Legislazione Giurisprudenza Vedi altre: Sentenze per esteso
Copyright © Ambiente Diritto.it
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Quinta Sezione ANNO 2003 ha
pronunciato la seguente
D E C I S I O N E
sul ricorso in appello n. 8432/2003, proposto dal Comune di GENOVA, in
persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dagli avv.ti Enrico ROMANELLI,
Graziella DE NITTO ed Edda ODONE e presso il primo elettivamente domiciliato in
Roma, viale Giulio Cesare 14/4, sc. A,
C O N T R O
ACQUARONE GIOVANNI, ACQUARONE LORENZO, ALBERTI PIERGIORGIO, ANSELMI DANIELA,
BARILATI MARCO, BORMIOLI GIOVANNI, BUCELLO MARIO, DAMONTE ROBERTO, DELUIGI
ILARIA, GAGGERO PAOLO, GAMALERO ARMANDO, GARIBALDI ANTONIO, GERBI GIOVANNI,
LUCIFREDI GIANFAUSTO, MAOLI RICCARDO, MARCONI ALBERTO, MASSA FRANCESCO,
PISCITELLI LUIGI, RAGGI CARLO, ROMEO CHIARA, ROSSI MICAELA, RUSCA FRANCO, SARNI
MARIA LUISA, SBRANA FEDERICO, SOMMAZZI MARIA SILVIA,
costituitisi in giudizio, rappresentati e difesi dagli avv.ti Daniela ANSELMI,
Riccardo MAOLI e Guido Francesco ROMANELLI e presso quest’ultimo elettivamente
domiciliati in Roma, via Cosseria 5,
E
BAVA Andrea, CASANOVA Mauro, CROCI Enrica, DAMONTE Ruggero, FERRARIS Gianfranco,
GIORGI Giorgio, INGLESE Giuseppe, MAOLI Alberto, MAUCERI Corrado e QUAGLIA Mario
Alberto, non costituitisi in giudizio,
E NEI CONFRONTI
dell’AMIU - AZIENDA MULTISERVIZI e IGIENE URBANA, in persona del legale
rappresentante p.t., non costituitasi in giudizio,
PER L’ANNULLAMENTO
della sentenza del TAR della Liguria, Sezione I, 3 settembre 2002, n. 911;
visto il ricorso in appello con i relativi allegati;
visto l’atto di costituzione in giudizio degli appellati sopra indicati;
viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
visti gli atti tutti di causa;
relatore, alla pubblica udienza del 24 febbraio 2004, il Consigliere Paolo
BUONVINO; uditi, per l’appellante, l’avv. DE NITTO per sé e per delega dell’avv.
Edda ODONE e per gli appellati gli avv.ti Guido Francesco ROMANELLI e Carlo
RAGGI su delega dell’avv. MAOLI.
Ritenuto e considerato, in fatto e in diritto, quanto segue:
F A T T O
1) - Con la sentenza appellata il TAR, accogliendo il ricorso proposto dagli
odierni appellati, ha annullato:
- la delibera consiliare 26 marzo 2001, n. 34, recante: “modifica al regolamento
relativo alla tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani”;
- la delibera di G.M. di Genova 29 marzo 2001, n. 371, recante “adozione delle
tariffe relative alla tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani”.
Per il TAR è, anzitutto, illegittima l’applicazione, senza una congrua
motivazione, della scelta di dedurre, dal costo del servizio, il 5% quale costo
del servizio di spezzamento strade.
I primi giudici ritengono, poi, l’illegittimità della deliberazione consiliare
impugnata per violazione del disposto di cui agli artt. 68 e 69 del d.lgs. n.
507/93 e per difetto di motivazione.
La delibera di Giunta Municipale impugnata viene, poi, ritenuta illegittima e
annullata per illegittimità derivata.
2) - Per il Comune di Genova la sentenza sarebbe erronea in quanto le norme
anzidette sarebbero state rispettate e le ragioni poste a supporto della
differenziazione delle tariffe sarebbero agevolmente desumibili dagli atti
istruttori; quanto alla deduzione del 5% del costo del servizio, la stessa
sarebbe stata pienamente legittima pur in assenza di specifica motivazione e,
comunque, la relativa censura sarebbe stata inammissibile per carenza di
interesse..
Si sono costituiti in giudizio gli appellati in epigrafe indicati, insistendo
per il rigetto dell’appello e la conferma della sentenza appellata; ribadiscono
inoltre, tutte le censure svolte in primo grado e assorbite dal TAR.
Con memorie conclusionali le parti ribadiscono i rispettivi assunti difensivi.
D I R I T T O
1) - Con la sentenza appellata il TAR, accogliendo – con specifico riferimento
al primo motivo di gravame - il ricorso proposto dagli odierni appellati, ha
annullato, per violazione del disposto di cui agli artt. 68 e 69 del d.lgs. n.
507/93 e per difetto di motivazione, la delibera consiliare del Comune di Genova
n. 34/2001, recante “modifica al regolamento relativo alla tassa per lo
smaltimento dei rifiuti solidi urbani”, nonché, per illegittimità derivata, la
delibera di G.M. n. 371/2001, recante “adozione delle tariffe relative alla
tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani interni per l’anno 2001”.
Il TAR - accogliendo anche il quinto
motivo di ricorso - ha, inoltre, ritenuto illegittime le dette determinazioni in
quanto è stata fatta applicazione, senza una congrua motivazione, della scelta
di dedurre, dal costo del servizio, il 5% quale costo del servizio di
spezzamento delle strade.
