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 Massime della sentenza

  

 

CONSIGLIO DI STATO Sez. V, 27 settembre 2004 (C.C. 24.02.2004), sentenza n. 6325
 

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

 

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta ANNO 2003 ha pronunciato la seguente


DECISIONE


- sul ricorso in appello nr. 11141/2003 R.G., proposto dal Comune di Como, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avv. Luigi Manzi, ed elettivamente domiciliato nel studio di questi in Roma, Via Confalonieri n. 5;
CONTRO
Ambrogio Moro S.p.A. nonché SIRAM S.p.A. in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, entrambe rappresentate e difese dall’avv. Sergio Carpinelli e Claudio Benucci ed elettivamente domiciliate nel studio di quest’ultimo in Roma, Via Cassiodoro n. 19;
e nei confronti di
ACSM S.p.A., nella sua qualità di mandataria di Centrogas La Spezia S.p.A. e Manutencoop Coop. a r. l., in persona del legale rappresentante pro tempore, non costituita;
per l’annullamento
della sentenza del T.A.R. Lombardia – Milano – Sez. III - n. 3088/2003 depositata in data 11 giugno 2003.
- sul ricorso in appello nr. 11192/2003 R.G., proposto dal di ACSM S.p.A., in proprio e nella sua qualità di mandataria di Centrogas La Spezia S.p.A. e Manutencoop Coop. a.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Alberto Sciumè e Luigi Manzi ed elettivamente domiciliata presso quest’ultimo in Roma, Via Confalonieri n. 5;
CONTRO
Ambrogio Moro S.p.A. nonché SIRAM S.p.A. in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, entrambe rappresentate e difese dall’avv. Sergio Carpinelli e Claudio Benucci ed elettivamente domiciliate nel studio di quest’ultimo in Roma, Via Cassiodoro n. 19;
e nei confronti di
Comune di Como, interveniente ad adiuvandum, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avv. Luigi Manzi, ed elettivamente domiciliato nel studio di questi in Roma, Via Confalonieri n. 5 ;
per l’annullamento
della sentenza del T.A.R. Lombardia – Milano – Sez. III - n. 3088/2003 depositata in data 11 giugno 2003.
Visti i ricorsi in appello con i relativi allegati;
Vista la costituzione in giudizio delle parti appellate;
Visto l’atto di intervento ad adiuvandum;
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
Visti gli atti tutti della causa;
Alla pubblica udienza del 24 febbraio 2004, relatore il consigliere Michele Corradino;
Uditi gli avv.ti Manzi, Benucci e Sciumè come da verbale d’udienza;


Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:


FATTO


Con la sentenza appellata il TAR Lombardia ha accolto il ricorso (iscritto al nr. 1591/2002) con cui la Ambrogio Moro S.p.A. e la SIRAM S.p.A. avevano gravato la determinazione 9.5.2002 della Commissione giudicatrice del Comune di Como per l’appalto indetto con bando di gara pubblicato in G.U. il 4.2..2002 ed in G.U.C.E. il 16.2.2002 di “fornitura di energia, gestione, manutenzione, ordinaria e straordinaria, adeguamento normativo e riqualificazione tecnologica degli impianti termici a servizio degli edifici dell’Amministrazione comunale con prezzo base d’asta di Euro 35.437.5000,00 e con aggiudicazione in favore dell’offerta più vantaggiosa, indicendo a tal fine pubblico incanto ai sensi dell’art. 9, comma 1, lettera a) e 19, comma 1, lettera b) del D.Lgs. n. 358/1992, così come modificato dal D.Lgs. n. 402/1998” che ha ammesso alla gara le società raggruppate in ATI ACSM S.p.A., Centrogas La Spezia S.p.A. e Manutencoop Coop. a r. l., a scioglimento della riserva di ammissione presa nella seduta del 18.3.2002; la determinazione 13.5.2002 di aggiudicazione provvisoria all’ATI ACSM S.p.A. dell’appalto; i provvedimenti successivi, nonché, con motivi aggiunti la determina 20.6.2002 Reg. gen. 1393 del Dirigente del Settore Tecnologico del Comune di Como con cui è stato aggiudicato in via definitiva l’appalto; la determina 15.10.2002 Reg. gen. 1861 del dirigente del Centro di responsabilità Settore Reti-impianti tecnologici-protezione civile, con cui è stato integrato in via di autotutela il precedente provvedimento di aggiudicazione definitiva.


