Legislazione Giurisprudenza Vedi altre: Sentenze per esteso
Copyright © Ambiente Diritto.it
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato in sede
giurisdizionale (Sezione Quarta) ha pronunciato la seguente
D E C I S I O N E
sul ricorso in appello n. 1610 del 2004, proposto da G. S.p.A.,
in persona del Presidente del Consiglio dio Amministrazione p.t.,
rappresentata e difesa dagli avv.ti Vittorio Biagetti e Giuseppe Macciotta ed
elettivamente domiciliata presso lo studio del primo, in Roma, via Bertoloni,
35,
c o n t r o
il COMUNE di OLBIA,
in persona del Sindaco p.t.,
costituitosi in giudizio, rappresentato e difeso dagli avv.ti Mario Sanino ed
Emanuele Traina ed elettivamente domiciliato presso lo studio del primo, in
Roma, viale Parioli, 180,
per l’annullamento
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Sardegna, n.
1299/2003.
Visto il ricorso, con i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’appellato;
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive domande e
difese;
Visti gli atti tutti della causa;
Data per letta, alla pubblica udienza del 15 giugno 2004, la relazione del
Consigliere Salvatore Cacace;
Uditi, alla stessa udienza, l’avv. Vittorio Biagetti per l’appellante e l’avv.
Filippo Lubrano, in sostituzione dell’avv. Mario Sanino, per l’appellato;
Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:
F A T T O
La sentenza impugnata ha respinto il ricorso proposto dall’odierna appellante
contro il Comune di Olbia, per l’annullamento del provvedimento n. 2780/00 in
data 3 settembre 2002 ( con il quale il Dirigente del Settore Urbanistica del
Comune di Olbia ha chiesto alla stessa, ai sensi della legge n. 10 del 28
gennaio 1977, il pagamento degli oneri di urbanizzazione relativi alla
concessione edilizia n. 1367 del 12 ottobre 2000 per l’importo complessivo di
Euro 144.607,94 ), nonché per l’accertamento e la declaratoria del diritto della
stessa alla esenzione dall’obbligo di pagamento dei predetti oneri pretesi dal
Comune di Olbia.
L’appellante ripropone le censure disattese dal Tribunale Amministrativo
Regionale.
Il Comune resiste al gravame, riproponendo l’eccezione di inammissibilità
dell’impugnazione del citato “provvedimento”, al cui annullamento, stante la sua
natura non provvedimentale, l’appellante non avrebbe alcun interesse.
Con memorie depositate in prossimità dell’udienza fissata per la discussione del
ricorso nel mérito, le parti hanno ribadito le rispettive tesi.
La causa è stata chiamata e trattenuta in decisione alla udienza pubblica del 15
giugno 2004.
D I R I T T O
1. – L’appellante, ricorrente in primo grado, otteneva dal Comune di Olbia la
concessione edilizia n. 1367/00 per la realizzazione di un complesso ricettivo,
centro congressi, centro sportivo e uffici nella zona industriale del territorio
comunale.
Successivamente, a seguito di modifica progettuale volta ad ottenere un assetto
complessivo dell’intervento funzionalmente più razionale, otteneva concessione
in variante n. 35/02 del 10 aprile 2002.
In relazione ai predetti titoli edificatori, con il provvedimento in primo grado
impugnato, a firma del dirigente del Settore urbanistico del Comune di Olbia, la
società ricorrente veniva invitata a versare la somma di Euro 144.607,94= a
titolo di contributo per costo di costruzione.
Sia in primo che in secondo grado la G. S.p.A. ha censurato l’illegittimità di
tale pretesa impositiva.
2. – Si può prescindere dall’esame dell’eccezione di inammissibilità
dell’impugnazione del citato provvedimento, come sollevata dal Comune, in quanto
l’appello risulta infondato.
Vale comunque in proposito ricordare che la materia relativa alla determinazione
dei contributi per oneri di urbanizzazione e per costo di costruzione è devoluta
alla giurisdizione esclusiva del Giudice Amministrativo in forza dell'art. 16
della legge 28 gennaio 1977, n. 10 e che quando di tale determinazione si
controverta si introduce un giudizio sul rapporto e non sull'atto,
prescindendosi, appunto, dall'esistenza o dall'impugnazione di un atto ( cfr.
Cons. di Stato, sez. V, n° 584 del 9.2.2001 ).
