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 Massime della sentenza

  

 

CONSIGLIO DI STATO Sez. VI, 31.08.2004 (C.c.16 aprile 2004), Sentenza n. 5723

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO


Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) ha pronunciato la seguente


DECISIONE


sul ricorso in appello n. 1407/2002 proposto dalla Società “Base Nautica Flavio Gioia” S.p.a., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dagli avv.ti Giulio Simeone e Alfredo Zaza d’Aulisio, con domicilio eletto presso il primo in Roma, via Cola di Rienzo, n. 133;
contro
il Comune di Gaeta, in persona del Sindaco p.t., costituitosi in giudizio, rappresentato e difeso dall’avv.to Baldassarre Santamaria, ed elettivamente domiciliato presso lo stesso in Roma, P.za Salerno, n. 5;
per l'annullamento
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio, Sezione Stazzata di Latina, n. 909/2000 del 22.12.2000 e per l’annullamento dei seguenti provvedimenti dell’Amministrazione comunale di Gaeta impugnati in primo grado:
- ordinanza dirigenziale di demolizione di opere edilizie qualificate abusive n. 357, prot. 30365, del 28.10.1999;
- determinazione dirigenziale n. 4391 del 08.02.2000 di diniego di nulla osta paesaggistico ambientale su opere oggetto di istanza di concessione edilizia in sanatoria;
- parere della Commissione Edilizia Integrata espresso nella seduta del 26.01.2000, verbale n. 12093, e nota di comunicazione n. 3430 del 27.01.2000;
- nota n. 3430 del 27/01/2000 di comunicazione del parere della Commissione Edilizia Comunale espresso nella seduta del 26/01/2000 verbale n. 12093;
- nota n. 3429 del 27.01.2000 di comunicazione del parere della Commissione Edilizia Comunale espresso nella seduta del 26.01.2000, verbale n. 12094;
- determinazione dirigenziale n. 13771 del 12.05.2000 di diniego di concessione edilizia in sanatoria;
- provvedimento dirigenziale n. 159 del 09.06.2000, di rinnovazione dell’ordine di demolire manufatti qualificati abusivi;
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Gaeta;
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
Visti gli atti tutti della causa;
Nominato relatore per la pubblica udienza del 16 aprile 2004 il Consigliere Polito Bruno Rosario;
Udito l’avv.to Santamaria;
Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:


FATTO


La Società “Base Nautica Flavio Gioia” S.p.a., titolare in Gaeta di concessione demaniale marittima di un’area con approdo turistico ed annesso cantiere navale, con quattro distinti ricorsi proposti avanti al T.A.R. del Lazio, Sezione staccata di Latina, si gravava avverso i provvedimenti di estremi indicati in epigrafe, aventi ad oggetto l’ordine di demolizione di manufatti realizzati in assenza di concessione edilizia nell’ambito della predetta area demaniale ( recinzione di 55 mq; due costruzioni in muratura; due box metallici ed una roulotte; cancello ingresso al porticciolo e relativa apparecchiatura per apertura automatizzata di sbarre mobili; box metallico adibito a deposito; altri sei boxes metallici distribuiti sul piazzale; tettoia a falda inclinata; modifiche ai prospetti ed alla distribuzione interna di palazzina destinata a servizi ed a deposito), nonché i successivi atti di diniego del rilascio postumo del nulla osta paesaggistico - trattandosi di intervanti realizzati in area vincolata ed oggetto di specifica disciplina da parte del p.t.p. - e della concessione edilizia in sanatoria.


Il T.A.R. Lazio, Sezione staccata di Latina, con sentenza n. 909/2000 del 22.12.2000, previa riunione, respingeva gli anzidetti ricorsi.


Avverso la menzionata decisione ha proposto appello la Società “Base Nautica Flavio Gioia” S.p.a.


