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 Massime della sentenza

  

 

CONSIGLIO DI STATO Sezione VI, del 3 marzo 2004 sentenza n. 1062

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO


Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) ha pronunciato la seguente


DECISIONE


sul ricorso in appello n. 3979 del 2003, proposto dal Consorzio per l’area di sviluppo industriale della provincia di Avellino, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Enrico Soprano, presso il cui è elettivamente domiciliato in Roma, alla via degli Avignonesi n. 5;
contro
l’Associazione italiana per il World Wide Fund for nature (WWF-Italia), in persona del legale rappresentante pro tempore, non costituitosi in giudizio;
e nei confronti
del Ministero per i beni e le attività culturali, in persona del Ministro pro tempore, la Soprintendenza per i beni ambientali, architettonici, artistici e storici di Avellino e Salerno, in persona del Soprintendente pro tempore, la Soprintendenza per i beni ambientali, architettonici e storici di Caserta e Benevento, in persona del Soprintendente pro tempore, rappresentati e difesi dalla Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici sono domiciliati in Roma, alla via dei Portoghesi, n. 12;
e nei confronti
della Regione Campania, in persona del presidente pro tempore della giunta regionale, non costituitosi in giudizio;
della Comunità montana del Partenio, in persona del legale rappresentante pro tempore, non costituitosi in giudizio
della Comunità montana del Taburno, in persona del legale rappresentante pro tempore, non costituitosi in giudizio;
del Comune di Pannarano, in persona del Sindaco pro tempore, non costituitosi in giudizio
del Comune di San Martino Valle Caudina, in persona del Sindaco pro tempore, non costituitosi in giudizio
del Comune di Roccabascerana, in persona del Sindaco pro tempore, non costituitosi in giudizio;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania, Sede di Napoli, Sez. I, 13 gennaio 2003, n. 86, e per l’accoglimento del ricorso di primo grado n. 5674 del 2001;
Visto il ricorso in appello, con i relativi allegati;
Vista la nota di costituzione delle Amministrazioni dello Stato indicate in epigrafe, depositato in data 19 maggio 2003 e integrato con una memoria difensiva depositata in data 13 novembre 2003;
Vista la memoria depositata dall’appellante in data 12 dicembre 2003;
Visti gli atti tutti del giudizio;
Data per letta la relazione del Consigliere di Stato Luigi Maruotti alla pubblica udienza del 16 dicembre 2003;
Uditi l’avvocato Enrico Soprano per l’appellante e l’avvocato Vessichelli per il Ministero appellato;
Considerato in fatto e in diritto quanto segue:


FATTO


1. Con un atto di data 5 ottobre 2000, il Presidente del Consorzio ASI della provincia di Avellino ha convocato una conferenza di servizi, per l’acquisizione delle autorizzazioni paesaggistiche necessarie per la realizzazione del secondo lotto funzionale dell’asse attrezzato Valle Claudia-Pianodardine (con l’attraversamento di due torrenti, mediante viadotti).


Per quel che rileva nel presente giudizio, le autorizzazioni paesistiche sono state rilasciate:
- in data 11 dicembre 2000, dal Presidente della Comunità montana del Partenio;
- in data 10 gennaio 2001, dal Presidente della Comunità montana del Taburno;
- in data 15 gennaio 2001, dal commissario straordinario del Comune di Pannarano;
- in data 15 gennaio 2001 dal commissario straordinario del Comune di Roccabascerano;
- in data 29 dicembre 2000, dal Sindaco del Comune di San Martino Valle Caudina;


2. Col ricorso n. 5674 del 2001 (proposto al TAR per la Campania, Sede di Napoli), l’Associazione italiana per il WWF ha impugnato le autorizzazioni paesistiche (nonché i precedenti pareri e gli atti statali di nulla osta), per incompetenza, violazione di legge ed eccesso di potere.


Il TAR, con la sentenza n. 86 del 2003, ha accolto il ricorso ed ha annullato i provvedimenti impugnati.


3. Con l’appello in esame, il Consorzio ASI della provincia di Avellino ha chiesto che sia dichiarata l’inammissibilità del ricorso di primo grado e, in subordine, ne ha rilevato l’infondatezza.


Si sono costituiti in giudizio il Ministero per i beni e le attività culturali e le Soprintendenze per i beni ambientali, architettonici, artistici e storici di Avellino e Salerno e di Caserta e Benevento, che, con una memoria depositata in data 13 novembre 2003, hanno aderito alle conclusioni formulate dall’appellante.


