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 Massime della sentenza

  

 

CONSIGLIO DI STATO sez. IV, 14 luglio 2004, sentenza n. 5099

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

 

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta) ha pronunciato la seguente
 

D E C I S I O N E


sul ricorso in appello iscritto al NRG 8750 dell’anno 1995 proposto da S. S., rappresentato e difeso dagli avv. Flavio Barigelletti e Fabio Gullotta, con i quali è elettivamente domiciliato in Roma, via Ronciglione n. 3, presso lo studio del secondo;
contro
COMITATO REGIONALE DI CONTROLLO DELLA REGIONE MARCHE, in persona del Presidente in carica; MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del ministro in carica; REGIONE MARCHE, in persona del Presidente della giunta regionale in carica, tutti rappresentati e difesi dall’Avvocatura generale dello Stato, presso i cui uffici domiciliano ope legis in Roma, via dei Portoghesi n. 12;
e nei confronti di
COMUNE DI CUPRAMONTANA, in persona del sindaco in carica, non costituito in giudizio;
per l’annullamento
della sentenza del Tribunale amministrativo regionale delle Marche n. 429 del 28 agosto 1995;
Visto il ricorso in appello con i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comitato regionale di controllo della Regione Marche, del Ministero dell’Interno e della Regione Marche;
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive tesi difensive;
Visti tutti gli atti di causa;
Relatore alla pubblica udienza del 27 aprile 2004 il consigliere Carlo Saltelli;
Uditi l’avvocato Filippo Sciuto, su delega dell’avvocato Gullotta, e l’avvocato dello Stato Volpe;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.


F A T T O


Con decisione n. 8298 del 31 agosto 1992 il Comitato regionale di controllo della Regione Marche, sezione autonoma di Ancona, annullava la deliberazione consiliare n. 87 del 4 agosto 1992 del Comune di Cupramontana, relativa alla nomina a revisore dei conti del dott. Stefano Sandroni, per violazione dell’articolo 6, comma 1, della legge 15 marzo 1991, n. 80, ricorrendo un’ipotesi di incompatibilità.


Avverso tale provvedimento insorgeva il predetto dott. Stefano Sandroni chiedendone l’annullamento al Tribunale amministrativo regionale delle Marche alla stregua di un solo articolato motivo di censura, rubricato “Violazione di legge – violazione e falsa applicazione dell’art. 6 quinquies della legge n. 80 del 1991 – eccesso di potere – difetto di motivazione”, attraverso il quale, per un verso, lamentava l’assoluta cripticità dell’annullamento tutorio, essendo del tutto incomprensibili le ragioni che lo avevano determinato, e, per altro verso, sosteneva che la corretta interpretazione del primo comma dell’articolo 6 della legge 15 marzo 1991, n. 80, permetteva ad ogni professionista di cumulare fino a undici incarichi di revisore dei conti, non potendosi in nessun caso ammettere, in mancanza di qualsiasi elemento in tal senso, una diversa e più restrittiva portata della predetta norma, altrimenti in contrasto con i principi costituzionali della libertà delle professioni e dell’autonomia degli enti locali.


L’adito Tribunale, nella resistenza della sola amministrazione regionale, con la sentenza n. 429 del 28 agosto 1995, dichiarato inammissibile il ricorso nella parte in cui era diretto ad ottenere l’accertamento del diritto ad essere nominato revisore dei conti, lo respingeva nel merito, rilevando, innanzitutto, che il provvedimento impugnato non era inficiato né dal dedotto difetto di motivazione (facendo esso espresso riferimento all’incompatibilità prevista dal primo comma dell’articolo 6 della legge 15 marzo 1991, n. 80, che fissava limiti tassativi al numero massimo di incarichi conferibili ad uno stesso revisore), né da quello di contraddittorietà, evidenziando, poi, che la norma controversa andava ragionevolmente e coerentemente, anche in ragione dell’impegno professionale richiesto ad un revisore dei conti, nel senso che i gruppi di incarichi conferibili da essa contemplati erano alternativi tra di loro e non cumulabili.
Con atto di appello notificato il 22 novembre 1995 l’interessato chiedeva la riforma della prefata statuizione, a suo avviso, frutto di un’erronea e superficiale delibazione della questione controversa, riproponendo, a tal fine, lo stesso motivo di censura articolato in prime cure e osservando che la fondatezza delle proprie tesi aveva trovato conferma nella nuova normativa disciplinante la questione, contenuta nell’articolo 104 del decreto legislativo 25 febbraio 1995, n. 77.


