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 Massime della sentenza

  

 

CONSIGLIO DI STATO, sez. V, 4 Maggio 2004, sentenza n. 2716

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO


Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, ANNO 2003 ha pronunciato la seguente
 

DECISIONE


sul ricorso in appello n. 4608/2003, proposto dal Comune di Villasor, in persona del Sindaco in carica, rappresentato e difeso dagli avv.ti Massimo Fenza, Antonello Rossi e Giorgio Vasi, con i quali è elettivamente domiciliato in Roma, via Sardegna, n. 29 (studio avv. Giorgio Vasi), giusta procura a margine del ricorso, conferita in conformità alla delibera della Giunta comunale 12 maggio 2003, n. 102;
contro
il sig. Sergio Serra, costituitosi in proprio, senza l’assistenza di legale;
e nei confronti
dei sig.ri Efisio Meloni e Walter Marongiu, non costituitisi;
per l’annullamento e/o la riforma
della sentenza del T.A.R. Sardegna n. 495/03 del 12 marzo 2003, depositata il 29 aprile 2003;
Visto il ricorso in appello con i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’appellato Sergio Serra;
Visti gli atti tutti della causa;
Alla pubblica udienza del 27 gennaio 2004, relatrice cons. Rosalia Maria Pietronilla Bellavia, udito l’avv. Vasi;
Ritenuto e considerato, in fatto ed in diritto, quanto segue:
 

FATTO e DIRITTO


I°- Sul piano pregiudiziale, va osservato che l’appellato, sig. Sergio Serra, si è costituito in giudizio in proprio, senza l’assistenza di legale.
Ciò posto, va precisato che, a norma dell’art. 6 del R.D. 17 agosto 1907, n. 642, il ricorso davanti al Consiglio di Stato in sede giurisdizionale deve “contenere…. la sottoscrizione delle parti o di una di esse e dell’avvocato ammesso al patrocinio in Corte di cassazione, ovvero del solo avvocato, indicandosi, in questo caso, la data del mandato speciale”.
In tale situazione di fatto e di diritto, la costituzione del sig. Sergio Serra risulta inammissibile e lo stesso va, conseguentemente, estromesso dal presente procedimento.


II°- Circa il merito del ricorso in appello si considera quanto appresso.
Con la sentenza n. 495/03 del 12 marzo 2003, depositata il 29 aprile 2003, il T.A.R. Sardegna ha accolto il ricorso del predetto sig. Sergio Serra contro l’omessa esibizione di atti ed il mancato rilascio delle relative copie da parte del Comune di Villasor, da esso richiesti, con varie istanze, nella sua veste di consigliere comunale, ed ha, conseguentemente, ordinato al menzionato Comune di esibire al ricorrente i documenti indicati nelle sue domande e di rilasciargli le copie richieste.


Contro tale sentenza è diretto il presente ricorso in appello, proposto dal Comune di Villasor.
III°- In punto di fatto, si precisa che il sig. Sergio Serra davanti al T.A.R. aveva impugnato il provvedimento del Vice-Segretario del Comune di Villasor 20 dicembre 2002, n. 11609, con il quale, a riscontro di alcune sue domande di accesso ad atti del Comune con rilascio delle relative copie, gli era stata comunicata l’impossibilità di esaudire tali sue richieste, salvo ad assumere qualificato personale “ad hoc” e che, comunque, la motivazione delle sue istanze (“espletamento di mandato”) non era sufficiente a consentire il rilascio o la presa visione di atti, specie se riguardanti dati sensibili, quali i cedolini paga.
Con lo stesso provvedimento è stato, poi, fatto presente al richiedente che, in attesa di apposito Regolamento, necessario per stabilire le precise fattispecie di diniego e quelle di accoglimento e fino a quando le relative istanze non fossero state giustificate da motivazioni specifiche e dettagliate, non gli sarebbero state rilasciate copie di atti.
Infine, con il medesimo provvedimento, l’istante è stato informato che, per le esposte motivazioni, non gli venivano trasmesse le copie delle determinazioni adottate dai responsabili dei servizi, delle quali, comunque, gli sarebbe stato trasmesso l’elenco, e che, inoltre, gli sarebbero stati trasmessi gli atti adottati dalla Giunta comunale e dal Consiglio comunale.
Il ricorrente, nell’impugnare l’illustrato provvedimento, aveva anche chiesto al T.A.R. l’accertamento del diritto di accesso e la condanna dell’Amministrazione comunale ad esibirgli gli atti da lui richiesti, con rilascio delle relative copie.
Il T.A.R. ha giudicato il ricorso fondato, a norma dell’art. 43, comma 2, del D.Lgs 18 agosto 2000, n. 267, e del Regolamento comunale vigente all’epoca dell’emissione dell’atto impugnato e atteso, altresì, che il diritto di accesso non può essere negato sulla base di difficoltà materiali ad eseguire la relativa incombenza.