Per il Comune di Genova la sentenza sarebbe erronea in quanto le norme anzidette
sarebbero state rispettate e le ragioni poste a supporto della differenziazione
delle tariffe sarebbero agevolmente desumibili dagli atti istruttori; quanto
alla deduzione del costo di spezzamento nella percentuale minima, essa sarebbe
pienamente legittima rientrando nella discrezionalità della P.A. e non essendo,
comunque, neppure configurabile un reale interesse degli originari ricorrenti a
dedurre una censura in proposito.
L’appello è infondato.
2) – Per ciò che attiene al capo della sentenza appellata con il quale il TAR ha
ritenuto l’illegittimità della disciplina regolamentare per violazione del
disposto di cui agli artt. 68 e 69 del d. lgs. n. 507/1993, nonché per difetto
istruttorio e motivo, va rilevato che l’art. 65 (“commisurazione e tariffe”) del
d.lgs. n. 507/1993 ora detto prevede che:
“1. La tassa può essere commisurata o in base alla quantità e qualità medie
ordinarie per unità di superficie imponibile dei rifiuti solidi urbani interni
ed equiparati producibili nei locali ed aree per il tipo di uso, cui i medesimi
sono destinati, e al costo dello smaltimento oppure, per i comuni aventi
popolazione inferiore a 35.000 abitanti, in base alla qualità, alla quantità
effettivamente prodotta, dei rifiuti solidi urbani e al costo dello smaltimento.
2. Le tariffe per ogni categoria o
sottocategoria omogenea sono determinate dal comune, secondo il rapporto di
copertura del costo prescelto entro i limiti di legge, moltiplicando il costo di
smaltimento per unità di superficie imponibile accertata, previsto per l'anno
successivo, per uno o più coefficienti di produttività quantitativa e
qualitativa di rifiuti”.
Il successivo art. 68 (“regolamenti”) prevede, a sua volta che:
“1. Per l'applicazione della tassa i comuni sono tenuti ad adottare apposito
regolamento che deve contenere:a) la classificazione delle categorie ed
eventuali sottocategorie di locali ed aree con omogenea potenzialità di rifiuti
e tassabili con la medesima misura tariffaria;
b) le modalità di applicazione dei parametri di cui all'art. 65;
c) la graduazione delle tariffe ridotte per particolari condizioni di uso di cui
all'art. 66, commi 3 e 4;
d) la individuazione delle fattispecie agevolative, delle relative condizioni e
modalità di richiesta documentata e delle cause di decadenza.
2. L'articolazione delle categorie e delle eventuali sottocategorie è
effettuata, ai fini della determinazione comparativa delle tariffe, tenendo
conto, in via di massima, dei seguenti gruppi di attività o di utilizzazione……”.
Ai sensi del successivo art. 69, poi (“deliberazioni di tariffa”):
“1. Entro il 31 ottobre i comuni deliberano, in base alla classificazione ed ai
criteri di graduazione contenuti nel regolamento, le tariffe per unità di
superficie dei locali ed aree compresi nelle singole categorie o sottocategorie,
da applicare nell'anno successivo. In caso di mancata deliberazione nel termine
suddetto si intendono prorogate le tariffe approvate per l'anno in corso.
2. Ai fini del controllo di legittimità, la deliberazione deve indicare le
ragioni dei rapporti stabiliti tra le tariffe, i dati consuntivi e previsionali
relativi ai costi del servizio discriminati in base alla loro classificazione
economica, nonché i dati e le circostanze che hanno determinato l'aumento per la
copertura minima obbligatoria del costo ovvero gli aumenti di cui al comma 3”.
Deduce il Comune appellante che la disciplina regolamentare oggetto di
contestazione recherebbe, nella sostanza, gli elementi esplicativi richiesti dal
legislatore.
Sennonché, se la tassa, ai sensi del citato art. 65, “ è commisurata in base
alla quantità e qualità medie ordinarie per unità di superficie imponibile dei
rifiuti solidi urbani interni ed equiparati producibili nei locali ed aree per
il tipo di uso, cui i medesimi sono destinati, e al costo dello smaltimento” e,
in base al successivo art. 68, “per l'applicazione della tassa i comuni sono
tenuti ad adottare apposito regolamento che deve contenere:….. le modalità di
applicazione dei parametri di cui all'art. 65”, è chiaro che la disciplina
regolamentare deve dare concreto conto di tali elementi, senza limitarsi a
ripetere – come, in effetti, nella specie ripete – gli stessi contenuti
normativi ora detti, laddove, all’art. 6, il Regolamento si limita a prevedere
che:
“la tassa è commisurata alla superficie complessiva dei locali e delle aree
serviti in base a tariffe differenziate per categorie d’uso degli stessi, in
base alla produttività quantitativa e qualitativa dei rifiuti ed al costo di
smaltimento”.
3) - Né può condividersi l’assunto in base al quale, avendo operato la scelta
per cui, ai sensi del comma 1 del citato art. 65, si è stabilito che la tassa
venga commisurata in base alla quantità e qualità medie ordinarie per unità di
superficie imponibile dei rifiuti solidi urbani interni ed equiparati
producibili nei locali ed aree per il tipo di uso, cui i medesimi sono
destinati, e al costo dello smaltimento, sarebbe stata soddisfatta la citata
disposizione primaria.
Ciò in quanto, a ben vedere, a parte il carattere del tutto generale delle
espressioni usate, si è trattato di una scelta obbligata, solo per i Comuni con
meno di 35.000 abitanti essendo utilizzabile – ai sensi del citato art. 65,
comma 1 - il differente criterio della commisurazione della tassa in base alla
qualità, alla quantità effettivamente prodotta dei rifiuti solidi urbani e al
costo dello smaltimento .