La sentenza è stata appellata dal Comune di Como (il quale ha spiegato intervento ad adiuvandum nel ricorso nr. 11192 R.G.) e dalla ACSM S.p.A., in proprio e nella sua qualità di mandataria di Centrogas La Spezia S.p.A. e Manutencoop Coop. a r. l., che contrastano le argomentazioni del TAR Lombardia.


La Ambrogio Moro S.p.A. e la SIRAM S.p.A. si sono costituite per resistere all’appello.


Alla pubblica udienza del 24 febbraio 2004, il ricorso veniva trattenuto per la decisione.


DIRITTO


Gli appelli sono fondati, e conseguentemente va annullata la pronuncia gravata.


1. In primo luogo, va disposta la riunione dei ricorsi attesa l’evidente connessione oggettiva e soggettiva.


2. Per una migliore intelligenza dei motivi prospettati con i due ricorsi in appello appare opportuno richiamare, sommariamente, la vicenda per cui è causa.
Il Comune di Como, con bando di gara pubblicato in G.U. il 4.2.2002 ed in G.U.C.E. il 16.2.2002, ha indetto un appalto per l’aggiudicazione, all’offerta più vantaggiosa ai sensi del D.Lgs. n. 358/1992 e successive modifiche, del contratto per la fornitura di energia, nonché per la gestione, la manutenzione, ordinaria e straordinaria, l’adeguamento normativo e la riqualificazione tecnologica, degli impianti termici a servizio degli edifici dell’Amministrazione comunale. Il prezzo base d’asta fissato per l’appalto in esame, avente oggetto misto di fornitura di combustibile (parte economicamente prevalente), di gestione del servizio di riscaldamento e di effettuazione di opere di adeguamento degli impianti, è stato fissato in Euro 35.437.5000,00. La Ambrogio Moro s.p.a. e la Siram s.p.a. hanno partecipato alla gara formulando, in seduta, ampie riserve circa l’ammissibilità dell’offerta della ATI capeggiata dalla ACSM s.p.a., che è stata, quindi, prima ammessa con riserva, e poi definitivamente ammessa in conformità al parere dell’Ufficio legale del Comune, conseguendo l’aggiudicazione dell’appalto. Le ricorrenti hanno quindi impugnato gli atti di gara davanti al TAR Lombardia, deducendo numerose censure, avverso la mancata esclusione della controinteressata, ritenuta doverosa in relazione sia ai suoi vincoli di soggetto a partecipazione pubblica preposto alla gestione di servizi pubblici locali, sia all’incompatibilità discendente dalla sua prevalente partecipazione da parte dello stesso Comune appaltante, sia infine alla mancanza dei prescritti requisiti. Successivamente alla proposizione del ricorso, l’amministrazione ha chiesto dalla controinteressata di giustificare la anomalia delle propria offerta e di comprovare il possesso dei prescritti requisiti, aggiudicando poi definitivamente in suo favore. L’aggiudicazione definitiva è stata a sua volta impugnata con motivi aggiunti, richiamando le precedenti censure e proponendone di nuove, attinenti in particolare alla predetta verifica di anomalia, ritenuta del tutto inadeguata, ed alla contraddittorietà e mancanza di motivazione del provvedimento finale. A seguito della notifica dei predetti motivi aggiunti l’amministrazione comunale ha adottato la nuova determina 15.10.2002 Reg. gen. 1861, questa volta a firma del dirigente del Centro di responsabilità Settore Reti-impianti tecnologici-protezione civile, integrando in via di autotutela il precedente provvedimento di aggiudicazione definitiva. Anche tale ulteriore atto è stato impugnato con nuovi motivi aggiunti dalla ricorrente, che ha in particolare affermato la sua non consentita natura di integrazione postuma del provvedimento precedentemente impugnato. Nel giudizio di primo grado, nel merito, il Comune ha affermato che non vi sarebbe alcun ostacolo né normativo né contrattuale alla partecipazione di ACSM S.p.A. alla gara ed alla sua aggiudicazione dell’appalto, confutando ampiamente la ricostruzione giuridica di parte ricorrente. Anche la controinteressata ACSM s.p.a., intervenuta in giudizio, ha argomentato l’assenza di limiti all’attività delle società miste con partecipazione pubblica, in conformità alla scelta legislativa di consentire agli enti locali di creare o partecipare società miste per la gestione dei servizi pubblici locali, servizi che peraltro non potrebbero esaurire l’autonomia e capacità imprenditoriale di tali soggetti, secondo la disciplina privatistica che, in mancanza di diversa previsione, dovrebbe trovare applicazione in tale fattispecie. Come rilevato sopra, il Giudice di primo grado ha accolto il ricorso con cui la Ambrogio Moro S.p.A. e la SIRAM S.p.A. avevano gravato i richiamati provvedimenti amministrativi.


