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 Massime della sentenza

  

 

CONSIGLIO DI STATO Sez. V, 29 luglio 2004 (ud. 17 febbraio 2004) Sentenza n. 5333

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

 

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale - Quinta Sezione ANNO 2003 ha pronunciato la seguente


DECISIONE


sul ricorso in appello n. 10268 del 2003 proposto dalla TERNI EN.A. s.p.a., con sede in Terni, in persona del suo legale rappresentante, rappresentata e difesa dagli avv.ti Lietta Calzoni, prof. Stefano Neri e Benedetto Giovanni Carbone e presso lo studio di quest’ultimo elettivamente domiciliata in Roma, Viale di Villa Grazioli n. 13,
contro
l'Associazione Italiana per il World Wide Fund For Nature - W.W.F. Italia e l'Associazione Italia Nostra, in persona dei rispettivi legali rappresentanti, rappresentate e difese dall’avv. Umberto Segarelli ed elettivamente domiciliate presso lo studio di questi in Roma, Via G.B. Morgagni n. 2/a,
e nei confronti
della Provincia di Terni e della Regione Umbria, non costituite in giudizio,
per l'annullamento
della sentenza n. 852 in data 6 novembre 2003 pronunciata tra le parti dal Tribunale Amministrativo Regionale per l'Umbria;
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio delle appellate Associazioni;
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
Vista l’ordinanza n. 5039 del 18 novembre 2003, con la quale è stata accolta la domanda di sospensione della sentenza appellata;
Visti gli atti tutti della causa;
Relatore il cons. Corrado Allegretta;
Uditi alla pubblica udienza del 17 febbraio 2004 l’avv. Carbone e, su delega dell’avv. Segarelli, l’avv. Colagrande;
Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue.


FATTO


Con la sentenza n. 852 depositata il 6.11.2003, in parziale accoglimento dei ricorsi proposti dall'Associazione Italiana per il World Wide Fund For Nature - W.W.F. Italia (n. 589/2002) e dall'Associazione Italia Nostra (n. 3/2003), il T.A.R. per l’Umbria ha annullato il provvedimento del dirigente del Servizio ambientale, energia e trasporti della Provincia di Terni, di cui alla nota n. 6501 in data 26 febbraio 2002 recante la presa d’atto della comunicazione da parte della Terni EN.A. s.p.a. del prossimo inizio delle attività di smaltimento di alcune particolari tipologie di rifiuti secondo la procedura c.d. semplificata prevista e disciplinata dagli artt. 31 e 33 del D.Lgs. 5 febbraio 1977; la conseguente iscrizione nel registro provinciale delle imprese esercenti attività di recupero di rifiuti non pericolosi; nonché la nota n. 20224 in data 4 luglio 2002 del medesimo dirigente, con cui viene ribadita la legittimità della presa d'atto e rifiutato l'intervento richiesto dalla Giunta Provinciale nei confronti della Terni EN.A..


Della sentenza, siccome errata, la società Terni EN.A. s.p.a. ha chiesto la riforma e l'annullamento con il ricorso in appello indicato in epigrafe.


Si sono costituite in giudizio le Associazioni appellate, le quali hanno controdedotto al gravame, concludendo per la sua reiezione.


Accolta con ordinanza n. 5039 del 18 novembre 2003 la domanda di sospensione della sentenza appellata, avanzata contestualmente al ricorso, la causa è stata trattata all’udienza pubblica del 17 febbraio 2004, nella quale, sentiti i difensori presenti, il Collegio si è riservata la decisione.


DIRITTO


L’appello è fondato.


Occorre premettere in fatto che la Terni EN.A. S.p.A. è titolare dell'autorizzazione del Ministero dell'Industria - rilasciata con decreto n. 51/98 dell'8 settembre 1998 ai sensi dell'art. 17 del D.P.R. 24 maggio 1988 n. 203 - per la costruzione e l'esercizio di un impianto industriale per la produzione di energia elettrica mediante fonti rinnovabili e, precisamente, mediante le biomasse di cui ai punti 3 e 4 dell'allegato 2 suballegato 1 del D.M. 5 febbraio 1998 e che nel provvedimento autorizzativo si dà atto che “in sede di Conferenza dei Servizi la Terni EN.A S.p.A. ha ribadito di volersi avvalere delle procedure semplificate per il recupero ai sensi degli artt. 31 e 33 del D.Lgs. 5 febbraio 1997, n. 22”.