L’esigenza di fornire idonei chiarimenti circa le modalità di applicazione dei
parametri anzidetti nasce, del resto, anche dal citato art. 69 che, sia pure ai
fini del controllo di legittimità, richiede che la deliberazione indichi “le
ragioni dei rapporti stabiliti tra le tariffe, i dati consuntivi e previsionali
relativi ai costi del servizio discriminati in base alla loro classificazione
economica, nonché i dati e le circostanze che hanno determinato l’aumento per la
copertura minima obbligatoria del costo ovvero gli aumenti di cui al comma 3”.
E, nella specie, non solo le norme regolamentari adottate dal Comune, ma, a
tutto concedere, neppure lo specifico provvedimento tariffario - che, comunque,
a parte ogni possibile questione legata alla competenza dell’organo deliberante,
ha carattere applicativo e, quindi, dovrebbe basarsi proprio sulla disciplina
regolamentare a monte e non introdurre, a sua volta, una disciplina di carattere
generale di siffatta natura - contengono il prescritto assetto normativo.
4) – Vero è che, nella citata delibera consiliare n. 34/2001, di “modifica al
regolamento relativo alla tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani”
(modifica che, ad ogni buon conto, non involge il citato art. 6 se non per
quanto attiene a taluni aspetti relativi alla esclusione, dalla superficie
tassabile, di parte di essa), viene – a differenza di quanto operato nella
determinazione della tassa relativa all’anno precedente – fatto espresso
riferimento anche al monitoraggio operato da G.F. Ambiente (“considerato che
tale monitoraggio sperimentale sulla produzione dei rifiuti da parte dei
contribuenti genovesi è stata affidata alla G.F. Ambiente s.n.c., la quale in
collaborazione con l’Azienda Multiservizi di Igiene Urbana di Genova ha
effettuato uno studio specifico che fa parte integrante del presente
provvedimento, anche ad integrazione della motivazione dei parametri adottati ai
fini della determinazione della tariffa”).
Non di meno, anche integrando la disciplina regolamentare con lo studio di G.F.
Ambiente ad essa allegato, non viene soddisfatta la primaria esigenza di
integrazione normativa regolamentare e neppure quella motiva dianzi indicata.
Ciò perché, anche in questo caso, non sono state apportate modifiche
regolamentari tali da soddisfare il rispetto del citato art. 68 del d.lgs. n.
507/1993; né la detta relazione aiuta a comprendere come si sia pervenuti a
determinare taluni elementi essenziali ai fini della definizione tariffaria e,
in primo luogo, l’indice di qualità specifica - iqs - rapportato alle singole
categorie utenti.
5) - Giova richiamare, in proposito, quanto rilevato, dalla Sezione, con
sentenze in pari data, rese con riferimento alla tassa per r.s.u. relativa
all’anno 2000, recanti conferma delle sentenza di annullamento, da parte del TAR
della tassa stessa.
Con le dette decisioni – le cui argomentazioni reiettive valgono anche ai fini
della definizione della presente controversia - la Sezione rileva, in
particolare, che con i provvedimenti impugnati, anzitutto non viene chiarito per
quali motivi fosse indicata una “quantità totale dei R.S.U. smaltiti in kg/anno”
pari a 333.144.000 (con un costo totale del servizio di lire 155.000.000.000),
laddove nella nota dell’AMIU allegata alla delibera n. 37/2000 (“in riscontro
alla nota n. 1217 del 24.1.2000 di codesta Direzione” Tributi) “il quantitativo
previsto di rifiuti conferiti da AMIU in discarica è di 280.000 ton/anno”.
Ora, per ciò che attiene specificamente all’anno 2001, viene fatto riferimento
ad un valore ancora diverso (kg/anno 317.650.000) senza precisarsi, però, anche
in questo caso, la fonte di tale differente valore; donde la insufficiente
determinatezza di un essenziale dato di partenza ai fini delle elaborazione dei
parametri tariffari e, per quanto qui interessa, della definizione dell’iqs.
A parte ciò - come si osserva, ancora, nelle dette decisioni - gli studi
elaborati da G.F. Ambiente non chiariscono affatto in che modo sia stato
individuato e differenziato l’indice di qualità specifica ora detto (iqs).
Come rileva la Sezione nelle predette decisioni, infatti, nella relazione di
G.F. Ambiente per l’anno 2000 era precisato, in proposito, a pag. 4, che “con il
parametro in questione – definito in base alla composizione merceologica dei
rifiuti prodotti dalle singole tipologie di utenza – si intende un coefficiente
moltiplicatore da introdurre nella formula finale che determina la tariffa
unitaria; esso viene anche desunto dal rapporto tra il costo di smaltimento per
unità di peso dei rifiuti producibili dal tipo di utilizzazione considerata ed
il costo medio generale per unità di peso dei rifiuti raccolti; generalmente
tale parametro ha un valore che rientra tra 0,8 e 1,6; un valore inferiore
all’unità è adottato per le attività che per definizione producono scarti
contenenti buone quantità di materiali riciclabili (sostanza organica
biodegradabile, carta e cartone etc.)”.
Poi, però, non viene precisato, né è dato comprendere – attraverso la lettura
degli atti impugnati e relative relazioni di accompagnamento – per quali ragioni
attività caratterizzate (come desumibile agevolmente dai dati forniti dalla
stessa GF Ambiente e dell’AMIU) proprio dall’alta produzione, in percentuale, di
carta e cartone, quali, ad esempio, gli uffici, siano state gravate dell’iqs
massimo (1,60).