Dopo aver richiamato le vicende che hanno preceduto l’intervento sanzionatorio del comune di Gaeta e descritto la tipologia dei manufatti per i quali è stata richiesta la concessione edilizia in sanatoria - realizzati all’interno dell’approdo/cantiere e con funzione di pertinenza alle preesistenti strutture - nonché la peculiare situazione paesaggistico ambientale in cui versa l’area marittima assegnata in concessione, ha sviluppato distinti motivi di gravame seguendo l’ordine argomentativo in cui si articola la motivazione della sentenza appellata
Ha, in particolare, dedotto:
- che le opere oggetto della domanda di concessione in sanatoria non ricadono in zona soggetta a vincolo paesistico, perché realizzate al di là della linea di costa che riceve tutela per effetto del d.m. 17.05.1956 e della legge n. 431/1985;
- che l’atto di diniego del nulla osta paesaggistico non è sostenuto da sufficiente ed adeguata motivazione, sia in relazione all’effettiva protezione dell’area interessata dagli interventi, sia in raffronto all’effettiva esistenza in essa dei valori tutelati;
- che la Commissione Edilizia Integrata ha espresso il proprio parere con riferimento anche alla disciplina urbanistico edilizia della zona, da ritenersi ininfluente ai fini del rilascio dell’autorizzazione prevista dall’art. 7 della legge n. 1497/1939, e per di più con generico richiamo ai soli estremi delle norme tecniche di attuazione del vigente strumento urbanistico;
- che i pareri espressi sia dalla Commissione Edilizia, sia dalla Commissione Edilizia Integrata, sono illegittimi per la irregolare convocazione dei predetti organi collegiali e per la mancata preventiva cognizione da parte dei componenti dell’ordine del giorno;
- che l’atto di diniego del rilascio della concessione edilizia in sanatoria va riconosciuto viziato in via derivata, per l’illegittimità del diniego del nulla osta paesaggistico cui esso fa richiamo, nonché per l’assoluta genericità della motivazione;
- che l’ordine di demolizione delle opere prive di titolo abilitativo è stato impartito da organo incompetente, senza puntuale individuazione dei manufatti nei cui confronti è indirizzato e per i quali in ogni caso, ai sensi dell’art. 31, commi secondo e terzo della legge n. 1152/1942, non necessita il rilascio della concessione edilizia.
In sede di note conclusive la Società ricorrente ha insistito per l’accoglimento dell’appello.


Si è costituito in giudizio il Comune di Gaeta che ha contrastato in memoria i motivi dedotti ed ha concluso per la conferma delle sentenze gravate.
All’udienza del 16 aprile 2004 il ricorso è stato trattenuto per la decisione.


DIRITTO


1). Non va condivisa l’eccezione formulata in via preliminare dal Comune di Gaeta di inammissibilità dell’atto di appello, perché proposto da avvocato non munito di mandato speciale “ad litem”, come prescritto dagli artt. 35 del r.d. n. 1054/1924 e 6 del r.d. n. 642/1907.


L’atto introduttivo del presente giudizio reca, invero, in margine la delega di rappresentanza e difesa agli avvocati Giulio Simeone e Alfredo Zaza d’Aulisio, che è in via primaria riferita “al presente giudizio”. Si versa, quindi, a fronte di mandato difensivo, conferito nella forma prevista dall’art. 83, comma terzo, cod. proc. civ., che, indipendentemente dall’utilizzo di ogni altra formula sacramentale, è chiaramente riferito per la sua contestualità al ricorso in appello avverso al sentenza del T.A.R. del Lazio, Sezione di Latina, n. 909/2000, ed è quindi assistito dal requisito di specialità cui è fatto richiamo dal Comune appellato.


2). Con un primo ordine di argomentazioni l’appellante Società “Base Nautica Flavio Gioia” rinnova le censure già formulate in primo grado avverso la determinazione dirigenziale n. 4391 dell’ 8.02.2000 ed il parere della Commissione edilizia Integrata (C.E.I.) n. 12093 del 26.01.2000, di reiezione dell’istanza della predetta Società intesa ad ottenere il rilascio del nulla osta paesaggistico in sanatoria in ordine a manufatti, realizzati all’interno di un approdo turistico con annesso cantiere navale, su area di complessivi mq. 72.670=, oggetto di concessione demaniale marittima, e consistenti: in una recinzione di mt. 55, costituita da paletti di ferro, rete metallica e cannucciato; in un manufatto di mq. 12,90 e altezza 2,92, destinato a “reception”; nove piccoli boxes metallici utilizzati quali riparo di impianti tecnologici (gruppo elettrogeno) e deposito attrezzi nautici (boe, gavitelli ed attrezzi di bordo); una roulotte; cancello di ingresso con apparecchiatura automatizzata di sbarre mobili; un manufatto in muratura di mq. 15,12 e altezza mt. 2,40, destinato a ricovero di impianti elettrici.


