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 Massime della sentenza

  

 

CONSIGLIO DI STATO sez. IV, 30 giugno 2004, sentenza n. 4804

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

 

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta) ha pronunciato la seguente
 

D E C I S I O N E


sul ricorso in appello iscritto al NRG 1190 dell’anno 1995 proposto da Gardellini Righi Ada , rappresentata e difesa dagli avvocati Francesco Paolucci e Rolando Roffi e elettivamente domiciliata in Roma presso lo studio dell’avv. Massimo Letizia viale Angelico 103;
contro
Comune di Bologna, in persona del l.r.p.t., rappresentato e difeso dall’avv. Luisa Simoni, dall’avv. Gian Alberto Ferrerio e dall’avv.Giorgio Stella Richter e elettivamente in Roma via Orti della Farnesina n.126;
e nei confronti di
Regione Emilia-Romagna, in persona del l.r.p.t. e della Giunta Regione Emilia Romagna, non costituiti,
per l’annullamento
della sentenza del Tribunale amministrativo regionale della Emilia-Romagna, Bologna sezione I, n. 417/1994;
Visto l’appello proposto da Gardellini Righi Ada;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del comune di Bologna;
Visti tutti gli atti di causa;
Relatore all’udienza pubblica del 30 marzo 2004 il consigliere Sergio De Felice;
Uditi gli avvocati M.Letizia su delega dell’avv. F. Paolucci e G. Stella Richter;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.
 

F A T T O


L’appellante premette in fatto di essere proprietaria di terreno sito in collina, già oggetto di vincolo a parco pubblico naturale (dal 1973 e decaduto ai sensi della L.1968/1187).


In primo grado, con i due ricorsi in quella sede riuniti per connessione, è stata censurata la diversa destinazione impressa dalla ulteriore variante collinare, poi confermata da ulteriore delibera; in quella sede sono stati impugnati sia la delibera consiliare 203/1982, approvata con delibera di G.R.3481 del 1986, con la quale l’area venne destinata a tutela paesistica, che il nuovo PRG, adottato dal comune con delibera consiliare 1307/1986, e approvato con delibera di G.R.2496/1989 confermativa di tale destinazione.


In sostanza i motivi fondamentali delle suddette impugnazioni, consistevano nella censura di mancanza del progetto preliminare al piano regolatore generale, del difetto di motivazione, dovuto anche ai precedenti giurisprudenziali con la ricorrente (la domanda di licenza edilizia, di cui al diniego del 29/8/1965, era stata annullata dal TAR con sentenza 193/1978); con l’altro ricorso veniva censurata nuovamente la mancanza di idonea motivazione sulle osservazioni, la violazione dell’art. 14, comma ottavo, L.R.47/1978, perché competente la Giunta e non il singolo assessore; altra censura atteneva alla mancata ripubblicazione del piano, a seguito dell’accoglimento delle osservazioni.


Il giudice di primo grado ha rigettato entrambi i ricorsi, affermando la insussistenza dell’obbligo di previa adozione del progetto preliminare e la infondatezza della censura di difetto di motivazione, anche in relazione alle osservazioni dei soggetti interessati.


Si è inoltre ritenuto che l’attività dell’assessore fosse avvenuta in base a specifica delega giuntale (30.4.1987 n.1806), attinente ad attività praticamente esecutiva (e cioè formulare ai comuni le modifiche al piano, quali risultavano dal parere espresso dal Comitato consultivo regionale).


La censura attinente alla mancata ripubblicazione del piano a seguito dell’accoglimento delle osservazioni è stata ritenuta inammissibile, per carenza di interesse, considerato che le suddette modifiche apportate non riguardavano terreni di proprietà del ricorrente.


Con l’atto di appello si ripropone nuovamente la censura relativa all’obbligo di previa adozione del progetto preliminare al piano regolatore generale, al difetto di motivazione e ai limiti conseguenti alla discrezionalità dell’amministrazione in presenza di precedenti giurisprudenziali passati in giudicato.