Osserva, inoltre, la Sezione con le predette decisioni, che nelle note di
chiarimento fornite dal Comune di Genova al TAR in sede di adempimento
istruttorio viene anche precisato che “il coefficiente di qualità è stato
dedotto considerando le caratteristiche dei rifiuti prodotti dalle singole
specie di attività che condizionano il tipo di conferimento e la capacità dei
contenitori utilizzati per la raccolta dei rifiuti urbani; ai rifiuti costituiti
da frazioni leggere e molto ingombranti è stato attribuito un indice di qualità
più elevato di quelle che producono rifiuti più pesanti e meno voluminosi; ad
esempio un’attività artigianale produce rifiuti caratterizzati da frazioni
leggere come gli stracci, le plastiche, le cartacce che pesano poco ed occupano
molto volume; viceversa un ristorante produce un rifiuto con molto più materiale
organico da mensa che non un ufficio commerciale dove è presente una maggiore
quantità di scarti leggeri; per tale ragione il coefficiente di qualità per la
categoria degli artigiani e degli studi professionali risulta più elevato di
quello delle utenze domestiche e dei negozi di generi alimentari”.
Ebbene, non è dato comprendere sulla base di quali considerazioni si è passati
dall’impostazione metodologica originaria, desumibile dalla relazione G.F.
Ambiente, a quella, di segno sostanzialmente opposto, che – almeno stando ai
chiarimenti forniti, peraltro, dal Comune solo in sede istruttoria innanzi al
giudice amministrativo - ha portato all’approvazione della TARSU per l’anno
2000.
Comunque, rileva, ancora, la Sezione nelle dette decisioni, relative alla tassa
per l’anno 2000 - anche a voler condividere, in astratto, che tale indice,
desumibile, essenzialmente, da un rapporto tra volume dei rifiuti e costi di
smaltimento (rifiuti per loro natura più voluminosi richiedono, infatti,
mediamente, specie in una situazione, quale quella in esame - che non sarebbe
stata caratterizzata dalla raccolta differenziata - maggiori oneri di
trasporto), potesse giustificare una tassazione maggiore per utenti appartenenti
a categorie caratterizzate dalla produzione di rifiuti voluminosi, ancorché
leggeri (e salva, comunque, l’esigenza di tenere in conto anche l’utilizzazione
eventuale di mezzi compattatori, in grado di ridurre significativamente
l’impatto volumetrico dei rifiuti più leggeri, quali, normalmente, plastica,
cartone, legno etc.), non di meno, nello studio posto a base della tassa in
questione non emerge, in effetti, alcun dato volumetrico direttamente riferibile
alle diverse categorie di utenti, sicché neppure è dato comprendere sulla base
di quali specifici presupposti si sia ritenuto di assegnare, a ciascuna
categoria, l’iqs di riferimento.
Agli atti – presenti nei fascicoli di causa relativi agli appelli dianzi
richiamati e definiti in pari data - emerge, infatti, solo una serie di dati
disaggregati, riferiti ad una molteplicità di esercizi, recanti, da una parte,
il peso giornaliero delle singole tipologie di rifiuti; dall’altra, la
percentuale, sul totale prodotto giornalmente, caratterizzante la singola
tipologia di rifiuto; manca, invece, ogni indicazione circa i volumi in concreto
prodotti, nonché, con riguardo alle singole categorie, l’indicazione dei dati in
base ai quali è stato possibile pervenire alla definizione del relativo
rapporto.
Vi è, poi, si osserva ancora, una tabella indicativa che ricapitola i valori
come sopra riscontrati e che riporta, per molteplici categorie di contribuenti,
non ancora accorpate, valori quali la produzione giornaliera in chilogrammi di
r.s.u. nei giorni di apertura, la superficie degli esercizi o abitazioni presi
in considerazione e la produzione annua per kg/metro quadro; in tal modo si
fornisce, invero, una serie di dati che, debitamente aggregati, potrebbero
integrare taluno degli elementi utili a pervenire alla definizione dei parametri
sui quali si articola la tassa, ma essi, di per sé considerati, non consentono
di inferire come si sia pervenuti alla puntuale determinazione dell’iqs per
singola categoria di utenti.
6) - Ciò premesso con riferimento all’anno 2000, va notato che, con riguardo
alle tariffe relative all’anno 2001, non risultano apportati, nella relazione di
G.F. Ambiente allegata alla deliberazione consiliare n. 34/2001, nuovi elementi
atti a chiarire, in termini decisivi, in che modo si sia pervenuti, anche in
questa sede, a quantificare l’iqs.
A ben vedere, nello studio condotto e allegato alla modifica regolamentare per
l’anno 2001, è stato introdotto, in effetti, anche un nuovo, significativo
elemento conoscitivo, utile, soprattutto, ai fini della definizione dell’iqs e,
precisamente, la “densità” (rapporto kg/mc).
Tale elemento, però, anche tenuto conto del solo contesto da cui emerge e in cui
è fatto valere (elenco dei singoli, numerosissimi esercizi e attività varie,
commerciali e non, presi in considerazione), non consente di inferire i criteri
in base ai quali è stato sviluppato per pervenire alla definizione del parametro
in questione, rapportato alle singole categorie di utenti.
Inoltre, al detto rapporto volumetrico kg/mc non sempre sembra corrispondere
analogo iqs.
