Per altre sentenze vedi: Sentenze per esteso
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Quinta Sezione ANNO: 2000 ha
pronunciato la seguente
DECISIONE
sul ricorso in appello n.r.g. 4688 del 2000, proposto dalla s.r.l. SMI
Società Meridionale Inerti, rappresentata e difesa dagli avv. Franco Gaetano
Scoca e Sandro Pelillo, ed elettivamente domiciliata presso lo studio del primo,
in Roma, via G. Paisiello n. 55,
contro
la Regione Abruzzo, rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato
e domiciliata presso la medesima, in Roma, via dei Portoghesi, n. 12,
e nei confronti
del comune di Rocca S. Giovanni, rappresentato e difeso dall’avv. Giovanni
Legnini ed elettivamente domiciliato in Roma, presso lo studio dell’avv. Simona
Fioravanti, in via Cadorna n. 29,
per l'annullamento
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale dell’Abruzzo, sede
staccata di Pescara, n. 903/99, pubblicata il 18 dicembre 1999.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio delle parti suindicate;
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
Visti gli atti tutti della causa;
Designato relatore, alla pubblica udienza del 20 aprile 2004, il consigliere
Giuseppe Farina ed uditi, altresì, l’avv. Pelillo, l’avv. Colagrande in
sostituzione dell’avv. Scoca, l’avv. Legnini e l’avv. Dello Stato Saulino come
da verbale d’udienza;
Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue.
FATTO
1. Il ricorso n. 4688 del 2000 è proposto dalla s.r.l. S.M.I. Notificato il 3
maggio 2000 alla Regione Abruzzo ed al comune di Rocca S. Giovanni, è stato
depositato il 19 maggio.
È chiesta la riforma della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale dell’Abruzzo, Sezione staccata di Pescara, n. 903/99, pubblicata il 18 dicembre 1999.
2. La decisione impugnata respinge il ricorso contro la deliberazione della
Giunta regionale n. 1047 del 26 maggio 1999. Questo provvedimento nega il
rinnovo dell’autorizzazione n. 2283 del 5 maggio 1993, relativa alla
realizzazione e gestione di una discarica di seconda categoria di tipo “B”, per
rifiuti speciali non tossici, né nocivi, sita nel Comune intimato.
3. Sono proposte censure a tutte le argomentazioni del primo giudice ed al
correlativo provvedimento regionale.
Sono stati depositati documenti il 19 marzo 2004 e, con memoria depositata
l’otto aprile 2004, sono state riepilogate le questioni, insistendosi, in
particolare, sull’interpretazione dell’art. 2, comma 2, della l. reg.le 30
agosto 1996, n. 73, e sulla già effettuata verifica di compatibilità.
4. L’Avvocatura generale dello Stato si è costituita il 25 marzo 2004, per la
Regione Abruzzo. Non ha prodotto scritti difensivi.
5. Il comune di Rocca S. Giovanni si è costituito con memoria del 9 aprile 2004.
per domandare il rigetto dell’appello. Con la memoria confuta analiticamente gli
argomenti avversari.
6. All’udienza del 20 aprile 2004, il ricorso è stato chiamato per la
discussione e, poi, trattenuto in decisione.
DIRITTO
1. Nell’approssimarsi del termine quadriennale di esercizio di una discarica di
tipo 2 “B”, per rifiuti né tossici, né nocivi, sita nel comune di Rocca S.
Giovanni, la società ora appellante ne ha chiesto il rinnovo, con domanda
tempestiva.
Dopo l’istruttoria – verifiche tecniche superate, parere favorevole del
“comitato degli esperti”, parere positivo del “servizio studi e legislazione”
della Giunta regionale – e dopo ricorsi contro l’inerzia dell’amministrazione
regionale, è stato adottato il provvedimento n. 1047, deliberato il 26 maggio
1999, recante diniego.
2. Alcune improprietà od omissioni nei fatti riferiti dalla società appellante
esigono le precisazioni che seguono.
2.1. Con la deliberazione contestata, la Giunta regionale ha negato il chiesto
rinnovo, perché non era stata esperita “la procedura prevista dalla L. R. 66/90
per la valutazione di impatto ambientale, come esplicitamente previsto dall’art.
2 della L. R. 73/96”.
2.2. Il provvedimento in discussione reca identica disposizione conclusiva della
precedente deliberazione n. 1729 del 1° luglio 1998 citato nelle premesse
dello stesso atto ora impugnato – del quale, con ordinanza cautelare del T.A.R.
n. 493 dell’otto ottobre 1998, era stato ordinato il riesame anche alla luce del
fatto che, “in un caso analogo”, non era stata ritenuta la necessità della
V.I.A.