Non va, in primo luogo, condivisa la tesi della Società appellante secondo al quale “i manufatti pertinenziali di cui trattasi ricadono in mare, al di là della linea di costa ex d.m. 17.05.1956 e legge n. 431/1985” e non insistono quindi su area tutelata con assoggettamento al regime autorizzatorio in presenza di interventi modificativi.


Come posto in rilievo dal giudice di primo grado il menzionato d.m. 17.05.1956 ha, tra l’altro, dichiarato il notevole interesse paesaggistico della zona costiera del Comune di Gaeta. Con specifico riferimento a detta porzione di territorio nella parte motiva del predetto decreto è posto in rilievo che “la città di Gaeta, dominata dal Monte Orlando, offre incantevole panorama ed (è) resa suggestiva dal suo meraviglioso golfo con la catena dei monti Aurunci che recinge l’ampia coda”. E’ agevole rilevare che la zona in questione è assunta ad oggetto di tutela come quadro naturale che costituisce bellezza panoramica di insieme, secondo la categoria identificata dall’art. 1, n. 4, della legge n. 1497/1939. In conseguenza si configurano idonei ad incidere sui valori paesaggistici presi in considerazione sia gli interventi sulla terra ferma, sia quelli che dalla battigia si estendono verso il mare, sussistendo in entrambi i casi l’idoneità ad introdurre un effetto modificativo e possibile “vulnus” al quadro naturale e panoramico che caratterizza il bene protetto.


Non assume quindi rilievo la circostanza che la linea della battigia si trovi su un diverso allineamento rispetto alla data di imposizione del vincolo, concorrendo come innanzi detto a costituire la bellezza panoramica di insieme sia la costa che il tratto di mare prospiciente.


Vanno, invece, condivise le censure che investono la motivazione posta a sostegno del diniego di rilascio del nulla osta paesaggistico in sanatoria.


L’assunto che si riviene nel parere della C.E.I., secondo il quale sarebbe precluso il rilascio dell’autorizzazione prevista dall’art. 7 della legge n. 1497/1939 in ordine ad opere già realizzate, è contraddetto, come posto in rilievo dallo stesso T.A.R. Latina, dal concorde indirizzo giurisprudenziale che ammette la possibilità che il giudizio di compatibilità paesaggistico/ambientale possa intervenire “ex post”, non rinvenendosi al riguardo preclusioni a livello normativo e tenuto conto che l’applicazione del regime sanzionatorio in via pecuniaria in luogo della rimessione in pristino - previsto dall’art. 15 della citata legge n. 1497/1939, poi tradotto nell’art. 164 del d.lgs. n. 490/1999 - presuppone in ogni caso la formulazione di detto giudizio di compatibilità (cfr. Cons. St., Sez. VI^, n. 2653 del 15.05.2003; n. 4192 del 21.07.2003; n. 5386 del 09.10.2000).


Ugualmente non si configurano inidonee a sostenere la determinazione negativa il richiamo all’asserita incompatibilità delle opere con la regolamentazione urbanistica della zona, nonché alla possibile localizzazione nell’area interessata di interventi di pubblico interesse. E’ evidente l’autonomia del potere di verifica della compatibilità paesaggistica delle opere, in relazione al regime di tutela dei beni protetti, rispetto a quello inerente al controllo urbanistico/edilizio degli interventi modificativi della zona e ad ogni altra scelta dell’Amministrazione comunale circa l’esecuzione di interventi di pubblica utilità, con la conseguenza che le notazioni di segno negativo contenute al riguardo negli atti impugnati si configurano del tutto ininfluenti agli effetti del rilascio della richiesta autorizzazione paesistica in sanatoria .