Il Comune di Bologna si è costituito in giudizio chiedendo il rigetto dell’appello in quanto infondato, facendo presente che la domanda di concessione edilizia, già oggetto di diniego (annullato con la menzionata sentenza n.193/1978), è divenuta oggetto, successivamente, di provvedimento tacito di rigetto, inoppugnato e inoppugnabile al momento della proposizione del primo ricorso di primo grado (avente ruolo n.r.g.1743/1986).


Alla udienza pubblica del 30 marzo 2004 la causa è passata in decisione.


D I R I T T O


La appellante ha impugnato in primo grado gli atti con i quali il Comune di Bologna, con varianti al piano regolatore generale, ha sottoposto il terreno di sua proprietà a vincolo paesistico, comportante la inedificabilità del lotto.


Con l’atto di appello reitera le censure, respinte dal primo giudice, relative alla mancanza del progetto preliminare e alla carenza di motivazione.


1.Come ha stabilito il giudice di primo grado, ai sensi della disciplina legislativa regionale vigente all’epoca dei fatti (L.R. 47/1978, art. 14, modificato dall’art. 10 L.R.48/1980), che stabilisce che il consiglio comunale “decide se e come sottoporre ai soggetti di cui al secondo comma del presente articolo un progetto preliminare”, la adozione del progetto preliminare al piano regolatore generale deve intendersi meramente facoltativa, mentre non si condivide la interpretazione sostenuta dagli appellanti, che però, a parere del Collegio, non trova riscontro nel dettato legislativo, della facoltatività relativamente alla sola sottoposizione ai soggetti interessati (e non alla redazione del piano, che sarebbe obbligatoria). La obbligatorietà del piano preliminare infatti non si evince da alcuna positiva disposizione.


2.Con altra censura l’appellante ha lamentato carenza di motivazione, sia in relazione alle sue osservazioni che alla precedente vicenda giurisdizionale.


La censura non è fondata.
Le scelte urbanistiche di carattere generale non necessitano in genere di una apposita motivazione, oltre quella che si può evincere dai criteri generali (di ordine tecnico-discrezionale) seguiti nell’impostazione del piano stesso, essendo sufficiente l’espresso riferimento alla relazione di accompagnamento al progetto.


In sede di pianificazione urbanistica, la P.A. gode di ampio potere discrezionale, da esercitare nel rispetto dei limiti e vincoli derivanti dalle superiori fonti normative e da criteri di logicità e razionalità delle scelte da effettuare.


La natura discrezionale e la valenza programmatoria dell’atto, indubbiamente, si riverberano sul contenuto e sulla estensione (ridotta) dell’obbligo di motivazione.


In occasione della formazione di uno strumento urbanistico generale le scelte discrezionali non necessitano di apposita motivazione, oltre la indicazione delle ragioni evincibili dai criteri generali seguiti nella impostazione del piano.


E’ vero che al privato può riconoscersi una particolare tutela quando abbia ottenuto un giudicato favorevole contro il diniego di concessione edilizia; tale tutela consiste, da un lato, nella inopponibilità all’interessato delle variazioni dello strumento urbanistico sopravvenute dopo la notificazione della sentenza di accoglimento del ricorso contro il diniego o contro il silenzio-rifiuto, e, dall’altro, nella titolarità in capo al soggetto privato di un interesse “pretensivo” a che l’autorità competente riveda in “parte qua” il piano urbanistico vigente al fine di valutare se ad esso possa essere apportata una deroga (in pratica, una variante) che recuperi, in tutto o in parte e compatibilmente con l’interesse pubblico, la previsione del piano abrogato, sulla quale si fondava originariamente la domanda di concessione (Consiglio Stato, a.plen., 8 gennaio 1986, n.1).


Tale limite non sussiste, tuttavia, quando, come nella specie, il giudicato formatosi sia poi stato a sua volta superato da altri e sopravvenuti atti, divenuti inoppugnabili al momento della elaborazione e redazione del piano, in maniera da relegare tali vicende a meri precedenti storici.


