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 Massime della sentenza

  

 

CONSIGLIO DI STATO sez. IV, 14 luglio 2004, sentenza n. 5103

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

 

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta) ha pronunciato la seguente
 

D E C I S I O N E


sul ricorso in appello iscritto al NRG 415 dell’anno 2003, proposto da T. F. & C. S.A.S., in persona del legale rappresentante in carica, rappresentata e difesa dagli avv. prof. Antonio Cataudella e Marco Cardia, con i quali è elettivamente domiciliata in Roma, via Barberini, n. 86;
c o n t r o
COMUNE DI TRANSACQUA, in persona del sindaco in carica, rappresentato e difeso dagli avv. Marco Dalla Fior, Andrea Lorenzo e prof. Paolo Stella Richter, con i quali è elettivamente domiciliato in Roma, viale Mazzini, n. 11 (presso lo studio dell’avv. prof. Paolo Stella Richter);
e nei confronti di
COMUNE DI TONADICO, in persona del sindaco in carica; PROVINCIA AUTONOMA DI TRENTO, in persona del presidente della giunta provinciale in carica, e COMMISSARIO AD ACTA, ing. Moar Loris, tutti non costituiti in giudizio;
per l’annullamento
della sentenza del Tribunale regionale di giustizia amministrativa del Trentino – Alto Adige, sede di Trento, n. 623 del 6 novembre 2001;
Visto il ricorso in appello con i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Transacqua;
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive tesi difensive;
Visti tutti gli atti di causa;
Relatore alla pubblica udienza del 9 marzo 2004 il consigliere Carlo Saltelli;
Uditi l’avvocato Cautadella per la società appellante e l’avvocato Stella Richter per il Comune di Transacqua;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.


F A T T O


Con la sentenza n. 231 del 6 novembre 2001 il Tribunale regionale di giustizia amministrativa del Trentino – Alto Adige, sezione di Trento, ha respinto, previa riunione, due ricorsi proposti dalla società T. F. & C. s.a.s., rispettivamente, il primo (NRG 180/1998) avverso il provvedimento del sindaco del Comune di Transacqua n. 648/98 del 14 aprile 1998 di diniego della concessione edilizia chiesta il 9 marzo 1998, per la realizzazione di un edificio per civile abitazione sulla p.f. 1873/1 di sua proprietà: il secondo (NRG. 388/2000), avverso le delibere commissariali n. 4/98 del Comune di Transacqua e n. 2/98 del Comune di Tonadico, entrambe del 27 novembre 1998, di adozione definitiva del piano regolatore intercomunale dei due comuni (nella parte in cui conteneva prescrizioni urbanistiche lesive del lotto di sua proprietà), nonchè della delibera della giunta provinciale di Trento n. 1815 del 14 luglio 2000 di approvazione del predetto piano regolatore intercomunale, in uno a tutti gli atti connessi e presupposti.


Ad avviso dell’adito Tribunale, sulla scorta delle puntuali risultanze dell’istruttoria appositamente disposta, tutti i provvedimenti impugnati erano esenti dalle critiche sollevate, atteso che: a) quanto al provvedimento di diniego della concessione edilizia, del tutto legittimo e corretto era stato l’operato dell’amministrazione comunale, sia in ragione delle specifiche disposizioni contenute nell’articolo 13, quinto comma, del P.U.C. allora vigente (che, per le aree ricedenti in zona per insediamenti di edilizia mista esistenti, in cui era compresa la p.f. 1673/1 della società ricorrente, consentiva l’edificazione fuori terra solo per ampliamenti accorpati di edifici esistenti, qualora l’accorpamento risultasse possibile secondo i paramenti edificatori della zona, escludendosi così che la particella edificatoria in questione potesse configurarsi quale lotto libero dotato di autonoma edificabilità), sia per le caratteristiche tipologiche del progetto, tali da non consentirne l’armonioso inserimento nel contesto paesaggistico – ambientale, sia perché la deroga alle distanze di legge dall’alveo del Rio Valluneda, asseritamene ottenuta dalla ricorrente, riguardava un’altra particella edificatoria (p.f. 408/3); inoltre, sempre secondo il predetto tribunale, non vi era alcun obbligo in capo all’amministrazione comunale intimata di comunicare l’esistenza di eventuali circostanze ostative al rilascio della concessione, essendo la materia urbanistica regolata specialmente dalla legge provinciale n. 22 del 1991 e non trovando, quindi applicazione l’articolo 13, quarto comma, della legge regionale 31 luglio 1993, n. 13; b) quanto all’impugnazione delle delibere di adozione definitiva e di approvazione del piano regolatore intercomunale, la scelta discrezionale di introdurre il lotto minimo edificabile non solo non era illogica e/o irragionevole, per quanto, inerendo all’esercizio della funzione di pianificazione urbanistica, non comportava neppure l’onere di una specifica motivazione, salvo quella rinvenibile nella relazione di accompagnamento all’adozione del piano stesso.