Nel giudizio di appello si sono costituiti il Comitato regionale di controllo della Regione Marche, il Ministero dell’Interno e la Regione Marche, resistendo al gravame.


D I R I T T O


I. L’appello è infondato e deve essere respinto.


I.1. E’ innanzitutto infondata, ad avviso della Sezione, la doglianza relativa al dedotto difetto di motivazione da cui sarebbe affetto l’impugnato provvedimento tutorio.


Giova rilevare, al riguardo, che la funzione della motivazione del provvedimento amministrativo consiste nelle indicazioni delle circostanze di fatto e delle ragioni di diritto al fine di consentire al cittadino di ricostruire l’iter logico – giuridico attraverso cui l’amministrazione si è determinata ad adottarlo, per controllare, quindi, il corretto esercizio del potere ad essa conferito dalla legge, facendo valere eventualmente nelle opportune sedi giurisdizionale le proprie ragioni (ex pluribus C.d.S., sez. IV, 6 ottobre 2003, n. 5868; 29 aprile 2002, n. 2281); è stato poi sottolineato che la garanzia di adeguata tutela delle proprie ragioni non viene meno per il fatto che nel provvedimento (finale) non risultano chiaramente e compiutamente esplicitate le ragioni sottese alle scelte, allorché le stesse possano essere agevolmente colte dalla lettura degli atti delle varie fasi del procedimento (C.d.S., sez. IV, 7 novembre 2002, n. 6066; 29 ottobre 2000, n. 5346).


Nel caso di specie, la sussistenza e l’adeguatezza della motivazione del provvedimento impugnato, anche a voler prescindere dalla sufficienza, a tal fine, della specifica indicazione nel predetto provvedimento della norma violata (incompatibilità a rivestire la funzione di revisore dei conti nel Comune di Cupramontana in quanto contemporaneamente già revisore dei conti anche dell’amministrazione provinciale di Ancona), è dimostrata dalla sua effettiva impugnazione, circostanza che, al di là di ogni ragionevole dubbio, dà conto dell’idoneità delle pur stringate indicazioni utilizzate dall’Amministrazione a far comprende l’iter logico – giuridico seguito per l’emanazione del provvedimento impugnato.


I.2. Parimenti infondato è il secondo motivo di gravame, con cui l’appellante ha sostenuto, così riproponendo la stessa censura in primo grado, che la corretta interpretazione dell’articolo 6 quinquies della legge 15 marzo 1991, n. 80 (Conversione in legge, con modificazioni, del decreto legge 12 gennaio 1991, n. 6, recante disposizioni urgenti in favore degli enti locali per il 1991) consentiva, diversamente da quanto sostenuto erroneamente dai primi giudici, ad ogni revisore di poter cumulare undici incarichi (5 per i comuni fino a 9999 abitanti; 3 per i comuni da 10.000 a 29.999 abitanti; 2 per i comuni da 30.000 a 79.999 abitanti e 1 per i comuni da 80.000 abitanti in poi, nonché per le comunità montane e le province), come poteva agevolmente desumersi anche dalla successiva disposizione contenuta nell’articolo 104 del decreto legislativo 25 febbraio 1995, n. 77.


I.2.1. Osserva al riguardo la Sezione che sul piano sistematico nessun argomento a favore della tesi propugnata dall’appellante può trarsi dalla disposizione contenuta nell’articolo 104 del ricordato decreto legislativo 25 febbraio 1995, n. 77 (ora trasfuso nell’articolo 238 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali), asseritamene improntata alla cumulabilità di più incarichi di revisore dei conti in differenti categorie di enti locali, stante la natura innovativa di tale disposizione.