Quando, in definitiva, il precedente giudizio favorevole (sul diniego di concessione edilizia) sia stato oramai superato da altri provvedimenti non impugnati, come eccepito dal Comune di Bologna nella memoria, che ha affermato che dopo la sentenza del T.A.R. Bologna n.193/1978, notificata il 28.6.1978, la domanda di concessione edilizia, già oggetto di provvedimento esplicito di diniego (appunto annullato con la suddetta sentenza), è divenuta oggetto di provvedimento tacito di rigetto, divenuto poi inoppugnabile, su successiva domanda e comunque prima della proposizione dell’ulteriore ricorso (r.g.1743/86) di primo grado (e tale inoppugnabilità successiva non risulta contestata in giudizio), da tale vicenda processuale, anche se richiamata nelle osservazioni degli interessati al piano, non può evincersi automaticamente l’obbligo di motivazione dal quale l’attività pianificatoria, è di regola, esonerata.


3.In relazione alla lamentata carenza di motivazione, il Collegio non può che ribadire i principi generali in base ai quali nella formazione dello strumento urbanistico generale l’amministrazione ha un’ampia potestà discrezionale per quanto concerne la programmazione degli assetti del territorio, senza necessità di motivazione specifica sulle scelte adottate in ordine alla destinazione delle singole aree (tra tante Consiglio Stato, IV 4 marzo 2003, n.1191).


Né l’obbligo di motivazione viene rafforzato, imposto o mutato in base alla sola presentazione delle osservazioni presentate dai privati a piano regolatore generale. Queste, infatti, sono semplici apporti collaborativi dati dai cittadini alla formazione dello strumento urbanistico ed il loro rigetto non richiede una specifica motivazione, essendo sufficiente che siano state esaminate e ritenute in contrasto con gli interessi e le considerazioni generali poste a base della formazione del piano (C. Stato, IV, 19 marzo 2003, n.1456).


In base alle su indicate considerazioni, l’appello va respinto, con conseguente conferma della impugnata sentenza.

 
La condanna alle spese segue il principio di soccombenza. Le spese sono liquidate in dispositivo.


P.Q.M.


Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione IV), definitivamente pronunciando sull’appello su indicato in epigrafe proposto avverso la sentenza n. 417/1994 del Tribunale amministrativo regionale della Emilia-Romagna, sezione prima, lo rigetta e per l’effetto conferma la impugnata sentenza. Condanna l’appellante al pagamento delle spese di giudizio in favore del comune di Bologna, che liquida in complessivi euro tremila, comprensivi di spese, diritti ed onorari. Nulla per il resto.


Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’autorità amministrativa.


Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 30 marzo 2004, dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale – Sezione Quarta - con la partecipazione dei signori:
RICCIO STENIO - Presidente
RULLI DEDI - Consigliere
CARINCI GIUSEPPE - Consigliere
DEODATO CARLO - Consigliere
DE FELICE SERGIO - Consigliere est.

 

L’ESTENSORE                           IL PRESIDENTE                              IL SEGRETARIO
     Sergio De Felice                         Stenio Riccio                                   Maria Grazia Nusca



DEPOSITATA IN SEGRETERIA
30 giugno 2004
(art. 55, L. 27.4.1982 n. 186)
Il Dirigente
Antonio Serrao
 

M A S S I M E

 

Sentenza per esteso

 

1) Urbanistica e edilizia - Scelte urbanistiche di carattere generale - Apposita motivazione - Insussistenza. Le scelte urbanistiche di carattere generale non necessitano in genere di una apposita motivazione, oltre quella che si può evincere dai criteri generali (di ordine tecnico-discrezionale) seguiti nell’impostazione del piano stesso, essendo sufficiente l’espresso riferimento alla relazione di accompagnamento al progetto. Pres. RICCIO - Est. DE FELICE - Gardellini Righi (avv.ti Paolucci e Roffi) c. Comune di Bologna (avv.ti Simoni, Ferrerio e Stella Richter) e altro - (Conferma Tribunale amministrativo regionale della Emilia-Romagna, Bologna sezione I, n. 417/1994). CONSIGLIO DI STATO sez. IV, 30 giugno 2004, sentenza n. 4804


