Legislazione Giurisprudenza Vedi altre: Sentenze per esteso
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta ha pronunciato la
seguente
DECISIONE
sul ricorso in appello nr. 7315/2003 R.G., proposto da Cofathec Servizi
s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, in proprio e quale
mandataria dell’ATI Cofathec Servizi s.p.a. Sircas s.p.a., rappresentata e
difesa dal prof. avv. Ernesto Sticchi Damiani, ed elettivamente domiciliata in
Roma, via L. Mantegazza n. 24, presso il cav. Luigi Gardin;
C O N T R O
- l’Azienda Unità sanitaria locale BR/1, in persona del Direttore generale p.t.,
rappresentata e difesa anche quale Ente incorporante – l’Azienda ospedaliera “A.
Di Summa” di Brindisi dal prof. Avv. Pier Luigi Portaluri, con domicilio eletto
in Roma, viale Gorizia n. 25/D, presso Giulio Micioni;
e nei confronti
della Siram s.p.a., in persona legale rappresentante pro tempore, rappresentata
e difesa dagli avv.ti prof. Vito Bellini e Bruno Becchi presso lo studio di
quest’ultimo elettivamente domiciliata in Roma, via Orazio n. 3,
per l’annullamento e/o la riforma
della sentenza del T.A.R. della Puglia,-Lecce- n. 4476/2003 depositata in data
26 giugno 2003, notificata in data 27 giugno 2003.
Visto il ricorso in appello con i relativi allegati;
Vista la costituzione in giudizio delle parti appellate;
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
Visti gli atti tutti della causa;
Alla pubblica udienza del 11 novembre 2003, relatore il consigliere Michele
Corradino;
Uditi gli avv.ti Sticchi Damiani, Portaluri e Becchi come da verbale d’udienza;
Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:
FATTO
Con la sentenza appellata il TAR della Puglia ha respinto il ricorso con cui
l’odierno appellante aveva richiesto l'annullamento di tutti gli atti della gara
pubblica, indetta dall’Azienda ospedaliera “A. Di Summa” di Brindisi, per
l'affidamento del servizio di gestione e manutenzione del patrimonio
impiantistico della Azienda ospedaliera.
In particolare erano stati gravati:
- il bando di gara datato 8 agosto 2002;
- il disciplinare di gara e il capitolato speciale di appalto, nelle parti
censurate;
- la deliberazione n. 821/G.C. del 20 settembre 2002 di nomina della commissione
di gara;
- tutti gli atti della commissione di gara (verbali del 4 novembre 2002; verbale
del 23 novembre 2002; verbale del 6 dicembre 2002; verbale del 7 dicembre 2002);
- la deliberazione commissariale n. 1118/G.C. del 13 dicembre 2002, avente ad
oggetto: "Esito pubblico incanto per l'affidamento del servizio manutentivo del
patrimonio impiantistico dell'Azienda Ospedaliera A. Di Summa", con cui si
approvano le risultanze della gara disponendo l'aggiudicazione in favore della
SIRAM s.p.a..
Inoltre era stato richiesto in primo grado l'accertamento e la declaratoria
della nullità e/o inefficacia o, in subordine, l'annullamento ex articolo 1441
del codice civile del contratto per l'affidamento della gestione manutentiva del
patrimonio impiantistico dell'Azienda Ospedaliera A. Di Summa, ove stipulato tra
le parti, nonché l'accertamento e la declaratoria del diritto della società
ricorrente, ai sensi dell'articolo 35 del decreto legislativo 31 marzo 1998 n.
80, come modificato dall'articolo 7 della legge 21 luglio 2000 n. 205, ad
ottenere il risarcimento del danno ingiusto conseguente all'illegittimo operato
da parte dell'Azienda Ospedaliera A. Di Summa di Brindisi.
La sentenza è stata appellata dalla Cofathec Servizi s.p.a., in proprio e quale
mandataria dell’ATI Cofathec Servizi s.p.a. e Sircas s.p.a. che contrasta le
argomentazioni del TAR della Puglia.
L’Azienda Unità sanitaria locale BR/1 e la Siram s.p.a. si sono costituite per
resistere all’appello.
La Siram s.p.a ha, altresì, proposto appello incidentale.
L’Azienda ospedaliera “A. Di Summa” di Brindisi non si è costituita in giudizio.
Alla pubblica udienza del 11 novembre 2003, il ricorso veniva trattenuto per la
decisione.
DIRITTO
L’appello è fondato, e conseguentemente va annullata la pronuncia gravata.
1. Deve essere innanzitutto esaminata l’eccezione di tardività del ricorso di
primo grado avanzata, con appello incidentale, dalla Siram spa, atteso che il
suo accoglimento implicherebbe la declaratoria di irricevibilità del gravame di
primo grado.
L’eccezione non può essere accolta.
L'aggiudicazione provvisoria, in quanto atto preparatorio e non conclusivo del procedimento, non obbliga all'immediata impugnazione; questa può essere differita al momento in cui si ricorre contro l'aggiudicazione definitiva.
Il termine per ricorrere contro l'aggiudicazione di un pubblico contratto,
pertanto, decorre dalla piena conoscenza di quella definitiva, con la
possibilità di far valere nel relativo giudizio anche i vizi propri di quella
provvisoria (cfr.: Cons. Stato, Sez.V, 24/05/2002, n. 2863).
A conferma di tale orientamento può essere richiamato l’indirizzo interpretativo
secondo cui, allorchè l'impresa non aggiudicataria impugni l'aggiudicazione
provvisoria di un contratto della pubblica aministrazione, ciò non l'esime
dall'impugnazione dell'aggiudicazione definitiva, a pena di improcedibilità del
primo ricorso giurisdizionale, in quanto quest'ultima aggiudicazione è non già
un atto meramente confermativo della prima, bensì una autonoma valutazione della
vicenda contrattuale (Cons. Stato, Sez.V, 03/04/2001, n. 1913).
Il sistema delineato dalla giurisprudenza appare, dunque, razionale: a fronte di
aggiudicazione provvisoria, l'impresa non aggiudicataria non ha l'onere ma la
facoltà di impugnare immediatamente tale aggiudicazione, che è autonomamente
lesiva in quanto le inibisce l'ulteriore partecipazione al procedimento.