Con atto di appello notificato tra il 19 ed il 20 dicembre 2002 la società  T. F. & C. s.a.s. ha chiesto la riforma di detta statuizione, riproponendo sostanzialmente tutti i motivi di doglianza svolti in primo grado, a suo avviso, erroneamente e frettolosamente esaminati dai primi giudici.
Il Comune di Transacqua, costituendosi in giudizio, ha dedotto l’inammissibilità e l’infondatezza dell’avverso gravame, di cui ha chiesto il rigetto; nell’imminenza dell’udienza di discussione dell’appello poi ha illustrato con apposita memoria le proprie difese su ogni singolo motivo dell’appello, evidenziandone l’inammissibilità in relazione all’impugnato diniego di concessione edilizia per l’omesso riproposizione del secondo motivo di censura svolto in prime cure, relativo alla deroga per la realizzando edificazione dalla distanza dal Rio Valluneda (così che la legittimità dell’impugnato diniego era da considerare ormai incontestabile).


D I R I T T O


I. L’appello è infondato e deve essere respinto, circostanza che esime la Sezione dall’esaminare l’eccezione di inammissibilità del gravame sollevata dall’appellato Comune di Transacqua in relazione all’impugnato diniego di rilascio della concessione edilizia per essere stata omessa la riproposizione del secondo motivo del ricorso introduttivo del giudizio di primo grado.


I.1.Possono essere esaminati congiuntamente, ad avviso della Sezione, i primi due motivi di gravame, rubricati rispettivamente “Violazione di legge, con riferimento all’art. 89 II comma della L.P. n. 22 del 5 settembre 1991, in relazione all’art. 13 V° comma delle norme tecniche di attuazione del Piano Urbanistico Comprensoriale di Primiero. Eccesso di potere per difetto di istruttoria, travisamento del fatto, carenza di motivazione” e “Violazione di legge con riferimento all’art. 89 II comma della L.P. 22 del 5 settembre 1991, in relazione all’articolo 5 della legge regionale n. 13/93. Difetto di istruttoria e travisamento dei fatti. Carenza di motivazione”, con i quali la società appellante ha censurato il provvedimento di diniego di rilascio della concessione edilizia in quanto fondato sull’erronea natura attribuita al fondo di sua proprietà, quale “area libera”, piuttosto che quale “lotto libero”, come imponeva la corrette interpretazione dell’articolo 13 delle Norme Tecniche di Attuazione del P.U.C. di Primiero, che ne avrebbe consentito l’edificabilità.


Inoltre, secondo la tesi dell’appellante, il provvedimento impugnato era illegittimo, essendo privo della necessaria istruttoria e motivazione, l’ulteriore ragione di diniego, fondata sull’asserita incompatibilità dell’edificio da costruire con il contesto paesaggistico – ambientale.


Entrambe tali doglianze non sono meritevoli di accoglimento.


In ordine al primo profilo, la Sezione osserva che, come emerge dalla documentazione in atti, la particella fondiaria 1673/1, di proprietà della società appellante, ricadeva, secondo le previsioni del Piano Urbanistico Comprensoriale di Primiero, approvato con delibera della Giunta provinciale di Trento n. 11980 del 27 agosto 1993, in vigore al momento della presentazione della istanza di concessione edilizia, in “zona di insediamenti di edilizia mista a media densità esistente”.


Ai sensi dell’articolo 13, comma 5, delle Norme Tecniche di Attuazione (articolo espressamente rubricato “Insediamenti di edilizia mista”), negli insediamenti di edilizia mista le aree libere non sono edificabili fuori terra se non per ampliamenti accorpati di edifici esistenti, qualora l’accorpamento risulti possibile secondo i parametri edificatori della zona”.


