AmbienteDiritto.it                                                                                

Legislazione  Giurisprudenza                                           Vedi altre: Sentenze per esteso


    Copyright © Ambiente Diritto.it

 Massime della sentenza

  

 

CONSIGLIO DI STATO, sez. IV, 21 Maggio 2004, sentenza n. 3320

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO


Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta) ha pronunciato la seguente


D E C I S I O N E


sul ricorso in appello iscritto al NRG. 6389 dell'anno 1996 proposto dal C.I.M.E.P., Consorzio Interministeriale Milanese per l’Edilizia Popolare, in persona del legale rappresentante in carica, rappresentato e difeso dagli avvocati Ugo Ferrari e Adriano Pilia, con i quali è elettivamente domiciliato in Roma, via P.A. Micheli, n. 78 (presso lo studio del primo);
c o n t r o
ROCCO FRANCESCO, ROCCO SAVERIO e BONO GIUSEPPINA, non costituiti in giudizio;
e nei confronti di
REGIONE LOMBARDIA, in persona del Presidente della giunta regionale in carica, e COMUNE DI LAINATE, in persona del sindaco in carica, entrambi non costituiti in giudizio;
per l'annullamento
della sentenza del Tribunale amministrativo regionale della Lombardia, sez. II, n. 1564 de 21 dicembre 1995;
Visto il ricorso in appello con i relativi allegati;
Visti gli atti tutti della causa;
Relatore alla pubblica udienza del 17 febbraio 2004 il Consigliere Carlo Saltelli;
Udito l’avvocato Ferrari per l’appellante;
Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:


F A T T O


Con ricorso giurisdizionale notificato il 12 novembre 1993, i signori Francesco Rocco, Saverio Rocco e Giuseppina Bono, proprietari nel Comune di Lainate di un terreno esteso mq. 10664 (in catasto al foglio 14, mapp. 116 – 117), chiedevano al Tribunale amministrativo regionale della Lombardia l’annullamento: a) della delibera della Giunta regionale della Lombardia n. 7889 del 16 aprile 1991, recante l’approvazione del nuovo piano di zona per l’edilizia economica e popolare; b) delle delibere del C.I.M.E.P. n. 349 del 27 febbraio 1990, di adozione del nuovo piano di zona per l’edilizia economica e popolare, e n. 1589 del 28 novembre 1990, di controdeduzioni alle opposizioni formulate dagli interessato avverso l’adozione del nuovo piano di zona per l’edilizia economica e popolare; c) della delibera consiliare del Comune di Lainate n. 80 del 29 ottobre 1990, recante l’esame e l’approvazione del nuovo piano di zona consortile del C.I.M.E.P. ai sensi dell’articolo 15 dello Statuto, nonché controdeduzioni, osservazioni e provvedimenti conseguenti; tutti nella parte in cui le indicare aree di loro proprietà erano state inserite nel predetto piano di zona (lotto 2LN9).


Dopo aver esposto che la su indicata area di loro proprietà era stata originariamente destinata (giusta le previsioni del piano regolatore del Comune di Lainate, approvato con delibera n. 21369 del 30 gennaio 1979 della Giunta regionale della Lombardia) a zona di interesse pubblico; che tale vincolo espropriativo era decaduto per inutile decorso del quinquennio, e che lo stesso Comune di Lainate, con delibera consiliare n. 150 del 28 novembre 1989 aveva già escluso il lotto 2LN9 dall’area destinata a piano di zona, i ricorrenti lamentavano innanzitutto, nei confronti della delibera della Giunta regionale della Lombardia, la violazione dell’articolo 8, comma 3, della legge 18 aprile 1962, n. 167, in quanto, a loro avviso, l’amministrazione regionale aveva omesso di decidere sulle opposizioni proposte avverso il contestato piano di zona; nei confronti degli altri provvedimenti impugnati, poi, gli interessati deducevano sotto svariati profili la violazione della legge 18 aprile 1962, n. 167, e il difetto di motivazione e la carenza di istruttoria, sia in relazione alla concreta scelta delle aree in questione, non comprese fra quelle destinate a zona residenziale, sia per la erronea determinazione del fabbisogno abitativo e il sostanziale uso irrazionale del territorio a causa del basso sfruttamento volumetrico complessivamente previsto.


L’adito Tribunale, nella resistenza del solo C.I.M.E.P., con la sentenza n. 1564 del 21 dicembre 1995, sez. II, pur escludendo che il vincolo originariamente gravante sull’area in argomento fosse effettivamente scaduto per inutile decorso del termine quinquennale di efficacia, accoglieva il ricorso alla stregua del secondo motivo di censura, ritenendo illegittima la scelta di inserire nel nuovo piano di zona l’area di proprietà dei ricorrenti, ricompresa in zona di interesse pubblico con destinazione a centro sportivo, annullando di conseguenza gli atti impugnati.


