Legislazione Giurisprudenza Vedi altre: Sentenze per esteso
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, (Quinta Sezione) ANNO 2003 ha
pronunciato la seguente
DECISIONE
sul ricorso in appello n. 4343/2003 proposto da Luciano Tondo,
rappresentato e difeso dall’Avv. Ernesto Sticchi Damiani, ed elettivamente
domiciliato presso il cav. Luigi Gardin in Roma, via L. Mantegazza n. 24;
CONTRO
il Comune di Lizzanello in persona del sindaco pro tempore, rappresentato e
difeso dall’Avv. Pietro Quinto, ed elettivamente domiciliato presso lo studio
Grez, in Roma, Lungotevere Flaminio n. 46;
E NEI CONFRONTI DI
Giampiero Marchello e Giovanni Calogiuri, non costituiti
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale della Puglia, Sezione
Staccata di Lecce, Sezione Prima, 6 febbraio 2003 n. 408.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del comune di Lizzanello;
Esaminate le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
Visti tutti gli atti di causa;
Relatore alla pubblica udienza del 12 dicembre 2003, il Consigliere Marco
Lipari;
Uditi, altresì, gli avv.ti Capone, per delega dell’avv.to Sticchi Damiani, e
Chierroni, in sostituzione dell’avv.to Quinto;
Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:
FATTO
1 La sentenza appellata ha respinto il ricorso proposto dall’attuale appellante
contro la deliberazione del consiglio comunale di Lizzanello, n. 19 del 29
novembre 2002, concernente la revoca dell’interessato dalla carica di presidente
del consiglio comunale.
2 L’appellante ripropone e sviluppa le censure disattese deal tribunale.
3 Il comune resiste al gravame, mentre le altre parti, pur ritualmente intimate,
non si sono costituite in giudizio.
DIRITTO
1 Il comune di Lizzanello, con popolazione inferiore ai quindicimila abitanti,
ha previsto, nel proprio statuto, la figura del presidente del consiglio
comunale, ai sensi dell’articolo 39 del testo unico degli enti locali, approvato
con il decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, definendone analiticamente i
compiti e le modalità di elezione (articoli 16-bis, 16-ter, 16-quater,
16-quinquies e 16-sexies).
2 In particolare, l’articolo 16-bis, commi 2, 3, 4 e 7, dello Statuto,
stabiliscono le seguenti regole:
“2. La presidenza del Consiglio è attribuita ad un consigliere comunale,
nominato, nella prima seduta del consiglio, tra i consiglieri eletti che non
ricoprano la carica di Sindaco o Assessore. Ove dovesse risultare eletto un
consigliere comunale che sia anche componente della Giunta Comunale, questi
dovrà optare per l’una o per l’altra carica e nel caso optasse per la carica di
Presidente del Consiglio lasciando libero l’Assessorato ricoperto, il Sindaco
procederà alla nomina di altro componente della Giunta Comunale in sostituzione
dell’Assessore nominato Presidente del Consiglio.
3. L’elezione avviene a scrutinio segreto e a maggioranza dei 2/3 dei
consiglieri assegnati.
4. Qualora nessuno raggiunga la maggioranza richiesta di cui al comma
precedente, si procede, nella seduta, ad una ulteriore votazione che vede eletto
Presidente il Consigliere suffragato con la maggioranza assoluta dei voti dei
consiglieri assegnati. Nel caso di esito negativo si procede immediatamente al
ballottaggio tra i due candidati più votati e risulta eletto il candidato che
raccoglie più voti e, in caso di parità, il candidato più anziano di età.
(…)
7. Il Presidente del consiglio può essere revocato, su richiesta motivata e
sottoscritta da un numero di consiglieri non inferiore a 2/5 e depositata 10
giorni prima, con il voto favorevole palese e con appello nominale, dei 2/3 dei
consiglieri assegnati.”
3 Con la delibera impugnata in primo grado, il consiglio comunale di Lizzanello
ha revocato al Sig. Luciano Tondo l’incarico di presidente del consiglio
comunale, conferito con la precedente deliberazione n. 19 del 20 agosto 2001.