3. Per un preciso inquadramento giuridico della esposta vicenda appare opportuno richiamare la giurisprudenza di questa Sezione (cfr. Consiglio di Stato, sez. V, 18 ottobre 2001, n. 5515) sull’attività extraterritoriale delle aziende speciali, perché, nonostante l’apparente estraneità alla questione giuridica sottoposta all’esame di questo Collegio, essa si rivela foriera di interessanti precipitati sul tema in oggetto. Nella citata decisione venne affermato che <<il Comune può legittimamente avvalersi dell’azienda speciale di altro Comune per la gestione di un proprio servizio, a seguito di convenzione stipulata nel contesto della citata normativa, giungendosi ad affermare che, sulla base del combinato disposto dell’art.5 DPR 902/86 e dell’art.24 l.142/90, può delinearsi un modello procedimentale tipizzato (conclusione di un’intesa disciplinante aspetti predeterminati, deliberazione con maggioranza qualificata dell’estensione dell’attività dell’azienda speciale al territorio dell’altro ente locale) per l’adozione di una formula organizzatoria alternativa alla conclusione di contratti con imprese in concorrenza tra loro; un modello rispetto al quale l’applicazione della disciplina comunitaria in tema di procedure di appalto, posta a tutela del mercato e della concorrenza, può rimanere interdetta (Cons. Stato, V, 23 aprile 1998, nn. 475 e 477). E’ parimenti condivisibile la precisazione per cui l’azienda speciale del Comune non può partecipare ad una gara (oppure stipulare un contratto a trattativa privata) per l’affidamento della gestione di un servizio pubblico al di fuori del proprio territorio, salva proprio l’ipotesi di cui all'art. 5 D.P.R. 4 ottobre 1986 n. 902 (e quindi la possibilità di stipulare apposite convenzioni), in quanto essa è configurata come strumento attraverso il quale l'Ente locale svolge sì un’attività (pubblica) di carattere industriale ed economico, ma pur sempre nell’ambito dei fini predeterminati dalla legge (Cons. Stato, V, 20 marzo 2000, n. 1520). L'estensione dell’attività delle aziende speciali comunali al di fuori del territorio dell’Ente che le ha costituite, oltre a richiedere il rispetto delle regole procedimentali e dei limiti sostanziali posti da norme positive, presuppone, nondimeno, un collegamento funzionale tra il servizio eccedente l’ambito locale e le necessità della collettività locale. L’azienda speciale di un Comune può anche estendere il proprio servizio in un altro Comune, ma a patto che ciò realizzi un’integrazione funzionale della propria attività con quella del Comune vicino, sicché vengano in tal modo soddisfatte anche le esigenze della collettività stanziata sul territorio dell'Ente che l’ha costituita. Il Comune, pertanto, non può semplicemente “spogliarsi” di un servizio in favore di un’azienda istituita da un Comune viciniore (cfr. Cons. Stato, VI, 25 settembre 2000, n. 5011). […] Questa Sezione si è di recente soffermata circa le peculiarità dell’azienda speciale, come ente avvinto da un forte legame di strumentalità con l’ente locale istitutore, con le relative conseguenze anche sotto il profilo dell’interpretazione del nesso di funzionalità con la collettività di riferimento. Elementi di peculiarità che costituiscono un decisivo ostacolo al pur tentato processo di assimilazione delle società miste locali alle menzionate aziende speciali, anche ai fini dell’individuazione degli stringenti limiti da imporre all’attività extraterritoriale (cfr. amplius Cons. Stato, V, 3 settembre 2001, n. 4586). I suddetti limiti, nel caso delle aziende speciali, in effetti conseguono all’elemento della strumentalità, e sono le stesse norme, come osservato, ad indicare che il nesso eziologico che necessariamente deve sussistere tra le funzioni che è chiamata ad assolvere l'azienda speciale, quale ente strumentale del Comune che l’ha costituita, e la tutela degli interessi di cui sono portatori i cittadini residenti nel Comune stesso, può essere proteso verso l'esterno della stretta dimensione locale solo nei casi e con le modalità particolari normativamente previste dalle speciali disposizioni in tema di convenzioni (ed eventualmente di consorzi), ai sensi degli artt. 24 e 25 l.142/90 e del più volte menzionato art. 5 del DPR 902/86.