La Società appellante esattamente contesta la residua parte motiva del parere negativo al rilascio dell’autorizzazione paesaggistica nei profili di eccesso di potere per la non corretta e completa ricognizione dell’effettivo stato dei luoghi in cui insistono le opere, la sostanziale astrattezza e apoditticità della motivazione e la sua non congruità al fine perseguito


La documentazione versata in giudizio dall’appellante (planimetria allegata alla domanda di concessione in sanatoria e consulenza tecnica resa in giudizio pendente avanti all’A.G.O.) mostra che le opere “de quibus” intervengono su un’area oggetto di concessione demaniale e destinata ad approdo turistico, interamente antropizzata ed interessata da un pluralità di interventi costituiti: da un’area per spettacoli; capannoni destinati ad officina nautica e carpenteria, palazzina servizi, altre attrezzature. Le opere oggetto della domanda di sanatoria sono tutte caratterizzate da limitata consistenza e si pongono in stretto rapporto di pertinenzialità con il contesto esistente; parte di esse sono destinate a garantire la protezione di impianti tecnologici di supporto alle attività esercitate nell’area di cui trattasi. In particolare la recinzione risulta realizzata in strutture (cannucciato) di limitato impatto ambientale ed, in ogni caso, l’intervento si collega alla non eludibile necessità di impedire il libero accesso all’area in concessione.


Se tale è la tipologia dei lavori - che nella loro incidenza modificativa dei luoghi restano in gran parte assorbiti dalla strutture già esistenti ed incidono, come innanzi accennato, su un’area integralmente antropizzata - difetta negli atti impugnati un attento raffronto con il contenuto prescrittivo del provvedimento di vincolo, che non ha ad oggetto specifiche ed individuate valenze del quadro naturalistico dei luoghi (la flora, la configurazione orografica, individuati e selezionati aspetti del contesto paesistico), ma assume ad ampio riferimento una vasta porzione di territorio costituita dal Golfo di Gaeta, recepita come bellezza panoramica di insieme, e non introduce un vincolo di inedificabilità assoluta, tanto più nei casi i cui, come nella fattispecie in esame, le opere accedano con carattere di tenuità e limitata consistenza ad un contesto urbanistico ed edilizio già esistente ed il potere correttivo dell’autorità preposta al rilascio dell’autorizzazione consente, inoltre, l’introduzione di modifiche ed accorgimenti utili alla salvaguardia degli aspetti di carattere più strettamente estetico.


Il vizio dell’ “iter” motivazionale che investe il parere della C.E.I. si riflette sul provvedimento dirigenziale n. 4391 del 08.02.2000 che, con recezione dello stesso e senza identificare puntuali elementi di contrasto con la regolamentazione del p.t.p. oggetto di generico richiamo, ha negato il rilascio del nulla osta paesaggistico.


3). Anche la domanda di annullamento formulata avverso il successivo provvedimento di dirigenziale n. 13771 del 12.05.2000, recante il diniego di rilascio della concessione edilizia in sanatoria si configura meritevole di accoglimento.


Il provvedimento dirigenziale trae motivazione dal duplice richiamo al parere della C.E.I. del 26.01.2000 ed al parere espresso in pari data dalla Commissione Edilizia Comunale (C.E.C.).


Quanto al parere della C.E.I. la riconosciuta illegittimità, dello stesso per le ragioni innanzi esposte ne determina l’inidoneità a sorreggere la determinazione reiettiva.


Il parere negativo della C.E.C. è fondato sul rilievo che “le opere sono in contrasto con l’assetto urbanistico approvato con deliberazione C.C. n. 84/1995”.


