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 Massime della sentenza

  

 

CONSIGLIO DI STATO Sezione IV, 10 marzo 2004 sentenza n. 1126

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO


Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta) ha pronunciato la seguente
 

D E C I S I O N E


sui ricorsi in appello nn. 10330/03 e 10479/03, proposti entrambi dal
COMUNE DI BARI,
rappresentato e difeso dagli avv.ti Renato Verna e Chiara Lonero Baldassarra ed elettivamente domiciliato in Roma, via Flaminia, 79, presso l’avv. Roberto Ciociola;
C O N T R O
MA.BAR. S.r.l. e SUDFONDI S.r.l.,
costituitesi in giudizio, rappresentate e difese dall’avv. Franco Gaetano Scoca e presso lo stesso elettivamente domiciliate, in Roma, via G. Paisiello, 55 (quanto al primo ricorso);
e contro
IEMA S.r.l.,
costituitasi in giudizio, rappresentata e difesa dall’avv. Pasquale Medina ed elettivamente domiciliata in Roma, via G. Paisiello, 55, presso l’avv. Franco Gaetano Scoca (quanto al secondo ricorso);
PER L’ANNULLAMENTO
delle sentenze del Tribunale Amministrativo Regionale della Puglia, sede di Bari, sez. II, n. 3827 del 14 ottobre 2003 e n. 3955 del 28 ottobre 2003.
Visti i due ricorsi con i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio delle società appellate;
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
Visti gli atti tutti delle due cause;
Relatore alla pubblica udienza del 19 dicembre 2003, il Consigliere Eugenio Mele;
Uditi gli avv.ti Renato Verna e R. Colagrande su delega dell’avv. Franco Gaetano Scoca e per il ricorso n. 10479/2003 su delega dell’avv. Pasquale Medina;
Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:


F A T T O


Con il primo dei due ricorsi indicati in epigrafe, l’appellante Comune di Bari impugna la sentenza del Tribunale amministrativo regionale della Puglia, sede di Bari, sez. II, n. 3827 del 14 ottobre 2003, con la quale quel giudice ha accolto un ricorso degli attuali appellati, Ma.Bar. s.r.l, e Sudfondi s.r.l., relativamente al silenzio serbato dal Comune su una domanda relativa alla necessità della pronuncia sulla conformità della lottizzazione denominata “Punta Perotti” alla vigente disciplina urbanistica e paesistica.


Premesso che i manufatti edilizi e i suoli cui essi accedono sono stati confiscati e trasferiti nel patrimonio comunale con sentenza della Corte di cassazione penale, sez. III, n. 256 del 26 marzo 2001, l’appellante Comune di Bari ripropone i seguenti motivi a sostegno dell’atto di appello, e precisamente:
1) Carenza di legittimazione dei richiedenti l’atto comunale di conformità, essendo ormai gli immobili transitati nella proprietà comunale, per effetto della confisca;
2) Violazione dei principi che regolano l’intangibilità del giudicato; non essendovi più alcuna possibilità di ritrasferire i beni confiscati agli ex proprietari;
3) Errore sui presupposti di fatto e di diritto; in quanto si è già conclusa la procedura esecutiva successiva alla sentenza della Corte di cassazione, per cui non è più possibile parlare di ritrasferimento;
4) Violazione ed errata applicazione della legge n. 47 del 1985; non essendo possibile nel caso di specie alcuna sanatoria e, in particolare, quella di cui agli artt. 11 e 13 della legge n. 47 del 1985.


Le società appellate si costituiscono in giudizio e resistono all’appello, chiedendone la reiezione e rilevando, dopo una lunga ricostruzione della vicenda che ha visto, in sede penale, assolti gli imputati, ma disposta la confisca dei beni, la correttezza della sentenza di primo grado e richiedendo la conferma dell’obbligo del Comune di Bari di provvedere sull’istanza presentata e su cui si è formato il silenzio-rifiuto.


Con il secondo ricorso, il Comune di Bari impugna altra analoga sentenza emessa dalla stessa sezione del Tribunale amministrativo regionale della Puglia e relativa al medesimo oggetto, formulando all’uopo gli stessi motivi di appello già evidenziati relativamente al primo ricorso.


Anche per questo ricorso la società appellata – I.E.M.A. S.r.l. – si costituisce in giudizio e resiste all’appello, chiedendone la reiezione e rilevando anche essa, dopo una riepilogazione puntuale degli antefatti penali della vicenda, la piena correttezza della sentenza di primo grado, anche in ordine al termine assegnato per provvedere (45 giorni), superiore a quello stabilito dalla legge n. 241 del 1990 (30 giorni).


All’udienza pubblica del 19 dicembre 2003, le parti discutono le due cause, le quali vengono successivamente spedite in decisione.