4 L’appellante, ricorrente in primo grado, sostiene l’illegittimità della
delibera di revoca.
5 L’articolato atto di appello sviluppa una lineare tesi difensiva, articolata
nei seguenti punti:
a) la posizione istituzionale del presidente del consiglio comunale è
necessariamente caratterizzata da una posizione di stabilità, quanto meno
relativa;
b) la revoca dell’incarico è quindi possibile, ma solo all’esito di uno speciale
procedimento circondato da idonee garanzie e in presenza di rigorosi presupposti
oggettivi, che evidenzino significativi inadempimenti del titolare dell’ufficio;
c) ne deriva l’illegittimità e la disapplicabilità delle regole statutarie che
prevedano la revoca dell’incarico sulla base di una scelta meramente politica
della maggioranza qualificata del consiglio;
d) in ogni caso è illegittima l’impugnata delibera di revoca dell’incarico,
perché basata su valutazioni squisitamente politiche, non riferite alle modalità
di espletamento delle funzioni di presidente e sproporzionata rispetto ai fatti
concretamente contestati.
6 L’appello è infondato, in relazione a tutti i motivi in cui esso si articola.
7 In concreto, la determinazione del consiglio comunale si fonda sulla
principale considerazione che il Sig. Tondo, attraverso una serie di condotte
politiche, realizzate all’interno del consiglio e in altre sedi, avrebbe assunto
un atteggiamento incompatibile con il ruolo istituzionale super partes
attribuito al presidente del consiglio.
8 Si tratta di una determinazione adeguatamente motivata e che pone in luce la
effettiva violazione di regole comportamentali connaturate alla carica di
garante della corretta dinamica politico-amministrativa dell’ente comunale.
9 Il riferimento testuale al venir meno della “fiducia politica”, compiuto nella
richiesta di revoca, non può essere sopravvalutato, perché esso indica,
piuttosto, che una parte dei consiglieri comunali non ravvisava più
l’adeguatezza del Sig. Tondo al ruolo neutrale assegnato al presidente.
10 Questa neutralità, proprio perché inserita nella dialettica politica
dell’azione di governo locale, ben potrebbe prestarsi ad una valutazione in
termini di “fiducia politica”, intesa, ovviamente, non come adesione alla linea
politica della maggioranza consiliare, ma come capacità di consentire il pieno e
corretto dispiegarsi delle opzioni emerse all’interno delle istituzioni
comunali.
11 In questo contesto, si osserva che al Sig. Tondo è stata addebitata
l’assunzione di comportamenti volti ad incidere, con forte peso, sulla
dialettica del consiglio, attraverso dichiarazioni e condotte che mettono in
discussione il ruolo garantistico proprio della figura del presidente.
12 In questo senso, appare particolarmente grave la dichiarazione resa il 21
maggio 2002 dal Sig. Tondo e ampiamente diffusa dalla stampa, nella quale
l’interessato afferma, proprio nella qualità di presidente del consiglio
comunale: “per il ruolo istituzionale che ricopro, sento l’obbligo in futuro di
dare gli impulsi di indirizzo e di controllo politico, valutando di volta in
volta tutti gli atti che l’amministrazione proporrà al consiglio in attesa che
il Sindaco provveda a sistemare tempestivamente questa grave antinomia politica,
divenuta ormai insostenibile.”
13 Ugualmente grave e sintomatico del venir meno di un ruolo equidistante dalle
posizioni politiche in campo risulta l’episodio del 12 agosto 2002, quando il
Sig. Tondo, introducendo un argomento non all’ordine del giorno, annunciando
l’istituzione di una nuova associazione politico culturale, formata con un altro
consigliere.
14 Risulta dimostrato che, il Sig. Tondo, dopo aver illustrato il progetto,
aveva abbandonato l’aula, lasciando al vicario l’esame e la trattazione dei
punti all’ordine del giorno.
15 I comportamenti appena riassunti sono effettivamente idonei a minare la
fiducia del consiglio nella capacità del presidente a svolgere correttamente e
imparzialmente il proprio ruolo.
16 È forse vero che queste condotte potrebbero essere valutate in modo
diversificato, sulla base della particolare sensibilità dell’assemblea
consiliare.