3. All’udienza del 16 dicembre 2003 la causa è stata trattenuta in decisione.


DIRITTO


1. Per la realizzazione del secondo lotto funzionale dell’asse attrezzato di collegamento Valle Claudia-Pianodardine (della lunghezza di circa sei chilometri e composto anche da due viadotti per l’attraversamento di due torrenti), tra l’11 dicembre 2000 e il 15 gennaio 2001 sono state rilasciate distinte autorizzazioni paesistiche dai Comuni di Pannarano, di Roccabascerano e di San Martino Valle Caudina, nonché dalle Comunità Montane del Partenio e del Taburno.


Col ricorso di primo grado, proposto al TAR per la Campania, l’Associazione italiana per il WWF (individuata ai sensi degli articoli 13 e 18 della legge n. 349 del 1986) ha impugnato le autorizzazioni, unitamente ai relativi pareri ed agli atti statali di nulla osta, lamentandone l’illegittimità per incompetenza, violazione di legge ed eccesso di potere.


Il TAR, con la sentenza gravata, ha accolto le censure di incompetenza e di eccesso di potere per inadeguata motivazione ed ha annullato gli atti impugnati.
Con l’appello in esame, il Consorzio ASI per la provincia di Avellino (che in data 5 ottobre 2000 aveva convocato una conferenza di servizi per l’acquisizione delle autorizzazioni) ha chiesto che, in riforma della sentenza del TAR, il ricorso di primo grado sia dichiarato inammissibile ovvero, in subordine, che esso sia respinto perché infondato.


2. Col primo motivo d’appello, il Consorzio ha chiesto che il ricorso di primo grado sia dichiarato inammissibile, poiché con esso non è stato impugnato anche il verbale della conferenza dei servizi, nel corso della quale sarebbero state valutate le “soluzioni progettuali prescelte” e rispetto al quale le impugnate autorizzazioni paesistiche costituirebbero “determinazioni meramente confermative”.


3. Ritiene la Sezione che tale deduzione vada respinta.


Nel corso della seduta del 6 novembre 2000, in sede di conferenza di servizi non sono state formalizzate determinazioni equivalenti alle prescritte autorizzazioni paesistiche.


Essa si è conclusa con l’impegno assunto dai progettisti di fornire gli elaborati progettuali entro il successivo 30 novembre (dopo che i rappresentanti delle Comunità montane avevano rilevato tale necessità, mentre i rappresentanti dei Comuni di Roccabascerano e di San Martino Valle Caudina – pur avendo dato un parere favorevole alla fattibilità dell’opera - avevano rilevato l’opportunità di realizzare ulteriori opere stradali e sottopassi).


Le autorizzazioni paesistiche impugnate in primo grado, rilasciate dopo la scadenza del termine del 30 novembre 2000 e a seguito della redazione degli ulteriori elaborati progettuali, non hanno carattere confermativo di precedenti valutazioni.


4. Con la prima parte del secondo motivo, il Consorzio appellante ha dedotto che le autorizzazioni paesistiche non sarebbero affette dal vizio di incompetenza, rilevato dal TAR.


Secondo l’assunto, esse sarebbero state legittimamente rilasciate dai Presidenti delle Comunità montane, dal Sindaco di San Martino Valle Caudina e dai commissari straordinari dei Comuni di Pannarano e di Roccabascerano, poiché, pure a seguito dell’entrata in vigore della legge n. 127 del 1997, continuerebbe a trovare applicazione la legge della Regione Campania n. 10 del 1982, che ha attribuito ai Sindaci e ai Presidenti delle Comunità montane la competenza a rilasciare le autorizzazioni paesistiche.


5. Anche tale censura va respinta.


L’art. 51, della legge n. 142 del 2000 (nel testo vigente ratione temporis alle date di emanazione delle autorizzazioni impugnate in primo grado, e poi trasfuso nell’art. 51 del testo unico approvato col decreto legislativo n. 267 del 2000):
- al comma 2, ha attribuito i poteri di indirizzo e di controllo agli organi elettivi e quelli inerenti alla gestione amministrativa ai dirigenti;
- al comma 3, lettera f), ha attribuito alla competenza dei dirigenti “i provvedimenti di autorizzazione, concessione o analoghi o analoghi il cui rilascio presupponga accertamenti e valutazioni, anche di natura discrezionale, ... ivi compresi le autorizzazioni e le concessioni edilizie”.