Sul punto, però, la Giunta ha messo in rilievo che, per l’altra discarica:
a.1. ) esisteva una relazione tecnica generale e di V.I.A. puntuale e “riferita
all’impianto ed alla tipologia dei rifiuti per i quali era stata richiesta
l’autorizzazione”;
b.1. ) l’impresa non aveva apportato modifiche all’impianto o variazioni dei
tipi di rifiuti accolti.
Invece, la richiedente attuale poteva far riferimento ad una relazione di
impatto ambientale, a base della originaria autorizzazione del 5 maggio 1993:
a.2) “generica e non riferita allo specifico impianto”;
b.2) e che non era stata “adeguata alle nuove tipologie di rifiuti richieste ed
autorizzate con d. g. r. n. 2598 del 18 maggio 1995”.
2.3. La Giunta ha inoltre considerato, a motivazione del diniego, che l’art. 2
della l. reg. 30 agosto 1996, n. 73, che prescriveva la necessità della V.I.A.
anche nei casi di rinnovo delle autorizzazioni per le discariche, doveva essere
inteso nel senso che mirava ad evitare un automatico rinnovo delle
autorizzazioni anche per le discariche di tipo 2 “B”, e di consentire il
rilascio di nuove autorizzazioni soltanto in presenza della valutazione di
impatto ambientale.
2.4. La Giunta ha, infine, invitato l’ufficio competente a riesaminare il
rinnovo dell’autorizzazione rilasciata ad altra impresa ed a verificare se
ricorrevano le condizioni per l’eventuale esercizio dell’autotutela.
3. Con il primo motivo del ricorso in appello, la società sostiene che, in
dipendenza dell’ordinanza cautelare del Tribunale amministrativo regionale, che
disponeva il riesame della domanda dopo la pronuncia negativa del 1° luglio 1998
(v. sopra al n. 2.2), sussisteva un vincolo per l’Amministrazione circa la
determinazione finale, tenuto conto del motivo dedotto (contestazione della
necessità di V.I.A. anche per il provvedimento di rinnovo dell’autorizzazione,
contrariamente a quanto avvenuto in caso analogo). Secondo l’appellante, il modo
con cui la Giunta si è discostata dagli elementi acquisiti dall’istruttoria
compiuta dagli uffici “sostanziava in sé la negazione di compiuto riesame dei
motivi di ricorso”.
La censura è priva di fondamento.
Innanzi tutto, non tiene conto del fine cui è preordinato lo strumento cautelare
in seno al processo amministrativo. Il fine è quello di porre impedimento a
possibili danni non riparabili, derivanti dal tempo occorrente per la
definizione del giudizio, di fronte alla immediata produzione di effetti del
provvedimento o del comportamento dell’Amministrazione. L’ordine di riesame
impartito dal giudice di prime cure non ha negato affatto il potere della Giunta
regionale di determinarsi in uno od altro senso. Ha, più semplicemente, disposto
la verifica del caso in relazione alla denunciata diversità di determinazione
della Giunta, in altra vicenda, che la società ricorrente asseriva simile.
Il riesame c’è stato e perciò il nuovo provvedimento ha sostituito quello precedente, con ottemperanza alla provvisoria statuizione dell’organo giurisdizionale.
4. Sostiene ancora l’appellante che, per l’applicazione della l. reg. 73/96, in
vigore dal settembre 1996, è stata erroneamente individuata la data di invio
della richiesta di rinnovo in quella di trasmissione dalla Provincia alla
Regione della domanda stessa. La domanda era stata però presentata il 29 luglio
1996.
Anche questa censura non ha pregio.
Innanzi tutto va chiarito, in via generale, che, quando un provvedimento sia
fondato su una pluralità di ragioni, tutte egualmente idonee a sorreggerne la
parte dispositiva, l’eventuale illegittimità di uno dei motivi presi in
considerazione dall’Amministrazione non è sufficiente ad inficiare il
provvedimento stesso. Nella specie, la parte ricorrente non tiene conto del
fatto che la Giunta, come si è chiarito al § 2.2, lett. a.2 e b.2, ha opposto
altre considerazioni ostative all’accoglimento (insufficiente precedente
valutazione d’impatto ambientale e mancato adeguamento dell’autorizzazione ai
nuovi tipi di rifiuti ammessi successivamente), che non vengono censurate e che,
perciò, restano ferme a supporto del diniego espresso.