3. – L’appellante sostiene, in primo luogo, di non dover corrispondere alcuna
somma, perché la struttura da essa realizzata in forza delle anzidette
concessioni edilizie rientrerebbe “tra le costruzioni destinate ad attività
industriali dirette alla prestazione di servizi e, come tali, esenti, ex art. 10
comma 1 L. n. 10/77, dall’obbligo di corrispondere la quota di contributo
commisurata al costo di costruzione” ( pag. 5 mem. del 4 giugno 2004 ).
La tesi non può essere condivisa.
3.1 - Occorre, anzitutto, osservare che la concessione edilizia è, normalmente,
assoggettata all’onere correlato al costo di costruzione e che i casi di esonero
sono tassativamente individuati del legislatore ( v. Cons. St., V, 6 febbraio
2003, n. 617 ).
In tema di esenzione del pagamento di contributi urbanistici, si è da sempre
affermata la tassatività dell'elencazione legislativa delle ipotesi disciplinate
dagli artt. 7, 8, 9 e 10 della legge n. 10/77 ( cfr. Cons. St., V, 14 ottobre
1992, n. 987 ).
Al tempo stesso, si è statuito che l'imposizione del contributo di costruzione
non implica alcun apprezzamento di natura discrezionale, ma scaturisce
dall'applicazione dei parametri puntualmente stabiliti dall'art. 10 della legge
28 gennaio 1977, n. 10 alla situazione oggettiva quale risulta dal progetto
assentito.
Ebbene, nella specie, non ricorre alcuna delle ipotesi di esonero di cui alle
citate norme, consistendo l’intervento di cui si tratta, secondo il titolo della
concessione edilizia, nella realizzazione di un “complesso ricettivo, centro
congressi, centro sportivo e uffici”.
Per l’esenzione parziale o totale dagli oneri concessòrii, ritiene infatti il
Collegio, la qualificazione dell’opera edilizia oggetto di concessione si deduce
anche facendo riferimento alla domanda di concessione ed ai suoi allegati, di
modo tale che, nel caso all’esame, la dichiarazione resa dalla stessa odierna
appellante in sede di relazione illustrativa alla variante in corso d’opera alla
Concessione edilizia n. 1367 del 12 ottobre 2000 ( secondo cui “l’intervento ha
per oggetto la realizzazione di una iniziativa totalmente innovativa costituita
da una struttura ricettiva integrata” ), nel configurare la struttura, pur
variamente articolata in una serie diversificata di servizii ( complesso
ricettivo alberghiero congressuale – centro sportivo – centro direzionale –
ufficii ), come “ricettiva integrata”, ha carattere inequivocabilmente
dichiarativo ( con valore confessòrio ) della strumentalità dell’intera
struttura ( ivi comprese le sue parti destinate a servizii complementari alla
indubbia caratterizzazione unitaria complessiva, che del resto la stessa
relazione sottolinea ) all’esercizio di un’attività, che non può non definirsi
“turistica”, avuto anche riguardo alla definizione legislativa di impresa
turistica, come fornita prima dall’art. 5 della legge n. 217 del 17 maggio 1983
( secondo cui sono imprese turistiche quelle che svolgono attività di gestione
di strutture ricettive ed annessi servizii turistici ) e poi dal più recente
comma 1 dell’art. 7 della legge 29 marzo 2001, n. 135 “Riforma della
legislazione nazionale del turismo” ( a norma del quale “sono imprese turistiche
quelle che esercitano attività economiche, organizzate per la produzione, la
commercializzazione, l'intermediazione e la gestione di prodotti, di servizi,
tra cui gli stabilimenti balneari, di infrastrutture e di esercizi, compresi
quelli di somministrazione facenti parte dei sistemi turistici locali,
concorrenti alla formazione dell'offerta turistica” ), che, pur ( come si vedrà
) non applicabile ratione temporis alla fattispecie, vale comunque a guidare
l’interprete nell’opera di inquadramento incidentale, che qui ne occupa, dei
caratteri di fatto di un importante settore economico – produttivo, qual è
quello turistico.
Conformemente, quindi, a quanto ritenuto dai primi Giudici, si è qui in presenza
della costruzione di un impianto destinato ad attività turistica, ch’è sforzo
inane cercare di ricondurre, ai fini della tesi della non debenza del contributo
relativo al costo di costruzione, come pretenderebbe l’appellante, ad una
struttura produttiva industriale.