E’ sufficiente rilevare sul punto che, mentre l’articolo 55 della legge 8 giugno 1990, n. 142, aveva riservato allo Stato la disciplina dell’ordinamento finanziario e contabile (all’evidente scopo di individuare in materia principi contabili uniformi), la legge 23 ottobre 1992, n. 421, delegò il governo ad adottare mediante decreti legislativi al fine, tra l’altro, di armonizzare il predetto ordinamento finanziario e contabile degli enti locali con i principi della contabilità generale dello Stato, per la parte applicativa dei principi contenuti nella legge 8 giugno 1990, n. 142, tenuto conto delle esigenze di consolidamento dei conti pubblici e dell’informatizzazione, e di applicare i principi contenuti nella legge 8 giugno 1990, n. 142, con l’introduzione in forma graduale e progressiva della contabilità economica fino ad interessare tutti gli enti, con facoltà di applicazione anticipata: tale delega ha trovato effettiva applicazione proprio con il decreto legislativo 25 febbraio 1995, n. 77.


Del resto la stessa formulazione letterale della norma in questione, facendo salve le diverse disposizione del regolamento di contabilità dell’ente locale, esclude espressamente che i principi in essa contenuti possano avere valore esaustivo di tutta la materia e non consente, sotto il profilo che qui interessa, qualsiasi raffronto con la disposizione contenuta nell’articolo 6 quinquies della legge 15 marzo 1991, n. 80.


I.2.1. Quest’ultimo, ad avviso della Sezione, come correttamente ritenuto dall’organo tutorio e poi dai giudici di prime cure, effettivamente consentiva il cumulo degli incarichi di revisore dei conti solo nell’ambito delle singole categorie di comuni ivi indicati (e cioè fino a 5 nei comuni fino a 9.999 abitanti, fino a 3 per i comuni da 10.000 a 29.999 abitanti, fino a 2 per i comuni da 30.000 a 79.999 abitanti, un solo incarico per i comuni con oltre 80.000 abitanti, nonché per le comunità montane e le province), vietando per converso il cumulo dei predetti incarichi relativi ad enti locali appartenenti alle diverse categorie sopra ricordate.


La ratio di tale norma, e quindi del predetto divieto, è da rinvenire evidentemente nella peculiarità dei compiti attribuiti dalla legge ai revisori dei conti, compiti che vanno ben oltre quello, tradizionale, di attestazione della corrispondenza del rendiconto alle risultanze di gestione, comprendendo anche la collaborazione con l’attività del consiglio comunale, rispetto al quale la funzione del revisore dei conti si atteggia di volta in volta ad organo di consulenza, sotto il profilo tecnico – contabile; di controllo, rispetto all’attività degli organi esecutivi; di indirizzo, in relazione all’adozione dei piani e dei programmi che richiedono un impegno finanziario; di vigilanza sulla regolarità della gestione e di impulso, in relazione alla facoltà di formulare rilievi e proposte tendenti ad una migliore efficienza, produttività ed economicità (artt. 55 e 56 della legge 8 giugno 1990, n. 142).


Proprio la delicatezza, la complessità e la peculiarità delle delineate funzioni esclude che esse potevano essere correttamente ed adeguatamente svolte cumulativamente e contestualmente in realtà locali così diverse tra di loro, secondo l’individuazione delle categorie di enti locali stabilita dal legislatore, la cui scelta, sotto tale profilo, sfugge a qualsiasi censura di irragionevolezza o di arbitrio.


II. Alla stregua delle suesposte considerazioni, l’appello deve essere respinto.


La particolarità e la novità della questione trattata giustifica a dichiarare interamente compensate le spese del presente grado di giudizio.


P.Q.M.


Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, sezione Quarta, definitivamente pronunciando sull’appello proposto dal signor Stefano Sandroni avverso la sentenza n. 429 del 28 agosto 1995 del Tribunale amministrativo regionale delle Marche, lo respinge.


Dichiara interamente compensate le spese del presente grado di giudizio.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’autorità amministrativa.


Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 27 aprile 2004, dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale – Sezione Quarta - con la partecipazione dei signori:
TROTTA GAETANO - Presidente
POLI VITO - Consigliere
LEONI ANNA - Consigliere
SALTELLI CARLO - Consigliere est.
DE FELICE SERGIO - Consigliere


L’ESTENSORE                            IL PRESIDENTE                              IL SEGRETARIO                                  Il Dirigente
Carlo Saltelli                                Gaetano Trotta                                 Maria Cecilia Vitolla                             Antonio Serrao

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
14 luglio 2004
(art. 55, L. 27.4.1982 n. 186)
 

M A S S I M E

 

Sentenza per esteso

 

