Legislazione Giurisprudenza Vedi altre: Sentenze per esteso
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta) ha pronunciato la
seguente
D E C I S I O N E
sui ricorsi in appello nn. 10330/03 e 10479/03, proposti entrambi dal
COMUNE DI BARI,
rappresentato e difeso dagli avv.ti Renato Verna e Chiara Lonero Baldassarra ed
elettivamente domiciliato in Roma, via Flaminia, 79, presso l’avv. Roberto
Ciociola;
C O N T R O
MA.BAR. S.r.l. e SUDFONDI S.r.l.,
costituitesi in giudizio, rappresentate e difese dall’avv. Franco Gaetano Scoca
e presso lo stesso elettivamente domiciliate, in Roma, via G. Paisiello, 55
(quanto al primo ricorso);
e contro
IEMA S.r.l.,
costituitasi in giudizio, rappresentata e difesa dall’avv. Pasquale Medina ed
elettivamente domiciliata in Roma, via G. Paisiello, 55, presso l’avv. Franco
Gaetano Scoca (quanto al secondo ricorso);
PER L’ANNULLAMENTO
delle sentenze del Tribunale Amministrativo Regionale della Puglia, sede di
Bari, sez. II, n. 3827 del 14 ottobre 2003 e n. 3955 del 28 ottobre 2003.
Visti i due ricorsi con i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio delle società appellate;
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
Visti gli atti tutti delle due cause;
Relatore alla pubblica udienza del 19 dicembre 2003, il Consigliere Eugenio
Mele;
Uditi gli avv.ti Renato Verna e R. Colagrande su delega dell’avv. Franco Gaetano
Scoca e per il ricorso n. 10479/2003 su delega dell’avv. Pasquale Medina;
Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:
F A T T O
Con il primo dei due ricorsi indicati in epigrafe, l’appellante Comune di Bari
impugna la sentenza del Tribunale amministrativo regionale della Puglia, sede di
Bari, sez. II, n. 3827 del 14 ottobre 2003, con la quale quel giudice ha accolto
un ricorso degli attuali appellati, Ma.Bar. s.r.l, e Sudfondi s.r.l.,
relativamente al silenzio serbato dal Comune su una domanda relativa alla
necessità della pronuncia sulla conformità della lottizzazione denominata “Punta
Perotti” alla vigente disciplina urbanistica e paesistica.
Premesso che i manufatti edilizi e i suoli cui essi accedono sono stati
confiscati e trasferiti nel patrimonio comunale con sentenza della Corte di
cassazione penale, sez. III, n. 256 del 26 marzo 2001, l’appellante Comune di
Bari ripropone i seguenti motivi a sostegno dell’atto di appello, e
precisamente:
1) Carenza di legittimazione dei richiedenti l’atto comunale di conformità,
essendo ormai gli immobili transitati nella proprietà comunale, per effetto
della confisca;
2) Violazione dei principi che regolano l’intangibilità del giudicato; non
essendovi più alcuna possibilità di ritrasferire i beni confiscati agli ex
proprietari;
3) Errore sui presupposti di fatto e di diritto; in quanto si è già conclusa la
procedura esecutiva successiva alla sentenza della Corte di cassazione, per cui
non è più possibile parlare di ritrasferimento;
4) Violazione ed errata applicazione della legge n. 47 del 1985; non essendo
possibile nel caso di specie alcuna sanatoria e, in particolare, quella di cui
agli artt. 11 e 13 della legge n. 47 del 1985.
Le società appellate si costituiscono in giudizio e resistono all’appello,
chiedendone la reiezione e rilevando, dopo una lunga ricostruzione della vicenda
che ha visto, in sede penale, assolti gli imputati, ma disposta la confisca dei
beni, la correttezza della sentenza di primo grado e richiedendo la conferma
dell’obbligo del Comune di Bari di provvedere sull’istanza presentata e su cui
si è formato il silenzio-rifiuto.
Con il secondo ricorso, il Comune di Bari impugna altra analoga sentenza emessa
dalla stessa sezione del Tribunale amministrativo regionale della Puglia e
relativa al medesimo oggetto, formulando all’uopo gli stessi motivi di appello
già evidenziati relativamente al primo ricorso.
Anche per questo ricorso la società appellata – I.E.M.A. S.r.l. – si costituisce
in giudizio e resiste all’appello, chiedendone la reiezione e rilevando anche
essa, dopo una riepilogazione puntuale degli antefatti penali della vicenda, la
piena correttezza della sentenza di primo grado, anche in ordine al termine
assegnato per provvedere (45 giorni), superiore a quello stabilito dalla legge
n. 241 del 1990 (30 giorni).
All’udienza pubblica del 19 dicembre 2003, le parti discutono le due cause, le
quali vengono successivamente spedite in decisione.