Avverso tale statuizione ha proposto appello il C.I.M.E.P. con atto notificato il 25 luglio 1996, chiedendone la riforma alla stregua di un solo articolato motivo di gravame, rubricato “Violazione e falsa applicazione art. 3 legge 18 aprile 1962, n. 167 – Violazione art. 3 legge 7.8.90, n. 241 – Illogicità manifesta – Errore nei presupposti – Difetto di motivazione”.


Ad avviso del Consorzio, invero, la disposizione contenuta nel secondo comma dell’articolo 3 della legge 18 aprile 1962, n. 167, diversamente da quanto ritenuto dai primi giudici, non costituiva un precetto puntuale, bensì una mera direttiva di massima, e perciò era derogabile dall’ente locale nell’esercizio dell’ampio potere discrezionale che caratterizza la funzione di pianificazione urbanistica, fatto salvo l’onere di una puntuale motivazione atta a giustificare la diversa scelta concretamente operata, onere che, nel caso di specie, era stato soddisfatto, come poteva agevolmente ricavarsi dalla lettura delle controdeduzioni svolte nei confronti delle osservazioni formulate al piano di zona stesso, anche in relazione alla particolare collocazione delle aree degli originari ricorrenti, ben integrate nel tessuto esistente e negli insediamenti recenti.


Del resto, sempre secondo l’appellante, diversamente da quanto erroneamente sostenuto dai primi giudici, il vincolo espropriativo originariamente gravante sull’area in questione era decaduto per inutile decorso del quinquennio, senza che esso fosse stato riproposto, così che trattandosi di una zona sostanzialmente bianca non vi era un particolare onere di motivazione a carico del Comune e a carico del C.I.M.E.P. circa la scelta di inserire l’area in questione nel nuovo piano di zona.


Nessuno degli appellati si è costituito in giudizio.


D I R I T T O


I. E’ controversa la legittimità degli atti della serie procedimentale con cui è stato approvato il nuovo piano di zona per l’edilizia residenziale economica e popolare del C.I.M.E.P., Consorzio Interministeriale Milanese per l’edilizia popolare, ed in particolare: a) della delibera della Giunta regionale della Lombardia n. 7889 del 16 aprile 1995 di approvazione del piano in questione; b) delle delibere del C.I.M.E.P. n. 349 del 27 febbraio 1990, recante l’adozione del nuovo piano di zona, e n. 1539 del 28 novembre 1990, di controdeduzioni alle opposizioni formulate dagli interessati; c) della delibera consiliare del Comune di Lainate n. 80 del 29 ottobre 1990, di esame e di approvazione del nuovo piano di zona, ai sensi dell’articolo 15 dello statuto consortile; nella parte in cui in detto piano sono state ricomprese le aree di proprietà dei signori Francesco e Saverio Rocco e Giuseppina Bono, site nel Comune di Lainate e riportate in catasto al foglio n. 14, mapp. 16 – 17, non comprese fra quelle destinate a zone residenziali.


Il C.I.M.E.P. con atto di appello notificato il 25 luglio 1996, ha chiesto la riforma della sentenza n. 1564 del 21 dicembre 1995 con la quale il Tribunale amministrativo regionale della Lombardia, accogliendo il secondo dei motivi di censura sollevati dai signori Francesco e Saverio Rocco e Giuseppina Bono avverso i provvedimenti sopra indicati, li ha annullati.


Il gravame è affidato ad un solo articolato motivo, rubricato “Violazione e falsa applicazione dell’art. 3 legge 18 aprile 1962, n. 167; violazione art. 3 legge 7.8.1990 n. 241; illogicità manifesta, errore nei presupposti; difetto di motivazione”, con il quale il Consorzio ha rivendicato la legittimità dell’inserimento delle aree di proprietà dei ricorrenti nel piano consortile, quantunque non fossero ricomprese in zone residenziali, in ragione della derogabilità della disposizione contenuta nell’articolo 3 della legge 18 aprile 1962, n. 167, da considerare una mera direttiva di massima per orientare l’ampio potere discrezionale degli enti locali in materia urbanistica.


Nessuno degli appellati, benché ritualmente e tempestivamente intimati, si è costituito in giudizio.