Invero, ai fini dell’art. 10 della legge n. 10/1977, le attività di gestione di
strutture ricettive ed annessi servizii e cioè le attività “turistiche” non
rientrano nella categoria degli impianti a destinazione industriale; e ciò,
semplicemente, perché il legislatore del 1977 introduce, ai limitati fini della
esenzione dal contributo predetto, una contrapposizione fra “costruzioni o
impianti destinati ad attività industriali o artigianali dirette alla
trasformazione di beni ed alla presentazione di servizi” ( che comporta la sola
“corresponsione di un contributo pari alla incidenza delle opere di
urbanizzazione, di quelle necessarie al trattamento e allo smaltimento dei
rifiuti solidi, liquidi e gassosi e di quelle necessarie alla sistemazione dei
luoghi ove ne siano alterate le caratteristiche” ) e “costruzioni o impianti
destinati ad attività turistiche, commerciali e direzionali” ( che comporta la
“corresponsione di un contributo pari all'incidenza delle opere di
urbanizzazione, determinata ai sensi del precedente articolo 5, nonché una quota
non superiore al 10 per cento del costo documentato di costruzione da
stabilirsi, in relazione ai diversi tipi di attività, con deliberazione del
consiglio comunale” ).
Sì che del tutto inconferente si rivela l’insistito richiamo di parte appellante
all’art. 2195 del Codice civile, ai cui fini si può pure convenire che l’azienda
alberghiera esercita un’attività diretta alla produzione ed alla
somministrazione di servizii e non alla semplice intermediazione degli stessi ed
ha pertanto natura industriale ( v. Cass., 16 novembre 2001, n. 4333 e 21
novembre 1995, n. 5762 ); mentre è evidente che, ai fini che qui ne occupano,
com’è deducibile dalla stessa lettera della legge, la qualificazione
dell’attività come “turistica” è alternativa a quella “industriale”, dalla quale
la prima è in ogni caso esclusa.
Né tale distinzione appare illogica o potrebbe essere comunque sospettata
d'incostituzionalità, attesa l'evidente differenza tra i settori economici
considerati, che si riflette anche sul tipo di incidenza determinata nel
concreto assetto urbanistico del territorio ( v. Cons. St., V, 29 aprile 2000,
n. 2559 ).
Va osservato, ancora:
- che neppure è conferente il rilievo, esposto dall’appellante, secondo cui la
rilasciata concessione edilizia riguarda un intervento che si inserisce nell’àmbito
territoriale del Nucleo di industrializzazione di Olbia, atteso che deve aversi
esclusivo riguardo, ai fini della applicazione dell’art. 10 cit., alla
qualificazione dell’opera come risultante dal titolo rilasciato e dagli atti
della relativa istruttoria e non alle destinazioni di zona secondo le previsioni
delle N.T.A. del piano consortile;
- che non può nemmeno darsi spazio al richiamo, che pure l’appellante opera, ad
una supposta convenzione da essa stipulata con il Comune di Olbia ( ai sensi
della quale essa risulterebbe esonerata dal pagamento degli oneri previsti dal
primo comma dell’art. 10 della legge n. 10/1977 ), atteso che nessun principio
di prova circa l’esistenza di tale strumento negoziale l’appellante stessa ha
fornito, a differenza del Comune, che invece ha dimostrato come l’esenzione
dagli oneri di cui alla legge n. 10/1977, per le opere da realizzarsi
all’interno del Nucleo di industrializzazione di Olbia, riguardi solo gli
impianti industriali ed artigianali, fra i quali, come s’è visto, non può
annoverarsi l’intervento in questione;
- come l’insistente richiamo che l’appellante fa alla “serie di opere, non
alberghiere” ( ad es. a carattere sanitario ), ricomprese nell’intervento de
quo, non valga a mutare la connotazione dell’intero impianto come destinato ad
attività turistica, giacché essa stessa, come s’è visto, ha individuato, nel
corso dell’istruttòria per il rilascio del tritolo concessòrio, il complesso ed
innovativo intervento in questione alla stregua di una “struttura ricettiva
integrata”, indubbiamente strumentale, aggiunge questo Giudice, all’esercizio di
un’impresa turistica, come delineata dai già citati art. 5 della legge n. 217
del 17 maggio 1983 ed art. 7 della legge 29 marzo 2001, n. 135 e nella quale i
cc.dd. servizii diversi dall’attività turistica da un lato non paiono costituire
comunque la connotazione principale dell’attività, che nella struttura in
questione sarà svolta, dall’altro si integrano chiaramente con l’attività più
propriamente turistica, rappresentando evidenti elementi di supporto e di
richiamo a tutto vantaggio e promozione della stessa.