Le aziende speciali, al di fuori degli speciali moduli convenzionali e consorziali tra Enti locali previsti dalle norme di legge e regolamentari, non sono dunque legittimate a partecipare, in concorrenza con altri soggetti privati ed alla stregua di una qualsiasi impresa operante sul mercato, alle gare per l'appalto di pubblici servizi da svolgersi presso altri Enti locali>>.


La tesi è stata più di recente ribadita da Consiglio di Stato, Sez. V, n. 3448 del 25 giugno 2002, secondo cui <<né, ancora, possono evidenziarsi particolari problemi anche per quanto attiene alla dimensione territoriale di riferimento, relativamente alla quale la Sezione, con un ordito argomentativo che non è necessario ribadire in questa sede, ha in precedente occasione diffusamente discettato, rappresentando la necessità che per le società miste a maggioranza pubblica costituite appositamente per lo svolgimento di servizi pubblici si addivenga, a differenza del modello delle aziende speciali, ad una maggiore flessibilità nel dimensionare il vincolo funzionale, nel senso di valutarne gli effetti secondo i connotati del caso concreto, ammettendo così l'impegno extraterritoriale ove questo comporti apprezzabili ritorni di utilità e soprattutto non distolga in maniera rilevante risorse e mezzi dalla collettività di riferimento>>.


Invero, la più recente giurisprudenza del Consiglio di Stato (sentenza 3 settembre 2001, n. 4586), ha ritenuto insussistente - alla luce della natura delle società miste - i limiti all’attività extraterritoriale delle stesse, esigendo soltanto che detta attività non incida negativamente sulla gestione del servizio affidato dal Comune. Questa interpretazione è stata corroborata dal comma 2 dell’art. 35 della legge 28 dicembre 2001, n. 448 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - legge finanziaria 2002), nella parte in cui prevede che a far tempo dalla scadenza del periodo transitorio <<è comunque vietato alle società di capitali in cui la partecipazione pubblica è superiore al 50 per cento, se ancora affidatarie, di partecipare ad attività imprenditoriali al di fuori del proprio terreno>>; il che significherebbe, a contrario, che prima di tale disposizione non vi era alcun divieto di attività extra moenia da parte delle s.p.a. a partecipazione maggioritaria pubblica.


Dai richiamati arresti giurisprudenziali concernenti limitazioni territoriali all’attività delle aziende speciali e delle società miste, si evince (trasponendo le considerazioni svolte sul piano territoriale a quello funzionale) che mentre l’azienda speciale è configurabile quale ente strumentale del Comune, nell’apparato organizzativo di questo compiutamente integrata, la società mista pubblico-privata è, innanzitutto, un soggetto imprenditoriale, rientrante nello schema organizzativo gestionale proprio delle società di capitali e, pertanto, non sottoposto alle limitazioni di attività cui soggiacciono le aziende speciali. Alla luce di tale ricostruzione, è possibile affermare che l’ordinamento giuridico non pone, in linea di principio, alcun limite all’assunzione, da parte delle società miste, di compiti ultronei alla mission istituzionale assegnata dall’ente locale.


4. Il decisum del Giudice di primo grado si incentra nella valorizzazione dello stato giuridico differenziato delle società de quibus, stato giuridico asseritamene idoneo a favorirle nel confronto con le imprese private, sì da escludere in radice la possibilità stessa di partecipare alle gare pubbliche, in considerazione della natura del rapporto che lega le prefate società alla stazione appaltante.