II. Al riguardo la Sezione osserva quanto segue.


II.1. Il piano di zona, com’è noto, individua quella particolare porzione di territorio comunale specialmente destinata alla costruzione di alloggi a carattere economico e popolare (ed alle relative opere e servizi complementari, urbani e sociali).


Esso risponde, quindi, ad una duplice finalità, per un verso, di favorire l’acquisizione di aree fabbricabili per la realizzazione di alloggi a basso costo, o comunque ad un costo contenuto rispetto ai prezzi di mercato, a tutela dei ceti economicamente più deboli (C.d.S., sez. IV, 27 maggio 1995, n. 190) e, per altro verso, di evitare interventi costruttivi occasionali, contrastanti o comunque incoerenti con l’ordinato governo del territorio, così come delineato nel vigente strumento urbanistico.


E’ stato, al riguardo, evidenziato dalla giurisprudenza la natura di strumento urbanistico di secondo livello o attuativo del piano di zona, quale strumento idoneo a coordinare le speciali esigenze abitative con le scelte urbanistiche ed ambientali (C.d.S., A.P., 3 luglio 1997, n. 12): ciò del resto risponde perfettamente all’intenzione del legislatore che, al secondo comma dell’articolo 3 della legge 18 aprile 1962, n. 167, ha espressamente stabilito che “le aree da comprendere nei piani di zona sono, di norma, scelte nelle zone destinate ad edilizia residenziale nei piani regolatori vigenti, con preferenza in quelle di espansione urbana”.


L’inciso “di norma” contenuto nella ricordata disposizione, piuttosto che costituire una mera direttiva di massima, come sostenuto dal consorzio appellante, è indice della fondamentale preoccupazione del legislatore di evitare che la pur fondamentale esigenza di costruire alloggi economici e popolari possa pregiudicare gli interessi urbanistici ed ambientali, con i quali invece essa deve armonicamente coordinarsi: esso, in effetti, obbliga il comune ad inserire tendenzialmente, quale regola generale, il piano di zona nell’ambito della regolamentazione urbanistica già definita dal vigente piano regolatore generale.


Ciò non esclude, in via di principio, che il piano di zona non possa riguardare aree anche diverse da quelle che, secondo lo strumento urbanistico, sono destinate a zone residenziali, ma impone che una tale scelta (contraria a quella tendenziale voluta dal legislatore), deve essere giustificata da un’adeguata motivazione (C.d.S., sez. IV, 15 ottobre 1994, n. 803) che, piuttosto che negazione dell’ampia discrezionalità di cui gode l’amministrazione comunale in materia urbanistica, ne rappresenta invece il suo fisiologico limite, nel rispetto dei principi costituzionali di legalità, imparzialità e buona amministrazione sanciti dall’articolo 97, onde non sconfinare nell’arbitrio.


II.2. Con riferimento al caso di specie, in cui, com’è pacifico, le aree di proprietà degli originari ricorrenti sono state inserite nel piano di zona benché non fossero ricomprese in zone destinate ad edilizia residenziale, il ricordato onere di motivazione assumeva una particolare connotazione bi – direzionale: da un lato, infatti, esso doveva indicare le ragioni per cui le aree che lo strumento urbanistico in vigore destinava a zone residenziali non erano idonee ad essere inserite nel nuovo piano di zona; d’altra parte, poi, dovevano altresì adeguatamente giustificarsi le ragioni della concreta scelta di inserire nel nuovo piano di zona quelle di proprietà dei ricorrenti ricadenti in zona destinata ai servizi pubblici e non alla edilizia residenziale.


Ad avviso della Sezione nessuno dei predetti profili motivazionali risulta soddisfatto.


E’ infatti completamente mancata qualsiasi motivazione relativamente alla presunta inidoneità delle aree urbanisticamente destinate a zone residenziali, essendosi la stessa relazione al nuovo piano consortile limitata ad affermare molto laconicamente che “il lotto 2LN9 (di proprietà degli originari ricorrenti) si integra alle nuove espansioni a bassa densità sorte nell’ultimo ventennio a sud dell’autostrada”; né adeguati motivi a sostegno della contestata scelta si ricavano dalla lettura della delibera del C.I.M.E.P. n. 1589 del 28 novembre 2000, con la quale sono state svolte deduzioni alle osservazioni/opposizioni avverso il piano di zona adottato, atteso che in relazione all’opposizione n. 13, proprio quella proposta dai signori Rocco Francesco e Rocco Saverio, il predetto consorzio si è limitato ad affermare, senza fornire alcun riscontro al riguardo, che, come già riportato nella relazione “le indicazioni di aree per E.E.P. contenute nello strumento urbanistico comunale vigente non erano sufficienti a garantire il soddisfacimento del bisogno di E.E.P.”, così che “si sono pertanto individuate aree con destinazione a servizi ben connesse al tessuto esistente ed in particolare agli insediamenti recenti, che ben potessero integrarsi”.