17 Ma ciò non significa affatto, come ritiene l’appellante, che il presidente
del consiglio goda di una posizione di stabilità assoluta o quasi assoluta, che
lo porrebbe al riparo dalla revoca, salvi casi del tutto eccezionali.
18 In presenza di una puntuale disposizione statutaria, che prevede la revoca,
ancorandola ad un particolare procedimento, non possono trovare ingresso i
principi elaborati dalla dottrina costituzionalistica in merito alla posizione
dei presidenti delle assemblee parlamentari e al loro regime di stabilità. Senza
dimenticare, al riguardo, che, in tali casi, la disciplina dei casi di
cessazione delle funzioni è rimessa alla Costituzione e ai regolamenti
parlamentari.
19 Inoltre, nel caso di specie non risultano violati nemmeno i principi espressi
da una parte della giurisprudenza amministrativa, che ha individuato alcune
limitazioni al potere di revoca del presidente del consiglio comunale, anche
nella eventualità in cui la disciplina statutaria preveda la nomina e non la
revoca.
20 Dalla formulazione letterale della disposizione statutaria e dal suo contesto
sistematico si evince che la revoca è collegata a una valutazione di carattere
anche latamente politico (ma nei sensi sopra precisati) rimessa alla decisione
della maggioranza consiliare, riferita a concreti e significativi episodi
compiuti dal presidente.
21 In tale ambito, il sindacato del giudice amministrativo sulla determinazione
comunale si svolge con pienezza quando si tratta di verificare la legittimità
formale del procedimento seguito, mentre resta notevolmente limitato ogni
apprezzamento sugli aspetti politico-discrezionali manifestati dall’atto.
22 In questo senso, quindi, la deliberazione non richiede una motivazione
particolarmente analitica. Questa, oltretutto, può rilevare anche sotto il
profilo della responsabilità politica del consiglio, e si riflette in modo
apprezzabile sui requisiti di legittimità dell’atto, ma solo quando pone in luce
incongruenze palesi e significative.
23 Infatti, la revoca non assume carattere tipicamente “sanzionatorio” di
tipiche condotte illecite del presidente, né può considerarsi assimilabile agli
atti di autotutela, sottoposti a principi garantistici stringenti
(partecipazione procedimentale, indicazione delle ragioni di interesse pubblico,
ecc.).
24 Il profilo sanzionatorio della revoca, in qualche misura presente, si
connette inevitabilmente anche alla valutazione di ordine politico istituzionale
compiuta dal consiglio.
25 La revoca del presidente, quindi, può considerarsi anche come un atto volto a
definire razionalmente l’ordinato assetto dei rapporti istituzionali tra gli
organi di indirizzo politico-amministativo del comune, assunto quando risulta
alterato il ruolo di garante imparziale assegnato dal presidente.
26 A dire del ricorrente, la disposizione statutaria del comune di Lizzanello,
nella parte in cui prevede la revoca del presidente del consiglio comunale senza
determinare i presupposti dell’atto, è illegittima e va disapplicata, perché si
pone in contrasto con i principi desumibili dall’articolo 39 del testo unico
degli enti locali.
27 La Sezione rileva che, in ogni caso, l’illegittimità prospettata non pare
riconducibile all’ipotesi del “contrasto” fra disposizioni di rango diverso.
Infatti, non emerge alcuna palese antitesi tra due distinte disposzioni. Al
contrario, il ricorrente prospetta una difformità tra la regola puntuale dello
statuto e la ratio complessiva del sistema legislativo degli enti locali.
Dunque, risulta quanto meno dubbia la possibilità di procedere alla
disapplicazione di una norma non tempestivamente impugnata.
28 In ogni caso, non sussiste la lamentata illegittimità dello Statuto. La
previsione legislativa del testo unico degli enti locali lascia ampi margini al
potere normativo e di autorganizzazione dell’ente locale, che può variamente
definire il regime di stabilità del presidente dell’ente. Anzi, si potrebbe
osservare che l’esigenza di mantenere il consenso di una maggioranza qualificata
dell’assemblea risulta razionale e coerente nella prospettiva di un ordinato
svolgimento delle attività dell’ente.