Da tali disposizioni, si evince la chiara volontà del legislatore di attribuire ai dirigenti dei Comuni – ove tali enti siano stati subdelegati dalla Regione - anche il potere di esaminare le domande di autorizzazione paesistica.


Infatti, in sede di esame di tali domande, non hanno alcuna rilevanza gli aspetti inerenti all’indirizzo politico dell’Amministrazione, dovendo essa esercitare un potere tecnico-discrezionale, basato sulla piena consapevolezza delle conseguenze derivanti – sul piano ambientale - dalla eventuale realizzazione delle opere, qualora emergano ragioni tali da far prevalere in concreto un valore in conflitto, diverso da quello tutelato in via primaria (Ad. Plen., 14 dicembre 2001, n. 9).


Ciò comporta che:
- i commi 2 e 3 dell’art. 51 vanno interpretati nel senso che spetta ai dirigenti del Comune (e, in base ai relativi richiami normativi, della Comunità montana) l’esercizio dei poteri subdelegati dalla Regione in materia paesaggistica;
- essi, in considerazione dell’art. 1, comma 1, della legge n. 142 del 1990 (per il quale “la presente legge detta i principi dell’ordinamento dei Comuni e delle Province e ne determina le funzioni”), hanno abrogato le contrarie disposizioni della legge della Regione Campania n. 10 del 1982, in base alla previsione di carattere generale dell’art. 10, primo comma, della legge n. 62 del 1953 (per il quale “le leggi della Repubblica che modificano i principi fondamentali ... abrogano le norme regionali che siano in contrasto con esse”).


6. Nella parte finale del secondo motivo, il Consorzio ha lamentato l’erroneità del capo della sentenza che ha annullato per incompetenza, oltre alle autorizzazioni paesistiche, la nota emessa in data 16 marzo 2001 dal Soprintendente di Benevento e Caserta (di ratifica della autorizzazione rilasciata dal commissario del Comune di Pannarano) e il “parere preventivo espresso dal Soprintendente di Avellino e Caserta con nota del 7 aprile 1988”.


L’appellante al riguardo ha dedotto che tali atti sono stati emessi da autorità da ritenere competenti, poiché i Soprintendenti si sono limitati ad esprimere valutazioni in precedenza espresse dalla Direzione generale del Ministero per i beni e le attività culturali.


7. Anche tale censura va respinta, in parte perché infondata e in parte perché inammissibile.


La censura risulta infondata, per la parte riguardante l’atto con cui il Soprintendente di Caserta e Benevento ha “ratificato” l’autorizzazione rilasciata dal Comune di Pannarano (manifestando così, in sostanza, che non vi erano ragioni per annullarla): il TAR non ha ravvisato un vizio dell’atto del Soprintendente, ma ha unicamente rilevato che l’annullamento della autorizzazione rilasciata dal Comune di Pannarano ha comportato la sostanziale caducazione della “ratifica” (cioè dell’atto con cui questi, prima della scadenza del prescritto termine di sessanta giorni, ha dichiarato che non vi erano ragioni per annullarla).


Risulta invece inammissibile la censura, per la parte riguardante il capo della sentenza che ha annullato l’atto emesso in data 7 aprile 1988 dal Soprintendente di Salerno ed Avellino: da un lato, è decisivo considerare che di tale annullamento non si è doluta l’Amministrazione il cui atto è stato annullato, dall’altro emerge la genericità della censura e la relativa carenza di interesse, poiché dall’atto d’appello (così come dalla sentenza impugnata) non si evince quale specifica rilevanza – anche nei suoi rapporti con le autorizzazioni paesistiche - abbia avuto nel giudizio il medesimo risalente atto.


8. Col terzo motivo, il Consorzio ha dedotto che le autorizzazioni paesistiche in questione non sarebbero affette dal vizio di difetto di motivazione, rilevato dal TAR.


Ad avviso dell’appellante:
- le autorizzazioni non conterrebbero una motivazione apodittica, ma “sono state adottate in conformità alle determinazioni assunte dalla conferenza di servizi convocata in data 5 ottobre 2000, nel corso della quale ciascuna amministrazione partecipante ha avuto modo di esaminare gli elaborati progettuali redatti dal Consorzio appellante e di pronunciarsi sulla compatibilità dell’opera in contestazione”;
- nel corso delle tre sedute della conferenza sono state aggiornate le prescrizioni riguardanti l’opera, “per garantire un migliore inserimento della stessa nel contesto circostante”;
- anche in base alle precedenti istruttorie, sarebbero congrue le valutazioni poste a base delle autorizzazioni, per cui “l’ingombro volumetrico generale, così come proposto, non si ritiene possa apportare turbamento sostanziale allo stato ambientale attuale”, ovvero che “per la soluzione del ponte è stata adottata la soluzione di pile a fusto unico .. al fine di snellire ed alleggerire la costruzione dal punto di vista paesaggistico”.