E’ agevole rilevare, come dedotto dalla Società appellante, l’assoluta genericità della motivazione anzidetta che, a fronte di un pluralità di interventi di cui alcuni privi di ogni consistenza volumetrica (recinzione; cancello di ingresso con barra mobile) ed altri diretti al costituire riparo di impianti tecnologici, ha assunto a sostegno il mero richiamo all’atto deliberativo recante la regolamentazione di zona, senza procedere al raffronto con le prescrizioni dalla stessa dettate delle singole e diversificate tipologie costruttive. Non risultano, quindi, soddisfatti i requisiti minimali della motivazione del provvedimento amministrativo quali identificati dall’art. 3 della legge n. 241/1990, il cui contenuto deve dare atto della puntuale ricognizione, in esito alla fase istruttoria del procedimento, dei “presupposti di fatto” su cui interviene la determinazione e delle “ragioni giuridiche” della statuizione adottata, condizione ultima che, in sede di esame di istanze inerenti all’esercizio dello “jus aedificandi”, non può ritenersi all’evidenza soddisfatta con il solo richiamo agli estremi dello strumento di pianificazione della zona interessata dalle opere.


4). La riconosciuta illegittimità dell’atto di diniego della concessione edilizia in sanatoria vizia in via derivata l’ordine di demolizione delle opere ivi considerate, impartito dal Dirigente del VII Settore Edilizia del Comune di Gaeta con atto n. 159 del 09.06.2000, a reiterazione del provvedimento di medesimo contenuto già emesso in data 28.10.1999, ed in base all’unico presupposto dell’avvenuta definizione in senso negativo del procedimento di sanatoria postuma delle opere di cui trattasi.


5) Devono da ultimo esaminarsi le censure rinnovate dalla Società appellante avverso l’ordinanza dirigenziale n. 357 del 28.10.1999, con la quale è stata inizialmente ordinata la demolizione dello opere realizzate nell’ambito dell’area demaniale marittima oggetto di concessione ed, a seguito della quale, la Società “Base Nautica Flavio Gioia” ha attivato il procedimento per il rilascio della concessione edilizia in sanatoria ai sensi dell’art. 13 della legge n. 47/1985.


Esse si articolano nel seguente ordine argomentativo:
- l’individuazione delle opere da demolire si configura del tutto generica
- il Comune è incompetente ad esercitare il controllo urbanistico ed edilizio, trattandosi di opere eseguite da concessionario dello Stato su area demaniale marittima.


Quanto al primo profilo di doglianza l’ordinanza dirigenziale n. 357/1999 elenca nelle premesse in dettaglio tutte le opere realizzate nell’ambito dell’approdo turistico risultate prive di titolo abilitativo. Nel dispositivo esclude dall’ordine di demolizione le opere di cui alle istanze 504-C, 505-C, 506-C, per le quali l’appellante aveva avanzato domanda di condono edilizio. La ricorrente è stata quindi posta in condizione di comprendere, sulla base di atti nella sua stessa disponibilità, l’effettivo oggetto del provvedimento sanzionatorio. Sul punto va confermata la decisione appellata quanto all’assenza di perplessità ed incertezze in proposito, tant’è che la Società interessata ha prontamente enucleato le opere oggetto di sanzione per le quali ha presentato la domanda di concessione in sanatoria.


Circa l’assoggettamento al controllo comunale dell’attività costruttiva anche su aree appartenenti al demanio dello Stato ed assegnate in concessione a privati deve osservarsi che l’art. 31, comma terzo, della legge n. 1150/1942 sottopone indistintamente ad atto autorizzatorio del Sindaco (ora dei funzionari investiti di compiti dirigenziali in relazione al riparto fra funzioni di indirizzo politico e compiti di amministrazione attiva) tutte “le opere da costruirsi da privati su aree demaniali”. Il secondo comma della disposizione citata, che fa eccezione alla regola anzidetta, è riferito alle opere da eseguirsi sulle aree in questione da pubbliche amministrazione che debbono procedervi di intesa con il comune interessato. L’art. 1 della legge n. 10/1977 assoggetta a concessione edilizia “ogni attività comportante trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio comunale”, ed il successivo art. 4 ribadisce la potestà comunale di rilascio della concessione edilizia anche con riferimento agli immobili di proprietà dello Stato, previa verifica del “titolo, rilasciato dai competenti organi dell’Amministrazione al godimento del bene”. L’art. 4 della legge n. 47/1985 estende, infine, la vigilanza del Sindaco sull’attività edilizia nell’ambito di tutto il territorio comunale.