29 Si deve aggiungere, poi, che la previsione di un regime volto ad attenuare la
stabilità della posizione del presidente del consiglio risulta ancora più
giustificata per i comuni di minori dimensioni che scelgono di introdurre tale
figura nell’organizzazione dell’ente.
30 Ma non è condivisibile l’impostazione seguita dall’appellante, in quanto la
norma statutaria definisce le modalità procedimentali della revoca, senza
peraltro affermare che essa potrebbe disporsi senza alcun riferimento a
specifici episodi espressivi della inidoneità del presidente a ricoprire la
carica.
31 Non muta questa conclusione la circostanza che l’atto di revoca prenda
origine da una mozione presentata da alcuni componenti dell’organo collegiale,
correlata alla indicazione di fatti specifici. E non assume peso nemmeno il dato
che la delibera sia assunta all’esito di un dibattito nel quale possono essere
considerate con attenzione specifiche vicende.
32 Anche in tali casi resta intatto il significato della revoca, che, nel suo
contenuto tipico resta perfettamente identica alla determinazione positiva di
scelta del presidente.
33 Questo inquadramento dell’atto di revoca non impedisce del tutto la
possibilità che emergano profili caratteristici dell’eccesso di potere, almeno
in relazione a determinate figure sintomatiche, quali il travisamento dei fatti.
34 Al proposito, si potrebbe indicare l’ipotesi in cui la delibera di revoca
faccia riferimento a un fatto particolare, che risulti in concreto
insussistente. Ma anche in un caso del genere occorrerebbe comunque verificare
se la revoca non risulti comunque giustificata dalla espressa indicazione di una
effettiva sfiducia nei confronti del presidente.
35 Nella presente vicenda, la delibera di revoca è stata assunta all’esito di un
ampio dibattito consiliare, nel corso del quale sono stati indicati molteplici
episodi idonei a provocare la rottura dell’originario rapporto di fiducia tra la
maggioranza e il presidente.
36 Le interpretazioni politiche dei diversi fatti potrebbero forse risultare
opinabili. Ma i dati oggettivi, nel loro nucleo più significativo non risultano
contestati tra le parti.
37 In altri termini, non emerge alcun travisamento dei fatti nella loro
oggettività, mentre la valutazione strettamente politica della vicenda resta
sottratta al sindacato di legittimità del giudice amministrativo.
38 Dunque, non possono trovare accoglimento nemmeno gli altri profili di censura
articolati dal ricorrente, riguardanti lo sviamento del fine, la
contraddittorietà e la pretestuosità delle allegazioni motivazionali, la mancata
valutazione in ordine alla gravità oggettiva dei fatti addebitati
(proporzionalità) e all’inerenza dei medesimi all’esercizio delle funzioni
attribuite al presidente.
39 Al proposito, il ricorrente richiama la giurisprudenza della Sezione (25
novembre 1999, n. 1983 e 6 giugno 2002, n. 3187), secondo cui la revoca non può
connettersi al venir meno del rapporto fiduciario.
40 Secondo la prima pronuncia (25 novembre 1999, n. 1983 ):
- la revoca del presidente del consiglio comunale può avvenire solo per
motivazioni istituzionali, che ne costituiscono la funzione tipica secondo la
logica del sistema; è pertanto illegittima la delibera basata su motivazioni
politiche;
- lo sviamento di potere, che presuppone l'esercizio di una potestà
discrezionale, si manifesta in via di deduzione logica e non come ribellione,
più o meno aperta, al disposto di una norma, ossia come violazione di un dettato
normativo, evidenziabile mediante un sillogismo giuridico;
a differenza della Giunta, il Consiglio comunale è l'organo rappresentativo del
comune, nel quale sono presenti maggioranza e minoranza e nel cui seno si deve
equilibrare l'esercizio di due distinti diritti, della maggioranza,
all'attuazione dell'indirizzo politico sancito dal corpo elettorale e della
minoranza, a rappresentare e svolgere la propria opposizione, vicenda, questa,
ove si deve garantire la corretta dialettica tra tali parti e per la quale
occorre un sistema di regole a tutela delle funzioni istituzionali dell'organo
stesso, indipendentemente dalle decisioni da assumere in concreto di volta in
volta; pertanto, la funzione del presidente del Consiglio comunale è strumentale
non già all'attuazione di un indirizzo politico di maggioranza, bensì al
corretto funzionamento dell'organo stesso e, come tale, non è solo neutrale, ma
non può restar soggetto al mutevole atteggiamento fiduciario della maggioranza,
indipendentemente dalla circostanza che il presidente sia eletto dall'assemblea,
dovendo costui sempre operare in modo imparziale a garanzia di tutto il
Consiglio e non della sola parte che l'ha designato.