4. – Pure infondate si appalesano le censùre di cui alla seconda parte del primo
motivo di appello ( laddove si lamenta la contraddittorietà del comportamento
“tenuto dal Comune appellato, il quale, con Delibera G.M. n. 156 del 23.05.2003,
ha drasticamente ridotto i costi di costruzione, dal 10% al 2%, per la
realizzazione di attività terziarie e commerciali, sportive e turistico –
ricettive”: pag. 9 app. ) e di cui al secondo motivo di gravame (con il quale si
insiste “sul diritto, da parte della società appellante, all’esenzione dal
contributo richiesto, in virtù dell’applicazione al caso di specie dell’art. 7
comma 4 della Legge n. 135 del 29.03.2001, che stende alle imprese turistiche
tutte le agevolazioni, i contributi, le sovvenzioni, gli incentivi ed i benefici
di ogni genere previsti dalle norme vigenti per l’industria, ivi compreso
l’esonero dal pagamento del costo di costruzione, ex art. 10 comma 1 L. n.
10/77”: pag. 7 mem. del 4 giugno 2004).
Va ricordato in proposito che dell'obbligazione consistente nel pagamento del
contributo commisurato al costo di costruzione trattano gli artt. 1, 3, 6 ed 11,
comma 2, della legge 28 gennaio 1977, n. 10 ( v. oggi il D.P.R. 6 giugno 2001,
n. 380 ).
Insieme agli oneri di urbanizzazione, il contributo in parola deve essere
determinato al momento del rilascio della concessione. Rientra nella facoltà del
Comune stabilire modalità e garanzie di pagamento, ai sensi dell'art. 11, comma
secondo.
Ciò non esclude che il credito, anche quando sia rimessa ad un atto
dell'Amministrazione l'indicazione della sua entità, sia, sin dal momento
dell'adozione del provvedimento ampliativo della sfera giuridica del richiedente
la concessione, certo, liquido o agevolmente liquidabile, esigibile.
Sulla scorta delle disposizioni sopra richiamate, la giurisprudenza di questo
Consiglio ha avuto, perciò, modo di precisare che il fatto costitutivo
dell'obbligo giuridico del titolare di una concessione edilizia di versare i
relativi contributi, ai sensi della legge n. 10 del 1977, è rappresentato dal
rilascio della concessione edilizia ed è a tale momento che occorre aver
riguardo per la determinazione dell'entità del contributo, in applicazione della
normativa vigente all'atto del rilascio ( V Sez., 25 ottobre 1993, n. 1071 e 6
dicembre 1999, n. 2058 ).
Ed è, di conseguenza, da quel momento stesso che l'Amministrazione può far
valere l'obbligo che grava sul cittadino (Cons. St., V, 13 giugno 2003, n. 3332.
Se, dunque, la determinazione degli oneri relativi alla concessione edilizia
deve essere riferita alla data del rilascio della concessione medesima ( che è
il momento in cui sorge l'obbligazione contributiva: v. Cons. St., V, 21 ottobre
1998, n. 1512 ), ogni eventuale contestazione della determinazione stessa non
può che condursi, sulla base del noto principio tempus regitv actum, alla
stregua di norme vigenti, e dunque applicabili, nell’anzidetto momento; mentre
entrambe le censùre di cui sopra fanno riferimento a norme sopravvenute rispetto
alla data di rilascio della concessione edilizia ( 12 ottobre 2000 ), ch’è pure,
come s’è detto, la data di nascita dell’obbligazione contributiva per il
relativo costo di costruzione, che non può che restare indifferente alle vicende
normative sopravvenute.
Né, per finire, è dato ravvisare comunque alcun profilo di contraddittorietà
nell’attività del Comune successiva alla nascita dell’obbligazione di cui si
tratta, in quanto, come s’è detto, l'imposizione del contributo di costruzione
non implica alcun apprezzamento di natura discrezionale ( ma solo quello di
doverosa, corretta, applicazione delle norme esistenti ), discrezionalità che
invece s’esplica a pieno titolo nella fissazione, logicamente destinata ad
operare per l’avvenire, di nuovi criterii e parametri per l’imposizione
medesima; tali essendo l’oggetto ed i limiti della citata Delibera G.M. n. 156
del 23.05.2003, che peraltro l’appellante non ha ritenuto di dover impugnare,
nessun elemento di contraddittorietà rispetto ad essa pare potersi rilevare
nella determinazione degli oneri concessòrii oggetto del presente giudizio.