In secondo luogo, non ha errato il primo giudice a rilevare un motivo di
infondatezza della censura nel fatto che, pur se si addivenisse alla conclusione
che è errata l’individuazione della data di presentazione della domanda di
rinnovo, tuttavia la norma da applicare alla fattispecie era pur sempre quella
individuata dalla Giunta. E, cioè, l’art. 2 della l. reg. 30 agosto 1996, n. 73,
entrata in vigore l’undici settembre 1996 (v. art. 4). In virtù del noto
principio “tempus regit actum”, infatti, l’amministrazione doveva in ogni caso
applicare la norma che regolava il caso concreto nel momento in cui provvedeva.
E l’art. 2 della predetta legge, con il rinvio all’art. 4 della precedente legge
regionale 22 novembre 1993, n. 65, dispone che, anche in ipotesi di
“autorizzazione di rinnovo”, si deve far luogo alla valutazione di impatto
ambientale per le discariche di tipo 2B e 2C previste, appunto, nel richiamato
art. 4.
5. Viene ancora criticata, con la riproposizione dei motivi terzo, quarto e
quinto del ricorso introduttivo, l’interpretazione dell’art. 2 della l. reg.
predetta data dalla Giunta, e che si è ora condivisa. L’impresa appellante fa
riferimento – alle pagg. da 13 a 29 del ricorso in esame – ad altre
illegittimità nelle quali incorrerebbe la deliberazione della Giunta regionale,
della quale qui si discute, circa la mancata presa in considerazione del parere
reso dal “servizio studi”; circa il mancato esame della memoria di parte del
novembre 1999, sulla legislazione statale inerente ai nuovi progetti di
discariche; circa la portata della legge reg. 10 marzo 1998, n. 15; circa,
infine, l’interpretazione da darsi all’art. 2 in discussione.
Sono tutte argomentazioni che non conducono a diversa conclusione, perché si
riferiscono a norme lette in modo non condivisibile.
Va osservato, infatti:
5.1. che le norme statali invocate, anche a trascurare che siano applicabili di
fronte alla precisa legge regionale che impone la V.I.A per i rinnovi di
autorizzazione alle discariche di tipo 2B, riguardano i nuovi progetti, non già
i rinnovi;
5.2. che la Giunta regionale ha esposto precise considerazioni sulla
insufficienza della V.I.A. a proposito della situazione iniziale rispetto alla
situazione come si era evoluta al momento della deliberazione;
5.3. che la l. reg. 10 marzo 1998, n. 15, all’art. 10, comma 2, riconduce sotto
la medesima disciplina procedimentale sia le domande di autorizzazione
all’esercizio delle attività di smaltimento o di recupero dei rifiuti, sia le
domande di “rinnovo o proroga delle stesse”, sicché non se ne possono trarre
argomenti per disattendere la tesi della inapplicabilità della V.I.A. al caso
che qui interessa;
5.4. che, infine, il chiaro disposto dell’art. 2 della l. reg. 73/96, che si è
sopra rilevato, non può ammettere l’annullamento di un provvedimento
amministrativo, come la contestata deliberazione di Giunta, anche se si sia, con
essa, seguito un percorso logico non corretto, per giungere, tuttavia, ad un
risultato interpretativo corretto.
6. Considerazioni analoghe si possono esporre con riguardo al motivo
contrassegnato con il n. 6 nel ricorso in appello.
Vi si sostiene che, dopo aver affidato al “servizio studi” la questione, la
Giunta ha motivato erroneamente, perché doveva tenere conto delle differenze,
messe in luce nel parere che le era stato reso, tra nuovi progetti ed impianti
in esercizio, anziché limitarsi a ribadire di voler non derogare al proprio
orientamento.
Non va, invero, confusa la
motivazione, intesa come espressione delle ragioni di una scelta discrezionale,
vale a dire fra più soluzioni tutte ammesse dall’ordinamento, con la
motivazione, intesa come espressione delle ragioni che danno conto
dell’interpretazione di una norma. In questo secondo caso non c’è una opzione
dell’organo amministrativo, pur sempre sindacabile nei limiti fissati dalle
leggi e definiti dalla giurisprudenza, ma si è di fronte al risultato di
un’operazione esegetica secondo i consueti strumenti della logica giuridica. Se
il risultato è esatto, le ragioni eventualmente non condivisibili, che vi sono
poste a base, non inficiano il provvedimento, che sarà, pur sempre, adottato in
conformità della legge.
Nella specie, come già detto, la Giunta ha esattamente concluso nel senso
dell’applicabilità dell’art. 2 della l. reg. 73/96, sulla esigenza della V.I.A.