Rispetto all'aggiudicazione provvisoria, però, quella definitiva non costituisce
atto meramente confermativo o esecutivo, ma un atto che, anche quando recepisce
pienamente i risultati dell'aggiudicazione provvisoria, comporta, comunque,
un'autonoma valutazione; pertanto l'aggiudicazione definitiva necessita sempre
di autonoma impugnazione, anche se è già stata impugnata quella provvisoria. In
sostanza, qualora l'aggiudicazione provvisoria venga impugnata immediatamente ed
autonomamente, la parte ha l'onere di impugnare anche, in un secondo momento,
quella definitiva, pena l'improcedibilità del primo ricorso (cfr.: Cons. Stato,
Sez.V, 03/04/2001, n. 1998).
Va inoltre osservato che, secondo l’indirizzo consolidato, la piena conoscenza
del provvedimento impugnato deve essere comprovata dalla parte che eccepisce l'irricevibilità
del ricorso (Cons. Stato, Sez.V, 14/05/1992, n. 396), e che l’eccezione di
irricevibilità del ricorso va disattesa ove la parte processuale che l’ha
eccepita non fornisca alcuna prova idonea a dimostrare che il ricorrente fosse a
conoscenza degli atti impugnati prima di sessanta giorni dalla notifica del
ricorso.
Nel caso in esame la piena prova non è raggiunta.
2. Con il primo motivo di ricorso l’appellante deduce che dal chiaro tenore
dell’art. 5 del disciplinare di gara (a norma del quale <<le imprese che
partecipano ad un raggruppamento temporaneo o ad un consorzio non sono ammesse a
presentare offerte distinte, né come imprese singole né come partecipanti ad
altro raggruppamento o consorzio>>), risulta evidente il divieto assoluto ed
incondizionato di partecipazione plurima, senza eccezioni di sorta. Afferma,
altresì, l’appellante che, indipendentemente dalla lettura dell’art. 13 L.
109/1994, la lex specialis della gara può innalzare il livello di segretezza di
fonte normativa e rendere assoluto il divieto di partecipazione plurima.
Sul punto, il giudice di primo grado ha ritenuto che la prescrizione di cui al
prefato art. 5 del disciplinare di gara è ripetitiva del disposto legislativo
(art. 13 comma 4 della L. 109/19944) ed esclude solo la partecipazione dei
consorziati indicati come esecutori dell’appalto.
Ritiene invece il Collegio evidente la diversità del contenuto dei dati
normativi coinvolti, non solo in ordine al profilo letterale ma considerando,
altresì, il piano logico-sistematico.
Appare sufficiente, allo scopo, la lettura dei dati coinvolti, da cui è
possibile inferire l’assenza di ripetitività ed identità fra prescrizione di
legge e prescrizione del bando. Orbene, il bando di gara pubblica, in quanto lex
specialis, vincola non solo i concorrenti ma la stessa amministrazione, che non
può pertanto esimersi dall'osservarlo una volta che sia stato emanato, al fine
di garantire la par condicio di tutti i concorrenti.
Nel caso che ci occupa dal bando discendeva l’esclusione dell’offerta della
Siram spa, per la perentoria ed assoluta prescrizione del divieto di
partecipazione plurima.
3. Deduce ulteriormente l’appellante l’erroneità della gravata sentenza, per
aver qualificato l’Ital.co.ser., di cui fa parte la Siram spa, consorzio di
cooperative di produzione e lavoro ai sensi della L. 422/1909 e del r.d.
278/1911.
Il motivo è fondato.
Risulta, infatti, che i requisiti richiesti per i consorzi di cooperative
previsti dalla l. 25 giugno 1909 n. 422 e dal r.d. 12 febbraio 1911 n. 278, non
sono riscontrabili in capo alla Ital.co.ser..
Invero, la disciplina contenuta nella l. 25 giugno 1909 n. 422 e nel r.d. 12
febbraio 1911 n. 278 caratterizza dette figure soggettive per la diuturna ed
immanente presenza pubblicistica, dalla nascita alla estinzione del soggetto.
Nel caso che ci occupa, non è dato riscontrare tale presenza nella vita dell’Ital.co.ser..
Quanto alla qualificazione giuridica della Ital.co.ser., merita adesione la tesi
dell’appellante, il quale sostiene trattarsi di comune consorzio di concorrenti
(costituito in forma di società consortile ai sensi dell’art. 2615-ter c.c.) di
cui agli artt. 2602 e ss. c.c., che rinviene espresso richiamo nell’art. 10
comma 1, lett. e della L. 109/1994.
Non può, infatti, condividersi il ragionamento del giudice di primo grado, non
solo nella parte in cui ha omesso di valutare attentamente la presenza delle
caratterizzazioni pubblicistiche proprie dei consorzi di cooperative previsti
dalla l. 25 giugno 1909 n. 422 e dal r.d. 12 febbraio 1911 n. 278, ma anche
laddove ha sostenuto la assimilazione dei consorzi in esame ed i comuni consorzi
di cooperative ammessi ai pubblici appalti.
Da tale impostazione discende l’applicazione dell’art. 13 comma 4 della L.
109/1994, nella parte in cui, riferendosi alle A.T.I. ed ai consorzi di cui
all’art. 10 comma 1 lett. d) ed e), prescrive un divieto assoluto di
partecipazione plurima.
Ne discende che l’amministrazione resistente avrebbe dovuto, in forza di tale
tassativo divieto, escludere l’offerta della Siram s.p.a. trattandosi di
soggetto che concorreva in forma individuale ed in forma di consorziata della
Ital.co.ser..
4. Merita di essere condivisa, inoltre, l’ulteriore censura con cui l’appellante
denuncia l’erroneità della gravata sentenza nella parte in cui non qualifica
appalto di lavori, sebbene appalto di servizi, l'appalto de quo (per una
applicazione: Cons. Stato, Sez.V, 11/06/1999, n. 630).
Invero, risulta evidente la prevalenza funzionale dell’attività di manutenzione
degli impianti rispetto alle forniture ed alle attività qualificate in termini
di servizi. Accanto alla richiamata prevalenza funzionale è, altresì, possibile
riscontrare anche una prevalenza economica.
5. L’appellante chiede, altresì, l'accertamento e la declaratoria della nullità
e/o inefficacia o, in subordine, l'annullamento ex articolo 1441 del codice
civile del contratto per l'affidamento della gestione manutentiva del patrimonio
impiantistico dell'Azienda Ospedaliera A. Di Summa, stipulato tra le parti.
La questione è complessa.
Si pone sulla linea di confine tra il diritto pubblico e il diritto privato ed
involge la vexata quaestio dei rapporti fra provvedimenti amministrativi ed atti
negoziali.
Nella materia in esame è possibile individuare quattro distinti orientamenti
giurisprudenziali e dottrinali.