In proposito, non sono stati esplicitati - né è dato comprendere - i motivi per
cui, ad iqs uguali, corrispondono densità anche significativamente differenti
(si riscontra iqs 1,00 per densità che partono da 365 kg/mc – banchi di
ortofrutta - e arrivano a 113 kg/mc – discoteca; iqs 1,40 per densità che
partono da 150 – hotel - e arrivano a 90 kg/mc - cinema; iqs 1,60 per densità
che partono da 230 – casa di cura - e arrivano a 45 kg/mc – azienda artigiana
imballi); al contempo, non è dato comprendere (ma gli esempi potrebbero
moltiplicarsi) per quali motivi si hanno valori di iqs di 1,00 e di 1,60 a
fronte di densità anche inversamente proporzionali (ad es., iqs 1,00 per 113 kg/mc
– discoteca - e iqs 1,60 per 169 kg/mc – bottega artigiana vetraio); ovvero,
sempre a fronte di densità inversamente proporzionali, iqs di 1,40 e di 1,60 (ad
es., iqs 1,40 per densità pari a 90 kg/mc - cinema - e iqs 1,60 per 230 kg/mc –
casa di cura).
In altre parole, non vengono chiariti (né a monte, come si sarebbe dovuto nel
rispetto della disciplina normativa di settore, né, a tutto concedere, a valle)
i criteri logici che, da un lato, hanno portato all’accorpamento ed
omogeneizzazione, in un unico valore di iqs, di differenti sotto categorie,
contraddistinte da densità rivelatesi, in sede di indagine, tra loro anche
significativamente differenziate; dall’altro, a riconoscere valori di iqs, tra
loro significativamente differenziati, in presenza di densità sostanzialmente
corrispondenti o persino inversamente proporzionali.
Né appare sufficiente a supportare i contenuti del provvedimento in esame il
chiarimento espositivo fornito, in proposito, nella relazione di G.F. Ambiente
per le tariffe 2001, secondo cui “l’utenza domestica, che ha un iqs più basso
delle utenze commerciali, utilizza con frequenza giornaliera di raccolta, un
cassonetto da 2.400 litri per almeno 60-80 utenti (famiglie); lo stesso
cassonetto, in caso di negozi, botteghe, laboratori, è, invece, riempito da non
più di 30 soggetti; pertanto, a parità di costi di raccolta e trasporto, il
costo distribuito su ogni singola utenza, per questi ultimi, deve risultare, a
rigor di logica, almeno il doppio del precedente”.
Si tratta, infatti, di un’indicazione metodologica, di per sé, astrattamente
accettabile, ma che avrebbe dovuto basarsi su dati oggettivi, atti a chiarire,
per le differenti categorie di utenti, in che modo si fosse pervenuti alla
identificazione di indici tra loro anche significativamente differenziati; e
che, comunque, sembra assegnare carattere assolutamente preponderante alla fase
del deposito nei cassonetti e relativi maggiori costi, senza, però, prendere
affatto in considerazione la possibilità della raccolta differenziata (che,
pure, dovrebbe costituire una delle precipue finalità cui deve tendere il
sistema di raccolta dei r.s.u.), né il fatto che rifiuti appartenenti a
determinate tipologie possono essere – e, normalmente, sono - agevolmente
compattati fin dal prelievo, senza maggiori oneri – che, se esistenti,
dovrebbero, comunque, essere debitamente attestati e documentati – nelle fasi
successive del trasporto e dello smaltimento.
Ebbene, dagli atti impugnati non emergono, come si ripete – anche per le cennate
carenze istruttorie e motive - elementi utili a comprendere come si sia
pervenuti a tali differenziazioni; con la conseguente insufficienza dei criteri
così forniti e correlata illegittimità della disciplina regolamentare oggetto
del presente giudizio.
7) - Considerazioni in parte analoghe circa la carenza dell’operato
amministrativo la Sezione ha ritenuto – con le citate decisioni relative alla
tassa per l’anno 2000 - che valessero anche per l’altro parametro decisivo,
l’indice di produttività specifica (ips).
In proposito si è notato che nel citato studio relativo all’anno 2000, “con tale
parametro si definisce il rapporto tra il relativo coefficiente di produttività
specifica ed il coefficiente medio di produttività ips=qs/qm; ovvero, l’ips è
dato dal rapporto tra la produttività quantitativa specifica per unità di
superficie di un determinato tipo di utilizzazione e la produzione media
generale per unità di superficie imponibile nota”.
In questo caso – osserva, ancora, la Sezione nelle dette decisioni - i dati
forniti in sede giudiziale sembrano offrire elementi, in qualche misura, più
consistenti per comprendere le modalità di individuazione del parametro; non di
meno, neppure qui sono stati offerti elementi atti a far intendere in che modo e
sulla base di quali criteri logici o logico-matematici si sia passati da ips tra
loro differenziati, relativi a singole categorie (abbigliamento, agenzie
marittime, agenzie pubblicitarie e le altre 190 circa prese concretamente in
considerazione) ad ips relativi alle trenta categorie aggregate di cui alla
contestata tariffa.
E, invero, osserva ancora la Sezione, l’elaborazione dei dati in funzione della
definizione del parametro non può - né deve - essere lasciata alle incertezze
interpretative e, soprattutto, quelle del cittadino, il quale deve essere posto
in grado di comprendere, in base a elementi debitamente pubblicizzati, l’iter
logico che ha condotto ad enucleare i differenti parametri e, in definitiva, a
definire la tassazione di cui si tratta.
Analoghe conclusioni valgono anche per le tariffe del 2001, dal momento che, se
è vero che il dato relativo all’ips è desumibile dal rapporto tra “produzione
media per unità di superficie”, pari a 10,31 kg/mq annui, e produzione annua, in
chilogrammi, per metro quadro, rapportata ad ogni singola categoria di utenti,
non di meno non viene chiarito sulla base di quali criteri oggettivi si sia
pervenuti ad accorpare in categorie unitarie utenti svolgenti attività
caratterizzate da ips anche significativamente differenziati.