D I R I T T O
I due ricorsi sono fra loro strettamente connessi sia da un punto di vista
soggettivo (medesima amministrazione appellante) e sia da un punto di vista
oggettivo (medesimo “petitum” e uguale “causa pretendi”, riferiti peraltro allo
stesso manufatto edilizio) e possono, pertanto, in ossequio al principio di
economia processuale, essere esaminati congiuntamente e decisi con un unico
provvedimento giurisdizionale.
I due appelli riuniti sono fondati.
Risulta, infatti, evidente che i ricorrenti in primo grado e attuali appellati
sono privi di legittimazione a richiedere una pronuncia del Comune di Bari in
ordine alla conformità urbanistica ed ambientale della lottizzazione denominata
“Punta Perotti”.
La costruzione che è derivata da tale lottizzazione, infatti, insieme con l’area
di sedime della stessa, a seguito della confisca operata dalla Corte di
cassazione, sez. III pen., n. 256 del 2001, è passata definitivamente nella
proprietà del Comune di Bari, cosa che, peraltro, si evince chiaramente anche
dall’inciso contenuto nella motivazione della sentenza n. 626 del 2003 della
stessa Corte di cassazione, sez. III pen., in sede di incidente di esecuzione,
la quale (pag. 12) dichiara espressamente che relativamente agli imputati
(soggetti fisici riconducibili alle società appellate) doveva constatarsi “…
l’effettiva carenza di interesse di tali soggetti – ormai privati di ogni
diritto reale sui beni assoggettati alla confisca ex art. 19 L. 47/85,
provvedimento ormai irrevocabile direttamente traslativo della proprietà e di
per sé non necessitante (per quanto si dirà in seguito) di esecuzione ……”.
In ragione di ciò, e cioè del fatto che le società appellate non possono vantare
alcun interesse diretto, concreto ed attuale a conoscere della conformità
edilizia di un manufatto sul quale non hanno alcuna pretesa, neppure futura, non
potendo neppure sperare in un ritrasferimento ovvero in una revoca, stante la
intangibilità e la irrevocabilità del giudicato, non si vede per quale motivo
gli stessi pretendono di conoscere l’effettiva situazione giuridica di un
complesso immobiliare sul quale non possono vantare alcun diritto.
Da ciò il difetto di legittimazione alla presentazione dell’istanza e l’inconfigurabilità
consequenziale di alcuna formazione di silenzio significativo da parte della
pubblica amministrazione.
Gli appelli riuniti vanno, pertanto, accolti e, in riforma delle sentenze
impugnate, i ricorsi in primo grado vanno rigettati.
Le spese del doppio grado di giudizio dei due ricorsi riuniti seguono la
soccombenza e si liquidano in complessivi € 5.000,00 (cinquemila), da ripartire
in parti uguali fra i soggetti dei due appelli, rispettivamente MA.BAR. S.r.l. e
SUDFONDI S.r.l., relativamente al primo appello, e IEMA S.r.l., relativamente al
secondo appello.
P. Q. M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sez. IV), definitivamente
pronunciando sui ricorsi in appello indicati in epigrafe:
– Riunisce gli stessi;
– Accoglie i medesimi e, in riforma delle sentenze appellate, rigetta i ricorsi
in primo grado;
– Condanna i soggetti appellati al pagamento delle spese del doppio grado di
giudizio, liquidate come in motivazione.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, addì 19 dicembre 2003, dal Consiglio di Stato in sede
giurisdizionale (Sez. IV), riunito in Camera di Consiglio con l'intervento dei
signori:
Giuseppe BARBAGALLO – Presidente f. f.
Costantino SALVATORE – Consigliere
Giuseppe CARINCI – Consigliere
Vito POLI – Consigliere
Eugenio MELE – Consigliere, est.
Depositata in Segreteria
Il 10 marzo 2004
(art.55, L,27.4.1982, n.186)
1) Urbanistica - Manufatti edilizi e suoli confiscati e trasferiti nel patrimonio comunale con sentenza - Silenzio serbato dal Comune su una domanda di conformità urbanistica ed ambientale della lottizzazione – Legittimità – Fattispecie: “Punta Perotti”. E’ legittimo il silenzio serbato dal Comune su una domanda relativa alla necessità della pronuncia sulla conformità della lottizzazione alla vigente disciplina urbanistica e paesistica, quando i manufatti edilizi e i suoli cui essi accedono sono stati confiscati e trasferiti nel patrimonio comunale con sentenza. (In specie Corte di cassazione penale, sez. III, n. 256 del 26 marzo 2001 sentenza denominata “Punta Perotti”). Pres. ARBAGALLO - Est. MELE - COMUNE DI BARI (avv.ti Verna e Baldassarra) c. MA.BAR. S.r.l. e SUDFONDI S.r.l. (avv. Scoca) e contro IEMA S.r.l. (avv. Medina) - (Riforma Tribunale Amministrativo Regionale della Puglia, sede di Bari, sez. II, n. 3827 del 14 ottobre 2003 e n. 3955 del 28 ottobre 2003). CONSIGLIO DI STATO Sezione IV, 10 marzo 2004, Sentenza n. 1126
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