Legislazione Giurisprudenza Per altre sentenze vedi: Sentenze per esteso
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CORTE DI CASSAZIONE Penale Sez. III, 24 marzo 2004, Sentenza n. 14426
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Corte di Cassazione Penale Sez. III 24 marzo 2004, sentenza n. 14426
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri
Magistrati: Camera di consiglio
Dott. RIZZO Aldo - Presidente - del 11/02/2004
Dott. ZUMBO Antonio - Consigliere - SENTENZA
Dott. ONORATO Pierluigi - Consigliere - N. 00236
Dott. SQUASSONI Claudia - Consigliere - REGISTRO GENERALE
Dott. GRILLO Carlo - Consigliere - N. 027134/2003
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
1) CHIARIOTTI ANTONELLA N. IL 04/12/1956,
avverso SENTENZA del 19/02/2003 TRIBUNALE di MACERATA;
visti gli atti, la sentenza ed il procedimento;
udita in PUBBLICA UDIENZA la relazione fatta dal Consigliere Dott. SQUASSONI
CLAUDIA;
Udito il P.M. nella persona de Dott. Izzo G. che ha concluso: rigetto del
ricorso.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con sentenza 19.2.2003, il Tribunale di Macerata ha ritenuto Chiarotti Antonella
responsabile dei reati previsti dagli att. 727 c.p., 6 c. 1, c. 4 L. 150/1992 e,
concesse le attenuanti generiche, l'ha condannata alla pena di euro 2000, 00 di
ammenda per la prima contravvenzione ed euro 8000, 00 di ammenda per la seconda.
A sostegno della conclusione, il Giudice ha rilevato, per quanto concerne il
reato ex art. 727 c.p., che l'imputata deteneva due esemplari vivi di leoni in
modo incompatibile con la loro natura in quanto sistemati una gabbia di
dimensioni assolutamente inadeguate che non dava loro possibilità di movimento;
inoltre, gli animali non erano accuditi, erano in pessime condizioni
igieniche-sanitarie e si presentavano denutriti e con alcune ferite.
Per quanto riguarda il residuo illecito, il Giudice ha osservato come, quanto
meno per un leone, la detenzione non fosse lecita perché non compreso nella
denuncia effettuata dall'imputata a sensi della disposizione transitoria di cui
all'art. 6 c. 3 L. 150/1992; il Tribunale ha rilevato che l'animale costituiva
un pericolo per la incolumità pubblica per il tipo di gabbia per la quale era
custodito (con sbarre distanziate, senza dispositivi di sicurezza ed
avvicinabile da chiunque). L'elemento soggettivo del reato è stato desunto dal
Giudice da una missiva 5.2.1998 con la quale la Prefettura di Macerata informava
la Chiarotti della illecita detenzione degli animali.
Per l'annullamento della sentenza, l'imputata ricorre in Cassazione deducendo
difetto di motivazione e violazione di legge, in particolare, rilevando:
- che il capo di imputazione e la motivazione della sentenza per il reato di cui
all'art. 6 c. 1 L. 150/1992, fanno riferimento al pericolo per la incolumità
pubblica a causa del sito e delle caratteristiche della gabbia in cui i leoni
erano custoditi: la norma, invece, richiede che sussista il ricordato pericolo
in relazione alla categoria degli animali;
- che l'imputata, la quale possedeva due esemplari prima dell'entrata in vigore
della L. 150/10992, aveva ottemperato alle prescrizione della norma transitoria
di cui all'art. 6 c. 3 rendendo così legittima la detenzione anche per
l'esemplare nato in cattività;
- che il Giudice ha ritenuto che per un leone la situazione fosse regolare, ma
non si è pronunciato nel merito;
- che, per il reato di cui all'art. 727 c.p., il trattamento degli animali è
stato dedotto da impressioni soggettive dei testi, che hanno sostanzialmente
svolto il ruolo di consulenti, e non da elementi reali;
- che non è stato tenuto conto delle circostanza che l'imputata, in seguito ad
uno sfratto, è stata costretta a dare una precaria sistemazione agli animali in
attesa della concessione (che è stata rifiutata) per la costruzione di un
leonile/;
- che non sono sorretti da adeguata motivazione i seguenti punti della sentenza:
la quantificazione della pena e la esclusione dei benefici di legge e del
vincolo della continuazione tra i reati. Il Collegio ritiene che le deduzioni
della ricorrente non siano meritevoli di accoglimento.
Per quanto concerne la violazione alla L. 150/1992, deve precisarsi come l'art.
6 ci vieti la detenzioni di animali che "costituiscano pericolo per la salute e
la incolumità pubblica"; tale requisito non costituisce un elemento integrativo
della fattispecie che il Giudice deve in concreto valutare ai fini del
perfezionamento del reato come ritiene, sia pure implicitamente, la ricorrente.
Il pericolo in questione rappresenta il criterio da applicare per la
individuazione delle specie, delle quali vietare la detenzione, e per la
formazione degli elenchi predisposti dai Ministri competenti e previsti dallo
art. 6 c. 2 Legge citata.