IV°- L’appellante, con il primo mezzo di gravame, assume che il T.A.R. avrebbe errato nel ritenere il diritto di accesso dei consiglieri comunali non sottoposto ad alcun limite, trattandosi di diritto riconosciuto nell’ambito dell’utilità all’espletamento del mandato, come precisato nell’art. 43, comma 2, del D.Lgs 18 agosto 2000, n. 267.
Secondo l’appellante, il diritto di accesso dei consiglieri comunali troverebbe, comunque, un argine nei diritti tutelati dall’ordinamento.
Sempre secondo l’appellante, anche in base al Regolamento comunale il diritto di accesso troverebbe un limite, per motivi di riservatezza, nei casi specificati nell’art. 10.
Donde, ad avviso dell’appellante, l’erroneità dell’impugnata sentenza laddove vi è stato affermato che il diniego di accesso al consigliere comunale Sergio Serra gli sarebbe stato negato senza legittime giustificazioni.
Tali prospettate tesi difensive mancano di fondamento.
La “subiecta materia “ è disciplinata dall’art. 43 del D.Lgs 18 agosto 2000, n. 267, che individua i diritti dei consiglieri comunali e provinciali connessi all’espletamento della loro carica.
Per quanto qui interessa, il citato art. 43, al comma 2, statuisce:
“I consiglieri comunali e provinciali hanno diritto di ottenere dagli uffici, rispettivamente, del comune e della provincia, nonché dalle loro aziende ed enti dipendenti, tutte le notizie e le informazioni in loro possesso, utili all’espletamento del proprio mandato. Essi sono tenuti al segreto nei casi specificamente determinati dalla legge”.
Dal contenuto di tale norma emerge chiaramente che i consiglieri comunali hanno diritto di accesso a tutti gli atti che possano essere d’utilità all’espletamento del loro mandato, senza alcuna limitazione.
Dal contenuto della stessa norma consegue, altresì, che una richiesta di accesso avanzata da un consigliere comunale a motivo dell’espletamento del proprio mandato risulta congruamente motivata e non può essere disattesa dall’Amministrazione.
Poiché la surriportata norma attribuisce il diritto ai consiglieri comunali di chiedere i documenti ravvisati utili all’espletamento del mandato, la precisazione che la richiesta di accesso è avanzata per l’espletamento del mandato basta a giustificarla, senza che occorra alcuna ulteriore precisazione circa le specifiche ragioni della richiesta.
Né, di contro a quanto sostenuto dall’appellante, il diritto di accesso dei consiglieri comunali troverebbe un limite nel fatto che la norma “de qua” abbia previsto tale diritto solo per le notizie e le informazioni “utili” all’espletamento del mandato.
Allorchè una richiesta di accesso è avanzata per l’espletamento del mandato risulta, invero, insita nella stessa l’utilità degli atti richiesti al fine dell’espletamento del mandato.
Il riferimento alle notizie ed alle informazioni “utili” contenuto nella norma in esame, diversamente da quanto assunto dall’appellante, non costituisce affatto una limitazione, se appena si considera l’intero contesto della disposizione.
Il diritto di accesso è stato, infatti, attribuito ai consiglieri comunali per “tutte le notizie e le informazioni …….utili all’espletamento del proprio mandato” e, quindi, per tutte le notizie ed informazioni ritenute utili, senza alcuna limitazione.
Dal termine “utili” contenuto nella norma in oggetto non consegue, quindi, alcuna limitazione al diritto di accesso dei consiglieri comunali, bensì l’estensione di tale diritto a qualsiasi atto ravvisato utile all’espletamento del mandato.
Né l’appellante ha ragione nel sostenere che, comunque, il diritto di accesso dei consiglieri comunali troverebbe un limite nei diritti tutelati dall’ordinamento.
Siffatto limite all’accesso, operante in base alla disciplina posta in via generale dagli artt. 22 e seguenti della L. 7 agosto 1990, n. 241, non è, infatti, previsto per quanto concerne il diritto di accesso dei consiglieri comunali e provinciali, disciplinato dall’art. 43, comma 2, del D. Lgs. 18 agosto 2000, n. 267, che opera quale norma speciale.