Il su riferito quadro normativo rende evidente che gli interventi di modifica del territorio che interessano aree appartenenti al demanio dello Stato non si sottraggono al controllo comunale di conformità ai vigenti strumenti di pianificazione ed, in particolare, all’esercizio della potestà repressiva del comune medesimo in presenza di accertati abusi. Il potere autorizzatorio alla realizzazione di opere che possa essere esercitato dall’Amministrazione statale nei confronti del privato concessionario dell’area demaniale si colloca all’interno del diverso rapporto concedente/concessionario ed attiene ai limiti di esercizio quali stabiliti nel disciplinare di concessione o da norme regolamentari, ma non esclude né fa venir meno la necessaria verifica da parte del Comune della compatibilità al vigente strumento urbanistico di interventi idonei a mutare l’assetto del territorio.


Il ricorso in appello va, pertanto, accolto nei limiti di cui ai punti 2), 3) e 4) della motivazione.


Le spese del giudizio possono essere compensate fra le parti.


P.Q.M.


Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Sesta:
- accoglie parzialmente il ricorso in appello;
- per l’effetto, in riforma della sentenza appellata, accoglie i ricorsi in primo grado rubricati ai nn. 506/2000, 989/2000 e 1545/2000 ed annulla gli atti con essi impugnati;
- compensa fra le parti le spese del giudizio.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma dal Consiglio di Stato, in sede giurisdizionale - Sez. VI - nella Camera di Consiglio del 16 aprile 2004 con l'intervento dei Signori:
Giorgio GIOVANNINI Presidente
Giuseppe ROMEO Consigliere
Francesco D’OTTAVI Consigliere
Lanfranco BALUCANI Consigliere
Bruno Rosario POLITO Consigliere Est.


DEPOSITATA IN SEGRETERIA
31.08.2004

(Art. 55. L. 27/4/1982, n. 186)


 

M A S S I M E

 

Sentenza per esteso

 

1) Demanio - Aree demaniali - Interventi edilizi - Beni culturali e ambientali - Atto autorizzatorio - Necessità - Rilascio della concessione edilizia - Potestà comunale - Vigilanza del Sindaco sull’attività edilizia su tutto il territorio comunale - Sussiste - L. n. 1150/1942 - L. n. 10/1977 - L. n. 47/1985. L’art. 31, comma terzo, della legge n. 1150/1942 sottopone indistintamente ad atto autorizzatorio del Sindaco (ora dei funzionari investiti di compiti dirigenziali in relazione al riparto fra funzioni di indirizzo politico e compiti di amministrazione attiva) tutte “le opere da costruirsi da privati su aree demaniali”. Il secondo comma della disposizione citata, che fa eccezione alla regola anzidetta, è riferito alle opere da eseguirsi sulle aree in questione da pubbliche amministrazione che debbono procedervi di intesa con il comune interessato. L’art. 1 della legge n. 10/1977 assoggetta a concessione edilizia “ogni attività comportante trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio comunale”, ed il successivo art. 4 ribadisce la potestà comunale di rilascio della concessione edilizia anche con riferimento agli immobili di proprietà dello Stato, previa verifica del “titolo, rilasciato dai competenti organi dell’Amministrazione al godimento del bene”. L’art. 4 della legge n. 47/1985 estende, infine, la vigilanza del Sindaco sull’attività edilizia nell’ambito di tutto il territorio comunale. Pres. GIOVANNINI - Est. POLITO - Società “Base Nautica F. G.” S.p.a. (avv.ti Simeone e Zaza d’Aulisio) c. Comune di Gaeta (avv.to Santamaria) (Riforma, Lazio, Sezione Staccata di Latina, 22.12.2000, n. 909). CONSIGLIO DI STATO Sez. VI, 31.08.2004 (C.c.16 aprile 2004), Sentenza n. 5723

