - Rfiuti speciali - Scarico ripetuto in difetto di autorizzazione - Reato di realizzazione di discarica abusiva - Configurabilità - Art. 51 co. 3 D. L.vo 22/9. I materiali provenienti da attività di demolizione o scavo costituiscono rifiuti speciali ai sensi dell'art. 7 del decreto legislativo 5 febbraio 1997 n. 22; conseguentemente lo scarico degli stessi attraverso una condotta ripetuta, anche se non abituale e protratta per lungo tempo, configura il reato di realizzazione di discarica non autorizzata di cui all'art. 51 del citato decreto n. 22. (tra le molte, Cass. sez. 3^, 28.11.97, Verrastro). Fattispecie: realizzazione e gestione, in assenza di autorizzazione, di una discarica di rifiuti speciali - materiale edilizio, eternit ed altro - su suolo di sua proprietà. Pres. Papadia U. – Est. De Maio G - Pm Izzo G. – Imp. Fiato. (Conf.) (Parz. Diff.). (Dichiara inammissibile, App. Catanzaro, 27 dicembre 2002). CORTE DI CASSAZIONE Sez. III del 26 febbraio 2004 (Ud. 16/01/2004) Sentenza n. 8424
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