9. Anche tali censure, così come proposte, vanno respinte.


Come già si è osservato nel precedente punto 3, nel corso della prima seduta della conferenza di data 6 novembre 2000, non vi è stata alcuna specifica valutazione sugli interessi in conflitto, ma – dopo alcune dichiarazioni favorevoli sulla fattibilità dell’opera – i rappresentanti delle Amministrazioni hanno concordato di differire la conferenza ad altra data, con l’impegno assunto dai progettisti di fornire gli elaborati progettuali entro il successivo 30 novembre, evidentemente perché ancora non era valutabile ed esaustiva la documentazione esaminata in quella sede.


Solo dopo tale seduta sono state rilasciate le autorizzazioni, che avrebbero dovuto contenere una idonea motivazione, proprio perché in precedenza nulla era stato motivatamente statuito, né sulla concreta realizzabilità dell’opera (neppure identificata nella sua consistenza materiale), né in ordine alle ragioni che avrebbero potuto indurre a ritenere prevalenti gli interessi da soddisfare con la realizzazione del collegamento, rispetto a quelli inerenti ai valori paesaggistici ed ambientali.


Per l’esame della congruità delle motivazioni delle medesime autorizzazioni, neppure possono essere considerate rilevanti le risultanze delle ulteriori due sedute della conferenza, sia perché anche durante il loro corso non sono state formulate analitiche valutazioni sui sopra richiamati interessi in conflitto, sia perché è mancato un relativo richiamo ad esse (anche perché, nei casi evincibili dal susseguirsi delle date, le sedute hanno avuto luogo successivamente al rilascio delle autorizzazioni).


Risultano pertanto insufficienti – sul piano della adeguatezza motivazionale - le affermazioni riportate al terzo motivo d’appello, sull’inserimento di prescrizioni “per garantire un migliore inserimento” dell’opera “nel contesto circostante”, sul mancato “turbamento sostanziale allo stato ambientale attuale” e sulla “per la soluzione del ponte” con le “pile a fusto unico”.


Infatti, come ha chiarito la costante giurisprudenza di questo Consiglio (v. Ad. Plen., 14 dicembre 2001, n. 9), l’autorità che esamina una domanda di autorizzazione paesistica:

- deve manifestare la piena consapevolezza delle conseguenze derivanti dalla realizzazione delle opere nonché della visibilità dell’intervento progettato nel più vasto contesto ambientale e non può fondarsi su affermazioni apodittiche, da cui non si evincano le specifiche caratteristiche dei luoghi e del progetto;
- deve verificare se la realizzazione del progetto comporti una compromissione dell’area protetta, accertando in concreto la compatibilità dell’intervento col mantenimento e l’integrità dei valori dei luoghi.


Poiché tali valutazioni sono mancate, correttamente la sentenza del TAR ha annullato le autorizzazioni, per inadeguata motivazione.


10. Per le ragioni che precedono, l’appello nel suo complesso è infondato e va respinto.


Sussistono giusti motivi per compensare tra le parti le spese e gli onorari del secondo grado del giudizio.
 

P.Q.M.


Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) respinge l’appello n. 3979 del 2003.
Compensa tra le parti le spese e gli onorari dei due gradi del giudizio.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dalla Autorità amministrativa.


Così deciso in Roma, nella camera di consiglio tenutasi il giorno 16 dicembre 2003, presso la sede del Consiglio di Stato, Palazzo Spada, con l’intervento dei signori:
Giorgio GIOVANNINI Presidente
Luigi MARUOTTI Consigliere Est.
Chiarenza MILLEMAGGI COGLIANI Consigliere
Lanfranco BALUCANI Consigliere
Rosanna DE NICTOLIS Consigliere
 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
il 3.03.2004
(Art. 55, L.27/4/1982, n.186)
 

M A S S I M E

 

Sentenza per esteso

 