Le aggregazioni tra gruppi di attività o di utilizzazione differenti è
certamente possibile ai sensi del comma 2 del citato art. 68 del d. lgs. n.
507/1993 (e non richiede particolari motivazioni, atteso il carattere meramente
esemplificativo dell’elencazione offerta dal legislatore); non di meno,
meritano, come si ripete, di essere precisate le ragioni degli accorpamenti
anzidetti in presenza di ips significativamente differenziati al fine di
apprezzarne compiutamente la coerenza logica e la ragionevolezza.
8) – In definitiva, ciò che emerge dagli atti è un sostanziale difetto di
chiarezza nell’operato dell’Amministrazione, laddove, per converso, la
disciplina regolamentare, per un principio di trasparenza dell’azione
amministrativa e di clare loqui, non può essere rimessa, sic et simpliciter,
alla relazione allegata alla deliberazione di modifica regolamentare.
L’Amministrazione, in effetti, disattendendo il chiaro dettato normativo, non
ha, in sede regolamentare, enucleato alcun criterio metodologico ai fini della
determinazione tariffaria, essendosi limitata a riprodurre le generiche
indicazioni fornite dal legislatore stesso.
La medesima ha, poi, demandato ad un soggetto privato ogni attività di indagine
conoscitiva e di acquisizione dati senza, peraltro, aver fornito a detto
soggetto – proprio per il sostanziale vuoto regolamentare – alcuna vincolante
indicazione circa i criteri con i quali l’indagine stessa avrebbe dovuto essere
condotta e le finalità che essa doveva proporsi.
Allo stesso soggetto privato ha, in ultima analisi, anche demandato il compito
di elaborare i criteri metodologici da utilizzare, salvo poi, farli propri, in
modo, peraltro, sostanzialmente acritico, al fine di integrare la carente norma
regolamentare; e tale integrazione – avvenuta, tra l’altro, come si è visto, con
modalità e contenuti del tutto insoddisfacenti – è affidata ad indicazioni
essenzialmente descrittive e riepilogative, che non forniscono chiarimenti in
ordine alle concrete modalità di definizione e di omogeneizzazione degli indici
utilizzati e di aggregazione delle differenti categorie di utenti.
La ricerca dei criteri utilizzati dalla P.A., del senso logico che li
caratterizza e delle connessioni che li legano non può conseguire, infatti, solo
a complesse e approfondite analisi dei numerosi dati rinvenibili nella relazione
in parola, in assenza di indirizzi operativi e metodologici in grado di guidare
l’indagine stessa.
Al contrario, i criteri logici utilizzati debbono essere esposti con chiarezza
nella norma regolamentare e debbono, essi sì, guidare l’indagine e permettere,
al soggetto alla quale essa è demandata, di addivenire ad una corretta e
coerente attività conoscitiva ai fini della concreta determinazione tariffaria
in conformità con i criteri direttivi previamente offertigli
dall’Amministrazione.
Ed è su queste basi che i destinatari della disciplina di cui si tratta – i
cittadini – sono messi in grado di comprendere compiutamente l’iter logico che
ha condotto la stessa P.A., sulla base della congerie di elementi istruttori
acquisiti, alla individuazione dei valori parametrici posti a base delle novità
tariffarie.
9) – Gli originari ricorrenti e odierni appellati ribadiscono anche in questa
sede le censure svolte in primo grado e assorbite dal TAR.
Ritiene la Sezione che correttamente
i primi giudici abbiano operato detto assorbimento, in quanto è solo all’esito
del rinnovo delle procedure e, quindi, dell’integrazione della disciplina
regolamentare e dell’indagine istruttoria posta a fondamento della concreta
determinazione tariffaria che potranno valutarsi le scelte e gli apprezzamenti
che, in concreto, la P.A. andrà ad operare anche in vista di eventuali scelte
agevolative.
Deve, però, soggiungersi, per quanto attiene alla categoria dell’utenza
domestica, per la quale sono stati ritenuti forfetariamente e in forma
agevolativa applicabili un iqs e un ips pari entrambi a 0,80, che l’indagine
conoscitiva e istruttoria posta in essere dalla P.A. dovrà, al contrario di
quanto in concreto fin qui operato - e in vista di una compiuta conoscenza, da
parte di tutte le categorie di utenti, dei “pesi” che, in termini reali,
ciascuna di esse rappresenta nel quadro dell’espletamento del servizio – essere
estesa anche alla chiara definizione dell’effettivo “peso”, in termini di iqs e
ips, che pure la categoria di utenza privata comporta, al di là degli indici
forfetari che le sono stati attribuiti.
Solo in tal modo, infatti, può essere definito un corretto quanto globale quadro
conoscitivo, in grado di dare conto dell’incidenza reale ed effettiva sul
servizio da parte di ciascuna categoria e di apprezzare, inoltre, la reale
portata – in termini comparativi - dell’agevolazione accordata, anche, se del
caso, ai fini della sua contestazione in sede amministrativa o giudiziale;
mentre dagli atti allegati alle determinazioni impugnate non emergono
approfondimenti istruttori relativi alla specifica categoria dell’utenza
domestica che pure, in assoluto, è quella che sia in volume che in superficie
maggiormente incide sul costo del servizio.