1) Pubblica Amministrazione - Motivazione del provvedimento amministrativo - Funzione e finalità - Corretto esercizio del potere – Fattispecie: revisore dei conti in più Enti. La funzione della motivazione del provvedimento amministrativo consiste nelle indicazioni delle circostanze di fatto e delle ragioni di diritto al fine di consentire al cittadino di ricostruire l’iter logico – giuridico attraverso cui l’amministrazione si è determinata ad adottarlo, per controllare, quindi, il corretto esercizio del potere ad essa conferito dalla legge, facendo valere eventualmente nelle opportune sedi giurisdizionale le proprie ragioni (ex pluribus C.d.S., sez. IV, 6 ottobre 2003, n. 5868; 29 aprile 2002, n. 2281); è stato poi sottolineato che la garanzia di adeguata tutela delle proprie ragioni non viene meno per il fatto che nel provvedimento (finale) non risultano chiaramente e compiutamente esplicitate le ragioni sottese alle scelte, allorché le stesse possano essere agevolmente colte dalla lettura degli atti delle varie fasi del procedimento (C.d.S., sez. IV, 7 novembre 2002, n. 6066; 29 ottobre 2000, n. 5346). Nel caso di specie, la sussistenza e l’adeguatezza della motivazione del provvedimento impugnato, anche a voler prescindere dalla sufficienza, a tal fine, della specifica indicazione nel predetto provvedimento della norma violata (incompatibilità a rivestire la funzione di revisore dei conti nel Comune di Cupramontana in quanto contemporaneamente già revisore dei conti anche dell’amministrazione provinciale di Ancona), è dimostrata dalla sua effettiva impugnazione, circostanza che, al di là di ogni ragionevole dubbio, dà conto dell’idoneità delle pur stringate indicazioni utilizzate dall’Amministrazione a far comprende l’iter logico – giuridico seguito per l’emanazione del provvedimento impugnato. Pres. TROTTA - Est. SALTELLI - S.S. (avv. Barigelletti e Gullotta) c. COMITATO REGIONALE DI CONTROLLO DELLA REGIONE MARCHE - MINISTERO DELL’INTERNO - REGIONE MARCHE (Avvocatura generale dello Stato) e n.c. COMUNE DI CUPRAMONTANA (n.c.) - (conferma T.A.R. Marche n. 429/1995). CONSIGLIO DI STATO sez. IV, 14 luglio 2004, (ud. 27 aprile 2004) sentenza n. 5099

 

2) Pubblica Amministrazione - Revisori dei conti - Compiti attribuiti dalla legge. Ai sensi degli articoli 55 e 56 della legge 8 giugno 1990, n. 142, i compiti ivi attribuiti dalla legge ai revisori dei conti vanno ben oltre quello, tradizionale, di attestazione della corrispondenza del rendiconto alle risultanze di gestione, comprendendo anche la collaborazione con l’attività del consiglio comunale, rispetto al quale la funzione del revisore dei conti si atteggia di volta in volta ad organo di consulenza, sotto il profilo tecnico – contabile; di controllo, rispetto all’attività degli organi esecutivi; di indirizzo, in relazione all’adozione dei piani e dei programmi che richiedono un impegno finanziario; di vigilanza sulla regolarità della gestione e di impulso, in relazione alla facoltà di formulare rilievi e proposte tendenti ad una migliore efficienza, produttività ed economicità: pertanto la disposizione contenuta nell’articolo 6 quinquies della legge 15 marzo 1991, n. 80, deve essere intesa nel senso che vieta di svolgere incarichi cumulativamente in enti locali appartenenti alle diverse categorie ivi indicate. La disposizione contenuta nell’articolo 104 del decreto legislativo 25 febbraio 1997, n. 77 (ora articolo 238 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267) è innovativa rispetto a quella contenuta nell’articolo 6 quinquies della legge 15 marzo 1991, n. 80. Pres. TROTTA - Est. SALTELLI - S.S. (avv. Barigelletti e Gullotta) c. COMITATO REGIONALE DI CONTROLLO DELLA REGIONE MARCHE - MINISTERO DELL’INTERNO - REGIONE MARCHE (Avvocatura generale dello Stato) e n.c. COMUNE DI CUPRAMONTANA (n.c.) - (conferma T.A.R. Marche n. 429/1995). CONSIGLIO DI STATO sez. IV, 14 luglio 2004, (ud. 27 aprile 2004) sentenza n. 5099

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