In data 15 ottobre 2001 la società appellante ha comunicato alla Provincia di Terni, ai sensi delle disposizioni ora dette, l'inizio dell'attività integrando il combustibile con ulteriori tipologie di rifiuti, anch’essi previsti nel D.M. 5 febbraio 1998, e in data 29 gennaio 2002 ha inoltrato ulteriore comunicazione includendo anche le farine animali, di cui all'ordinanza 30 marzo 2001 del Ministero della Sanità. La Provincia di Terni ha proceduto, quindi, all'iscrizione della società nel registro provinciale delle imprese esercenti le operazioni di recupero di rifiuti non pericolosi, dandogliene comunicazione con le note n. 3578 in data 31 gennaio 2002 e n. 6501 in data 26 febbraio 2002.


In ordine alla legittimità dell’estensione della tipologia dei rifiuti combustibili, rispetto all’autorizzazione di costruzione ed esercizio, sono stati acquisiti il parere del Ministero delle attività produttive, espresso con nota n. 205365 in data 22 marzo 2002, e quello del Ministero dell’ambiente, n. 6200 del 28 giugno 2002.


Con i due ricorsi di primo grado, di identico contenuto, il WWF Italia prima e l'Associazione Italia Nostra poi hanno impugnato le “iscrizioni” ed i pareri suddetti.


Dei motivi d’impugnativa proposti, il TAR ha ritenuto fondato quello con cui è stato dedotto che, nella fattispecie, il ricorso alla procedura semplificata di cui all’art. 33 del D.Lgs. n. 22/1997 era impedito dalla prescrizione, contenuta nel decreto ministeriale n. 51/1998 di autorizzazione, dell’esclusivo utilizzo delle biomasse quale combustibile. in quanto clausola che esprime una condizione sostanziale di autorizzabilità dell’attività dell’impianto, come tale impositiva di una nuova istruttoria (piena e non in via semplificata) per l’ipotesi di un’estensione delle tipologie di rifiuti termovalorizzabili.


Tanto premesso, dopo aver riproposto le eccezioni di inammissibilità e tardività dell’originario ricorso sollevate in primo grado, la società appellante contesta la natura di clausola essenziale riconosciuta alla prescrizione summenzionata e sostiene l’erroneità della tesi sulla quale si fonda la sentenza impugnata, secondo la quale l’utilizzazione di altre tipologie di rifiuti come combustibile comporti una maggior incidenza ambientale anche quando, come nel caso di specie, vi sia conformità alle indicazioni delle norme tecniche richiamate dall’art. 33, comma 7, del D.L.vo n. 22 del 1997.


Può prescindersi dall’esame dei profili d’inammissibilità degli originari ricorsi, che l’appellante ripropone con i primi motivi di gravame, attesa la fondatezza delle censure di merito.


Si rileva, invero, che nel provvedimento autorizzatorio n. 51/98, al penultimo “considerato”, si prende atto espressamente dell’intendimento della Terni EN.A. di volersi avvalere, per il futuro, della procedura semplificata di cui al decreto legislativo suddetto. Cosicché la controversa prescrizione circa l’esclusivo utilizzo di biomasse specificamente indicate non può essere intesa altrimenti che come prescrizione di esercizio - tale è espressamente qualificata nell’art. 2 del decreto - valevole allo stato degli accertamenti esperiti ai fini dell’adozione del provvedimento; salvo, in ogni caso, il ricorso alla procedura semplificata nelle ipotesi ed in presenza dei presupposti indicati dal D.L.vo n. 22 del 1997, nell’esercizio di una facoltà direttamente attribuita dalla legge, della quale la richiedente non poteva essere privata in via preventiva e generale dal provvedimento che l’autorizzava alla costruzione dell’impianto in questione.