Da un lato, si sostiene la sussumibilità della patologia del contratto nello
schema dell’annullabilità relativa ex art. 1441 c.c.; dall’altro si propende per
la nullità del vincolo negoziale e per la conseguente soggezione dello stesso al
regime contemplato dagli artt. 1421 ss. c.c.; secondo la terza opzione
ermeneutica si verificherebbe un effetto caducante automatico; infine,
autorevole dottrina e recenti arresti giurisprudenziali, affermano l’inefficacia
del vincolo negoziale.
A completare ulteriormente il quadro interpretativo in subiecta materia è
intervenuto l’articolo 14, comma 2 (Nuove norme in materia processuale) del
d.lg. 190 del 2002 (Attuazione della L. 21 dicembre 2001, n. 443, per la
realizzazione delle infrastrutture e degli insediamenti produttivi strategici e
di interesse nazionale), che esclude la <<risoluzione del contratto>> per
effetto dell’annullamento dell’aggiudicazione di lavori relativi alle
infrastrutture oggetto di quella normativa speciale. Al riguardo si è rilevato,
che il dato testuale della norma, riferentesi all’istituto civilistico della
risoluzione che ha una struttura propria ben delineata dal codice civile, non è
di univoca lettura, atteso che può essere interpretato come eccezione che
conferma la regola della nullità, ovvero che la caducazione del contratto
medesimo, a seguito dell’annullamento dell’aggiudicazione, costituisca evento
normale; altri autori hanno tuttavia evidenziato che l’espressione utilizzata
risponde probabilmente all’esigenza, avvertita dal legislatore, di non prendere
posizione nell’ambito del dibattito.
5.1 La tesi che afferma l’annullabilità relativa del contratto ex art. 1441 c.c.
ha caratterizzato, in misura univoca, la giurisprudenza del Giudice Ordinario,
ma ha trovato significativi riscontri anche nella giurisprudenza amministrativa
(Cfr. Cass. 17 novembre 2000, n. 14901; Cass. 8 maggio 1996, n. 4269, Cass. 28
marzo 1996, n. 2842; Cons. Stato, sez. VI, 1° febbraio 2002, n. 570; T.A.R.
Puglia, Lecce, 28 febbraio 2001, n. 746; T.A.R. Lombardia, Brescia, 9 maggio
2002, n. 823; T.A.R. Lombardia, Milano, 29 novembre 1999, n. 4070; T.A.R.
Lombardia, Milano, 23 dicembre 1999, n. 5049; T.A.R. Lombardia, Milano, 11
dicembre 2000, n. 7702; T.A.R. Campania, Napoli, 20 ottobre 2000, n. 3890).
Tale tesi muove dal rilievo secondo cui gli atti amministrativi adottati nella
procedura di evidenza pubblica, che precedono la stipulazione dei contratti jure
privatorum, <<non sono altro che mezzi di integrazione della capacità e della
volontà dell’ente pubblico, sicché i loro vizi, traducendosi in vizi attinenti a
tale capacità e a tale volontà, non possono che comportare l’annullabilità del
contratto, deducibile, in via di azione o di eccezione, soltanto da detto ente>>
(Cass. 8 maggio 1996, n. 4269). Detto diversamente, il procedimento ad evidenza
pubblica ha la funzione di salvaguardare la corretta formazione del consenso da
parte della pubblica amministrazione, garantendo che essa scelga il contraente
migliore tra tutti i partecipanti alla procedura concorsuale; le relative norme
sono, pertanto, dettate esclusivamente a tutela dell’interesse
dell’amministrazione. I sostenitori della tesi dell'annullabilità, conforme
all’interesse dell'Amministrazione, ritengono che tale soluzione sia quella più
idonea ad assicurare la certezza dei rapporti giuridici, atteso che,
diversamente, aderendo all’orientamento della nullità assoluta, qualunque terzo
escluso dall'aggiudicazione potrebbe far valere, anche a distanza di tempo
l'invalidità radicale del contratto, travolgendone gli effetti.
Ferma restando la tesi dell’annullabilità, dottrina e giurisprudenza ne hanno
individuato un diverso fondamento: si è parlato ora di vizio del consenso per
errore essenziale e riconoscibile sulla qualità di legittimo aggiudicatario
dell’altro contraente (artt. 1428 e 1429, n. 3 c.c.), ora di annullabilità ex
articolo 1425, primo comma, c.c., per una sorta di incapacità a contrattare
dell’amministrazione ove sia caducata la delibera di contrattare (Cass., sez. I,
28 marzo 1996 n. 2842), ora ancora di annullabilità per difetto di
legittimazione negoziale della pubblica amministrazione intesa come ipotesi
concreta di incapacità rispetto allo specifico negozio, a fronte di una generale
capacità giuridica e di agire del soggetto (Cass., sez. II, 21 febbraio 1995 n.
1885 e Cass., sez. I, 13 ottobre 1985 n. 5712).
E’ stato, tuttavia, sottolineato da attenta dottrina che non tutte le
fattispecie decise dalla Cassazione riguardano casi di precedente annullamento
dell’aggiudicazione, sicché si è per certi versi dubitato che l’effettivo
decisum abbia negato l’effetto di travolgimento del contratto scaturente
dall’annullamento giurisdizionale dell’aggiudicazione.
5.2. La tesi della nullità viene argomentata, in prevalenza, con riferimento al
primo comma dell’art. 1418 c.c., che sanziona con la nullità il contratto
contrario a norme imperative (c.d. nullità virtuale o extratestuale). Il
percorso argomentativo seguito dalla corrente giurisprudenziale in esame muove
dalla constatazione che l’invalidità che inficia il contratto stipulato con il
privato contraente deriva dalla violazione di norme di azione disciplinanti il
procedimento di gara ad evidenza pubblica. Le norme che prescrivono le modalità
da osservare nella scelta del contraente esprimono un implicito divieto di
stipulare con soggetti non siano risultati legittimi vincitori dalla pubblica
selezione (Cons. Stato, sez. V, 13 novembre 2002, n. 6281, che, però, si è
soffermata sul caso particolare della carenza di potere della Pubblica
Amministrazione in tema di rinegoziazione delle condizioni economiche previste
in sede di aggiudicazione; T.A.R. Calabria, 26 novembre 2002, n. 2031; T.A.R.
Campania, Napoli, 29 maggio 2002, n. 3177 in cui viene valorizzato il richiamo
alla normativa sull’evidenza pubblica, diretta, attraverso la salvaguardia della
par condicio tra i concorrenti, ad assicurare i fondamentali valori di
imparzialità e di efficienza ed efficacia dell’azione amministrativa - art. 97
Cost. - nonché di tutela dell'effettività della concorrenza ex artt. 2, 3, par.