D I R I T T O


I due ricorsi sono fra loro strettamente connessi sia da un punto di vista soggettivo (medesima amministrazione appellante) e sia da un punto di vista oggettivo (medesimo “petitum” e uguale “causa pretendi”, riferiti peraltro allo stesso manufatto edilizio) e possono, pertanto, in ossequio al principio di economia processuale, essere esaminati congiuntamente e decisi con un unico provvedimento giurisdizionale.


I due appelli riuniti sono fondati.


Risulta, infatti, evidente che i ricorrenti in primo grado e attuali appellati sono privi di legittimazione a richiedere una pronuncia del Comune di Bari in ordine alla conformità urbanistica ed ambientale della lottizzazione denominata “Punta Perotti”.


La costruzione che è derivata da tale lottizzazione, infatti, insieme con l’area di sedime della stessa, a seguito della confisca operata dalla Corte di cassazione, sez. III pen., n. 256 del 2001, è passata definitivamente nella proprietà del Comune di Bari, cosa che, peraltro, si evince chiaramente anche dall’inciso contenuto nella motivazione della sentenza n. 626 del 2003 della stessa Corte di cassazione, sez. III pen., in sede di incidente di esecuzione, la quale (pag. 12) dichiara espressamente che relativamente agli imputati (soggetti fisici riconducibili alle società appellate) doveva constatarsi “… l’effettiva carenza di interesse di tali soggetti – ormai privati di ogni diritto reale sui beni assoggettati alla confisca ex art. 19 L. 47/85, provvedimento ormai irrevocabile direttamente traslativo della proprietà e di per sé non necessitante (per quanto si dirà in seguito) di esecuzione ……”.


In ragione di ciò, e cioè del fatto che le società appellate non possono vantare alcun interesse diretto, concreto ed attuale a conoscere della conformità edilizia di un manufatto sul quale non hanno alcuna pretesa, neppure futura, non potendo neppure sperare in un ritrasferimento ovvero in una revoca, stante la intangibilità e la irrevocabilità del giudicato, non si vede per quale motivo gli stessi pretendono di conoscere l’effettiva situazione giuridica di un complesso immobiliare sul quale non possono vantare alcun diritto.


Da ciò il difetto di legittimazione alla presentazione dell’istanza e l’inconfigurabilità consequenziale di alcuna formazione di silenzio significativo da parte della pubblica amministrazione.


Gli appelli riuniti vanno, pertanto, accolti e, in riforma delle sentenze impugnate, i ricorsi in primo grado vanno rigettati.


Le spese del doppio grado di giudizio dei due ricorsi riuniti seguono la soccombenza e si liquidano in complessivi € 5.000,00 (cinquemila), da ripartire in parti uguali fra i soggetti dei due appelli, rispettivamente MA.BAR. S.r.l. e SUDFONDI S.r.l., relativamente al primo appello, e IEMA S.r.l., relativamente al secondo appello.


P. Q. M.


Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sez. IV), definitivamente pronunciando sui ricorsi in appello indicati in epigrafe:
– Riunisce gli stessi;
– Accoglie i medesimi e, in riforma delle sentenze appellate, rigetta i ricorsi in primo grado;
– Condanna i soggetti appellati al pagamento delle spese del doppio grado di giudizio, liquidate come in motivazione.


Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, addì 19 dicembre 2003, dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sez. IV), riunito in Camera di Consiglio con l'intervento dei signori:
Giuseppe BARBAGALLO – Presidente f. f.
Costantino SALVATORE – Consigliere
Giuseppe CARINCI – Consigliere
Vito POLI – Consigliere
Eugenio MELE – Consigliere, est.


Depositata in Segreteria
Il 10 marzo 2004
(art.55, L,27.4.1982, n.186)
 

M A S S I M E

 

Sentenza per esteso

 

1) Urbanistica - Manufatti edilizi e suoli confiscati e trasferiti nel patrimonio comunale con sentenza - Silenzio serbato dal Comune su una domanda di conformità urbanistica ed ambientale della lottizzazione – Legittimità – Fattispecie: “Punta Perotti”. E’ legittimo il silenzio serbato dal Comune su una domanda relativa alla necessità della pronuncia sulla conformità della lottizzazione alla vigente disciplina urbanistica e paesistica, quando i manufatti edilizi e i suoli cui essi accedono sono stati confiscati e trasferiti nel patrimonio comunale con sentenza. (In specie Corte di cassazione penale, sez. III, n. 256 del 26 marzo 2001 sentenza denominata “Punta Perotti”). Pres. ARBAGALLO - Est. MELE - COMUNE DI BARI (avv.ti Verna e Baldassarra) c. MA.BAR. S.r.l. e SUDFONDI S.r.l. (avv. Scoca) e contro IEMA S.r.l. (avv. Medina) - (Riforma Tribunale Amministrativo Regionale della Puglia, sede di Bari, sez. II, n. 3827 del 14 ottobre 2003 e n. 3955 del 28 ottobre 2003). CONSIGLIO DI STATO Sezione IV, 10 marzo 2004, Sentenza n. 1126

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