Va tuttavia osservato che il Trattato di Roma (art. 86) e la direttiva CEE 92/50 art. 1, lett. C), prevedono però che le Società pubbliche possano agire in regime di parità di trattamento con le imprese private e che tra i prestatori di servizi sono inclusi i soggetti pubblici che forniscono servizi con il che è esclusa ogni limitazione alla facoltà dei soggetti pubblici fornitori di servizi di partecipare alle gare pubbliche. Correttamente gli appellanti citano una recente pronuncia della Corte di Giustizia secondo cui gli organismi che beneficiano di sovvenzioni (per quel che qui può interessare sotto forma di sottoscrizione del capitale) sono ammessi al confronto concorrenziale secondo le regole comunitarie senza che vi sia alterazione della regola della parità di trattamento. In particolare nella prefata decisione comunitaria, veniva sostenuto da una parte che <<le direttive comunitarie che si applicano nel settore degli appalti pubblici partono dal principio che la concorrenza tra offerenti deve avvenire in condizioni normali di mercato, cioè senza che questo sia falsato, in particolare, dall'intervento dello Stato membro interessato. E' quanto risulterebbe dal Trattato, che vieta in via di principio le restrizioni della concorrenza imputabili sia alle imprese private sia agli Stati membri. Questo risulterebbe anche dalle direttive stesse: in applicazione degli artt. 37 della direttiva 92/50 e 34, n. 5, della direttiva del Consiglio 14 giugno 1993, 93/38/CEE, che coordina le procedure di appalto degli enti erogatori di acqua e di energia, degli enti che forniscono servizi di trasporto nonché degli enti che operano nel settore delle telecomunicazioni (GU. L 199, pag. 84), l'amministrazione aggiudicatrice dovrebbe innanzi tutto esaminare più in particolare le offerte anormalmente basse, che si sospetta siano state rese possibili a causa della concessione di un aiuto. Secondo l'ARGE, se il legislatore avesse ritenuto che la partecipazione di imprese e di organismi sovvenzionati a procedure di aggiudicazione fosse ammissibile, tali disposizioni sarebbero state superflue. Secondo l'ARGE, la partecipazione di offerenti che beneficiano di sovvenzioni pubbliche comporta necessariamente una disparità di trattamento e una discriminazione dell'offerente non sovvenzionato nell'ambito della determinazione del migliore offerente. In definitiva, l'illegittimità di una tale partecipazione risulterebbe dalla finalità della direttiva 92/50, espressa dal ventesimo considerando, cioè l'eliminazione delle pratiche che restringono la concorrenza in generale e limitano in particolare la partecipazione di cittadini di altri Stati membri agli appalti>>.


Nel citato procedimento, i governi austriaco e francese, nonché la Commissione, hanno sostenuto che il principio della parità di trattamento non è violato per il solo motivo che le amministrazioni aggiudicatrici ammettono la partecipazione ad un procedimento di aggiudicazione di un appalto pubblico di organismi che beneficiano di sovvenzioni che consentono loro di presentare offerte a prezzi notevolmente inferiori a quelli degli altri offerenti non sovvenzionati: <<infatti, se il legislatore comunitario avesse avuto l'intenzione di obbligare le amministrazioni aggiudicatrici ad escludere tali offerenti, l'avrebbe espressamente indicato […] E' sufficiente quindi risolvere la prima questione pregiudiziale nel senso che il principio di parità di trattamento degli offerenti di cui alla direttiva 92/50 non è violato per il solo fatto che l'amministrazione aggiudicatrice ammette a partecipare ad una procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico di servizi organismi che ricevono, da essa stessa o da altre amministrazioni aggiudicatrici, sovvenzioni, indipendentemente dalla loro natura, che consentono a questi organismi di presentare offerte a prezzi notevolmente inferiori a quelli degli altri offerenti che non beneficiano di tali sovvenzioni>> (Corte Giustizia CE, 7 dicembre 2000, Arge Gewasserschutz c. Bundesministerium fur Land und Forstwirtschaft).