10) – Infondato è anche il capo dell’appello che censura quella parte della
sentenza con cui il TAR, accogliendo anche il quinto motivo di ricorso, ha
ritenuto illegittime le determinazioni impugnate laddove è stata fatta
applicazione, senza una congrua motivazione, della scelta di dedurre, dal costo
del servizio, il 5% quale costo del servizio di spezzamento delle strade.
Tale deduzione è stata operata dal Comune ai sensi dell’art. 61, comma 3 bis,
del d. lgs. n. 507/1993, secondo cui: “ai fini della determinazione del costo di
esercizio è dedotto dal costo complessivo dei servizi di nettezza urbana gestiti
in regime di privativa comunale un importo, da determinarsi con lo stesso
regolamento di cui all'art. 68, non inferiore al 5 per cento e non superiore al
15 per cento, a titolo di costo dello spazzamento dei rifiuti solidi urbani di
cui all'art. 2, terzo comma, n. 3), del D.P.R. 10 settembre 1982, n. 915”.
Tale norma agevolativa il Comune ha ritenuto di applicare sebbene, ai sensi
dell’art. 53, comma 17, della legge 23 dicembre 2000 n. 388, “in deroga a quanto
previsto dall'articolo 61, comma 3-bis, del decreto legislativo 15 novembre
1993, n. 507, introdotto dall'articolo 3 della legge 28 dicembre 1995, n. 549,
per gli anni 2001 e 2002, ai fini della determinazione del costo di esercizio
della nettezza urbana gestito in regime di privativa comunale, i comuni possono,
con apposito provvedimento consiliare, considerare l'intero costo dello
spazzamento dei rifiuti solidi urbani di cui all'articolo 7 del decreto
legislativo 5 febbraio 1997, n. 22”.
Ebbene, nel momento in cui l’Amministrazione, esercitando, anche per l’anno
2001, la facoltà accordatagli dal legislatore, ha ritenuto di accordare la
deduzione anzidetta, avrebbe dovuto anche indicare - tenuto pure conto del
significativo margine corrente tra le due percentuali ora dette - le ragioni che
la inducevano ad optare per il valore percentuale inferiore; non si trattava,
infatti, di un’opzione di larga massima, rimessa al mero apprezzamento politico,
ma di una scelta tecnico-economica da inserirsi o tener ferma nella stessa
disciplina regolamentare e in grado di incidere in termini non indifferenti sul
peso tariffario complessivo, con il conseguente onere di dare conto – così come
per le altre scelte in concreto operate - delle ragioni che, anche in
considerazione dell’effettivo costo del servizio di spezzamento (neppure
precisato, si noti, nella sua reale entità), avevano indotto ad optare per il
valore percentuale inferiore.
Né la censura, accolta dal TAR, avrebbe dovuto essere dichiarata inammissibile
per carenza di interesse in relazione alla seconda parte della norma anzidetta,
secondo cui, “l'eventuale eccedenza di gettito derivante dalla predetta
deduzione è computata in diminuzione del tributo iscritto a ruolo per l'anno
successivo”; ciò in quanto l’interesse al ricorso va apprezzato con riferimento
al momento della sua proposizione e, in quel momento, la situazione di minor
beneficio era certa, mentre la diminuzione del tributo iscritto a ruolo per
l'anno successivo era, sempre in quel momento, meramente eventuale ed
assolutamente incerta.
11) - Per tali motivi l’appello in epigrafe appare infondato e, per l’effetto,
deve essere respinto.
Le spese del grado possono essere integralmente compensate tra le parti.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato, Sezione quinta, respinge l’appello in epigrafe.
Spese del grado compensate.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma il 24 febbraio 2004 dal Collegio costituito dai Sigg.ri:
E M I D I O FRASCIONE - Presidente
CHIARENZA MILLEMAGGI-Consigliere
PAOLO BUONVINO - Consigliere est.
C E S A R E LAMBERTI - Consigliere
M A R Z I O B R A N C A - Consigliere
L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE
IL SEGRETARIO
IL DIRIGENTE
f.to Paolo Buonvino
f.to Emidio Frascione
f.to Gaetano Navarra
f.to Dott. Antonio Natale
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 17 luglio 2004
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
1) Rifiuti - P.A. - Deliberazioni di tariffa - Art. 69, d.lgs. n. 507/1993 - Criteri di graduazione contenuti nel regolamento - Termini e proroga. Ai sensi dell’art. 69, d.lgs. n. 507/1993 “deliberazioni di tariffa”, entro il 31 ottobre i comuni deliberano, in base alla classificazione ed ai criteri di graduazione contenuti nel regolamento, le tariffe per unità di superficie dei locali ed aree compresi nelle singole categorie o sottocategorie, da applicare nell'anno successivo. In caso di mancata deliberazione nel termine suddetto si intendono prorogate le tariffe approvate per l'anno in corso. Pres. Frascione - Est. Buonvino - Comune di GENOVA (avv.ti ROMANELLI, DE NITTO e ODONE) c. ACQUARONE ed altri (avv.ti ANSELMI, MAOLI e ROMANELLI) e nei c. AMIU - AZIENDA MULTISERVIZI e IGIENE URBANA (n.c.) (conferma TAR della Liguria, Sezione I, 3 settembre 2002, n. 911). CONSIGLIO DI STATO Sez. V, 17 luglio 2004 (ud. 24 febbraio 2004), Sentenza n. 5158