2) Beni culturali e ambientali - Aree appartenenti al demanio dello Stato - Interventi di modifica del territorio - Il potere autorizzatorio statale non esclude il controllo comunale di conformità ai vigenti strumenti di pianificazione. Gli interventi di modifica del territorio che interessano aree appartenenti al demanio dello Stato non si sottraggono al controllo comunale di conformità ai vigenti strumenti di pianificazione ed, in particolare, all’esercizio della potestà repressiva del comune medesimo in presenza di accertati abusi. Il potere autorizzatorio alla realizzazione di opere che possa essere esercitato dall’Amministrazione statale nei confronti del privato concessionario dell’area demaniale si colloca all’interno del diverso rapporto concedente/concessionario ed attiene ai limiti di esercizio quali stabiliti nel disciplinare di concessione o da norme regolamentari, ma non esclude né fa venir meno la necessaria verifica da parte del Comune della compatibilità al vigente strumento urbanistico di interventi idonei a mutare l’assetto del territorio. Pres. GIOVANNINI - Est. POLITO - Società “Base Nautica F. G.” S.p.a. (avv.ti Simeone e Zaza d’Aulisio) c. Comune di Gaeta (avv.to Santamaria) (Riforma, Lazio, Sezione Staccata di Latina, 22.12.2000, n. 909). CONSIGLIO DI STATO Sez. VI, 31.08.2004 (C.c.16 aprile 2004), Sentenza n. 5723

 

3) Beni culturali e ambientali - Bellezza panoramica di insieme - Tutela - D.m. 17.05.1956 - Art. 1, n. 4, L. n. 1497/1939. Tutte le zone, dichiarate dal d.m. 17.05.1956 di notevole interesse paesaggistico (nella specie la costiera del Comune di Gaeta) sono assunte ad oggetto di tutela come quadro naturale che costituisce bellezza panoramica di insieme, secondo la categoria identificata dall’art. 1, n. 4, della legge n. 1497/1939. In conseguenza si configurano idonei ad incidere sui valori paesaggistici presi in considerazione sia gli interventi sulla terra ferma, sia quelli che dalla battigia si estendono verso il mare, sussistendo in entrambi i casi l’idoneità ad introdurre un effetto modificativo e possibile “vulnus” al quadro naturale e panoramico che caratterizza il bene protetto. Non assume quindi rilievo la circostanza che la linea della battigia si trovi su un diverso allineamento rispetto alla data di imposizione del vincolo, concorrendo come innanzi detto a costituire la bellezza panoramica di insieme sia la costa che il tratto di mare prospiciente. Pres. GIOVANNINI - Est. POLITO - Società “Base Nautica F. G.” S.p.a. (avv.ti Simeone e Zaza d’Aulisio) c. Comune di Gaeta (avv.to Santamaria) (Riforma, Lazio, Sezione Staccata di Latina, 22.12.2000, n. 909). CONSIGLIO DI STATO Sez. VI, 31.08.2004 (C.c.16 aprile 2004), Sentenza n. 5723

 

4) Beni culturali e ambientali - Il giudizio di compatibilità paesaggistico/ambientale può intervenire “ex post”- Art. 15 L. n. 1497/1939 - Art. 164 D. l.gs. n. 490/1999. Il giudizio di compatibilità paesaggistico/ambientale possa intervenire “ex post”, non rinvenendosi al riguardo preclusioni a livello normativo e tenuto conto che l’applicazione del regime sanzionatorio in via pecuniaria in luogo della rimessione in pristino - previsto dall’art. 15 della legge n. 1497/1939, poi tradotto nell’art. 164 del d.lgs. n. 490/1999 - presuppone in ogni caso la formulazione di detto giudizio di compatibilità (cfr. Cons. St., Sez. VI^, n. 2653 del 15.05.2003; n. 4192 del 21.07.2003; n. 5386 del 09.10.2000). Pres. GIOVANNINI - Est. POLITO - Società “Base Nautica F. G.” S.p.a. (avv.ti Simeone e Zaza d’Aulisio) c. Comune di Gaeta (avv.to Santamaria) (Riforma, Lazio, Sezione Staccata di Latina, 22.12.2000, n. 909). CONSIGLIO DI STATO Sez. VI, 31.08.2004 (C.c.16 aprile 2004), Sentenza n. 5723

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