Legislazione Giurisprudenza Vedi altre: Sentenze per esteso
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta ANNO 1998 ha
pronunciato la seguente
DECISIONE
sul ricorso in appello numero di registro generale 8323/98, proposto
dalla Società “Costruzioni Mazziotti di Mazziotti A. & C.” S.n.c., in persona
del suo legale rappresentante rappresentato e difeso, per delega resa a margine
dell’atto di appello dall’Avv. Vincenzo D’Ambrosio ed elettivamente domiciliato
in Roma, Via E. Nathan, 51, presso Pierluigi Napolitano,
contro
il Comune di Battipaglia, in persona del Sindaco pro tempore n.c.
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania - Salerno,
n.709/97, dell’1 dicembre 1997,
Visto il ricorso con i relativi allegati.
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle proprie difese.
Visti gli atti tutti della causa.
Designato relatore, alla pubblica udienza del 28 ottobre 2003, il Consigliere
Francesco D’OTTAVI ed udito, altresì, l’avvocato Vantaggiato per delega
dell’avv. D’Ambrosio.
Ritenuto in fatto e in diritto quanto segue:
FATTO
L’istante società rappresenta che con ricorso notificato l’8 giugno 1989
impugnava dinanzi al Tribunale Amministrativo Regionale della Campania – Sezione
di Salerno - il provvedimento prot. n.5361, del 20 aprile 1989, col quale il
Sindaco del Comune di Battipaglia negava il rilascio della concessione edilizia
per la realizzazione di una casa plurifamiliare in località “S. Anna”, sul
rilievo che l’intervento edilizio si insediava in parte su terreno destinato a
verde pubblico semplice; nel ricorso si assumeva l’illegittimità del
provvedimento per la violazione dell’art.2 della legge 19 novembre 1968, n.1187,
dell’art.4 della legge 28 gennaio 1977, n.10, ed eccesso di potere, per
motivazione contraddittoria, assumendosi che il vincolo di inedificabilità è
decaduto con decorso del quinquennio e rilevandosi, comunque, che il rapporto
planovolumentrico è soddisfatto, tenendo conto della sola zona C/12, in cui per
la maggior parte s’insedia l’intervento edilizio.
Il Tribunale con l’appellata sentenza, ha respinto il gravame.
L’appellante deduce l’illegittimità e l’ingiustizia della decisione per i
seguenti motivi:
1) eccesso di potere per travisamento dei fatti e per motivazione incongrua.
Secondo l’appellante la sentenza è stata emessa sull’erroneo presupposto che
l’intervento edilizio s’insediasse in parte su terreno destinato a verde
semplice privato, sul quale il vincolo di inedificabilità non avrebbe perduto
efficacia; tale circostanza, secondo il Tribunale risulterebbe dalla relazione
di progetto. Osserva l’appellante che in verità il progettista ha semplicemente
chiarito che l’intervento ricade in parte su una zona a verde di proprietà, nel
senso che non è stata espropriata nei termini di legge, pur potendo esserlo,
trattandosi di verde pubblico semplice, ed è rimasta di proprietà della società
ricorrente; per fugare ogni dubbio sulla destinazione della zona, l’interessata
ha chiesto ed ottenuto il certificato di destinazione urbanistica del terreno
sul quale intende effettuare l’intervento. Da tale certificato emerge
chiaramente che l’intervento edilizio proposto ricade in zona C/12 ed in parte
in zona destinata a verde pubblico semplice.
2) Violazione e falsa applicazione dell’art.2 della legge 19 novembre 1968 n.1187
la motivazione del diniego di concessione si riferisce esclusivamente al vincolo
di inedificabilità imposto dal piano regolatore generale, per una parte del
terreno su cui dovrebbe insistere la edificazione, destinata a verde pubblico
semplice; senonchè, ai sensi e per gli effetti della norma citata, sussiste la
temporaneità dei vincoli urbanistici di destinazione, nel senso che, trascorsi
cinque anni dalla vigenza del vincolo, lo stesso decade secondo la nota
giurisprudenza della Corte Costituzionale.