Diversamente da quanto sostenuto dall’appellante, dalla lettura della predetta disposizione non emerge alcun elemento positivo che consenta di distinguere tra lotto libero, quale sarebbe asseritamene la superficie di sua proprietà, liberamente edificabile, e area libera, riferendosi la norma stessa solo a quest’ultima (e prevedendo per essa la ricordata limitazione allo jus aedificandi): in realtà, ad avviso della Sezione, la norma ricordata esprime una precisa scelta urbanistica, ampiamente discrezionale (che tuttavia ictu oculi non appare irragionevole o arbitraria), tesa a preservare il territorio da possibili edificazioni in ogni area libera, indipendentemente dal motivo per cui l’area stessa è libera (e cioè sia che essa non sia stata mai oggetto di edificazione, sia che essa costituisca un residuo di una più vasta area a suo tempo già edificata), fatti salvi gli accorpamenti per edifici esistenti e sempreché l’accorpamento sia possibile secondo i parametri edificatori della zona.


Il tenore letterale della norma, poi, mentre esclude la rilevanza (e la fondatezza) delle ulteriori argomentazioni dell’appellante volte a dimostrare la pretesa illegittimità della compressione del suo jus aedificandi (non essendo alcune elemento che faccia pensare ad un presunto asservimento del suo fondo all’area edificata), dà conto della sicura legittimità dell’impugnato diniego del rilascio della concessione edilizia, non essendo assolutamente rinvenibile nell’operato dell’amministrazione comunale di Transacqua, come correttamente rilevato dai primi giudici, alcun travisamento di fatto, difetto di istruttoria o carenza di motivazione (irrilevante, ai fini di causa, essendo l’asserito errore in cui sarebbe incorsa l’Amministrazione comunale di Transacqua nell’apprezzamento delle dimensioni della particella fondiaria 1673/1, estesa per 780 mq. e non per mq. 386).


Per completezza sul punto in esame, è appena il caso di rilevare che la previsione contenuta nell’articolo 13, comma quinto, delle Norme Tecniche di Attuazione in relazione all’asserita illegittima comprensione del diritto di edificare non risulta neppure oggetto di apposita tempestiva impugnazione.


Quanto al secondo profilo di gravame (che la Sezione ritiene di dover esaminare per mero dovere di completezza, atteso che l’infondatezza del primo motivo di appello sarebbe di per sé già sufficiente a confermare la legittimità del provvedimento impugnato), si deve rilevare che il giudizio di incompatibilità dell’edificio da costruire con il contesto paesaggistico – ambientale, diversamente da quanto sostenuto in modo per la verità apodittico e generico dall’appellante, risulta sufficientemente motivato e fondato sulla scorta di un attento esame della documentazione prodotta a corredo dell’istanza di rilascio della concessione edilizia.


Invero, anche a voler ammettere che la motivazione sia estremamente stringata, il giudizio di incompatibilità è saldamente e ragionevolmente fondata sull’espressa circostanza della “composizione volumetrica proposta”, che fa riferimento evidentemente alle dimensioni dell’edificio ed alle sue caratteristiche che “mal si conciliano nel contesto paesaggistico – ambientale”.


Tale giudizio, lungi dal manifestarsi come irragionevole e arbitrario esercizio del potere pubblico connesso all’esercizio alla funzione di controllo e tutela del territorio da parte dell’ente locale di negare in ogni modo l’edificabilità di un certo fondo (così come sostanzialmente prospettato dall’appellante), si pone come congrua e ragionevole conseguenza della valutazione delle caratteristiche dell’edificio da realizzare, ben note all’appellante e puntualmente illustrate nella relazione prodotta dall’amministrazione comunale a seguito dello specifico ordine istruttorio impartito dai primi giudici (le cui conclusioni non sono state del resto smentite o contestate dall’appellante), costituito da un fabbricato largo 5 metri, lungo 13,50 metri, di tre piani di altezza, del tutto atipico con la tradizionale tipologia delle costruzioni della zona e perciò configgente con l’ambiente e con il paesaggio circostante.