D’altra parte, non può non evidenziarsi che la scelta contestata non ha neppure chiarito perché potessero sacrificarsi (e con quali diverse aree potessero altrimenti conseguirsi) quei servizi alla cui soddisfazione erano state destinate le aree dei ricorrenti, secondo le previsioni del vigente piano regolatore.


Non giova affatto all’appellante sostenere, poi, che il vincolo espropriativo originariamente gravante sulla superficie in questione, scaduto per inutile decorso del quinquennio, avrebbe legittimato la scelta di inserire le predette aree nel nuovo piano di zona, trattandosi di una zona priva di una qualsiasi contraria o incompatibile destinazione urbanistica.


Invero, pur dovendo convenirsi circa l’erroneità dell’avviso dei primi giudici circa l’asserita vigenza del vincolo espropriativo gravante sull’area (questione tuttavia che non forma oggetto di cognizione né in primo grado, né nel presente grado di appello), non può tuttavia non rilevarsi che la scadenza del predetto vincolo, lungi dal consentire al Comune l’utilizzazione indiscriminata dell’area stessa, imponeva invece, secondo un consolidato indirizzo giurisprudenziale, l’obbligo dell’ente locale di provvedere a conferire ad essa un’apposita destinazione urbanistica, attraverso lo strumento della variante urbanistica (C.d.S., sez. IV, 17 luglio 2002, n. 3999).


III. Alla stregua delle osservazioni fin qui svolte, l’appello deve essere respinto.


Non vi è luogo a provvedere sulle spese del presente grado di giudizio, atteso la mancata costituzione di tutte le parti intimate.


P.Q.M.


Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (sezione quarta), definitivamente pronunciando sull’appello proposto dal C.I.M.E.P. (Consorzio Interministeriale Milanese per l’Edilizia Popolare) avverso la sentenza n. 1564 del 21 dicembre 1995 del Tribunale amministrativo regionale della Lombardia, sezione II, lo respinge.


Nulla per le spese.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, addì 17 febbraio 2004 dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale – Sezione Quarta – riunito in camera di consiglio con l’intervento dei seguenti

signori:
RICCIO STENIO - Presidente
BARBAGALLO GIUSEPPE - Consigliere
SALVATORE COSTANTINO - Consigliere
RULLI DEDI MARINELLA - Consigliere
SALTELLI CARLO - Consigliere est.

 


L’ESTENSORE                       IL PRESIDENTE                           IL SEGRETARIO                              Il Dirigente
Carlo Saltelli Stenio                 Riccio Maria                                 Grazia Nusca                                  Antonio Serrao

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
21 maggio 2004
(art. 55, L. 27.4.1982 n. 186)
 

M A S S I M E

 

Sentenza per esteso

 