3) Violazione dell’art.4 della legge n.10/77; tale norma prescrive che il
rilascio della concessione risulta atto dovuto laddove sussiste la conformità
alle previsioni degli strumenti urbanistici e dei regolamenti edilizi. Sicchè
considerando che i motivi di diniego sono per intero collegati all’esistenza di
un vincolo e che lo stesso va, per legge, considerato decaduto, il Sindaco aveva
l’obbligo al rilascio della concessione edilizia in questione.
L’appellante conclude per l’accoglimento del gravame con ogni consequenziale
statuizione di legge.
Si è costituita anche in questo grado del giudizio la resistente Amministrazione
che, con analitica memoria deduce l’infondatezza dell’impugnazione concludendo
per la reiezione dell’appello con vittoria di spese.
Alla pubblica udienza del 28 ottobre 2003 il ricorso veniva trattenuto in
decisione su conforme istanza degli avvocati delle parti.
DIRITTO
Come riportato nella narrativa che precede con l’appello in esame viene
impugnata la sentenza n.709/97, del 1° dicembre 1997, con cui il Tribunale
Amministrativo Regionale della Campania – Sezione di Salerno, ha respinto il
ricorso proposto dall’attuale appellante per ottenere l’annullamento della
deliberazione del 20 aprile 1989, n.5361/88, con cui il Sindaco del Comune di
Battipaglia ha negato il rilascio della concessione, richiesta dall’appellante
medesima, per la realizzazione di una casa plurifamiliare in località S. Anna,
nel presupposto che l’intervento pur conforme per disponibilità di cubatura in
zona C/12 fosse parzialmente insediato su verde pubblico.
Come pure considerato in precedenza il ricorrente reitera in questa sede – sia
pur rimodulandole avverso il contenuto motivazionale dell’impugnata decisione –
le censure già prospettate dinanzi al Tribunale (e da questi puntualmente
disattese), censure secondo cui in particolare nella fattispecie non
sussisterebbero i presupposti ostativi del rilascio della richiesta concessione
perché, come risulta dalla documentazione in atti l’intervento edilizio proposto
ricade in zona C/12 ed in parte in zona destinata a verde pubblico semplice;
inoltre come è noto la vigenza dei vincoli urbanistici di destinazione non è
perpetua ma temporanea per cui perdono di ogni efficacia trascorsi cinque anni
dall’applicazione del relativo strumento urbanistico.
Invero per ciò che concerne la prima censura dedotta dall’appellante la
decisione del giudice di prime cure appare legittimamente motivata, né la
documentazione prodotta a sostegno appare sufficiente a modificare la contestata
valutazione, in quanto dalla certificazione di destinazione urbanistica prot. n.
12478/98, del 12 giugno 1998, non emerge quanto asserito circa la natura privata
e non pubblica dell’area ma solo la qualificazione di prevalente destinazione
dell’area in oggetto a verde pubblico semplice; inoltre, nel quarto foglio di
tale atto, che riporta la normativa relativa alla zona di verde pubblico
semplice e delle zone speciali, la destinazione d’uso dell’area in oggetto è la
seguente: “attrezzature di interesse generale e di zona e di uso pubblico o
aperte al pubblico, nonché attrezzature commerciali per lo svago e lo spettacolo
se espressamente indicate nel piano. Sono ammesse solo attrezzature non
permanenti per lo svago e per il gioco”; viceversa non risulta, come invece
sostiene l’appellante, che l’area in questione sarebbe “privata” ovvero
“preordinata all’espropriazione”.
Anche la valutazione circa la censurabilità della decisione sul dedotto difetto
d’istruttoria “perché la destinazione è quella che risulta dal P.R.G. e non
quella che potrebbe risultare da espressioni poco felici di un progettista”,
appare infondata in quanto proprio la certificazione richiamata non prevede la
“destinazione privata dell’area”.
Ritiene poi il Collegio di dover respingere anche l’ulteriore censura circa la
violazione e falsa applicazione dell’art. 2 della legge 19 novembre 1968, n.
1187; appare, infatti, infondata la doglianza attinente alla temporaneità dei
vincoli urbanistici di destinazione, atteso che tale prescrizione, come
esattamente osservato dal Tribunale, riguarda solo i piani attuativi preordinati
all’espropriazione ma non gli atti di pianificazione che conformano il
territorio per l’ordinato sviluppo delle aree abitate e per la salvaguardia dei
valori urbanistici ed ambientali esistenti.