1, lett. g), e 4 Trattato CE). Come è stato stabilito <<tale qualificazione
della patologia si fonda sulla constatazione secondo cui la
procedimentalizzazione della scelta del contraente ed il suo coordinamento a
profili di interesse pubblico in ordine all’acquisizione della migliore offerta
contrattuale, configurano una fattispecie complessa, nella quale convergono meri
atti, operazioni materiali, provvedimenti, dichiarazioni di volontà del privato,
e del quale la stipulazione del contratto rappresenta l’effetto finale. Ne
consegue che l’invalidità di atti della serie procedimentale che incidano sulla
legittimità dell’aggiudicazione non consentono alla suddetta fattispecie di
conseguire il proprio perfezionamento giuridico, ed in primo luogo di
determinare l’idem consensus (ovvero l’accordo) che costituisce elemento
essenziale di ogni contratto. E’ noto che il vizio radicale del consenso, nel
senso del suo difetto genetico originario, produce la nullità del contratto e
non la semplice annullabilità, ai sensi dell’art. 1418 comma 2 c.c.>> (T.A.R.
Puglia, Bari, 23 ottobre 2002, n. 394). Viene, poi, riconosciuta la nullità del
contratto nel caso di incompetenza assoluta dell’organo stipulante (Cass., 9
ottobre 1961, n. 2058; Cass., 10 aprile 1978, n. 1668).
Sulla base di tali premesse, la nullità del contratto stipulato a seguito di
procedura concorsuale illegittima viene giustificata secondo tre diverse
prospettive.
Un primo orientamento ritiene che l’annullamento (giurisdizionale o
amministrativo) degli atti di gara per motivi di legittimità, facendo venire
meno ex tunc il provvedimento di aggiudicazione, dà luogo ad una mancanza
originaria del consenso dell’amministrazione all’assunzione del vincolo
negoziale: la nullità del contratto si giustificherebbe alla stregua del
combinato disposto delle previsioni di cui agli artt. 1418, comma 2, e 1325, n.
1, c.c.. Ne consegue l’applicabilità del regime normativo di cui agli artt. 1421
ss. c.c. (cfr.: Cass. Civ. 9 gennaio 2002, n. 193, ove per i giudici di
legittimità “il venir meno della deliberazione attraverso cui si è espressa la
volontà dell’ente conduttore rende nullo il contratto per assenza del requisito
dell’accordo tra le parti (art.1325 n. 1 e art. 1418 comma 2 c.c.).
Una tesi minoritaria, relativamente alla ipotesi particolare dell’originaria
mancanza o dell’annullamento ex tunc della deliberazione a contrarre, ritiene
che l’inosservanza del principio della necessità della copertura finanziaria
determini la nullità del contratto per mancanza della causa ex art. 1418, comma
2, e 1325, n. 2.
Altra parte della dottrina riconduce la nullità del contratto alla generale
previsione di cui all’art. 1418 , comma 1, sotto il profilo della violazione di
norme imperative nel caso in cui i vizi della serie procedimentale ad evidenza
pubblica siano tali da determinare l’inidoneità del contratto a perseguire il
vincolo di scopo assegnato all’amministrazione.
5.3. La tesi dell’inefficacia è stata recentemente sostenuta dalla decisione
Cons. Stato 6666/2003, secondo cui la caducazione, in sede giurisdizionale o
amministrativa, di atti della fase della formazione, attraverso i quali si è
formata in concreto la volontà contrattuale dell’Amministrazione, dà luogo alla
conseguenza di privare l’Amministrazione stessa, con efficacia ex tunc, della
legittimazione a negoziare; in sostanza, l’organo amministrativo che ha
stipulato il contratto, una volta che viene a cadere, con effetto ex tunc, uno
degli atti del procedimento costitutivo della volontà dell’Amministrazione, come
la deliberazione di contrattare, il bando o l’aggiudicazione, si trova nella
condizione di aver stipulato privo della legittimazione che gli è stata
conferita dai precedenti atti amministrativi (cfr. Cass., 20 novembre 1985, n.
5712): <<la categoria che viene in gioco in tal caso non è l’annullabilità, ma
l’inefficacia. E, infatti, nei contratti ad evidenza pubblica gli atti della
serie pubblicistica e quelli della serie privatistica sono indipendenti quanto
alla validità; i primi condizionano, però, l’efficacia dei secondi, di modo che
il contratto diviene ab origine inefficace se uno degli atti del procedimento
viene meno per una qualsiasi causa (cfr. Cass., 5 aprile 1976, n. 1197)>>.
Secondo tale impostazione l’inefficacia sopravvenuta derivante dall’annullamento
degli atti di gara ovvero del provvedimento di aggiudicazione (in sede
giurisdizionale, amministrativa o in via di autotutela) è relativa e può essere
fatta valere solo dalla parte che abbia ottenuto l’annullamento
dell’aggiudicazione. Per il Collegio della decisione riportata <<più
problematica appare, invece, la posizione dell’Amministrazione. Di regola il
contratto rimane vincolante inter partes, nonostante l’intervenuto annullamento
dell’aggiudicazione in sede giurisdizionale, fino all’adozione di apposite
iniziative da parte degli interessati. Tuttavia, appare meritevole di protezione
anche l’interesse dell’Amministrazione a rimuovere gli effetti di situazioni
ormai riconosciute illegittime. In tale eventualità, tuttavia, la P.A. può
determinare l’inefficacia del contratto, ma attraverso il procedimento di
annullamento degli atti di gara in via di autotutela, applicando i principi
garantistici in materia (avviso di avvio del procedimento; congrua motivazione;
adeguata valutazione dell’interesse pubblico e dell’affidamento del contraente).
Per quanto, più in particolare, riguarda la tutela dei soggetti che abbiano
ottenuto ragione dinanzi al giudice amministrativo tramite l’annullamento
dell’atto di aggiudicazione, nei casi in cui il contratto sia già stato
concluso, ritiene il Collegio preferibile la posizione dottrinale orientata nel
senso dell’applicazione della normativa dettata dal codice civile a proposito
delle associazioni e fondazioni, in quanto esprimente principi generali,
applicabili anche alla Pubblica amministrazione, quale persona giuridica ex art.
11 c.c., soggetta, quindi, oltre che alle norme di diritto pubblico, anche alle
norme civilistiche essenziali che disciplinano le persone giuridiche (cfr., in
tal senso, anche se nell’ambito della teoria della inefficacia del contratto per
difetto di un presupposto o di una condizione di efficacia del contratto, Cons.