7. Con il settimo ed ultimo motivo dell’appello, viene riproposta la censura di
incompetenza della Giunta regionale, avuto riguardo al disposto del d. lgs.
80/1998, sulle attribuzioni dei dirigenti.
Il Tribunale amministrativo regionale ha ritenuto che il provvedimento si
presenta come atto avente sostanzialmente “funzione di gestione”, e come tale da
ricomprendere fra quelli appartenenti alla competenza dei dirigenti. Ma che la
legge regionale 10 marzo 1998, n. 15 (allora vigente), ha specificamente
disciplinato il procedimento di rilascio delle autorizzazioni all’esercizio
delle discariche, affidando la competenza ad assumere le relative determinazioni
alla Giunta regionale.
Replica, in questa sede, l’impresa appellante e rileva che la norma sulla
generale attribuzione di competenza ai dirigenti delle funzioni cosiddette di
gestione è entrata in vigore dopo il 25 marzo 1998, data dell’entrata in vigore
della legge regionale Abruzzo n. 13 del 1998.
Neanche quest’ultima tesi ha pregio, pur se si deve, a norma dell’art. 384,
comma secondo, c.p.c. emendare la motivazione della impugnata sentenza.
Invero, non può convenirsi che, nell’ordinamento regionale dell’Abruzzo, le
attività decisorie e conclusive inerenti al rinnovo o proroga delle
autorizzazioni dell’esercizio di discariche, insieme a quelle inerenti al
rilascio di prima autorizzazione, allora regolate dall’art. 10 della l. reg. n.
15 del 1998, fossero configurabili come semplici attività di gestione.
Come già si è rilevato, l’art. 10 stabiliva che anche le domande di rinnovo o di
proroga fossero presentate alla Giunta. Sicché il procedimento ivi disciplinato
riguardava anche i rinnovi o le proroghe.
Orbene, l’articolo in esame non contempla la sola attività di gestione, come è
reso palese dai richiami al decreto legislativo 3 febbraio 1997, n. 22, e in
particolare all’art. 27, comma 8 (realizzazione di varianti sostanziali che
comportano modifiche che derogano alla conformità all’autorizzazione
rilasciata), ed all’art. 31, comma 6 (recupero di rifiuti non individuati, in
impianti autorizzati ai sensi dello stesso articolo). Le varianti sostanziali
introducono modifiche al progetto della discarica. E l’approvazione del progetto
– secondo l’art. 8, comma 2, della stessa l. reg. 13/98 – non solo sostituisce
visti, pareri, autorizzazioni e concessioni di organi regionali, provinciali e
regionali, ma, se occorre, costituisce variante dello strumento urbanistico
comunale. Queste attività concernono l’assetto generale del territorio comunale
e sono, perciò, da ricondurre fra quelle di indirizzo politicoamministrativo.
Esulano, di conseguenza, dalla mera gestione e non possono appartenere alla
competenza dei dirigenti.
Per questa ragione non occorre, in conclusione, neppure stabilire se le norme
dell’allora vigente art. 45 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 80, cui si
riferisce, pur senza averle citate esplicitamente, la censura in discussione,
fossero direttamente applicabili nella organizzazione regionale dell’Abruzzo o
esigessero una norma di ridefinizione delle competenze della giunta e dei
dirigenti.
8. Alla stregua delle considerazioni esposte, va confermata la sentenza
impugnata.
9. Vi sono ragioni per disporre la compensazione delle spese del grado.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, respinge
l’appello n. 4688 del 2000.