2) Rifiuti – P.A. - Tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani - Adozione della tariffa - Controllo di legittimità - Criteri - Art. 69, d.lgs. n. 507/1993 – Fattispecie: Mancata indicazione del criterio metodologico utilizzato ai fini della determinazione tariffaria. Ai fini del controllo di legittimità, la deliberazione deve indicare le ragioni dei rapporti stabiliti tra le tariffe, i dati consuntivi e previsionali relativi ai costi del servizio discriminati in base alla loro classificazione economica, nonché i dati e le circostanze che hanno determinato l'aumento per la copertura minima obbligatoria del costo ovvero gli aumenti di cui al comma 3, dell’ art. 69, d.lgs. n. 507/1993. L’esigenza di fornire idonei chiarimenti circa le modalità di applicazione dei parametri anzidetti nasce, del resto, anche dal citato art. 69 che, sia pure ai fini del controllo di legittimità, richiede al comma 2, che la deliberazione indichi “le ragioni dei rapporti stabiliti tra le tariffe, i dati consuntivi e previsionali relativi ai costi del servizio discriminati in base alla loro classificazione economica, nonché i dati e le circostanze che hanno determinato l’aumento per la copertura minima obbligatoria del costo ovvero gli aumenti di cui al comma 3”. Nella specie l’Amministrazione, disattendendo il chiaro dettato normativo, non ha, in sede regolamentare, enucleato alcun criterio metodologico ai fini della determinazione tariffaria, essendosi limitata a riprodurre le generiche indicazioni fornite dal legislatore stesso. La medesima ha, poi, demandato ad un soggetto privato ogni attività di indagine conoscitiva e di acquisizione dati senza, peraltro, aver fornito a detto soggetto – proprio per il sostanziale vuoto regolamentare – alcuna vincolante indicazione circa i criteri con i quali l’indagine stessa avrebbe dovuto essere condotta e le finalità che essa doveva proporsi. Allo stesso soggetto privato ha anche demandato il compito di elaborare i criteri metodologici da utilizzare, salvo poi, farli propri, in modo, peraltro, sostanzialmente acritico, al fine di integrare la carente norma regolamentare; e tale integrazione – avvenuta, tra l’altro, come si è visto, con modalità e contenuti del tutto insoddisfacenti – è affidata ad indicazioni essenzialmente descrittive e riepilogative, che non forniscono chiarimenti in ordine alle concrete modalità di definizione e di omogeneizzazione degli indici utilizzati e di aggregazione delle differenti categorie di utenti. Pres. Frascione - Est. Buonvino - Comune di GENOVA (avv.ti ROMANELLI, DE NITTO e ODONE) c. ACQUARONE ed altri (avv.ti ANSELMI, MAOLI e ROMANELLI) e nei c. AMIU - AZIENDA MULTISERVIZI e IGIENE URBANA (n.c.) (conferma TAR della Liguria, Sezione I, 3 settembre 2002, n. 911). CONSIGLIO DI STATO Sez. V, 17 luglio 2004 (ud. 24 febbraio 2004), Sentenza n. 5158
3) Rifiuti - Tariffa - Incertezza sui criteri di graduazione contenuti nel regolamento – Illegittimità – Sussite. L’elaborazione dei dati in funzione della definizione del parametro non può - né deve - essere lasciata alle incertezze interpretative e, soprattutto, quelle del cittadino, il quale deve essere posto in grado di comprendere, in base a elementi debitamente pubblicizzati, l’iter logico che ha condotto ad enucleare i differenti parametri e, in definitiva, a definire la tassazione di cui si tratta. Pres. Frascione - Est. Buonvino - Comune di GENOVA (avv.ti ROMANELLI, DE NITTO e ODONE) c. ACQUARONE ed altri (avv.ti ANSELMI, MAOLI e ROMANELLI) e nei c. AMIU - AZIENDA MULTISERVIZI e IGIENE URBANA (n.c.) (conferma TAR della Liguria, Sezione I, 3 settembre 2002, n. 911). CONSIGLIO DI STATO Sez. V, 17 luglio 2004 (ud. 24 febbraio 2004), Sentenza n. 5158
4) Rifiuti - Tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani - Adozione della tariffa – Diritto dei cittadini di comprendere compiutamente l’iter logico seguito dalla P.A. – Sussiste. La ricerca dei criteri utilizzati dalla P.A., del senso logico che li caratterizza e delle connessioni che li legano non può conseguire, solo a complesse e approfondite analisi dei numerosi dati rinvenibili nella relazione di indagine conoscitiva e di acquisizione di elementi, in assenza di indirizzi operativi e metodologici in grado di guidare l’indagine stessa. Al contrario, i criteri logici utilizzati debbono essere esposti con chiarezza nella norma regolamentare e debbono, essi sì, guidare l’indagine e permettere, al soggetto alla quale essa è demandata, di addivenire ad una corretta e coerente attività conoscitiva ai fini della concreta determinazione tariffaria in conformità con i criteri direttivi previamente offertigli dall’Amministrazione. Ed è su queste basi che i destinatari della disciplina di cui si tratta – i cittadini – sono messi in grado di comprendere compiutamente l’iter logico che ha condotto la stessa P.A., sulla base della congerie di elementi istruttori acquisiti, alla individuazione dei valori parametrici posti a base delle novità tariffarie. Pres. Frascione - Est. Buonvino - Comune di GENOVA (avv.ti ROMANELLI, DE NITTO e ODONE) c. ACQUARONE ed altri (avv.ti ANSELMI, MAOLI e ROMANELLI) e nei c. AMIU - AZIENDA MULTISERVIZI e IGIENE URBANA (n.c.) (conferma TAR della Liguria, Sezione I, 3 settembre 2002, n. 911). CONSIGLIO DI STATO Sez. V, 17 luglio 2004 (ud. 24 febbraio 2004), Sentenza n. 5158
Per ulteriori approfondimenti ed altre massime vedi il canale: Giurisprudenza