Giova rammentare che, a norma dell’art. 33 più volte citato, “a condizione che siano rispettate le norme tecniche e le prescrizioni specifiche adottate ai sensi dei commi 1, 2 e 3 dell’art. 31, l’esercizio delle operazioni di recupero dei rifiuti possono essere intraprese” (recte: può essere intrapreso) “decorsi novanta giorni dalla comunicazione di inizio di attività alla Provincia territorialmente competente” (comma 1). Ricevuta la documentata comunicazione dell’impresa interessata, la Provincia è tenuta (comma 3) ad iscriverla in un apposito registro; quindi procede nei detti novanta giorni a verificare la sussistenza dei requisiti e delle condizioni tecniche fissate in via generale dalla normativa e, successivamente, ad effettuare controlli periodici in corso d’esercizio.


Le prescrizioni specifiche e le norme tecniche di cui ai commi 1, 2 e 3 dell’art. 31 sono quelle contenute nel decreto interministeriale 5 febbraio 1998, emanato dal Ministro dell’Ambiente di concerto con i Ministri dell’Industria, della Salute e delle Politiche Agricole.


Quanto alle attività già autorizzate, la comunicazione di inizio dell’attività e la conseguente iscrizione nel registro sostituiscono, limitatamente alle variazioni qualitative e quantitative delle emissioni determinate dai rifiuti individuati dalle suddette norme tecniche, anche l’autorizzazione richiesta dall’art. 15, lettera a, del DPR 24 maggio 1988 n. 203 per apportare agli impianti industriali modifiche sostanziali.


Nel caso in cui accerti che la comunicazione è incompleta o non corrisponde al vero oppure verifichi che l’attività non rispetta le previsioni della normativa tecnica, la Provincia dispone il divieto di inizio o di prosecuzione dell’attività, salva la possibilità per l’interessato di conformarsi entro un termine prefissatogli (art. 33, comma 4).


Si tratta, con evidenza, di disposizione che, sul presupposto della equiparazione all’attività industriale delle attività di recupero dei rifiuti non pericolosi individuati dal D.M. 5 febbraio 1998, intende incentivarle evitando duplicazioni di procedimenti autorizzatori secondo un meccanismo di silenzio assenso (cfr. Cons. Stato 4 maggio 2004 n. 2707) e, così, consentendone l’esercizio, se effettuato in conformità alle prescrizioni e condizioni indicate in quel decreto, a seguito di semplice comunicazione di inizio.


Nel caso in esame, è lo stesso giudice di primo grado che precisa come “le attività di recupero e le tipologie di rifiuti oggetto delle comunicazioni di inizio attività della società Terni EN.A. sono pacificamente comprese tra quelle considerate nel D.M. 5 febbraio 1998; e che, in relazione a tali attività, non viene contestato il rispetto delle norme e prescrizioni dettate dal D.M. predetto” (pag. 17, quarto capoverso, della sentenza appellata).


Invero, che le emissioni inquinanti derivanti dalla combustione di rifiuti non pericolosi diversi dalle biomasse indicate nell’autorizzazione, non solo rispettavano i valori limite prescritti dal D.M. 5 febbraio 1998, ma erano addirittura ad essi inferiori, risulta attestato dai resoconti di registrazione, dai controlli periodici effettuati dalla Provincia e da più perizie giurate.


Per le considerazioni che precedono, l’appello deve accolto e, per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, il ricorso proposto in primo grado deve essere respinto.


Sussistono giusti motivi per compensare tra le parti in causa spese e competenze del presente grado di giudizio.


P.Q.M.


Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, accoglie l’appello in epigrafe e, per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, respinge il ricorso proposto in primo grado.


Compensa tra le parti spese e competenze di entrambi i gradi di giudizio.
 

