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 Massime della sentenza

  

 

CONSIGLIO DI STATO Sezione VI, del 3 marzo 2004 sentenza n. 1063

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO


Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) ha pronunciato la seguente


DECISIONE


sul ricorso in appello proposto da SILMAR SRL in persona del legale rappresentante pro tempore rappresentata e difesa dagli avv.ti Gianfranco Spiazzi e Mario Sanino ed elettivamente domiciliato nello studio di quest’ultimo in Roma via Parioli n. 180;
contro
l’ASSOCIAZIONE ITALIANA PER IL WORLD WIDE FUND FOR NATURE- ONLUS in persona del suo legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Mario Donella e Donatella Gobbi e dall’avv. Luigi Manzi ed elettivamente domiciliata presso lo studio di quest’ultimo in Roma alla via Confalonieri n. 5;
e nei confronti di
REGIONE VENETO in persona del Presidente pro tempore della Giunta regionale, rappresentata e difesa dagli avvocati Romano Morra e dall’avv. Andrea Manzi presso il cui studio elegge domicilio in Roma via Confalonieri n. 5;
per l'annullamento
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale del Veneto - n. 6680 del 2002;
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio dell’appellato;
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
Visti gli atti tutti della causa;
Alla camera di consiglio del 16 dicembre 2003 relatore il Consigliere Giancarlo Montedoro .
Uditi l’avv. Sanino, l’avv. Di Mattia per delega dell’avv. Luigi Manzi, l’avv. Carlo Mola e l’avv. Chiara Cacciarillani per delega dell’avv. Morra e l’avv. dello Stato Vessichelli;
Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:


F A T T O


Con il ricorso di primo grado il WWF ha chiesto l’annullamento dell’autorizzazione che la Regione Veneto ha rilasciato alla Silmar srl, con deliberazione della Giunta regionale 5/7/2002 n. 1780, per l’apertura e la coltivazione di una cava di marmo, denominata Val Sguerza in territorio del Comune di Velo Veronese.


La sentenza impugnata, resa in forma semplificata, ha accolto il ricorso, ritenendo fondato ed assorbente il primo motivo relativo alla circostanza della mancata classificazione della zona di cava da parte del PRG comunale fra le zone E (agricole) ex art. 31 della legge regionale n. 61/1985, bensì della sua classificazione quale zona F8 (zona soggetta a tutela ambientale) ex art. 27 della legge regionale n. 61/1985. Ha ritenuto quindi illegittima l’autorizzazione perché rilasciata per zona non classificata come zona E dallo strumento urbanistico generale come richiesto dall’art. 13 della legge regionale n. 44/1982 che limita l’attività di cava alle zone classificate come zone E dallo strumento urbanistico generale.


La Silmar ha proposto appello.


Resiste il WWF, riproponendo in memoria i motivi di ricorso assorbiti, mentre la Regione ha proposto appello in forma incidentale, con contenuti sostanzialmente adesivi all’appello della Silmar.


DIRITTO


Vanno rigettati l’appello della Silmar e l’appello della Regione.


In primo luogo va inquadrata la controversia in punto di diritto.


L’art. 13 della legge regionale del Veneto n. 44/1982 recante norme per la disciplina delle attività di cava, definisce le aree di potenziale escavazione e tutela dell’agricoltura, prevedendo che “costituiscono aree di potenziale escavazione le parti del territorio comunale definite zona E ai sensi del D.M. 2 aprile 1968 n. 1444 dallo strumento urbanistico generale approvato e non escluse dall’attività di cava ai sensi della presente legge”.


L’art. 31 della legge regionale del Veneto 27 giungo 1985 n. 61 definisce le zone di tipo agricolo sancendo che “il piano regolatore generale individua come zone territoriali omogenee di tipo E le zone a prevalente destinazione agricola e forestale, la cui tutela ed edificabilità è disciplinata dalla legge 5 marzo 1985 n. 24”.


L’art. 27 della stessa legge n. 61/1985 disciplina le zone di tutela e le fasce di rispetto indicandole in dieci punti ed al nr. 8 menziona le aree boschive o destinate al rimboschimento.


Le zone territoriali omogenee di cui al d.m. 2/4/1968 n. 1444 sono definite dall’art. 2 che definisce zona F le parti del territorio destinate ad attrezzature ed impianti di interesse generale.


Come è noto lo strumento urbanistico generale definisce limiti inderogabili di densità edilizia, altezza, distanza, ecc. per zone territoriali omogenee (art. 41 quinquies della legge urbanistica l. 17 agosto 1942 n. 1150).


L’appello sostiene che il Tar del Veneto ha confuso le zone urbanistiche di cui al D.M. 1444/1968 con le zone soggette a tutela di cui all’art. 27 della legge regionale n. 61/1985.


In particolare la Silmar assume che la zona F8 non è da intendersi come classificazione urbanistica, ma come mera zona soggetta a vincolo ambientale, sostiene la ditta che la cartografia di cui alla tavola 1 della variante n. 3 approvata con delibera di giunta regionale del Veneto n. 3692 del 26/10/1999 è chiara nel distinguere le zone F (1, 2, 3, 5, 6, 7, 10) di cui al D.M. n. 1444/1968 (destinate a servizi ed attrezzature di interesse urbano) da altre zone F (4, 8, 9) indicate come zone soggette a vincolo.