St., Sez. VI, n. 2992 del 2003 cit.). Secondo tali principi, l’annullamento
della deliberazione formativa della volontà contrattuale dell’ente "non
pregiudica i diritti acquistati dai terzi di buona fede in base ad atti compiuti
in esecuzione della deliberazione medesima" (art. 23 e 25 c.c.). Questo
criterio, invero, consente di tutelare la posizione del contraente di buona
fede, ma allo stesso tempo consente di dare pieno riconoscimento alle ragioni di
colui che abbia ottenuto l’annullamento di atti della fase di formazione (e
segnatamente, dell’aggiudicazione) laddove possa essere esclusa la buona fede
del contraente, travolgendo in tal caso detto annullamento la fattispecie
contrattuale nella sua interezza>>.
Secondo la decisione in esame un argomento sistematico in favore della tesi
della inefficacia sopravvenuta può trarsi dalla legge 21 dicembre 2001 n. 443
(Delega al Governo in materia di infrastrutture ed insediamenti produttivi
strategici ed altri interventi per il rilancio delle attività produttive), la
quale, all’art. 1, comma 2, indica, tra gli altri, il principio e criterio
direttivo (lettera n): <<previsione, dopo la stipula dei contratti di
progettazione, appalto, concessione o affidamento a contraente generale, di
forme di tutela risarcitoria per equivalente, con esclusione della
reintegrazione in forma specifica; …>>.
La delega, com’è noto, è stata attuata con l’art. 14 del D.Lgs. n. 190 del 2002,
con cui, appunto, si esclude che l’annullamento dell’aggiudicazione comporti la
risoluzione del contratto nelle more stipulato dalla P.A.. Ora, se il
legislatore, in applicazione di una facoltà riconosciuta dalla direttiva 89/665
(art. 2, par. 5 e 6) - che postula il principio in forza del quale, di regola,
la stipulazione del contratto non preclude affatto la reintegrazione in forma
specifica, anche se gli Stati membri potrebbero introdurre norme interne con
tale contenuto - ha avvertito la necessità di stabilire una apposita norma
derogatoria di tale principio in un particolare settore, allora significa che,
in linea generale, la stipulazione del contratto non è di ostacolo alla tutela
in forma specifica della parte interessata, assicurata attraverso la
verificazione del contratto e la conseguente possibilità di subentro.
D’altronde, il riferimento del legislatore delegato (anche se per escluderla)
alla risoluzione del contratto conseguente all’annullamento della procedura
sembra far propendere per il rifiuto della categoria della invalidità e per
l’adesione a quella della perdita di efficacia del contratto.
6. Si è poi fatto strada nella giurisprudenza amministrativa l’orientamento
della caducazione automatica (Cons. St., Sez. V, 25 maggio 1998, n. 677, in un
caso di annullamento in autotutela dell’aggiudicazione; Cons. St., Sez. V, 30
marzo 1993, n. 435, che afferma il travolgimento automatico del contratto per
effetto dell’annullamento giurisdizionale dell’aggiudicazione; Cons. St., Sez.
VI, 14 gennaio 2000, n. 244, muovendo dal principio di conservazione degli atti,
per cui la graduatoria della gara conserva i suoi effetti per il caso in cui
venga meno la prima aggiudicazione, afferma che l’annullamento
dell’aggiudicazione in favore del primo graduato comporta l’aggiudicazione
automatica in favore del secondo graduato; di recente, Cons. St., Sez. V, 5
marzo 2003, n. 1218; Cons. St., Sez. VI, 14 marzo 2003, n. 1518). La tesi della
caducazione automatica è stato, poi, di recente approfondita dalla VI Sezione
del Consiglio di Stato (cfr. dec. 5 maggio 2003, n. 2332), che ha ripreso la
tesi, di matrice dottrinaria, della inefficacia del contratto per mancanza
legale del procedimento, vale a dire per carenza del presupposto legale di
efficacia del contratto costituito dalla fase di evidenza pubblica mancanza
legale del procedimento), riconducendone l’effetto al principio generale,
proprio anche dei negozi giuridici privati collegati in via necessaria, secondo
cui simul stabunt, simul cadent. Altro orientamento della VI Sezione del
Consiglio di Stato ritiene accoglibile l’impostazione tradizionale relativa alla
normale efficacia caducante dell’annullamento dell’aggiudicazione sul contratto
conseguente, ma con il temperamento costituito dalla salvezza dei diritti dei
terzi in buona fede in applicazione analogica degli artt. 23, comma 2 e 25,
comma 2, del codice civile, applicabili alla Pubblica amministrazione in quanto
persona giuridica ex art. 11 dello stesso codice (cfr. Cons. St., Sez. VI, 30
maggio 2003, n. 2992).
7. Il Collegio condivide la tesi dell’efficacia caducante, nel caso di
annullamento giurisdizionale, come in quello dell’eliminazione a seguito di
autotutela o di ricorso giustiziale, degli atti della procedura amministrativa,
in forza del rapporto di consequenzialità necessaria tra la procedura di gara ed
il contratto successivamente stipulato. Sul punto, stante la novità e la
rilevante complessità della tematica in esame, ritiene il Collegio di doversi
soffermare sulle ragioni che inducono a tale adesione e a specificare il proprio
orientamento sul punto.
Sul piano della ricostruzione fenomenica, è necessario prendere le mosse
dall’innegabile esistenza di un raccordo fra gli atti della serie pubblicistica
ed il contratto stipulato all’esito dell’aggiudicazione. Tale raccordo induce
l’interprete ad interrogarsi in ordine alla applicabilità, al caso in esame,
della distinzione elaborata in sede giurisprudenziale, in relazione agli atti
amministrativi, tra invalidità ad effetto caducante ed invalidità ad effetto
viziante. Tale distinzione (criticata da autorevole dottrina) risale alla
pronuncia del Consiglio di Stato, Ad. Plen. 19 ottobre 1955 n. 17, e si fonda
sulla diversa intensità che contraddistingue il nesso di presupposizione o di
derivazione intercorrente fra atti (ed in particolare fra atto annullato e atto
successivo). La distinzione, in definitiva, consente di misurare il diverso
grado di incidenza pregiudiziale fra atto presupposto (annullato) e atto
consequenziale. Detto diversamente, i due termini della distinzione sono
accomunati dall’esistenza di un nesso di derivazione o presupposizione fra c.d.