2) Urbanistica e edilizia - Formazione dello strumento urbanistico generale – Programmazione degli assetti del territorio - Motivazione specifica sulle scelte adottate in ordine alla destinazione delle singole aree – Insussistenza - Potestà amministrativa – Limiti - Osservazioni presentate dai privati a P.R.G. - Fattispecie: vincolo paesistico a parco pubblico decaduto. I principi generali in base ai quali nella formazione dello strumento urbanistico generale l’amministrazione ha un’ampia potestà discrezionale per quanto concerne la programmazione degli assetti del territorio, senza necessità di motivazione specifica sulle scelte adottate in ordine alla destinazione delle singole aree (tra tante Consiglio Stato, IV 4 marzo 2003, n.1191). Né l’obbligo di motivazione viene rafforzato, imposto o mutato in base alla sola presentazione delle osservazioni presentate dai privati a piano regolatore generale. Queste, infatti, sono semplici apporti collaborativi dati dai cittadini alla formazione dello strumento urbanistico ed il loro rigetto non richiede una specifica motivazione, essendo sufficiente che siano state esaminate e ritenute in contrasto con gli interessi e le considerazioni generali poste a base della formazione del piano (C. Stato, IV, 19 marzo 2003, n.1456). Fattispecie: vincolo paesistico a parco pubblico naturale, comportante la inedificabilità del lotto (decaduto ai sensi della L.1968/1187). Pres. RICCIO - Est. DE FELICE - Gardellini Righi (avv.ti Paolucci e Roffi) c. Comune di Bologna (avv.ti Simoni, Ferrerio e Stella Richter) e altro - (Conferma Tribunale amministrativo regionale della Emilia-Romagna, Bologna sezione I, n. 417/1994). CONSIGLIO DI STATO sez. IV, 30 giugno 2004, sentenza n. 4804

 

3) Urbanistica e edilizia - PRG - Giudicato favorevole contro il diniego di concessione edilizia – Tutela. Al privato può riconoscersi una particolare tutela quando abbia ottenuto un giudicato favorevole contro il diniego di concessione edilizia; tale tutela consiste, da un lato, nella inopponibilità all’interessato delle variazioni dello strumento urbanistico sopravvenute dopo la notificazione della sentenza di accoglimento del ricorso contro il diniego o contro il silenzio-rifiuto, e, dall’altro, nella titolarità in capo al soggetto privato di un interesse “pretensivo” a che l’autorità competente riveda in “parte qua” il piano urbanistico vigente al fine di valutare se ad esso possa essere apportata una deroga (in pratica, una variante) che recuperi, in tutto o in parte e compatibilmente con l’interesse pubblico, la previsione del piano abrogato, sulla quale si fondava originariamente la domanda di concessione (Consiglio Stato, a.plen., 8 gennaio 1986, n.1). Tale limite non sussiste, tuttavia, quando, come nella specie, il giudicato formatosi sia poi stato a sua volta superato da altri e sopravvenuti atti, divenuti inoppugnabili al momento della elaborazione e redazione del piano, in maniera da relegare tali vicende a meri precedenti storici. Quando, in definitiva, il precedente giudizio favorevole (sul diniego di concessione edilizia) sia stato oramai superato da altri provvedimenti non impugnati, la domanda di concessione edilizia, già oggetto di provvedimento esplicito di diniego (appunto annullato con la suddetta sentenza), è divenuta oggetto di provvedimento tacito di rigetto, divenuto poi inoppugnabile, su successiva domanda e comunque prima della proposizione dell’ulteriore ricorso di primo grado (e tale inoppugnabilità successiva non risulta contestata in giudizio), da tale vicenda processuale, anche se richiamata nelle osservazioni degli interessati al piano, non può evincersi automaticamente l’obbligo di motivazione dal quale l’attività pianificatoria, è di regola, esonerata. Pres. RICCIO - Est. DE FELICE - Gardellini Righi (avv.ti Paolucci e Roffi) c. Comune di Bologna (avv.ti Simoni, Ferrerio e Stella Richter) e altro - (Conferma Tribunale amministrativo regionale della Emilia-Romagna, Bologna sezione I, n. 417/1994). CONSIGLIO DI STATO sez. IV, 30 giugno 2004, sentenza n. 4804

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