1) Urbanistica e edilizia - Autorizzazione paesistica - Subdelegati dalla Regione - Competenza dei dirigenti - Provvedimenti di autorizzazione, concessione o analoghi - Potere tecnico-discrezionale - Dirigenti del Comune. L’art. 51, della legge n. 142 del 2000 (nel testo vigente ratione temporis alle date di emanazione delle autorizzazioni impugnate in primo grado, e poi trasfuso nell’art. 51 del testo unico approvato col decreto legislativo n. 267 del 2000): - al comma 2, ha attribuito i poteri di indirizzo e di controllo agli organi elettivi e quelli inerenti alla gestione amministrativa ai dirigenti; - al comma 3, lettera f), ha attribuito alla competenza dei dirigenti “i provvedimenti di autorizzazione, concessione o analoghi il cui rilascio presupponga accertamenti e valutazioni, anche di natura discrezionale, ... ivi compresi le autorizzazioni e le concessioni edilizie”. Da tali disposizioni, si evince la chiara volontà del legislatore di attribuire ai dirigenti dei Comuni – ove tali enti siano stati subdelegati dalla Regione - anche il potere di esaminare le domande di autorizzazione paesistica. Infatti, in sede di esame di tali domande, non hanno alcuna rilevanza gli aspetti inerenti all’indirizzo politico dell’Amministrazione, dovendo essa esercitare un potere tecnico-discrezionale, basato sulla piena consapevolezza delle conseguenze derivanti – sul piano ambientale - dalla eventuale realizzazione delle opere, qualora emergano ragioni tali da far prevalere in concreto un valore in conflitto, diverso da quello tutelato in via primaria (Ad. Plen., 14 dicembre 2001, n. 9). Ciò comporta che: - i commi 2 e 3 dell’art. 51 vanno interpretati nel senso che spetta ai dirigenti del Comune (e, in base ai relativi richiami normativi, della Comunità montana) l’esercizio dei poteri subdelegati dalla Regione in materia paesaggistica; - essi, in considerazione dell’art. 1, comma 1, della legge n. 142 del 1990 (per il quale “la presente legge detta i principi dell’ordinamento dei Comuni e delle Province e ne determina le funzioni”), hanno abrogato le contrarie disposizioni della legge della Regione Campania n. 10 del 1982, in base alla previsione di carattere generale dell’art. 10, primo comma, della legge n. 62 del 1953 (per il quale “le leggi della Repubblica che modificano i principi fondamentali ... abrogano le norme regionali che siano in contrasto con esse”). Pres. GIOVANNINI - Est. MARUOTTI - Consorzio per l’area di sviluppo industriale della provincia di Avellino (ASI) (Avv. Soprano) c. World Wide Fund for nature (WWF-Italia) - Ministero per i beni e le attività culturali e Regione Campania (n.c., Avvocatura Generale dello Stato, n.c.) (conferma Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania, Sede di Napoli, Sez. I, 13 gennaio 2003, n. 86). CONSIGLIO DI STATO Sezione VI, 03 marzo 2004, sentenza n. 1060

 

2) Beni culturali e ambientali - Domanda di autorizzazione paesistica – Presupposti - Motivazione inadeguata. Costante giurisprudenza ha chiarito (v. Ad. Plen., 14 dicembre 2001, n. 9), che l’autorità che esamina una domanda di autorizzazione paesistica: - deve manifestare la piena consapevolezza delle conseguenze derivanti dalla realizzazione delle opere nonché della visibilità dell’intervento progettato nel più vasto contesto ambientale e non può fondarsi su affermazioni apodittiche, da cui non si evincano le specifiche caratteristiche dei luoghi e del progetto; - deve verificare se la realizzazione del progetto comporti una compromissione dell’area protetta, accertando in concreto la compatibilità dell’intervento col mantenimento e l’integrità dei valori dei luoghi. In specie, poiché tali valutazioni sono mancate, correttamente la sentenza del TAR ha annullato le autorizzazioni, per inadeguata motivazione. Pres. GIOVANNINI - Est. MARUOTTI - Consorzio per l’area di sviluppo industriale della provincia di Avellino (ASI) (Avv. Soprano) c. World Wide Fund for nature (WWF-Italia) - Ministero per i beni e le attività culturali e Regione Campania (n.c., Avvocatura Generale dello Stato, n.c.) (conferma Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania, Sede di Napoli, Sez. I, 13 gennaio 2003, n. 86). CONSIGLIO DI STATO Sezione VI, 03 marzo 2004, sentenza n. 1060

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