“atto a monte” e c.d. “atto a valle”; tuttavia, mentre nel caso di invalidità ad
effetto viziante l’atto a valle l’atto consequenziale deve essere impugnato per
essere eliminato dal mondo giuridico (resistendo all’annullamento dell’atto
presupposto”), nel caso di invalidità ad effetto caducante, l’annullamento
dall’atto presupposto implica l’automatico travolgimento dell’atto
consequenziale senza bisogno di impugnativa ad hoc.
Risulta a questo punto indispensabile chiarire se tale meccanismo sia
applicabile anche nei rapporti fra atti amministrativi ed atti negoziali (non
aderendo all’autorevole ricostruzione dottrinale che configura gli atti di
evidenza pubblica come atti amministrativi negoziali), atti, questi,
appartenenti a seriazioni giuridiche ontologicamente eterogenee. Sul punto,
ritiene il Collegio che la diversa natura degli atti in questione non escluda
l’applicabilità della prefata distinzione, essendo rilevante, in via esclusiva,
l’obiettiva connesione (presupposizione o derivazione) fra atto primario ed atto
consequenziale (nel nostro caso, di natura pubblicistica il primo, privatistica
il secondo). La validità di tale ricostruzione è comprovata dal riconoscimento,
in sede giurisprudenziale e dottrinale, dell’esistenza del nesso di derivazione
fra atti di natura giuridica eterogenea: si pensi al rapporto fra regolamento e
provvedimento amministrativo (valorizzando il profilo di fonte del diritto del
regolamento); al legame fra sentenza ed atto amministrativo adottato in
esecuzione della prima; si pensi, infine, al legame fra accordo
endoprocedimentale e provvedimento finale (aderendo alla tesi che ricostruisce
l’accordo in chiave privatistica). Orbene, dimostrata l’applicabilità della
richiamata distinzione anche ad atti di natura diversa, deve essere precisato
che il nesso di connessione fra atti non sussite solo in caso di legame
endoprocedimentale (è il caso della connessione accordo – provvedimento ex art.
11 L. 241/1990) ma, altresì, nel caso di preordinazione funzionale (id est:
legame esterno) fra atti: ricorre tale ipotesi proprio nel caso del legame fra
aggiudicazione e contratto, aderendo alla prevalente ricostruzione che li
configura, rispettivamente, come ultimo atto della serie pubblicistica e primo
atto della serie privatistica. Che la intensa connessione (preordinazione
funzionale) fra aggiudicazione e contratto sussista è, non solo giuridicamente
evidente (appare necessaria, in tal senso la citazione di un passo significativo
di Consiglio di Stato – Adunanza Plenaria – Sentenza 29 gennaio 2003 n. 1 -<<Pur
senza affrontare la questione generale del rapporto processuale tra l’azione di
annullamento degli atti amministrativi e quella del risarcimento del danno dai
medesimi eventualmente provocato, nell’ambito della nuova disciplina del
processo amministrativo, un rapporto di pregiudizialità necessaria può,
comunque, porsi, tutte le volte che si sia di fronte alla necessità di stabilire
le conseguenze dell’annullamento degli atti di gara sul contratto eventualmente
stipulato tra l’Amministrazione appaltante e l’originario aggiudicatario; in tal
caso, la previa proposizione del ricorso giurisdizionale davanti al giudice
amministrativo, e la definizione del relativo giudizio, appare, comunque,
necessaria, posto che si tratta di stabilire quali siano le conseguenze, sul
contratto di appalto nelle more stipulato tra Amministrazione ed aggiudicatario,
dell’avvenuto annullamento degli atti di gara a seguito del ricorso del
partecipante non aggiudicatario), ma anche intuitivo: post hoc, propter hoc: è
la fase dell’evidenza pubblica che determina e genera, in via esclusiva e
necessaria, la controparte del rapporto contrattuale.
Chiarita la stretta ed intensa consequenzialità fra aggiudicazione e contratto,
occorre comprendere il meccanismo giuridico in forza del quale l’annullamento
giurisdizionale, ovvero l’eliminazione a seguito di autotutela o di ricorso
giustiziale, degli atti della procedura amministrativa importa la caducazione
automatica degli effetti negoziali del contratto successivamente stipulato.
In primo luogo occorre premettere che l’efficacia caducante è cosa diversa dalla
nullità del contratto successivamente stipulato. Nonostante alcune somiglianze
(come, ad esempio, la declaratoria ex officio da parte dello stesso giudice che
pronuncia l’annullamento), non può dirsi che il contratto successivamente
stipulato sia invalido a causa della demolizione giuridica del provvedimento di
aggiudicazione. Al contrario, al contratto in questione si attaglia la
situazione negativa di “mancanza di effetti”. L’inefficacia è una categoria
concettuale che non trova nel codice civile del 1942 una considerazione unitaria
e generale (a differenza della nullità e della annullabilità); è, inoltre, una
figura che presenta una estensione maggiore rispetto alla invalidità, nonché una
diversa morfologia ed un diverso trattamento normativo. L’in se di tale figura,
come messo in rilievo dalla maggioritaria dottrina civilistica, è l’idoneità a
meglio realizzare il trattamento corrispondente agli interessi in gioco (in
contrasto con la disciplina - rigida – dell’invalidità). Tale tesi affonda le
radici nel pensiero della pandettistica che ben distinguerva fra inefficacia ed
invalidità, approfondendo con acume e rigorosa considerazione la autonomia
dell’”atto” rispetto al “rapporto”. L’inefficacia è pertanto una qualificazione
giuridica di contenuto negativo che l’ordinamento riserva a tutti i casi di
inidoneità dell’atto a produrre effetti giuridici che ne realizzino la funzione.
Sulla base di tale impostazione, si ritiene di dover prendere le mosse dalla
tesi sostenute da questo Consesso nelle decisioni Cons. Stato, Sez. VI, 5 maggio
2003, n. 2332 e Cons. Stato, Sez. IV, 27 ottobre 2003, n. 6666. In particolare,
mentre nella prima decisione l’efficacia caducante viene ricondotta alla carenza
di uno dei presupposti di efficacia del contratto, carenza determinata
dall’annullamento dell’aggiudicazione, nella seconda l’inefficacia sopravvenuta
del contratto viene ricondotta alla mancanza del requisito della legittimazione
a contrarre, derivante dall’annullamento degli atti di gara.
