Legislazione Giurisprudenza Vedi altre: Sentenze per esteso
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta) ha pronunciato la
seguente
D E C I S I O N E
sul ricorso in appello iscritto al NRG. 6389 dell'anno 1996 proposto dal
C.I.M.E.P., Consorzio Interministeriale Milanese per l’Edilizia Popolare, in
persona del legale rappresentante in carica, rappresentato e difeso dagli
avvocati Ugo Ferrari e Adriano Pilia, con i quali è elettivamente domiciliato in
Roma, via P.A. Micheli, n. 78 (presso lo studio del primo);
c o n t r o
ROCCO FRANCESCO, ROCCO SAVERIO e BONO GIUSEPPINA, non costituiti in giudizio;
e nei confronti di
REGIONE LOMBARDIA, in persona del Presidente della giunta regionale in carica, e
COMUNE DI LAINATE, in persona del sindaco in carica, entrambi non costituiti in
giudizio;
per l'annullamento
della sentenza del Tribunale amministrativo regionale della Lombardia, sez. II,
n. 1564 de 21 dicembre 1995;
Visto il ricorso in appello con i relativi allegati;
Visti gli atti tutti della causa;
Relatore alla pubblica udienza del 17 febbraio 2004 il Consigliere Carlo
Saltelli;
Udito l’avvocato Ferrari per l’appellante;
Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:
F A T T O
Con ricorso giurisdizionale notificato il 12 novembre 1993, i signori Francesco
Rocco, Saverio Rocco e Giuseppina Bono, proprietari nel Comune di Lainate di un
terreno esteso mq. 10664 (in catasto al foglio 14, mapp. 116 – 117), chiedevano
al Tribunale amministrativo regionale della Lombardia l’annullamento: a) della
delibera della Giunta regionale della Lombardia n. 7889 del 16 aprile 1991,
recante l’approvazione del nuovo piano di zona per l’edilizia economica e
popolare; b) delle delibere del C.I.M.E.P. n. 349 del 27 febbraio 1990, di
adozione del nuovo piano di zona per l’edilizia economica e popolare, e n. 1589
del 28 novembre 1990, di controdeduzioni alle opposizioni formulate dagli
interessato avverso l’adozione del nuovo piano di zona per l’edilizia economica
e popolare; c) della delibera consiliare del Comune di Lainate n. 80 del 29
ottobre 1990, recante l’esame e l’approvazione del nuovo piano di zona
consortile del C.I.M.E.P. ai sensi dell’articolo 15 dello Statuto, nonché
controdeduzioni, osservazioni e provvedimenti conseguenti; tutti nella parte in
cui le indicare aree di loro proprietà erano state inserite nel predetto piano
di zona (lotto 2LN9).
Dopo aver esposto che la su indicata area di loro proprietà era stata
originariamente destinata (giusta le previsioni del piano regolatore del Comune
di Lainate, approvato con delibera n. 21369 del 30 gennaio 1979 della Giunta
regionale della Lombardia) a zona di interesse pubblico; che tale vincolo
espropriativo era decaduto per inutile decorso del quinquennio, e che lo stesso
Comune di Lainate, con delibera consiliare n. 150 del 28 novembre 1989 aveva già
escluso il lotto 2LN9 dall’area destinata a piano di zona, i ricorrenti
lamentavano innanzitutto, nei confronti della delibera della Giunta regionale
della Lombardia, la violazione dell’articolo 8, comma 3, della legge 18 aprile
1962, n. 167, in quanto, a loro avviso, l’amministrazione regionale aveva omesso
di decidere sulle opposizioni proposte avverso il contestato piano di zona; nei
confronti degli altri provvedimenti impugnati, poi, gli interessati deducevano
sotto svariati profili la violazione della legge 18 aprile 1962, n. 167, e il
difetto di motivazione e la carenza di istruttoria, sia in relazione alla
concreta scelta delle aree in questione, non comprese fra quelle destinate a
zona residenziale, sia per la erronea determinazione del fabbisogno abitativo e
il sostanziale uso irrazionale del territorio a causa del basso sfruttamento
volumetrico complessivamente previsto.
L’adito Tribunale, nella resistenza del solo C.I.M.E.P., con la sentenza n. 1564
del 21 dicembre 1995, sez. II, pur escludendo che il vincolo originariamente
gravante sull’area in argomento fosse effettivamente scaduto per inutile decorso
del termine quinquennale di efficacia, accoglieva il ricorso alla stregua del
secondo motivo di censura, ritenendo illegittima la scelta di inserire nel nuovo
piano di zona l’area di proprietà dei ricorrenti, ricompresa in zona di
interesse pubblico con destinazione a centro sportivo, annullando di conseguenza
gli atti impugnati.