Anzi il limite “de quo” risulta implicitamente escluso dalla detta norma speciale, allorchè i consiglieri chiedano l’accesso per l’espletamento del proprio mandato, avendo essa prescritto: “Essi sono tenuti al segreto nei casi specificamente determinati dalla legge”.
E’, invero, evidente che non vi sarebbe stata alcuna ragione di porre tale prescrizione ove l’accesso dei consiglieri comunali e provinciali non fosse stato previsto per tutti gli atti dei Comuni e delle Province nonché delle loro aziende ed enti dipendenti, ivi compresi gli atti riguardanti la riservatezza di terzi:
Correttamente, pertanto, il T.A.R. ha rilevato a carico del provvedimento, in quella sede, impugnato dal consigliere comunale Sergio Serra il vizio di violazione dell’art. 43, comma 2, del D.Lgs 18 agosto 2000, n. 267.
Lo stesso provvedimento è parimenti viziato per violazione del Regolamento del Comune di Villasor sul diritto di accesso ai documenti amministrativi, approvato con le delibere del Consiglio comunale 26 maggio 1998, n. 29, e 23 luglio 1998, n. 30, vigente allorchè tale provvedimento è stato emesso, come, pure, correttamente evidenziato dal T.A.R. nell’impugnata sentenza.
Il diritto di accesso dei consiglieri comunali è disciplinato da tale Regolamento all’art. 6, il cui comma 1, si esprime in termini analoghi a quelli dell’art. 43, comma 2, del D.Lgs 18 agosto 2000, n. 267, essendovi prescritto: “I Consiglieri Comunali nell’espletamento del proprio mandato hanno diritto di ottenere dagli Uffici del Comune nonché dalle Aziende o Enti dallo stesso dipendenti tutte le notizie e le informazioni in loro possesso utili all’espletamento del loro mandato”.
Il medesimo art. 6, al comma 6, prescrive ulteriormente: “Il rilascio di copie richieste dai consiglieri Comunali è gratuito e deve essere richiesto per iscritto indicando quale unica motivazione l’esercizio del mandato”.
Donde il vizio di violazione del Regolamento comunale rilevato dal T.A.R. a carico del provvedimento di diniego opposto al consigliere comunale Sergio Serra.
Quanto all’assunto dell’appellante che l’accesso dei consiglieri agli atti concernenti la riservatezza di terzi sarebbe precluso dall’art. 10 del citato Regolamento, esso è destituito di fondamento.
Tale invocato art. 10, contenuto nel capo III del Regolamento, riguarda, infatti, il diritto generale di accesso e non già il diritto di accesso dei consiglieri comunali, esclusivamente disciplinato all’art. 6, contenuto nel capo II dello stesso Regolamento.
Del parti correttamente il T.A.R. ha rilevato a carico del contestato provvedimento di diniego il vizio d’inidoneità della relativa motivazione, non trovando le relative giustificazioni adeguato riscontro nella normativa statale ed in quella comunale disciplinanti la materia e non essendo, certo, l’addotta mancanza di qualificato personale “ad hoc” idonea a sostenere il diniego opposto al richiedente.
Gli Enti locali, al pari di tutte le Pubbliche Amministrazioni, sono, infatti, tenuti a curare tutti gli adempimenti a loro carico e, quindi, a dotarsi di tutti i mezzi (personale, strumentazioni tecniche e materiali vari) necessari all’assolvimento dei loro compiti.
Quanto al richiamo, contenuto nel provvedimento di diniego in oggetto, ad un prossimo Regolamento inteso a disciplinare l’accesso dei consiglieri comunali con determinazione delle fattispecie di diniego e di quelle di accoglimento, esso non è, all’evidenza, idoneo a configurare una valida motivazione.
Fino a quando la normativa disciplinante una data materia non sia stata modificata, essa va, infatti, applicata, ancorchè ne sia prevista una qualche modifica, la quale può essere applicata solo dopo che sia divenuta operante e non già allorchè sia ancora in corso di emanazione o soltanto prevista.
Il primo mezzo di appello va, pertanto disatteso “in toto”.