5. - Per le ragioni esposte l'appello è infondato e deve essere respinto.
Le spese del secondo grado, liquidate nella misura indicata in dispositivo,
seguono, come di regola, la soccombenza.
P.Q.M.
il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente
pronunciando sul ricorso indicato in epigrafe, lo respinge e, per l’effetto,
conferma la sentenza impugnata.
Condanna la G. S.p.A. a rimborsare al Comune di Olbia le spese del grado,
liquidandole in complessivi Euro 4.000,00=, oltre I.V.A. e C.P.A.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, addì 15 giugno 2004, dal Consiglio di Stato in sede
giurisdizionale – Sezione Quarta – riunito in Camera di consiglio con
l’intervento dei seguenti Magistrati:
Paolo Salvatore - Presidente
Vito Poli - Consigliere
Anna Leoni - Consigliere
Carlo Saltelli - Consigliere
Salvatore Cacace - Consigliere, rel. est.
L’ESTENSORE
IL PRESIDENTE
IL SEGRETARIO
Il Dirigente
Salvatore Cacace
Paolo Salvatore
Giuseppe Testa
Giuseppe Testa
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
19 luglio 2004
(art. 55, L. 27.4.1982 n. 186)
1) Urbanistica e edilizia - Determinazione dei contributi per oneri di urbanizzazione - Giurisdizione esclusiva del Giudice Amministrativo. La materia relativa alla determinazione dei contributi per oneri di urbanizzazione e per costo di costruzione è devoluta alla giurisdizione esclusiva del Giudice Amministrativo in forza dell'art. 16 della legge 28 gennaio 1977, n. 10 e che quando di tale determinazione si controverta si introduce un giudizio sul rapporto e non sull'atto, prescindendosi, appunto, dall'esistenza o dall'impugnazione di un atto (cfr. Cons. di Stato, sez. V, n° 584 del 9.2.2001). CONSIGLIO DI STATO Sez. IV, 19 luglio 2004, (ud. 15 giugno 2004) Sentenza n. 5197
2) Urbanistica e edilizia - Concessione edilizia - Contributi urbanistici - Oneri di urbanizzazione - Apprezzamento di natura discrezionale – Insussistenza - Casi di esonero. La concessione edilizia è, normalmente, assoggettata all’onere correlato al costo di costruzione e che i casi di esonero sono tassativamente individuati del legislatore (v. Cons. St., V, 6 febbraio 2003, n. 617). In tema di esenzione del pagamento di contributi urbanistici, si è da sempre affermata la tassatività dell'elencazione legislativa delle ipotesi disciplinate dagli artt. 7, 8, 9 e 10 della legge n. 10/77 (cfr. Cons. St., V, 14 ottobre 1992, n. 987). Al tempo stesso, si è statuito che l'imposizione del contributo di costruzione non implica alcun apprezzamento di natura discrezionale, ma scaturisce dall'applicazione dei parametri puntualmente stabiliti dall'art. 10 della legge 28 gennaio 1977, n. 10 alla situazione oggettiva quale risulta dal progetto assentito. CONSIGLIO DI STATO Sez. IV, 19 luglio 2004, (ud. 15 giugno 2004) Sentenza n. 5197
3) Urbanistica e edilizia - Obbligo giuridico del titolare di una concessione edilizia di versare i relativi contributi - Determinazione dell'entità del contributo all'atto del rilascio della concessione. Il fatto costitutivo dell'obbligo giuridico del titolare di una concessione edilizia di versare i relativi contributi, ai sensi della legge n. 10 del 1977, è rappresentato dal rilascio della concessione edilizia ed è a tale momento che occorre aver riguardo per la determinazione dell'entità del contributo, in applicazione della normativa vigente all'atto del rilascio ( V Sez., 25 ottobre 1993, n. 1071 e 6 dicembre 1999, n. 2058 ). Ed è, di conseguenza, da quel momento stesso che l'Amministrazione può far valere l'obbligo che grava sul cittadino ( Cons. St., V, 13 giugno 2003, n. 3332). CONSIGLIO DI STATO Sez. IV, 19 luglio 2004, (ud. 15 giugno 2004) Sentenza n. 5197
Per ulteriori approfondimenti ed altre massime vedi il canale: Giurisprudenza