Avverso tale statuizione ha proposto appello il C.I.M.E.P. con atto notificato
il 25 luglio 1996, chiedendone la riforma alla stregua di un solo articolato
motivo di gravame, rubricato “Violazione e falsa applicazione art. 3 legge 18
aprile 1962, n. 167 – Violazione art. 3 legge 7.8.90, n. 241 – Illogicità
manifesta – Errore nei presupposti – Difetto di motivazione”.
Ad avviso del Consorzio, invero, la disposizione contenuta nel secondo comma
dell’articolo 3 della legge 18 aprile 1962, n. 167, diversamente da quanto
ritenuto dai primi giudici, non costituiva un precetto puntuale, bensì una mera
direttiva di massima, e perciò era derogabile dall’ente locale nell’esercizio
dell’ampio potere discrezionale che caratterizza la funzione di pianificazione
urbanistica, fatto salvo l’onere di una puntuale motivazione atta a giustificare
la diversa scelta concretamente operata, onere che, nel caso di specie, era
stato soddisfatto, come poteva agevolmente ricavarsi dalla lettura delle
controdeduzioni svolte nei confronti delle osservazioni formulate al piano di
zona stesso, anche in relazione alla particolare collocazione delle aree degli
originari ricorrenti, ben integrate nel tessuto esistente e negli insediamenti
recenti.
Del resto, sempre secondo l’appellante, diversamente da quanto erroneamente
sostenuto dai primi giudici, il vincolo espropriativo originariamente gravante
sull’area in questione era decaduto per inutile decorso del quinquennio, senza
che esso fosse stato riproposto, così che trattandosi di una zona
sostanzialmente bianca non vi era un particolare onere di motivazione a carico
del Comune e a carico del C.I.M.E.P. circa la scelta di inserire l’area in
questione nel nuovo piano di zona.
Nessuno degli appellati si è costituito in giudizio.
D I R I T T O
I. E’ controversa la legittimità degli atti della serie procedimentale con cui è
stato approvato il nuovo piano di zona per l’edilizia residenziale economica e
popolare del C.I.M.E.P., Consorzio Interministeriale Milanese per l’edilizia
popolare, ed in particolare: a) della delibera della Giunta regionale della
Lombardia n. 7889 del 16 aprile 1995 di approvazione del piano in questione; b)
delle delibere del C.I.M.E.P. n. 349 del 27 febbraio 1990, recante l’adozione
del nuovo piano di zona, e n. 1539 del 28 novembre 1990, di controdeduzioni alle
opposizioni formulate dagli interessati; c) della delibera consiliare del Comune
di Lainate n. 80 del 29 ottobre 1990, di esame e di approvazione del nuovo piano
di zona, ai sensi dell’articolo 15 dello statuto consortile; nella parte in cui
in detto piano sono state ricomprese le aree di proprietà dei signori Francesco
e Saverio Rocco e Giuseppina Bono, site nel Comune di Lainate e riportate in
catasto al foglio n. 14, mapp. 16 – 17, non comprese fra quelle destinate a zone
residenziali.
Il C.I.M.E.P. con atto di appello notificato il 25 luglio 1996, ha chiesto la
riforma della sentenza n. 1564 del 21 dicembre 1995 con la quale il Tribunale
amministrativo regionale della Lombardia, accogliendo il secondo dei motivi di
censura sollevati dai signori Francesco e Saverio Rocco e Giuseppina Bono
avverso i provvedimenti sopra indicati, li ha annullati.
Il gravame è affidato ad un solo articolato motivo, rubricato “Violazione e
falsa applicazione dell’art. 3 legge 18 aprile 1962, n. 167; violazione art. 3
legge 7.8.1990 n. 241; illogicità manifesta, errore nei presupposti; difetto di
motivazione”, con il quale il Consorzio ha rivendicato la legittimità
dell’inserimento delle aree di proprietà dei ricorrenti nel piano consortile,
quantunque non fossero ricomprese in zone residenziali, in ragione della
derogabilità della disposizione contenuta nell’articolo 3 della legge 18 aprile
1962, n. 167, da considerare una mera direttiva di massima per orientare l’ampio
potere discrezionale degli enti locali in materia urbanistica.
Nessuno degli appellati, benché ritualmente e tempestivamente intimati, si è
costituito in giudizio.