Dal momento che gli animali per cui è processo sono inseriti tra quelli
pericolosi dal DM 19.4.1996, emanato in attuazione dello art. 6 c. 2, la loro
detenzione non è consentita a prescindere da ogni valutazione sulle modalità
della loro custodia.
Di conseguenza la precisazione contenuta nel capo di imputazione circa la
pericolosità degli animali (correlata alla loro sistemazione logistica) era
superflua in quanto era sufficiente la specificazione, esistente nella
contestazione, sulla loro specie (Panthera Leo). Sotto questo profilo la
deduzione della imputata non è conferente in quanto riguarda una
puntualizzazione del capo di incolpazione e della sentenza non rilevante per la
configurazione della fattispecie; la circostanza che gli animali fossero
alloggiati in gabbie non sicure è solo un indice per valutare la gravità della
condotta della imputata. La tesi della difesa secondo la quale la detenzione del
leone, nato dopo il periodo previsto per la sanatoria di cui all'art. 6 c. 3 L.
150/1992, sia legittima non trova conferma dalla lettura del chiaro testo
legislativo. La norma autorizza la detenzione di "animali provenienti da
riproduzione in cattività" che già erano posseduti alla data di pubblicazione
del D M 19.4.1996 contenente l'elenco degli animali pericolosi; nel caso
concreto, il leone è nato in cattività in epoca successiva alla pubblicazione
del decreto per cui la sua detenzione non era legittima. La circostanza che, per
un esemplare, il reato non sai configurabile è stata considerata dal Giudice che
(pur non avendo provveduto a pronunciare sulla assoluzione dell'imputata) non ha
incrementato la pena per il reato a titolo di continuazione interna; pertanto la
ricorrente è carente di interesse a dolersi sul punto. Per quanto concerne il
residuo illecito, si rileva come il Giudice di merito abbia avuto cura di
indicare le numerosi e concordi fonti probatorie dalle quali ha tratto la sua
convinzione circa le modalità di detenzione degli animali; i testi non hanno
espresso soggettive impressioni, ma hanno riferito quanto da loro constatato e
le loro affermazioni sono sufficienti per concludere che i leoni fossero in
pessime condizioni e sistemati in una gabbia del tutto inadeguata alle loro
dimensioni.
La circostanza che la Chiarotti non avesse potuto costruire un adeguato
alloggiamento per gli animali è irrilevante ai fini di una eventuale esimente,
ma imponeva all'imputata di cedere gli esemplari ai depositi previsti dall'arti
lett. C) del Decreto Ministro dello Ambiente 28.5.1993 (ed in tale senso era
stata sollecitata dalla Prefettura competente in data 5.2.1998)
Di conseguenza la motivazione sulla sussistenza del reato di cui all'art. 727
c.p. è congrua, completa, corretta e, come tale, insindacabile in sede di
legittimità.
Relativamente al regime sanzionatorio, deve precisarsi come il Giudice abbia
condannato per la contravvenzione di cui all'art. 6 L. 150/1992, che commina
pena alternativa, alla sola ammenda e, per entrambi i reati, abbia determinato
la sanzione in misura prossima al minimo editale. In tale contesto, l'apparato
argomentativo della sentenza sul tema, pur nella sua sintesi, deve ritenersi
sufficiente e corretto.
I benefici di legge non erano stati chiesti dalla difesa nelle conclusioni
dibattimentali per cui il Tribunale non era gravato dall'obbligo di giustificare
il mancato esercizio un potere discrezionale che la parte non aveva sollecitato.
In merito allo omesso riconoscimento del vincolo della continuazione, il Giudice
non ha applicato l'art. 81 c. 2 c.p. in riferimento alla natura permanente del
reato di cui all'art. 727 c.p.; la motivazione non è puntuale in quanto non vi
sono ostacoli normativi o logici che impediscano di applicare la disciplina del
reato continuato anche nel caso in esame.
Tuttavia la censura dell'imputata sul punto è carente della necessaria
concretezza in quanto non evidenzia alcun serio elemento o argomento dai quali
dedurre che gli episodi antigiuridici sono stati commessi in esecuzione di
preciso programma per il conseguimento di un unico fine.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese
processuali.
Così deciso in Roma, il 11 febbraio 2004.
Depositato in Cancelleria il 24 marzo 2004
1) Maltrattamento animali - Stato di denutrizione - Maltrattamento - Art. 727c.p. - Sussistenza - Fattispecie: leoni tenuti in gabbie di modeste dimensioni. In tema di maltrattamento di animali, ex art. 727c.p., configura gli estremi del reato anche la detenzione, peraltro illecita, di due esemplari di leoni vivi, in stato di denutrizione ed in pessime condizioni igienico-sanitarie, custoditi in una gabbia di dimensioni assolutamente inadeguate, tale da non consentire loro possibilità di movimento. Pres. Rizzo AS. Est. Squassoni C. Imputato: Chiarotti. P.M. Izzo G. (Conf.) (Rigetta, Trib. Macerata, 19 febbraio 2003). CORTE DI CASSAZIONE Penale, Sez. III, del 24 marzo 2004 (Ud. 11/02/2004) Sentenza n. 14426
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