1) Urbanistica e edilizia - Piano di zona – Definizione e finalità - Natura di strumento urbanistico di secondo livello o attuativo - Aree fabbricabili per la realizzazione di alloggi a basso costo - Governo del territorio - Coordinazione delle speciali esigenze abitative con le scelte urbanistiche ed ambientali – Necessità - Obbligo di motivazione - sussiste. Il piano di zona, individua quella particolare porzione di territorio comunale specialmente destinata alla costruzione di alloggi a carattere economico e popolare (ed alle relative opere e servizi complementari, urbani e sociali). Esso risponde, quindi, ad una duplice finalità, per un verso, di favorire l’acquisizione di aree fabbricabili per la realizzazione di alloggi a basso costo, o comunque ad un costo contenuto rispetto ai prezzi di mercato, a tutela dei ceti economicamente più deboli (C.d.S., sez. IV, 27 maggio 1995, n. 190) e, per altro verso, di evitare interventi costruttivi occasionali, contrastanti o comunque incoerenti con l’ordinato governo del territorio, così come delineato nel vigente strumento urbanistico. E’ stato, al riguardo, evidenziato dalla giurisprudenza la natura di strumento urbanistico di secondo livello o attuativo del piano di zona, quale strumento idoneo a coordinare le speciali esigenze abitative con le scelte urbanistiche ed ambientali (C.d.S., A.P., 3 luglio 1997, n. 12): ciò del resto risponde perfettamente all’intenzione del legislatore che, al secondo comma dell’articolo 3 della legge 18 aprile 1962, n. 167, ha espressamente stabilito che “le aree da comprendere nei piani di zona sono, di norma, scelte nelle zone destinate ad edilizia residenziale nei piani regolatori vigenti, con preferenza in quelle di espansione urbana”. L’inciso “di norma” contenuto nella disposizione, piuttosto che costituire una mera direttiva di massima, è indice della fondamentale preoccupazione del legislatore di evitare che la pur fondamentale esigenza di costruire alloggi economici e popolari possa pregiudicare gli interessi urbanistici ed ambientali, con i quali invece essa deve armonicamente coordinarsi: esso, in effetti, obbliga il comune ad inserire tendenzialmente, quale regola generale, il piano di zona nell’ambito della regolamentazione urbanistica già definita dal vigente piano regolatore generale. Ciò non esclude, in via di principio, che il piano di zona non possa riguardare aree anche diverse da quelle che, secondo lo strumento urbanistico, sono destinate a zone residenziali, ma impone che una tale scelta (contraria a quella tendenziale voluta dal legislatore), deve essere giustificata da un’adeguata motivazione (C.d.S., sez. IV, 15 ottobre 1994, n. 803) che, piuttosto che negazione dell’ampia discrezionalità di cui gode l’amministrazione comunale in materia urbanistica, ne rappresenta invece il suo fisiologico limite, nel rispetto dei principi costituzionali di legalità, imparzialità e buona amministrazione sanciti dall’articolo 97, onde non sconfinare nell’arbitrio. Pres. Riccio - Est. Saltelli - C.I.M.E.P., Consorzio Interministeriale Milanese per l’Edilizia Popolare (avv.ti Ferrari e Pilia) c. REGIONE LOMBARDIA - COMUNE DI LAINATE ed altri (n.c.). CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 21 maggio 2004, n. 3320

2) Urbanistica e edilizia - Scadenza del vincolo espropriativo - Destinazione urbanistica - Variante urbanistica. La scadenza del vincolo espropriativo per inutile decorso del quinquennio, originariamente gravante su una superficie, non consente al Comune l’utilizzazione indiscriminata dell’area stessa, ed impone invece, secondo un consolidato indirizzo giurisprudenziale, l’obbligo dell’ente locale di provvedere a conferire ad essa un’apposita destinazione urbanistica, attraverso lo strumento della variante urbanistica (C.d.S., sez. IV, 17 luglio 2002, n. 3999). Pres. Riccio - Est. Saltelli - C.I.M.E.P., Consorzio Interministeriale Milanese per l’Edilizia Popolare (avv.ti Ferrari e Pilia) c. REGIONE LOMBARDIA - COMUNE DI LAINATE ed altri (n.c.). CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 21 maggio 2004, n. 3320

3) Urbanistica e edilizia – Costruzione di alloggi economici e popolari - Tutela degli interessi urbanistici ed ambientali – Necessità - Piano di zona - Discrezionalità dell’amministrazione comunale in materia urbanistica – Limiti. L’inciso “di norma”, contenuto nell’articolo 3 della legge 18 aprile 1962, n. 167, piuttosto che costituire una mera direttiva di massima, è indice della fondamentale preoccupazione del legislatore di evitare che la pur fondamentale esigenza di costruire alloggi economici e popolari possa pregiudicare gli interessi urbanistici ed ambientali, con i quali invece essa deve armonicamente coordinarsi: esso, in effetti, obbliga il comune ad inserire tendenzialmente, quale regola generale, il piano di zona nell’ambito della regolamentazione urbanistica già definita dal vigente piano regolatore generale. Ciò non esclude, in via di principio, che il piano di zona non possa riguardare aree anche diverse da quelle che, secondo lo strumento urbanistiche, sono destinate a zone residenziali, ma impone che una tale scelta (contraria a quella tendenziale voluta dal legislatore), deve essere giustificata da un’adeguata motivazione che, piuttosto che negazione dell’ampia discrezionalità di cui gode l’amministrazione comunale in materia urbanistica, ne rappresenta invece il suo fisiologico limite, nel rispetto dei principi costituzionali di legalità, imparzialità e buona amministrazione sanciti dall’articolo 97, onde non sconfinare nell’arbitrio. Pres. Riccio - Est. Saltelli - C.I.M.E.P., Consorzio Interministeriale Milanese per l’Edilizia Popolare (avv.ti Ferrari e Pilia) c. REGIONE LOMBARDIA - COMUNE DI LAINATE ed altri (n.c.). CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 21 maggio 2004, n. 3320

Per ulteriori approfondimenti ed altre massime vedi il canale:  Giurisprudenza