II. Al riguardo la Sezione osserva quanto segue.
II.1. Il piano di zona, com’è noto, individua quella particolare porzione di
territorio comunale specialmente destinata alla costruzione di alloggi a
carattere economico e popolare (ed alle relative opere e servizi complementari,
urbani e sociali).
Esso risponde, quindi, ad una duplice finalità, per un verso, di favorire
l’acquisizione di aree fabbricabili per la realizzazione di alloggi a basso
costo, o comunque ad un costo contenuto rispetto ai prezzi di mercato, a tutela
dei ceti economicamente più deboli (C.d.S., sez. IV, 27 maggio 1995, n. 190) e,
per altro verso, di evitare interventi costruttivi occasionali, contrastanti o
comunque incoerenti con l’ordinato governo del territorio, così come delineato
nel vigente strumento urbanistico.
E’ stato, al riguardo, evidenziato dalla giurisprudenza la natura di strumento
urbanistico di secondo livello o attuativo del piano di zona, quale strumento
idoneo a coordinare le speciali esigenze abitative con le scelte urbanistiche ed
ambientali (C.d.S., A.P., 3 luglio 1997, n. 12): ciò del resto risponde
perfettamente all’intenzione del legislatore che, al secondo comma dell’articolo
3 della legge 18 aprile 1962, n. 167, ha espressamente stabilito che “le aree da
comprendere nei piani di zona sono, di norma, scelte nelle zone destinate ad
edilizia residenziale nei piani regolatori vigenti, con preferenza in quelle di
espansione urbana”.
L’inciso “di norma” contenuto nella ricordata disposizione, piuttosto che
costituire una mera direttiva di massima, come sostenuto dal consorzio
appellante, è indice della fondamentale preoccupazione del legislatore di
evitare che la pur fondamentale esigenza di costruire alloggi economici e
popolari possa pregiudicare gli interessi urbanistici ed ambientali, con i quali
invece essa deve armonicamente coordinarsi: esso, in effetti, obbliga il comune
ad inserire tendenzialmente, quale regola generale, il piano di zona nell’ambito
della regolamentazione urbanistica già definita dal vigente piano regolatore
generale.
Ciò non esclude, in via di principio, che il piano di zona non possa riguardare
aree anche diverse da quelle che, secondo lo strumento urbanistico, sono
destinate a zone residenziali, ma impone che una tale scelta (contraria a quella
tendenziale voluta dal legislatore), deve essere giustificata da un’adeguata
motivazione (C.d.S., sez. IV, 15 ottobre 1994, n. 803) che, piuttosto che
negazione dell’ampia discrezionalità di cui gode l’amministrazione comunale in
materia urbanistica, ne rappresenta invece il suo fisiologico limite, nel
rispetto dei principi costituzionali di legalità, imparzialità e buona
amministrazione sanciti dall’articolo 97, onde non sconfinare nell’arbitrio.
II.2. Con riferimento al caso di specie, in cui, com’è pacifico, le aree di
proprietà degli originari ricorrenti sono state inserite nel piano di zona
benché non fossero ricomprese in zone destinate ad edilizia residenziale, il
ricordato onere di motivazione assumeva una particolare connotazione bi –
direzionale: da un lato, infatti, esso doveva indicare le ragioni per cui le
aree che lo strumento urbanistico in vigore destinava a zone residenziali non
erano idonee ad essere inserite nel nuovo piano di zona; d’altra parte, poi,
dovevano altresì adeguatamente giustificarsi le ragioni della concreta scelta di
inserire nel nuovo piano di zona quelle di proprietà dei ricorrenti ricadenti in
zona destinata ai servizi pubblici e non alla edilizia residenziale.
Ad avviso della Sezione nessuno dei predetti profili motivazionali risulta
soddisfatto.
E’ infatti completamente mancata qualsiasi motivazione relativamente alla
presunta inidoneità delle aree urbanisticamente destinate a zone residenziali,
essendosi la stessa relazione al nuovo piano consortile limitata ad affermare
molto laconicamente che “il lotto 2LN9 (di proprietà degli originari ricorrenti)
si integra alle nuove espansioni a bassa densità sorte nell’ultimo ventennio a
sud dell’autostrada”; né adeguati motivi a sostegno della contestata scelta si
ricavano dalla lettura della delibera del C.I.M.E.P. n. 1589 del 28 novembre
2000, con la quale sono state svolte deduzioni alle osservazioni/opposizioni
avverso il piano di zona adottato, atteso che in relazione all’opposizione n.