V°- L’appellante, con il suo secondo mezzo di gravame, insiste sulla necessità di salvaguardare la riservatezza dei terzi anche nei confronti dei consiglieri comunali, al cui fine è stato modificato il Regolamento comunale disciplinante il diritto di accesso con delibera consiliare 30 dicembre 2002, n. 42, nonché sul fatto che il consigliere comunale Sergio Serra con le sue numerose richieste di accesso aveva chiesto atti dei quali verosimilmente ignorava il contenuto, al solo scopo di scegliere quelli utili all’espletamente del mandato ed evidenzia, infine, che i consiglieri comunali dispongono di altri mezzi, quali le interrogazioni, le interpellanze e le semplici domande, oltre all’accesso agli atti per l’espletamento del loro mandato.
Anche tali ulteriori tesi difensive mancano di fondamento, giuste le considerazioni svolte con riferimento al primo mezzo di appello, cui si fa rimando.
Quanto alla reiterata insistenza sulla necessità di salvaguardare la riservatezza dei terzi, si ribadisce che tale necessità, per quanto riguarda il diritto di accesso di cui dispongono i consiglieri comunali e provinciali, è salvaguarata dall’art. 43, comma 2, D.Lgs.18 agosto 2000, n. 267, laddove statuisce: “Essi sono tenuti al segreto nei casi specificamente determinati dalla legge”.
Essendo, infatti, i detti consiglieri tenuti al segreto nel caso di atti riguardanti la riservatezza di terzi, non sussiste, all’evidenza, alcuna ragione logica perché possa essere loro inibito l’accesso ad atti riguardanti i dati riservati di terzi.
Riguardo alle modifiche apportate al Regolamento comunale circa il diritto di accesso dei consiglieri comunali, va osservato che la relativa delibera, adottata dal Consiglio comunale in data 30 dicembre 2002, è successiva al provvedimento impugnato dal consigliere comunale Sergio Serra davanti al T.A.R., emesso il 20 dicembre 2002, e, pertanto, essa è insuscettibile d’incidere sul giudizio d’illegittimità pronunciato dal primo Giudice in ordine a tale provvedimento con riferimento al Regolamento “vigente all’epoca dell’impugnato diniego”.
Circa, poi, la rilevante quantità di atti richiesti dal predetto consigliere, molti dei quali “verosimilmente” di contenuto dallo stesso sconosciuto, si osserva che tale rilevata circostanza è inidonea a giustificare il diniego oppostogli e a dimostrare l’erroneità dell’impugnata sentenza.
Le anzidette norme disciplinanti l’accesso dei consiglieri, sia quella statale sia quella comunale, non pongono, infatti, limiti quantitativi agli atti cui si chieda di accedere né presuppongono che di tali atti i richiedenti conoscano già il contenuto, sia pure approssimativamente.
Il che è ovvio, se appena si considera che l’espletamento del mandato di cui sono investiti i consiglieri comunali li abilita a conoscere tutte quante le attività svolte dall’Amministrazione comunale nonché dalle aziende e dagli enti dipendenti, affinchè possano consapevolmente intervenire in ogni singolo settore.
Né è a dire che la richiesta di accesso agli atti possa essere limitata a quelli dei quali i consiglieri richiedenti conoscano approssimativamente il contenuto, ben potendo l’intervento connesso al mandato ravvisarsi opportuno anche a seguito dell’acquisita conoscenza di atti precedentemente del tutto ignorati.
Infine, quanto agli altri mezzi di cui dispongono i consiglieri comunali per venire a conoscenza dell’attività dell’Amministrazione, quali le interpellanze, le interrogazioni e le domande, va osservato che non sussiste alcuna graduatoria secondo il cui ordine acquisire gli elementi utili all’espletamento del mandato.
Ciascun consigliere è, quindi, libero di servirsi dei mezzi messi a disposizione dell’ordinamento, scegliendo quelli ritenuti più consoni al singolo caso.
Inoltre, non si può non osservare, sul punto, come l’esame diretto degli atti dia la massima contezza della singola questione esaminata e come possa, quindi, essere preferito l’accesso agli altri mezzi di conoscenza offerti dall’ordinamento.
Anche il secondo mezzo di appello deve, quindi, essere disatteso nella sua totalità.