Il Collegio condivide, altresì, l’orientamento del Consiglio di Giustizia amministrativa per la regione siciliana, espresso nella decisione n. 692/2002, secondo cui la circostanza che una delle imprese associate al raggruppamento (escluso dalla gara, nella vicenda esaminata dal C.G.A.R.S.) è partecipata in ragione del 51% del capitale sociale dalla stessa amministrazione appaltante è irrilevante non essendo contemplata da alcuna norma come elemento ostativo alla partecipazione ad una pubblica gara d’appalto indetta dall’ente titolare della partecipazione di maggioranza; né, in difetto, a tale risultato può pervenirsi in diretta applicazione dei principi costituzionali di imparzialità e trasparenza dell’azione amministrativa nonché dei principi generali di concorrenzialità e par condicio nelle procedure ad evidenza pubblica, o ancora in base ad una pretesa applicazione (estensiva o analogica) di principi di diritto -in particolare quello relativo al divieto di partecipazione contemporanea ad una medesima gara di imprese legate fra loro da un rapporto di collegamento o di controllo ex art. 2359 c.c.- pertinenti a fattispecie del tutto eterogenee rispetto a quella oggetto di giudizio, e volti a tutelare interessi qualitativamente diversi da quello posto a fondamento dall’impugnato provvedimento di esclusione (tale, in particolare, l’esigenza di garantire la segretezza delle offerte e di evitare la presentazione di offerte tra loro concordate). Al fine di confutare tale impostazione logica, è sufficiente constatare come, in presenza della costituzione di una società mista a partecipazione pubblica maggioritaria, l’esperimento di una procedura di gara ai fini dell’aggiudicazione di un servizio inerente all’oggetto sociale rappresenta già di per sé una garanzia aggiuntiva rispetto alla possibilità, espressamente riconosciuta dall’ordinamento e del resto logicamente sottesa alla scelta dell’amministrazione relativa alle modalità di organizzazione e gestione del servizio di cui trattasi, di affidamento diretto del medesimo alla società all’uopo costituita>> (Cons. giust. amm. Sicilia, sez. giurisd., 24 dicembre 2002, n. 692).


5. Va, altresì, segnalato, nell’ottica della parificazione delle società in esame ai privati operatori, che l’Autorità per la vigilanza sui Lavori pubblici, con deliberazione n. 325 del 20 novembre 2002, ribaltando il proprio orientamento espresso nel comunicato alle SOA del 28 settembre 2001, n. 14 (con cui formulava l’indicazione secondo cui le società miste, costituite da comuni e province per la gestione dei servizi pubblici locali, non potessero conseguire l’attestazione di qualificazione), ha ritenuto che a <<decorrere dalla data di entrata in vigore (18 agosto 2002) della legge 166/2002 che ha soppresso l’obbligo cosiddetto di “esternalizzazione” dei lavori, anche tali società miste costituite ai sensi degli artt. 113, 113-bis e 116 del T.U. di cui al D.Lgs. 267/2000, in quanto organizzate in forma di impresa, possono conseguire l’attestazione di qualificazione>> (anche in base all’ulteriore presupposto per il quale <<il nuovo art. 113 del T.U. sull’ordinamento degli enti locali di cui al D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267, quale modificato dall’art. 35 della legge 20 dicembre 2001, n. 448 (legge finanziaria 2002), prevede una equiparazione, da attivare progressivamente nel tempo, delle società miste che gestiscono servizi locali di rilevanza industriale, ai privati operatori>>).


Per le ragioni esposte, assorbito quant’altro, l’appello va accolto.


Sussistono giuste ragioni per compensare le spese di giudizio.


P.Q.M.


Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, riunisce i ricorsi.
Accoglie i ricorsi e per l’effetto annulla la sentenza impugnata.
Spese compensate.


Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella Camera di Consiglio del 24 Febbraio 2004 con l’intervento dei Sigg.ri:
Presidente Emidio Frascione
Consigliere Chiarenza Millemaggi Cogliani
Consigliere Paolo Buonvino
Cons Cesare Lamberti
Consigliere Michele Corradino Estensore



L'ESTENSORE                                     IL PRESIDENTE                                  IL SEGRETARIO                                         IL DIRIGENTE
f.to Michele Corradino                            f.to Emidio Frascione                           f.to Gaetano Navarra                                    f.to Antonio Natale

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 27 settembre 2004
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)

 

M A S S I M E

 

Sentenza per esteso

 