13, proprio quella proposta dai signori Rocco Francesco e Rocco Saverio, il
predetto consorzio si è limitato ad affermare, senza fornire alcun riscontro al
riguardo, che, come già riportato nella relazione “le indicazioni di aree per
E.E.P. contenute nello strumento urbanistico comunale vigente non erano
sufficienti a garantire il soddisfacimento del bisogno di E.E.P.”, così che “si
sono pertanto individuate aree con destinazione a servizi ben connesse al
tessuto esistente ed in particolare agli insediamenti recenti, che ben potessero
integrarsi”.
D’altra parte, non può non evidenziarsi che la scelta contestata non ha neppure
chiarito perché potessero sacrificarsi (e con quali diverse aree potessero
altrimenti conseguirsi) quei servizi alla cui soddisfazione erano state
destinate le aree dei ricorrenti, secondo le previsioni del vigente piano
regolatore.
Non giova affatto all’appellante sostenere, poi, che il vincolo espropriativo
originariamente gravante sulla superficie in questione, scaduto per inutile
decorso del quinquennio, avrebbe legittimato la scelta di inserire le predette
aree nel nuovo piano di zona, trattandosi di una zona priva di una qualsiasi
contraria o incompatibile destinazione urbanistica.
Invero, pur dovendo convenirsi circa l’erroneità dell’avviso dei primi giudici
circa l’asserita vigenza del vincolo espropriativo gravante sull’area (questione
tuttavia che non forma oggetto di cognizione né in primo grado, né nel presente
grado di appello), non può tuttavia non rilevarsi che la scadenza del predetto
vincolo, lungi dal consentire al Comune l’utilizzazione indiscriminata dell’area
stessa, imponeva invece, secondo un consolidato indirizzo giurisprudenziale,
l’obbligo dell’ente locale di provvedere a conferire ad essa un’apposita
destinazione urbanistica, attraverso lo strumento della variante urbanistica (C.d.S.,
sez. IV, 17 luglio 2002, n. 3999).
III. Alla stregua delle osservazioni fin qui svolte, l’appello deve essere
respinto.
Non vi è luogo a provvedere sulle spese del presente grado di giudizio, atteso
la mancata costituzione di tutte le parti intimate.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (sezione quarta), definitivamente
pronunciando sull’appello proposto dal C.I.M.E.P. (Consorzio Interministeriale
Milanese per l’Edilizia Popolare) avverso la sentenza n. 1564 del 21 dicembre
1995 del Tribunale amministrativo regionale della Lombardia, sezione II, lo
respinge.
Nulla per le spese.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, addì 17 febbraio 2004 dal Consiglio di Stato in sede
giurisdizionale – Sezione Quarta – riunito in camera di consiglio con
l’intervento dei seguenti
signori:
RICCIO STENIO - Presidente
BARBAGALLO GIUSEPPE - Consigliere
SALVATORE COSTANTINO - Consigliere
RULLI DEDI MARINELLA - Consigliere
SALTELLI CARLO - Consigliere est.
L’ESTENSORE
IL PRESIDENTE
IL SEGRETARIO
Il Dirigente
Carlo Saltelli Stenio
Riccio Maria
Grazia Nusca
Antonio Serrao
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
21 maggio 2004
(art. 55, L. 27.4.1982 n. 186)
1) Urbanistica e edilizia - Piano di zona – Definizione e finalità - Natura di strumento urbanistico di secondo livello o attuativo - Aree fabbricabili per la realizzazione di alloggi a basso costo - Governo del territorio - Coordinazione delle speciali esigenze abitative con le scelte urbanistiche ed ambientali – Necessità - Obbligo di motivazione - sussiste. Il piano di zona, individua quella particolare porzione di territorio comunale specialmente destinata alla costruzione di alloggi a carattere economico e popolare (ed alle relative opere e servizi complementari, urbani e sociali). Esso risponde, quindi, ad una duplice finalità, per un verso, di favorire l’acquisizione di aree fabbricabili per la realizzazione di alloggi a basso costo, o comunque ad un costo contenuto rispetto ai prezzi di mercato, a tutela dei ceti economicamente più deboli (C.d.S., sez. IV, 27 maggio 1995, n. 190) e, per altro verso, di evitare interventi costruttivi occasionali, contrastanti o comunque incoerenti con l’ordinato governo del territorio, così come delineato nel vigente strumento urbanistico. E’ stato, al riguardo, evidenziato dalla giurisprudenza la natura di strumento urbanistico di secondo livello o attuativo del piano di zona, quale strumento idoneo a coordinare le speciali esigenze abitative con le scelte urbanistiche ed ambientali (C.d.S., A.P., 3 luglio 1997, n. 12): ciò del resto risponde perfettamente