Al riguardo il Collegio, in parte diversamente argomentando rispetto agli
arresti or ora citati, ferma restando l’adesione alla tesi della caducazione
automatica, che i termini della questione debbano essere ricostruiti alla luce
della categoria dell’inefficacia successiva, che ricorre allorché il negozio
pienamente efficace al momento della sua nascita divenga inefficace per il
sopravvenire di una ragione nuova di inefficacia, quest’ultima da intendersi
come inidoneità funzionale in cui venga a trovarsi il programma negoziale per
l’incidenza ab externo di interessi giuridici di rango poziore incompatibili con
l’interesse interno negoziale. Tale interferenza non implica alcuna alterazione
strutturale della fattispecie contrattuale, incidendo unicamente sulla funzione
dell’atto ovvero, per meglio dire, sul momento effettuale; in tali casi
l’ordinamento è chiamato a risolvere un problema di contrasto fra situazioni
effettuali: non viene in rilievo l’atto sotto il profilo genetico (validità o
invalidità), bensì la sua efficacia.
L’inefficacia successiva, al pari della nullità successiva, agisce
retroattivamente ma differentemente dalla seconda incontra il duplice limite
delle situazioni soggettive che si siano già consolidate in capo ai terzi fino
alla domanda volta a far dichiarare l’inefficacia (arg. Ex. Artt. 1452, 1458,
comma 2, 1467 e 2901 c.c.) e delle prestazioni già eseguite nei negozi di
durata.
La fondatezza dell’assunto si coglie considerando che il negozio giuridico, atto
di autoregolamento di privati interessi, vincolando le parti alla realizzazione
nel tempo dell’obiettivo programmato, rimane esposto al verificarsi di fatti e
vicende, inerenti ad altri tipi di interessi delle parti o di terzi, che
sopravvenendo interferiscono con il ciclo di efficacia del contratto. Nel caso
in esame, inoltre, l’interferenza dell’interesse esterno è mediata da una
pronuncia giurisdizionale (di annullamento degli atti di gara) che dà la stura
al meccanismo di travolgimento automatico dell’atto della serie privatistica.
L’interesse superiore di cui si tratta è consacrato dalle prescrizioni di
evidenza pubblica, che una antica ed ormai superata tesi riteneva volte
esclusivamente al soddisfacimento dell’interesse particolare della pubblica
amministrazione.
Invero, è di recente acquisizione che le prescrizioni in tema di procedure di
gara, interna o comunitaria, devono essere lette nell’ottica della tutela
dell’interesse generale. I principi fondamentali della concorrenza e del mercato
- (articoli 2, 3, par. 1, lettera g, e 4 Trattato CE) - (affermati con forza
soprattutto in sede comunitaria) nonchè del buon andamento e dell’imparzialità
(come enunciati dall’art. 97 della Costituzione) sono valori in stretto
collegamento fra loro, elevati a canoni fondamentali dell’intera azione
amministrativa per la cura e la protezione di interessi pubblici di primario
rilievo (assurti, ormai, a veri e propri principi del diritto pubblico
dell’economia vivente). Tale prospettiva è decisivamente valorizzata dal diritto
comunitario che, nella materia che ci occupa, è proteso alla salvaguardia dei
valori della concorrenza e, quindi, della libertà competitiva delle singole
imprese. L’interesse poziore esterno (alla scelta del legittimo contraente),
valorizzato e consacrato dalla sentenza di annullamento dell’atto
amministrativo, espone il contratto già stipulato ad una vicenda effettuale di
carattere negativo, spiegabile come precarietà ex post di carattere peculiare.
7. In ordine alle conseguenze derivanti dall’inefficacia successiva, va
precisato che essa deve formare oggetto di mera declaratoria da parte dello
stesso giudice che pronuncia la sentenza costitutiva di demolizione dell’atto
gravato (coerentemente alla pienezza di giurisdizione che il legislatore del
1998 e del 2000 ha voluto riconoscere al plesso giurisdizionale amministrativo),
ed infine che essa non estende i suoi effetti sulle prestazioni medio tempore
eseguite. In punto di giurisdizione la soluzione esposta esclude in radice il
sorgere di dubbio alcuno circa la spettanza della potestas decidendi (in ordine
alla declaratoria di inefficacia) in capo al giudice amministrativo, in sede di
giurisdizione esclusiva. E’, infatti, evidente che non viene in rilievo una
vicenda propria del contratto (come potrebbe essere un suo aspetto patologico),
ma degli effetti automaticamente prodottisi sulla fattispecie contrattuale per
effetto dell’annullamento della procedura amministrativa di gara (o di un suo
segmento). Di qui il corollario, coerente con le esigenze di concentrazione e
pienezza della tutela, che il giudice amministrativo, dotato di giurisdizione
esclusiva sulla procedura di affidamento, indaghi anche sugli effetti prodotti
dall’annullamento della procedura sul contratto medio tempore stipulato.
Diversamente opinando sarebbe reintrodotto, in palese contrasto con le scelte
del legislatore del 1998-2000, il dispendioso sistema che costringeva il
cittadino alla moltiplicazione dei giudizi, con passaggio dall’una all’altra
giurisdizione, per poter conseguire il bene dell’effettività della tutela.
8. Non può essere accolta l’istanza avanzata dalla Siram spa al fine di
provocare la remissione degli atti alla Corte Costituzionale e la sospensione
del giudizio. La Siram spa sostiene che sarebbe costituzionalmente illegittimo,
ai sensi degli artt. 3 e 97 Cost., ammettere alla gara cui partecipi il
consorzio, ex artt. 10 comma 1 e 13 comma 4 della L. 109/1994, i consorziati di
cooperative di produzione e lavoro puri non indicati come esecutori dell’appalto
in caso di aggiudicazione, e non ammettere ai consorzi di cooperative misti
ammessi ai pubblici appalti di cui all’art. 1 n. 3 del R.D. n. 278/1911. La
questione difetta del requisito della rilevanza, atteso che la qualificazione
dell’Ital.co.ser. quale consorzio ex art. 2602 c.c. esclude l’applicazione dei
dati normativi richiamati dalla Siram spa.