1) Appalti - Azienda speciale - Partecipazione gara fuori del territorio dell’Ente - Presupposti - Limiti - Possibilità di stipulare apposite convenzioni - Estensione dell’attività delle aziende speciali comunali al di fuori del territorio dell’Ente - Collegamento funzionale tra servizio e collettività locale - Necessità. L’azienda speciale del Comune non può partecipare ad una gara (oppure stipulare un contratto a trattativa privata) per l’affidamento della gestione di un servizio pubblico al di fuori del proprio territorio, salva proprio l’ipotesi di cui all'art. 5 D.P.R. 4 ottobre 1986 n. 902 (e quindi la possibilità di stipulare apposite convenzioni), in quanto essa è configurata come strumento attraverso il quale l'Ente locale svolge sì un’attività (pubblica) di carattere industriale ed economico, ma pur sempre nell’ambito dei fini predeterminati dalla legge (Cons. Stato, V, 20 marzo 2000, n. 1520). L'estensione dell’attività delle aziende speciali comunali al di fuori del territorio dell’Ente che le ha costituite, oltre a richiedere il rispetto delle regole procedimentali e dei limiti sostanziali posti da norme positive, presuppone, nondimeno, un collegamento funzionale tra il servizio eccedente l’ambito locale e le necessità della collettività locale. L’azienda speciale di un Comune può anche estendere il proprio servizio in un altro Comune, ma a patto che ciò realizzi un’integrazione funzionale della propria attività con quella del Comune vicino, sicché vengano in tal modo soddisfatte anche le esigenze della collettività stanziata sul territorio dell'Ente che l’ha costituita. Il Comune, pertanto, non può semplicemente “spogliarsi” di un servizio in favore di un’azienda istituita da un Comune viciniore (cfr. Cons. Stato, VI, 25 settembre 2000, n. 5011). (Annulla T.A.R. Lombardia – Milano – Sez. III - n. 3088/2003 depositata in data 11 giugno 2003. CONSIGLIO DI STATO Sez. V, 27 settembre 2004 (C.C. 24 Febbraio 2004), sentenza n. 6325

2) Appalti - Azienda speciale - Speciali moduli convenzionali e consorziali tra Enti locali. Le aziende speciali, al di fuori degli speciali moduli convenzionali e consorziali tra Enti locali previsti dalle norme di legge e regolamentari, non sono legittimate a partecipare, in concorrenza con altri soggetti privati ed alla stregua di una qualsiasi impresa operante sul mercato, alle gare per l'appalto di pubblici servizi da svolgersi presso altri Enti locali. (Annulla T.A.R. Lombardia – Milano – Sez. III - n. 3088/2003 depositata in data 11 giugno 2003). CONSIGLIO DI STATO Sez. V, 27 settembre 2004 (C.C. 24 Febbraio 2004), sentenza n. 6325

3) Appalti - Costituzione di una società mista a partecipazione pubblica maggioritaria - Aggiudicazione di un servizio - Affidamento diretto. In presenza della costituzione di una società mista a partecipazione pubblica maggioritaria, l’esperimento di una procedura di gara ai fini dell’aggiudicazione di un servizio inerente all’oggetto sociale rappresenta già di per sé una garanzia aggiuntiva rispetto alla possibilità, espressamente riconosciuta dall’ordinamento e del resto logicamente sottesa alla scelta dell’amministrazione relativa alle modalità di organizzazione e gestione del servizio di cui trattasi, di affidamento diretto del medesimo alla società all’uopo costituita. (Cons. giust. amm. Sicilia, sez. giurisd., 24 dicembre 2002, n. 692). (Annulla T.A.R. Lombardia – Milano – Sez. III - n. 3088/2003 depositata in data 11 giugno 2003). CONSIGLIO DI STATO Sez. V, 27 settembre 2004 (C.C. 24 Febbraio 2004), sentenza n. 6325

4) Pubblica Amministrazione - Azienda speciale - Ente strumentale del Comune - Società mista pubblico-privata - Soggetto imprenditoriale - Configurazione. L’azienda speciale è configurabile quale ente strumentale del Comune, nell’apparato organizzativo di questo compiutamente integrata, mentre la società mista pubblico-privata è, innanzitutto, un soggetto imprenditoriale, rientrante nello schema organizzativo gestionale proprio delle società di capitali e, pertanto, non sottoposto alle limitazioni di attività cui soggiacciono le aziende speciali. Alla luce di tale ricostruzione, è possibile affermare che l’ordinamento giuridico non pone, in linea di principio, alcun limite all’assunzione, da parte delle società miste, di compiti ultronei alla mission istituzionale assegnata dall’ente locale. (Annulla T.A.R. Lombardia – Milano – Sez. III - n. 3088/2003 depositata in data 11 giugno 2003). CONSIGLIO DI STATO Sez. V, 27 settembre 2004 (C.C. 24 Febbraio 2004), sentenza n. 6325

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