VI°- L’appellante, con il terzo mezzo di gravame, censura l’impugnata sentenza per l’omessa valutazione da parte del T.A.R. di alcuni atti per i quali il chiesto accesso sarebbe stato legittimamente negato al consigliere comunale Sergio Serra, trattandosi di atti aventi profili di riservatezza, perché contenenti dati personali o segreti professionali.
Anche tale ulteriore profilo di censura manca di fondamento, giuste le considerazioni esposte a commento dei mezzi di gravame precedentemente esaminati e che vengono qui richiamate.
Atteso che il primo Giudice ha correttamente escluso la possibilità di negare ad un consigliere comunale l’accesso ad atti contenenti dati riservati, essendo esso tenuto al segreto, non vi era, invero, alcun motivo per procedere all’esame dell’invocata riservatezza, o meno, in ordine ad una serie di atti elencati dal Comune resistente.
Il che è, all’evidenza, ovvio se appena si considera che il mandato dei consiglieri comunali non potrebbe essere pienamente espletato ove ad essi fosse interdetto di poter accedere ad una parte degli atti posti in essere dai vari organi dell’Amministrazione comunale e dagli stessi acquisiti.
Una siffatta limitazione verrebbe, invero, a restringere la possibilità d’intervento, sia in senso critico sia in senso costruttivo, incidendo negativamente sulla possibilità d’integrale espletamento del mandato ricevuto.
Né a diverse conclusioni può pervenirsi sulla base dell’art. 24, comma 2, della L. 7 agosto 1990, n. 241, che esclude dall’accesso gli atti riguardanti “la sicurezza, la difesa nazionale e le relazioni internazionali”, invocato dall’appellante.
Gli atti per i quali al consigliere comunale Sergio Serra è stato negato l’accesso non riguardano, infatti, nemmeno sotto il profilo analogico, le materie di cui alla testè citata norma, concernendo, bensì, erogazioni retributive, appalti, vertenze in corso e materie similari, sulle quali è ben possibile l’intervento del Consiglio comunale, in sede d’indirizzo e di controllo politico-amministrativo, così come previsto dall’art. 42 del D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267.
Ugualmente, non può giovare all’appellante il suo richiamo al D.P.C.M. 26 gennaio 1996, n. 200, disciplinante l’accesso ai documenti dell’Avvocatura dello Stato.
Le limitazioni poste, al riguardo, da tale D.P.C.M. non possono, infatti, applicarsi, in via analogica, ai consiglieri comunali, i quali, nella loro veste di componenti del massimo organo di governo del Comune, hanno titolo ad accedere anche agli atti concernenti le vertenze nelle quali il Comune è coinvolto nonché ai pareri legali richiesti dall’Amministrazione comunale, onde prenderne conoscenza e poter intervenire al riguardo.
Pure il terzo ed ultimo mezzo di appello deve, conseguentemente, essere disatteso, al pari degli altri proposti motivi d’impugnativa.
VIII°- Sulla scorta di tutto quanto considerato, l’appello è infondato e va respinto.