Spese compensate.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione
Quinta), nella camera di consiglio, con l'intervento dei Signori:
Emidio Frascione Presidente
Giuseppe Farina rel. est. Consigliere
Paolo Buonvino Consigliere
Cesare Lamberti Consigliere
Nicolina Pullano Consigliere
L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE
IL SEGRETARIO
f.to Giuseppe Farina
f.to Emidio Frascione
f.to Gaetano Navarra
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 27 settembre 2004
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
1) Valutazione Impatto Ambientale - Rifiuti - Discarica di tipo 2 “B” e 2 “C” - Ipotesi di “autorizzazione di rinnovo” - Obbligo della V.I.A. - Sussiste - Esercizio delle attività di smaltimento o di recupero dei rifiuti - disciplina procedimentale - L.R. Abruzzo, n. 73/1996 e n. 65/1998. In tema di rifiuti, l’art. 2 della l. reg. Abruzzo 30 agosto 1996, n. 73, con il rinvio all’art. 4 della precedente legge regionale 22 novembre 1993, n. 65, dispone che, anche in ipotesi di “autorizzazione di rinnovo”, si deve far luogo alla valutazione di impatto ambientale per le discariche di tipo 2B e 2C previste, nel richiamato art. 4. Inoltre, la l. reg. 10 marzo 1998, n. 15, all’art. 10, comma 2, riconduce sotto la medesima disciplina procedimentale sia le domande di autorizzazione all’esercizio delle attività di smaltimento o di recupero dei rifiuti, sia le domande di “rinnovo o proroga delle stesse”, sicché non se ne possono trarre argomenti per disattendere la tesi della inapplicabilità della V.I.A.. Nella specie, la Giunta ha esattamente concluso nel senso dell’applicabilità dell’art. 2 della l. reg. 73/96, sulla esigenza della V.I.A.. Pres. Frascione - Est. Farina - s.r.l. SMI Società Meridionale Inerti (avv. Scoca e Pelillo) c. Regione Abruzzo (Avvocatura generale dello Stato) e altro (conferma T.A.R. Abruzzo, sede staccata di Pescara, n. 903/99). CONSIGLIO DI STATO Sez. V, 27 settembre 2004, Sentenza n. 6301
2) Rifiuti - Rinnovo o proroga delle autorizzazioni dell’esercizio di discariche - Configurazione giuridica - Varianti sostanziali che introducono modifiche al progetto della discarica - Competenza dei dirigenti - Esclusione - Rinnovazione dell’intera disciplina procedimentale - Necessità. Le attività decisorie e conclusive inerenti al rinnovo o proroga delle autorizzazioni all’esercizio di discarica, insieme a quelle inerenti al rilascio di prima autorizzazione, allora regolate dall’art. 10 della l. reg. Abruzzo n. 15 del 1998, non sono e non erano configurabili come semplici attività di gestione. Nella specie, l’art. 10 stabiliva che anche le domande di rinnovo o di proroga fossero presentate alla Giunta. Sicché il procedimento ivi disciplinato riguardava anche i rinnovi o le proroghe. L’articolo in esame non contempla la sola attività di gestione, come è reso palese dai richiami al decreto legislativo 3 febbraio 1997, n. 22, e in particolare all’art. 27, comma 8 (realizzazione di varianti sostanziali che comportano modifiche che derogano alla conformità all’autorizzazione rilasciata), ed all’art. 31, comma 6 (recupero di rifiuti non individuati, in impianti autorizzati ai sensi dello stesso articolo). Pertanto, le varianti sostanziali che introducono modifiche al progetto della discarica sono soggette alla rinnovazione dell’intera disciplina procedimentale. Infine, l’approvazione del progetto di discarica – secondo l’art. 8, comma 2, della stessa l. reg. Abruzzo n. 13/98 – non solo sostituisce visti, pareri, autorizzazioni e concessioni di organi regionali, provinciali e regionali, ma, se occorre, costituisce variante dello strumento urbanistico comunale. Queste attività concernono l’assetto generale del territorio comunale e sono, perciò, da ricondurre fra quelle di indirizzo politico-amministrativo. Esulano, di conseguenza, dalla mera gestione e non possono appartenere alla competenza dei dirigenti. Pres. Frascione - Est. Farina - s.r.l. SMI Società Meridionale Inerti (avv. Scoca e Pelillo) c. Regione Abruzzo (Avvocatura generale dello Stato) e altro (conferma T.A.R. Abruzzo, sede staccata di Pescara, n. 903/99). CONSIGLIO DI STATO Sez. V, 27 settembre 2004, Sentenza n. 6301
3) Pubblica amministrazione - Strumento cautelare in seno al processo amministrativo - Fondamento - Comportamento dell’Amministrazione. Il fine cui è preordinato lo strumento cautelare in seno al processo amministrativo è quello di porre impedimento a possibili danni non riparabili, derivanti dal tempo occorrente per la definizione del giudizio, di fronte alla immediata produzione di effetti del provvedimento o del comportamento dell’Amministrazione. Pertanto, quando un provvedimento sia fondato su una pluralità di ragioni, tutte egualmente idonee a sorreggerne la parte dispositiva, l’eventuale illegittimità di uno dei motivi presi in considerazione dall’Amministrazione non è sufficiente ad inficiare il provvedimento stesso. Pres. Frascione - Est. Farina - s.r.l. SMI Società Meridionale Inerti (avv. Scoca e Pelillo) c. Regione Abruzzo (Avvocatura generale dello Stato) e altro (conferma T.A.R. Abruzzo, sede staccata di Pescara, n. 903/99). CONSIGLIO DI STATO Sez. V, 27 settembre 2004, Sentenza n. 6301
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