9. In ordine alla richiesta di risarcimento del danno, deve essere osservato che
la domanda risarcitoria non sostenuta dalle allegazioni necessarie
all'accertamento della responsabilità dell'amministrazione risulta proposta in
modo generico e, quindi, va respinta; grava, infatti, sul danneggiato l'onere di
provare, ai sensi dell'art. 2697 c.c., tutti gli elementi costitutivi della
domanda di risarcimento del danno per fatto illecito (Cons. Stato, Sez. V,
25/01/2002, n. 416; Cons. Stato, Sez. V, 06/08/2001, n. 4239). Invero, il
risarcimento del danno non è una conseguenza automatica dell'annullamento
giurisdizionale ma richiede la positiva verifica di tutti i requisiti previsti
dalla legge: oltre alla lesione della situazione soggettiva d'interesse tutelata
dall'ordinamento, è indispensabile che sia accertata la colpa
dell'amministrazione, e l'esistenza di un danno al patrimonio e che sussista un
nesso causale tra l'illecito ed il danno subito. Però più che accedere
direttamente alla colpa - intesa come profilo soggettivo di responsabilità e
ritenuta configurabile quando l'adozione dell'atto illegittimo sia avvenuta in
violazione delle regole di imparzialità, di correttezza e di buona
amministrazione, che si pongono come limiti esterni alla discrezionalità - è
indispensabile accedere a una nozione di tipo oggettivo che tenga conto dei vizi
che inficiano il provvedimento ed in linea con le indicazioni della
giurisprudenza comunitaria, della gravità della violazione commessa
dall'amministrazione, anche alla luce dell'ampiezza delle valutazioni
discrezionali rimesse all'organo, dei precedenti della giurisprudenza, delle
condizioni concrete e dell'apporto eventualmente dato dai privati nel
procedimento; pertanto se la violazione è l'effetto di un errore scusabile
dell'autorità, non si potrà configurare il requisito della colpa, se, invece, la
violazione appare grave e se essa matura in un contesto nel quale all'indirizzo
dell'amministrazione sono formulati addebiti ragionevoli, specie sul piano della
diligenza e della perizia, il requisito della colpa dovrà sussistere (Cons.
Stato, Sez. IV, 14/06/2001, n. 3169; Cons. Stato, Sez. VI, 18/12/2001, n. 6281).
Nel caso in esame non è dato ravvisare una manifesta e grave violazione da parte
dell’amministrazione; difetta, pertanto, l’elemento soggettivo richiesto per la
configurabilità di un danno risarcibile. A ciò si aggiunge la mancanza della
necessaria dimostrazione del danno che rende comunque inaccoglibile la domanda.
10. Assorbito quant’altro il ricorso va pertanto accolto nei termini di cui
sopra, con conseguente annullamento della sentenza impugnata, accoglimento del
ricorso di primo grado con annullamento degli atti impugnati.
Per le ragioni esposte l’appello va accolto.
Sussistono giuste ragioni per compensare le spese di giudizio.
P.Q.M.
- Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione V) accoglie l’appello
nei sensi di cui in motivazione.
Compensa le spese di giudizio.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, palazzo Spada, sede del Consiglio di Stato, nella camera di
consiglio dell’11.11.03, con l'intervento dei sigg.ri
Emidio Frascione presidente,
Raffaele Carboni consigliere,
Paolo Buonvino consigliere,
Claudio Marchitiello consigliere,
Michele Corradino consigliere estensore,
L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE
IL SEGRETARIO
p. IL DIRIGENTE
f.to Michele Corradino
f.to Emidio Frascione
f.to Gaetano Navarra
f.to Livia Patroni Griffi
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 28 maggio 2004
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
1) Appalti - Aggiudicazione provvisoria - Aggiudicazione definitiva – Impugnazione – Termini. L'aggiudicazione provvisoria, in quanto atto preparatorio e non conclusivo del procedimento, non obbliga all'immediata impugnazione; questa può essere differita al momento in cui si ricorre contro l'aggiudicazione definitiva. Il termine per ricorrere contro l'aggiudicazione di un pubblico contratto, decorre dalla piena conoscenza di quella definitiva, con la possibilità di far valere nel relativo giudizio anche i vizi propri di quella provvisoria (cfr.: Cons. Stato, Sez.V, 24/05/2002, n. 2863). CONSIGLIO DI STATO, sez. V, 28 maggio 2004, sentenza n. 3465
2) Appalti - Aggiudicazione provvisoria impugnata - Non esime dall'impugnazione dell'aggiudicazione definitiva. Nei casi in cui l'impresa non aggiudicataria impugni l'aggiudicazione provvisoria di un contratto della pubblica aministrazione, ciò non l'esime dall'impugnazione dell'aggiudicazione definitiva, a pena di improcedibilità del primo ricorso giurisdizionale, in quanto quest'ultima aggiudicazione è non già un atto meramente confermativo della prima, bensì una autonoma valutazione della vicenda contrattuale (Cons. Stato, Sez.V, 03/04/2001, n. 1913). CONSIGLIO DI STATO, sez. V, 28 maggio 2004, sentenza n. 3465
3) Appalti - Aggiudicazione provvisoria - Aggiudicazione definitiva – Impugnazione – Termini - Autonoma impugnazione - Piena conoscenza del provvedimento - Eccezione di irricevibilità del ricorso. A fronte di aggiudicazione provvisoria, l'impresa non aggiudicataria non ha l'onere ma la facoltà di impugnare immediatamente tale aggiudicazione, che è autonomamente lesiva in quanto le inibisce l'ulteriore partecipazione al procedimento. Rispetto all'aggiudicazione provvisoria, però, quella definitiva non costituisce atto meramente confermativo o esecutivo, ma un atto che, anche quando recepisce pienamente i risultati dell'aggiudicazione provvisoria, comporta, comunque, un'autonoma valutazione; pertanto l'aggiudicazione definitiva necessita sempre di autonoma impugnazione, anche se è già stata impugnata quella provvisoria. In sostanza, qualora l'aggiudicazione provvisoria venga impugnata immediatamente ed autonomamente, la parte ha l'onere di impugnare anche, in un secondo momento, quella definitiva, pena l'improcedibilità del primo ricorso (cfr.: Cons. Stato, Sez.V, 03/04/2001, n. 1998). Va inoltre osservato che, secondo l’indirizzo consolidato, la piena conoscenza del provvedimento impugnato deve essere comprovata dalla parte che eccepisce l'irricevibilità del ricorso (Cons. Stato, Sez.V, 14/05/1992, n. 396), e che l’eccezione di irricevibilità del ricorso va disattesa ove la parte processuale che l’ha eccepita non fornisca alcuna prova idonea a dimostrare che il ricorrente fosse a conoscenza degli atti impugnati prima di sessanta giorni dalla notifica del ricorso. CONSIGLIO DI STATO, sez. V, 28 maggio 2004, sentenza n. 3465
4) Appalti - Bando di gara pubblica - Lex specialis - Par condicio di tutti i concorrenti. Il bando di gara pubblica, in quanto lex specialis, vincola non solo i concorrenti ma la stessa amministrazione, che non può pertanto esimersi dall'osservarlo una volta che sia stato emanato, al fine di garantire la par condicio di tutti i concorrenti. CONSIGLIO DI STATO, sez. V, 28 maggio 2004, sentenza n. 3465
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