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, nella camera di consiglio del 17 febbraio 2004 con l'intervento dei Signori:
Raffaele Iannotta - Presidente
Rosalia Bellavia - Consigliere
Corrado Allegretta - Consigliere rel. est.
Goffredo Zaccardi - Consigliere
Claudio Marchitiello - Consigliere
 

L’ESTENSORE                          IL PRESIDENTE                               IL SEGRETARIO                                IL DIRIGENTE
F.to Corrado Allegretta                F.to Raffaele Iannotta                        F.to Francesco Cutrupi                       F.to Luciana Franchini

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 29 luglio 2004
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
 

M A S S I M E

 

Sentenza per esteso

 

1) Rifiuti - Operazioni di recupero dei rifiuti - provvedimento autorizzatorio - Procedura semplificata - Comunicazione di inizio di attività -Verifica della sussistenza dei requisiti e delle condizioni tecniche - Termini - Controlli periodici in corso d’esercizio – Art. 33, D.Lgs. n. 22/1997 – Decr. Interm.le 5.02.1998 - Attività già autorizzate - Emissioni determinate dai rifiuti - art. 15, lettera a), DPR n. 203/1988 - Divieto di inizio o di prosecuzione dell’attività - Comunicazione è incompleta o non corrisponde al vero - Equiparazione all’attività industriale delle attività di recupero dei rifiuti non pericolosi individuati dal D.M. 5.02.1998. Il ricorso alla procedura semplificata nelle ipotesi ed in presenza dei presupposti indicati a norma dell’art. 33 D.Lgs. 5 febbraio 1997, n. 22, l’esercizio delle operazioni di recupero dei rifiuti possono essere intraprese “a condizione che siano rispettate le norme tecniche e le prescrizioni specifiche adottate ai sensi dei commi 1, 2 e 3 dell’art. 31, “decorsi novanta giorni dalla comunicazione di inizio di attività alla Provincia territorialmente competente” (comma 1). Ricevuta la documentata comunicazione dell’impresa interessata, la Provincia è tenuta (comma 3) ad iscriverla in un apposito registro; quindi procede nei detti novanta giorni a verificare la sussistenza dei requisiti e delle condizioni tecniche fissate in via generale dalla normativa e, successivamente, ad effettuare controlli periodici in corso d’esercizio. Le prescrizioni specifiche e le norme tecniche di cui ai commi 1, 2 e 3 dell’art. 31 sono quelle contenute nel decreto interministeriale 5 febbraio 1998, emanato dal Ministro dell’Ambiente di concerto con i Ministri dell’Industria, della Salute e delle Politiche Agricole. Quanto alle attività già autorizzate, la comunicazione di inizio dell’attività e la conseguente iscrizione nel registro sostituiscono, limitatamente alle variazioni qualitative e quantitative delle emissioni determinate dai rifiuti individuati dalle suddette norme tecniche, anche l’autorizzazione richiesta dall’art. 15, lettera a), del DPR 24 maggio 1988 n. 203 per apportare agli impianti industriali modifiche sostanziali. Nel caso in cui accerti che la comunicazione è incompleta o non corrisponde al vero oppure verifichi che l’attività non rispetta le previsioni della normativa tecnica, la Provincia dispone il divieto di inizio o di prosecuzione dell’attività, salva la possibilità per l’interessato di conformarsi entro un termine prefissatogli (art. 33, comma 4). Si tratta, con evidenza, di disposizione che, sul presupposto della equiparazione all’attività industriale delle attività di recupero dei rifiuti non pericolosi individuati dal D.M. 5 febbraio 1998, intende incentivarle evitando duplicazioni di procedimenti autorizzatori secondo un meccanismo di silenzio assenso (cfr. Cons. Stato 4 maggio 2004 n. 2707) e, così, consentendone l’esercizio, se effettuato in conformità alle prescrizioni e condizioni indicate in quel decreto, a seguito di semplice comunicazione di inizio. Pres. Iannotta - Est. Allegretta - TERNI EN.A. s.p.a. (avv.ti Calzoni, Neri e Carbone) c. Ass. Italiana per il World Wide Fund For Nature - W.W.F. Italia e l'Ass. Italia Nostra (avv. Segarelli) e Provincia di Terni e Regione Umbria (n.c.) (riforma Tribunale Amministrativo Regionale per l'Umbria in data 6 novembre 2003 sentenza n. 852). CONSIGLIO DI STATO Sez. V, 29 luglio 2004 (ud. 17 febbraio 2004) Sentenza n. 5333

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