L’utilizzo della lettera F è poco felice, ma non tale , secondo gli appellanti, dal trasformare una zona agricola in altro. Nella specie si sarebbe di fronte ad una zona agricola soggetta a vincolo, nella quale il PRG ( art. 63 NTA ) consentirebbe l’attività di cava.


Si depositano anche due note (nota 14/2/2003 e nota 13/3/2003) che, rese dal tecnico autore della variante, dichiarano che le zone F8 sono a tutti gli effetti classificabili come zone agricole.


Si richiama altresì il certificato di destinazione urbanistica versato in atti che attesta che l’area de qua è classificata come zona E, certificato fidefaciente e non impugnato.


Anche l’appello della Regione sostiene che il giudice di primo grado è incorso in un abbaglio dei sensi e richiama il certificato di destinazione urbanistica.


Rileva il Collegio che – come evidenziato dalla difesa del WWF - l’errore di classificazione nella specie non è stato compiuto dal giudice ma dallo stesso PRG di Velo Veronese, che ha ritenuto di dare autonomia di zona ad una qualificazione che invece rilevava solo ai fini dell’imposizione del vincolo.


In tal caso il PRG, relativamente alla zone erroneamente classificata, non contiene alcuna zonizzazione ai sensi del D.M. n. 1444/1968, e quindi non può ritenersi zona agricola la zona qualificata F8; né tanto può avvenire mediante il giudizio di organi tecnici o a mezzo di interpretazioni autentiche rese dai professionisti redattori del piano, anche qualora tali giudizi siano calati in certificati o attestazioni.


La riprova di quanto appena affermato risiede nella delibera n. 3 del 29 marzo 2003 del Consiglio Comunale di Velo Veronese, che ha ritenuto opportuno procedere all’esatta riclassificazione delle zone di vincolo quali aree di destinazione E soggetta a vincolo ambientale, proprio sulla base del parere del Dirigente regionale del 13/3/2003 all’uopo ritenendo la necessità di apposita variante.


In data 27 settembre 2003 lo stesso comune di Velo Veronese dava conto dell’incongruenza per cui le aree di vincolo ambientale erano nello strumento urbanistico classificate come ZTO F8 ed adottava le determinazioni conseguenti, adottando la variante n. 6 al PRG (doc. 7-8-9 depositati dal WWF in data 22/11/2003) con al quale chiariva il proprio intento di definire le suddette aree di interesse ambientale non come zona territoriale omogenea a campitura coprente ma come delimitazione delle zone da assoggettare a vincolo.


Da ciò deriva l’esattezza della sentenza impugnata ed il rigetto dei gravami della Silmar e della Regione. Assorbito ogni altro profilo.


Sussistono giusti motivi per compensare le spese del giudizio.


P.Q.M.


Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Sesta, respinge i ricorsi in appello indicati in epigrafe della Silmar e della Regione Veneto .
Compensa tra le parti le spese di giudizio.


Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, il 16 dicembre 2003 dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale - Sez.VI -, riunito in Camera di Consiglio, con l'intervento dei Signori:
Giorgio GIOVANNINI Presidente
Luigi MARUOTTI Consigliere
Chiarenza MILLEMAGGI COGLIANI Consigliere
Lanfranco BALUCANI Consigliere
Giancarlo MONTEDORO Consigliere Est.
 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
il 03.03.2004
(Art. 55, L.27/4/1982, n.186)
 

M A S S I M E

 

Sentenza per esteso

 

1) Cave e torbiere – PRG, limiti inderogabili - Apertura e coltivazione di una cava di marmo – Conformità allo strumento urbanistico generale – Necessità – L. n. 1150/1942 – Artt. 27 e 31 L.R. Veneto n. 61/1985 e art. 13 L.R.V. n. 44/1982. Lo strumento urbanistico generale definisce limiti inderogabili di densità edilizia, altezza, distanza, ecc. per zone territoriali omogenee (art. 41 quinquies della legge urbanistica l. 17 agosto 1942 n. 1150). La mancata classificazione della zona di cava da parte del PRG comunale fra le zone E (agricole) ex art. 31 della legge regionale Veneto n. 61/1985, e la sua classificazione quale zona F8 (zona soggetta a tutela ambientale) ex art. 27 della legge regionale n. 61/1985, rende illegittima l’autorizzazione all'apertura e alla coltivazione di una cava di marmo, perché rilasciata per zona non classificata come zona E dallo strumento urbanistico generale come richiesto dall’art. 13 della legge regionale Veneto n. 44/1982 che limita l’attività di cava alle zone classificate come zone E dallo strumento urbanistico generale. Pres. GIOVANNINI - Est. MONTEDORO - SILMAR SRL (avv.ti Spiazzi e Sanino) c. ASSOCIAZIONE ITALIANA PER IL WORLD WIDE FUND FOR NATURE- ONLUS e REGIONE VENETO (avv.ti Donella, Gobbi e Manzi, Morra) (Conferma Tribunale Amministrativo Regionale del Veneto - n. 6680 del 2002). CONSIGLIO DI STATO Sezione VI, 03 marzo 2004, sentenza n. 1062

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