I.2. Possono essere esaminati congiuntamente gli tre motivi di gravame, rubricati rispettivamente, il terzo “Violazione di legge: violazione dell’art. 18 T.U. n. 22/91; eccesso di potere per illogicità manifesta; irrazionalità, sviamento della funzione pianificatoria, e difetto di motivazione e istruttoria”; il quarto, “Violazione dell’art. 40 L.P. n. 22/91; eccesso di potere per difetto di istruttoria e sviamento” ed il quinto “Violazione dell’art. 20 L.P. n. 22/91, eccesso di potere per irrazionalità, disparità di trattamento nella scelta pianificatoria ed illogicità”, stante la loro intima connessione, determinata dall’essere tutti rivolti avverso le delibere di adozione definitiva (da parte dei Comuni di Transacqua e Tonadico) e quella di approvazione (da parte della Giunta provinciale di Trento) del nuovo piano regolatore generale intercomunale.


In estrema sintesi, la società appellante si duole, per un verso, che benché l’area di sua proprietà, estesa 780 metri quadrati, fosse classificata come edificatoria, l’amministrazione comunale aveva inopinatamente introdotto il lotto minimo edificabile di 800 metri quadrati, senza la necessaria istruttoria e senza alcuna plausibile motivazione, così determinando irragionevolmente l’assoluta inedificabilità del suo fondo, e, per altro verso, che il predetto lotto minimo, inopinatamente relativo solo al territorio comunale di Transacqua e non anche a quello di Tonadico, benché regolati dallo stesso piano regolatore intercomunale, era stato introdotto solo in sede di adozione definitiva del nuovo strumento urbanistico a seguito delle osservazioni svolte dai privati.


Anche tali doglianze sono destituite di fondamento alla stregua dei consolidati indirizzi della giurisprudenza della Sezione in materia urbanistica, dai quali non vi è motivo alcuno per discostarsi.


Invero, è sufficiente ricordare che le scelte urbanistiche, tra le quali deve essere annoverata anche quella di introdurre il lotto minimo edificabile, costituiscono apprezzamenti di merito, sottratti al sindacato di legittimità, salvo che non siano inficiate da errore di fatto o abnormi illogicità, e non necessitano di apposita motivazione, salvo quella che si può evincere dai criteri generali di ordine tecnico – discrezionale, seguiti nell’impostazione del piano stesso (da ultimo, C.d.S., sez. IV, 11 febbraio 2004, n. 548; 25 settembre 2002, n. 4907): nel caso di specie, anche a voler prescindere dall’estrema genericità e laconicità delle censure svolte sul punto, la Sezione deve osservare che non è idoneo a costituire sintomo dell’eventuale arbitrarietà, illogicità o abnormità della scelta di introdurre il lotto minimo della misura di 800 metri quadrati la circostanza che il fondo della società appellante sia esteso 780 metri quadrati.


Egualmente priva di rilievo, ai fini della dedotta illegittimità della scelta urbanistica in questione, è la circostanza che la previsione del predetto lotto minimo edificabile sia stato introdotto in sede di adozione definitiva del nuovo strumento urbanistico, dovendosi rilevare al riguardo che le innovazioni introdotte nello strumento urbanistico a seguito delle osservazioni dei privati non comportano necessariamente la nuova pubblicazione del piano stesso ai fini della presentazione di nuove e diverse osservazioni dei privati interessati, salvo che dette innovazioni non sconvolgono completamente la struttura del piano stesso, dando luogo ad un nuovo piano regolatore, evenienza questa che non risulta essersi verificata nel caso di specie (né come tale essendo stata dedotto la relativa censura).


Il fatto poi il territorio comunale di Transacqua e quello di Tonadico siano disciplinati, dal punto di vista urbanistico, da un unico piano regolatore generale intercomunale non comporta necessariamente che le scelte urbanistiche debbano essere uguali per tutti i predetti territori, essendo invece del tutto coerente con i principi di imparzialità e buon andamento, postulati dall’articolo 97 della Costituzione, che ognuno di essi possa essere oggetto di una puntuale e specifica regolamentazione idonea al perseguimento del fine pubblico del miglior controllo e della missione gestione possibile del proprio territorio: sotto tale profilo la scelta di prevedere solo per il territorio comunale il lotto minimo edificabile non è quindi di per sé né illogica, né arbitraria, a nulla rilevando che un’analoga previsione non riguardi anche il territorio di Tonadico.