Nulla per le spese, essendosi l’appellato sig. Sergio Serra costituito irritualmente.


P.Q.M.


il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione quinta, definitivamente pronunciando, respinge l’appello.
Nulla per le spese.


Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso, in Roma, dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione quinta, nelle camere di consiglio del 27 gennaio 2004 e del 27 febbraio 2004, con l’intervento dei signori:
Agostino Elefante Presidente
Rosalia Maria Pietronilla Bellavia Consigliere redattrice
Corrado Allegretta Consigliere
Goffredo Zaccardi Consigliere
Marzio Branca Consigliere



L'ESTENSORE                                                     IL PRESIDENTE                                             IL DIRIGENTE
f.to Rosalia Maria Pietronilla Bellavia                      f.to Agostino Elefante                                      f.to Antonio Natale


DEPOSITATA IN SEGRETERIA
IL 4 MAGGIO 2004
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
 

M A S S I M E

 

Sentenza per esteso

 

1) Pubblica Amministrazione - Diritti dei consiglieri comunali e provinciali connessi all’espletamento della loro carica - Diritto di accesso – Art. 43 D.L.gs n. 267/2000. L’art. 43 del D.Lgs 18 agosto 2000, n. 267, individua i diritti dei consiglieri comunali e provinciali connessi all’espletamento della loro carica. Il citato art. 43, al comma 2, statuisce: “I consiglieri comunali e provinciali hanno diritto di ottenere dagli uffici, rispettivamente, del comune e della provincia, nonché dalle loro aziende ed enti dipendenti, tutte le notizie e le informazioni in loro possesso, utili all’espletamento del proprio mandato. Essi sono tenuti al segreto nei casi specificamente determinati dalla legge”. Dal contenuto di tale norma emerge chiaramente che i consiglieri comunali hanno diritto di accesso a tutti gli atti che possano essere d’utilità all’espletamento del loro mandato, senza alcuna limitazione. Il diritto di accesso è stato, infatti, attribuito ai consiglieri comunali per “tutte le notizie e le informazioni …utili all’espletamento del proprio mandato” e, quindi, per tutte le notizie ed informazioni ritenute utili, senza alcuna limitazione. Dal termine “utili” contenuto nella norma in oggetto non consegue, quindi, alcuna limitazione al diritto di accesso dei consiglieri comunali, bensì l’estensione di tale diritto a qualsiasi atto ravvisato utile all’espletamento del mandato. Pres. Elefante - Est. Pietronilla Bellavia - Comune di Villasor (avv.ti Fenza, Rossi e Vasi) c. Serra (costituitosi in proprio, senza l’assistenza di legale) e nei confronti Meloni e Marongiu (n.c.) (Conferma - T.A.R. Sardegna n. 495/03 del 12 marzo 2003, depositata il 29 aprile 2003) CONSIGLIO DI STATO, sez. V, 4 Maggio 2004, sentenza n. 2716

 

2) Pubblica Amministrazione - Diritti dei consiglieri comunali e provinciali - Diritto di accesso e limite all’accesso - D.L.gs n. 267/2000 – L. n.241/1990. Il limite all’accesso, operante in base alla disciplina posta in via generale dagli artt. 22 e seguenti della L. 7 agosto 1990, n. 241, non è, infatti, previsto per quanto concerne il diritto di accesso dei consiglieri comunali e provinciali, disciplinato dall’art. 43, comma 2, del D. Lgs. 18 agosto 2000, n. 267, che opera quale norma speciale. Né è a dire che la richiesta di accesso agli atti possa essere limitata a quelli dei quali i consiglieri richiedenti conoscano approssimativamente il contenuto, ben potendo l’intervento connesso al mandato ravvisarsi opportuno anche a seguito dell’acquisita conoscenza di atti precedentemente del tutto ignorati. Ciascun consigliere è, quindi, libero di servirsi dei mezzi messi a disposizione dell’ordinamento, scegliendo quelli ritenuti più consoni al singolo caso. Inoltre, l’esame diretto degli atti dia la massima contezza della singola questione esaminata e come possa, quindi, essere preferito l’accesso agli altri mezzi di conoscenza offerti dall’ordinamento. Qualsiasi limitazione verrebbe, a restringere la possibilità d’intervento, sia in senso critico sia in senso costruttivo, incidendo negativamente sulla possibilità d’integrale espletamento del mandato ricevuto. Né a diverse conclusioni può pervenirsi sulla base dell’art. 24, comma 2, della L. 7 agosto 1990, n. 241, che esclude dall’accesso gli atti riguardanti “la sicurezza, la difesa nazionale e le relazioni internazionali”. Pres. Elefante - Est. Pietronilla Bellavia - Comune di Villasor (avv.ti Fenza, Rossi e Vasi) c. Serra (costituitosi in proprio, senza l’assistenza di legale) e nei confronti Meloni e Marongiu (n.c.) (Conferma - T.A.R. Sardegna n. 495/03 del 12 marzo 2003, depositata il 29 aprile 2003) CONSIGLIO DI STATO, sez. V, 4 Maggio 2004, sentenza n. 2716

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