all’intenzione del legislatore che, al secondo comma dell’articolo 3 della legge 18 aprile 1962, n. 167, ha espressamente stabilito che “le aree da comprendere nei piani di zona sono, di norma, scelte nelle zone destinate ad edilizia residenziale nei piani regolatori vigenti, con preferenza in quelle di espansione urbana”. L’inciso “di norma” contenuto nella disposizione, piuttosto che costituire una mera direttiva di massima, è indice della fondamentale preoccupazione del legislatore di evitare che la pur fondamentale esigenza di costruire alloggi economici e popolari possa pregiudicare gli interessi urbanistici ed ambientali, con i quali invece essa deve armonicamente coordinarsi: esso, in effetti, obbliga il comune ad inserire tendenzialmente, quale regola generale, il piano di zona nell’ambito della regolamentazione urbanistica già definita dal vigente piano regolatore generale. Ciò non esclude, in via di principio, che il piano di zona non possa riguardare aree anche diverse da quelle che, secondo lo strumento urbanistico, sono destinate a zone residenziali, ma impone che una tale scelta (contraria a quella tendenziale voluta dal legislatore), deve essere giustificata da un’adeguata motivazione (C.d.S., sez. IV, 15 ottobre 1994, n. 803) che, piuttosto che negazione dell’ampia discrezionalità di cui gode l’amministrazione comunale in materia urbanistica, ne rappresenta invece il suo fisiologico limite, nel rispetto dei principi costituzionali di legalità, imparzialità e buona amministrazione sanciti dall’articolo 97, onde non sconfinare nell’arbitrio. Pres. Riccio - Est. Saltelli - C.I.M.E.P., Consorzio Interministeriale Milanese per l’Edilizia Popolare (avv.ti Ferrari e Pilia) c. REGIONE LOMBARDIA - COMUNE DI LAINATE ed altri (n.c.). CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 21 maggio 2004, n. 3320
2) Urbanistica e edilizia - Scadenza del vincolo espropriativo - Destinazione urbanistica - Variante urbanistica. La scadenza del vincolo espropriativo per inutile decorso del quinquennio, originariamente gravante su una superficie, non consente al Comune l’utilizzazione indiscriminata dell’area stessa, ed impone invece, secondo un consolidato indirizzo giurisprudenziale, l’obbligo dell’ente locale di provvedere a conferire ad essa un’apposita destinazione urbanistica, attraverso lo strumento della variante urbanistica (C.d.S., sez. IV, 17 luglio 2002, n. 3999). Pres. Riccio - Est. Saltelli - C.I.M.E.P., Consorzio Interministeriale Milanese per l’Edilizia Popolare (avv.ti Ferrari e Pilia) c. REGIONE LOMBARDIA - COMUNE DI LAINATE ed altri (n.c.). CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 21 maggio 2004, n. 3320
3) Urbanistica e edilizia – Costruzione di alloggi economici e popolari - Tutela degli interessi urbanistici ed ambientali – Necessità - Piano di zona - Discrezionalità dell’amministrazione comunale in materia urbanistica – Limiti. L’inciso “di norma”, contenuto nell’articolo 3 della legge 18 aprile 1962, n. 167, piuttosto che costituire una mera direttiva di massima, è indice della fondamentale preoccupazione del legislatore di evitare che la pur fondamentale esigenza di costruire alloggi economici e popolari possa pregiudicare gli interessi urbanistici ed ambientali, con i quali invece essa deve armonicamente coordinarsi: esso, in effetti, obbliga il comune ad inserire tendenzialmente, quale regola generale, il piano di zona nell’ambito della regolamentazione urbanistica già definita dal vigente piano regolatore generale. Ciò non esclude, in via di principio, che il piano di zona non possa riguardare aree anche diverse da quelle che, secondo lo strumento urbanistiche, sono destinate a zone residenziali, ma impone che una tale scelta (contraria a quella tendenziale voluta dal legislatore), deve essere giustificata da un’adeguata motivazione che, piuttosto che negazione dell’ampia discrezionalità di cui gode l’amministrazione comunale in materia urbanistica, ne rappresenta invece il suo fisiologico limite, nel rispetto dei principi costituzionali di legalità, imparzialità e buona amministrazione sanciti dall’articolo 97, onde non sconfinare nell’arbitrio. Pres. Riccio - Est. Saltelli - C.I.M.E.P., Consorzio Interministeriale Milanese per l’Edilizia Popolare (avv.ti Ferrari e Pilia) c. REGIONE LOMBARDIA - COMUNE DI LAINATE ed altri (n.c.). CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 21 maggio 2004, n. 3320
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