Del resto questo Consesso ha avuto più volte modo di affermare, durante la
perdurante vigenza della norma richiamata, che le destinazioni d’uso previste
nel piano regolatore generale non concretizzano un vincolo a contenuto
espropriativo, in quanto rispondono all'esigenza di conformare il diritto di
proprietà attraverso la definizione dell'utilizzazione del suolo consentita al
proprietario; pertanto, la relativa prescrizione non solo non è indennizzabile
ma non è neanche soggetta al limite temporale di efficacia di cui all'articolo 2
della legge 19 novembre 1968 n. 1187 (cfr. ex plurimis Cons. Stato, Sez. IV,
sent. n. 382, del 6 marzo 1998); in tale ottica, infatti, non si interviene su
potestà ablatorie in capo al soggetto proprietario ma, diversamente, si produce
una conformazione del territorio agli obiettivi prefissati dall’ente locale:
tale conformazione del territorio non produce, quindi, l’insorgenza di alcun
diritto all’indennità da parte del titolare ovvero la perdita di efficacia, come
previsto dalla normativa richiamata, decorso un quinquennio dall’approvazione
dello strumento urbanistico.
Va anche respinta l’ultima censura relativa alla pretesa violazione della
disposizione di cui all’art. 4 della legge n. 10/1977, in quanto per il
presupposto, già evidenziato dal giudice di primo grado, l’intervento edilizio
in questione ricomprende anche un’area destinata a verde pubblico e ciò solo fa
venir meno, per carenza dei presupposti, la legittimità della concessione
richiesta.
Conclusivamente l’appello deve essere respinto.
Sussistono validi motivi per disporre la compensazione delle spese.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, definitivamente
pronunciando sul ricorso in epigrafe indicato, respinge l’appello.
Compensa tra le parti le spese di ambo i gradi di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, il 28 ottobre
2003, dalla Quinta Sezione del Consiglio di Stato, riunita in Camera di
consiglio con l’intervento dei Signori Magistrati:
Alfonso Quaranta Presidente
Goffredo Zaccardi Consigliere
Francesco D’Ottavi Consigliere estensore
Claudio Marchitiello Consigliere
Marco Lipari Consigliere
L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE
IL SEGRETARIO
IL DIRIGENTE
f.to Francesco D’Ottavi
f.to Alfonso Quaranta
f.to Francesco Cutrupi
f.to Antonio Natale
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 20 gennaio 2004
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
1) Urbanistica e edilizia – Art. 2 L.1187/1968 – Vincoli urbanistici – Destinazioni d’uso previste dal P.r.g. – Non concretizzano un vincolo a carattere espropriativo - Limite temporale di efficacia di un quinquennio – Inapplicabilità. La prescrizione di temporaneità dei vincoli urbanistici, di cui all’art. 2 della legge 19 novembre 1968, n. 1187, riguarda solo i piani attuativi preordinati all’espropriazione e non gli atti di pianificazione che conformano il territorio per l’ordinato sviluppo delle aree abitate e per la salvaguardia dei valori urbanistici ed ambientali esistenti. Le destinazioni d’uso previste nel piano regolatore generale non concretizzano un vincolo a contenuto espropriativo, in quanto rispondono all'esigenza di conformare il diritto di proprietà attraverso la definizione dell'utilizzazione del suolo consentita al proprietario; pertanto, la relativa prescrizione non solo non è indennizzabile ma non è neanche soggetta al limite temporale di efficacia di un quinquennio (cfr. ex plurimis Cons. Stato, Sez. IV, sent. n. 382, del 6 marzo 1998); in tale ottica, infatti, non si interviene su potestà ablatorie in capo al soggetto proprietario ma, diversamente, si produce una conformazione del territorio agli obiettivi prefissati dall’ente locale. Pres. Quaranta, Est. D’Ottavi – Costruzioni Mazziotti di Mazziotti A. & C. S.n.c. (Avv. D’Ambrosio) c. Comune di Battipaglia (n.c.) (Conferma T.A.R. Campania, Salerno, n. 709/97) CONSIGLIO DI STATO, Sez. V, 20 gennaio 2004, n. 148
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