41 Secondo l’altra decisione (6 giugno 2002, n. 3187):
- la funzione del presidente del Consiglio comunale non è strumentale
all'attuazione di un determinato indirizzo politico, ma al corretto
funzionamento dell'istituzione in quanto tale; pertanto, la revoca del
presidente del consiglio non può essere causata che dal cattivo esercizio della
funzione, in quanto ne sia viziata la neutralità e deve essere motivata con
esclusiva riferimento a tale parametro e non ad un rapporto di fiduciarietà
politica;
- è latamente discrezionale il giudizio della maggioranza consiliare che ritenga
che il presidente del Consiglio comunale non sia rimasto neutrale; pertanto, il
sindacato di legittimità non può spingersi oltre la manifesta illogicità ed
ingiustizia e l'evidente travisamento del fatto.
42 Non risulta affatto che la pronuncia di primo grado si sia discostata dai
principi sanciti dalla Sezione. Al contrario, la sentenza applica puntualmente
le regole interpretative formulate dalla consolidata giurisprudenza
amministrativa.
43 Priva di rilievo è anche l’ulteriore censura secondo cui il consiglio
comunale avrebbe operato, in sostanza, un mutamento della originaria
contestazione, in quanto non vi sarebbe corrispondenza tra i fatti enunciati
nella mozione di sfiducia e quelli indicati nella delibera di revoca, sulla base
dei nuovi elementi emersi nel corso del dibattito assembleare.
44 Anche tale censura è priva di pregio. Infatti, non sussiste una discrasia tra
il nucleo essenziale delle circostanze poste a base della mozione dei
consiglieri e la delibera adottata dal consiglio.
45 Sul piano formale, il carattere particolare della procedura volta alla revoca
del presidente non richiede affatto che la delibera debba corrispondere
integralmente alla proposta originaria. In tal modo, del resto, si svuoterebbe
di significato apprezzabile il dibattito svolto dinanzi all’assemblea.
46 Sul piano sostanziale, poi, i nuovi fatti considerati nel corso della
discussione non assumono una rilevanza determinante nella decisione assunta
dalla maggioranza consiliare, ma presentano rilievo meramente rafforzativo della
determinazione di revoca.
47 Priva di pregio è anche la tesi secondo cui il tribunale avrebbe operato al
di là dei limiti del giudizio, come delineato dal ricorso e dalle eccezioni
dell’amministrazione.
48 Infatti, la pronuncia di primo grado ha adeguatamente valutato le censure
proposte con l’atto introduttivo, tenendo conto di tutti gli elementi indicati
dalle parti.
49 Infondata è anche la censura riguardante il parere tecnico allegato alla
delibera impugnata in primo grado. Infatti, il parere favorevole espresso non
risulta affetto da alcun vizio procedimentale e o sostanziale. La doglianza
mossa dall’appellante, riguarda, in sostanza, l’illegittimità complessiva della
delibera impugnata e, pertanto, risulta priva di fondamento, per le ragioni
indicate ai punti precedenti.
50 In definitiva, quindi, l'appello deve essere rigettato.
Le spese possono essere compensate.