I.3. Con il sesto motivo di gravame la società appellante ha poi denunciato “eccesso di potere per violazione dei principi fondamentali delle materie delineate dalla sentenza n. 179/99 della Corte Costituzionale – eccesso di potere per difetto di motivazione”.


Anche tale motivo deve essere respinto, essendo addirittura in conferente rispetto alla questione oggetto di controversia.


Invero la questione affrontata dalla Corte Costituzionale nella ricordata sentenza riguardava la reiterazione dei vincoli urbanistici di tipo espropriativo considerata patologica per la semplice assenza di previsione di indennizzo quando, anche se giustificata sul piano della programmazione, è indefinita o quando il limite temporale sia indeterminato e quindi irragionevole: nel caso di specie, infatti, non risulta che l’area di proprietà della società ricorrente era assoggettata a vincoli espropriativi e che questi siano stati poi reiterati in occasione dell’adozione e dell’approvazione del nuovo strumento urbanistico.


Per di più, come puntualmente precisato nella memoria difensiva dell’appellata amministrazione comunale (e come del resto ammesso dalla stessa società appellante) l’area di proprietà di quest’ultima è pienamente edificabile, salva la necessità a tal fine che il lotto sia di almeno 800 metri quadrati, ciò importando o l’acquisizione da parte dell’appellante di altra area confinante ovvero la cessione del fondo ad altro proprietario confinante (senza che in nessun caso l’introduzione del lotto minimo abbia inciso sul diritto di costruire ovvero sul valore economico del fondo stesso, stante la sua natura di area edificabile).


II. In conclusione l’appello deve essere respinto.


Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

 

P. Q. M.


Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (sezione quarta), definitivamente pronunciando sull’appello proposto dalla società  T. F. & C. s.a.s. avverso la sentenza n. 623 del 6 novembre 2001 del Tribunale regionale di giustizia amministrativa del Trentino – Alto Adige, sezione autonoma di Trento, lo respinge.


Condanna l’appellante al pagamento in favore del costituito Comune di Transacqua delle spese del presente grado di giudizio, che si liquidano in complessivi €. 3.000 (tremila).


Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'Autorità amministrativa.


Così deciso in Roma, addì 9 marzo 2004 dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale – Sezione Quarta – riunito in camera di consiglio con l’intervento dei seguenti signori:
VENTURINI LUCIO - Presidente
RULLI DEDI MARINELLA - Consigliere
ANASTASI ANTONINO - Consigliere
MOLLICA BRUNO - Consigliere
SALTELLI CARLO - Consigliere, rel.


L’ESTENSORE                IL PRESIDENTE                   IL SEGRETARIO                      Il Dirigente
Carlo Saltelli                    Lucio Venturini                      Marta Belloni                           Antonio Serrao

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
14 luglio 2004
(art. 55, L. 27.4.1982 n. 186)

 

M A S S I M E

 

Sentenza per esteso

 

1) Urbanistica e edilizia – Lotto minimo edificabile - Scelte urbanistiche della P.A. - Sindacato di legittimità – Limiti. Le scelte urbanistiche, tra le quali deve essere annoverata anche quella di introdurre il lotto minimo edificabile, costituiscono apprezzamenti di merito, sottratti al sindacato di legittimità, salvo che non siano inficiate da errore di fatto o abnormi illogicità, e non necessitano di apposita motivazione, salvo quella che si può evincere dai criteri generali di ordine tecnico – discrezionale, seguiti nell’impostazione del piano stesso (da ultimo, C.d.S., sez. IV, 11 febbraio 2004, n. 548; 25 settembre 2002, n. 4907). Nel caso di specie, è stato osservato che non è idonea a costituire sintomo dell’eventuale arbitrarietà, illogicità o abnormità della scelta di introdurre il lotto minimo della misura di 800 metri quadrati la circostanza che il fondo della società appellante sia esteso 780 metri quadrati. Pres. VENTURINI - Est. SALTELLI - T. F.& C. S.A.S (avv.ti Cataudella e Cardia) c. COMUNE DI TRANSACQUA ed altri (avv.ti Dalla Fior, Lorenzo e Stella Richtere) (conferma Tribunale regionale di giustizia amministrativa del Trentino – Alto Adige, sede di Trento, n. 623/2001). CONSIGLIO DI STATO sez. IV, 14 luglio 2004, (ud. 9 marzo 2004) sentenza n. 5103

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