PER QUESTI MOTIVI
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, respinge
l'appello, compensando le spese;
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 12 dicembre 2003, con
l'intervento dei signori:
EMIDIO FRASCIONE - Presidente
GIUSEPPE FARINA - Consigliere
MARCO LIPARI - Consigliere Estensore
ANIELLO CERRETO - Consigliere
GERARDO MASTRANDREA - Consigliere
L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE
IL SEGRETARIO
IL DIRIGENTE
f.to Marco Lipari
f.to Emidio Frascione
f.to Rosi Graziano
f.to Antonio Natale
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 3 marzo 2004
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
1) Autorganizzazione dell’ente locale - Potere normativo - La stabilità della posizione del presidente del consiglio – Presupposti – Limiti – Revoca del presidente del consiglio - Atto di revoca. La previsione legislativa del testo unico degli enti locali lascia ampi margini al potere normativo e di autorganizzazione dell’ente locale, che può variamente definire il regime di stabilità del presidente dell’ente. Si deve aggiungere, che la previsione di un regime volto ad attenuare la stabilità della posizione del presidente del consiglio risulta ancora più giustificata per i comuni di minori dimensioni che scelgono di introdurre tale figura nell’organizzazione dell’ente. Resta intatto il significato della revoca, che, nel suo contenuto tipico resta perfettamente identica alla determinazione positiva di scelta del presidente. Questo inquadramento dell’atto di revoca non impedisce del tutto la possibilità che emergano profili caratteristici dell’eccesso di potere, almeno in relazione a determinate figure sintomatiche, quali il travisamento dei fatti. Al proposito, si potrebbe indicare l’ipotesi in cui la delibera di revoca faccia riferimento a un fatto particolare, che risulti in concreto insussistente. Ma anche in un caso del genere occorrerebbe comunque verificare se la revoca non risulti comunque giustificata dalla espressa indicazione di una effettiva sfiducia nei confronti del presidente. Nella presente vicenda, la delibera di revoca è stata assunta all’esito di un ampio dibattito consiliare, nel corso del quale sono stati indicati molteplici episodi idonei a provocare la rottura dell’originario rapporto di fiducia tra la maggioranza e il presidente. Pres. Frascione - Est. Lipari - Tondo (Avv. Sticchi Damiani) c. Comune di Lizzanello ed altri (Avv. Quinto) - (Conferma Tribunale Amministrativo Regionale della Puglia, Sezione Staccata di Lecce, Sezione Prima, 6 febbraio 2003 n. 408). CONSIGLIO DI STATO Sezione V, 3 marzo 2004, sentenza n. 1042
2) P.A. - Funzione del presidente del Consiglio comunale – Poteri – Presupposti – Limiti. La funzione del presidente del Consiglio comunale è strumentale non già all'attuazione di un indirizzo politico di maggioranza, bensì al corretto funzionamento dell'organo stesso e, come tale, non è solo neutrale, ma non può restar soggetto al mutevole atteggiamento fiduciario della maggioranza, indipendentemente dalla circostanza che il presidente sia eletto dall'assemblea, dovendo costui sempre operare in modo imparziale a garanzia di tutto il Consiglio e non della sola parte che l'ha designato (Consiglio di Stato 25 novembre 1999, n. 1983). C.d.S. 6 giugno 2002, n. 3187, "la funzione del presidente del Consiglio comunale non è strumentale all'attuazione di un determinato indirizzo politico, ma al corretto funzionamento dell'istituzione in quanto tale; pertanto, la revoca del presidente del consiglio non può essere causata che dal cattivo esercizio della funzione, in quanto ne sia viziata la neutralità e deve essere motivata con esclusiva riferimento a tale parametro e non ad un rapporto di fiduciarietà politica. E' latamente discrezionale il giudizio della maggioranza consiliare che ritenga che il presidente del Consiglio comunale non sia rimasto neutrale; pertanto, il sindacato di legittimità non può spingersi oltre la manifesta illogicità ed ingiustizia e l'evidente travisamento del fatto". Pres. Frascione - Est. Lipari - Tondo (Avv. Sticchi Damiani) c. Comune di Lizzanello ed altri (Avv. Quinto) - (Conferma Tribunale Amministrativo Regionale della Puglia, Sezione Staccata di Lecce, Sezione Prima, 6 febbraio 2003 n. 408). CONSIGLIO DI STATO Sezione V, 3 marzo 2004, sentenza n. 1042
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