Per altre sentenze vedi: Sentenze per esteso
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta ANNO 2003 ha pronunciato la seguente
DECISIONE
- sul ricorso in appello nr. 11141/2003 R.G., proposto dal Comune di
Como, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso
dall’avv. Luigi Manzi, ed elettivamente domiciliato nel studio di questi in
Roma, Via Confalonieri n. 5;
CONTRO
Ambrogio Moro S.p.A. nonché SIRAM S.p.A. in persona dei rispettivi legali
rappresentanti pro tempore, entrambe rappresentate e difese dall’avv. Sergio
Carpinelli e Claudio Benucci ed elettivamente domiciliate nel studio di quest’ultimo
in Roma, Via Cassiodoro n. 19;
e nei confronti di
ACSM S.p.A., nella sua qualità di mandataria di Centrogas La Spezia S.p.A. e
Manutencoop Coop. a r. l., in persona del legale rappresentante pro tempore, non
costituita;
per l’annullamento
della sentenza del T.A.R. Lombardia – Milano – Sez. III - n. 3088/2003
depositata in data 11 giugno 2003.
- sul ricorso in appello nr. 11192/2003 R.G., proposto dal di ACSM S.p.A., in
proprio e nella sua qualità di mandataria di Centrogas La Spezia S.p.A. e
Manutencoop Coop. a.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore,
rappresentata e difesa dagli avvocati Alberto Sciumè e Luigi Manzi ed
elettivamente domiciliata presso quest’ultimo in Roma, Via Confalonieri n. 5;
CONTRO
Ambrogio Moro S.p.A. nonché SIRAM S.p.A. in persona dei rispettivi legali
rappresentanti pro tempore, entrambe rappresentate e difese dall’avv. Sergio
Carpinelli e Claudio Benucci ed elettivamente domiciliate nel studio di quest’ultimo
in Roma, Via Cassiodoro n. 19;
e nei confronti di
Comune di Como, interveniente ad adiuvandum, in persona del legale
rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avv. Luigi Manzi, ed
elettivamente domiciliato nel studio di questi in Roma, Via Confalonieri n. 5 ;
per l’annullamento
della sentenza del T.A.R. Lombardia – Milano – Sez. III - n. 3088/2003
depositata in data 11 giugno 2003.
Visti i ricorsi in appello con i relativi allegati;
Vista la costituzione in giudizio delle parti appellate;
Visto l’atto di intervento ad adiuvandum;
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
Visti gli atti tutti della causa;
Alla pubblica udienza del 24 febbraio 2004, relatore il consigliere Michele
Corradino;
Uditi gli avv.ti Manzi, Benucci e Sciumè come da verbale d’udienza;
Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:
FATTO
Con la sentenza appellata il TAR Lombardia ha accolto il ricorso (iscritto al nr.
1591/2002) con cui la Ambrogio Moro S.p.A. e la SIRAM S.p.A. avevano gravato la
determinazione 9.5.2002 della Commissione giudicatrice del Comune di Como per
l’appalto indetto con bando di gara pubblicato in G.U. il 4.2..2002 ed in
G.U.C.E. il 16.2.2002 di “fornitura di energia, gestione, manutenzione,
ordinaria e straordinaria, adeguamento normativo e riqualificazione tecnologica
degli impianti termici a servizio degli edifici dell’Amministrazione comunale
con prezzo base d’asta di Euro 35.437.5000,00 e con aggiudicazione in favore
dell’offerta più vantaggiosa, indicendo a tal fine pubblico incanto ai sensi
dell’art. 9, comma 1, lettera a) e 19, comma 1, lettera b) del D.Lgs. n.
358/1992, così come modificato dal D.Lgs. n. 402/1998” che ha ammesso alla gara
le società raggruppate in ATI ACSM S.p.A., Centrogas La Spezia S.p.A. e
Manutencoop Coop. a r. l., a scioglimento della riserva di ammissione presa
nella seduta del 18.3.2002; la determinazione 13.5.2002 di aggiudicazione
provvisoria all’ATI ACSM S.p.A. dell’appalto; i provvedimenti successivi,
nonché, con motivi aggiunti la determina 20.6.2002 Reg. gen. 1393 del Dirigente
del Settore Tecnologico del Comune di Como con cui è stato aggiudicato in via
definitiva l’appalto; la determina 15.10.2002 Reg. gen. 1861 del dirigente del
Centro di responsabilità Settore Reti-impianti tecnologici-protezione civile,
con cui è stato integrato in via di autotutela il precedente provvedimento di
aggiudicazione definitiva.
La sentenza è stata appellata dal Comune di Como (il quale ha spiegato
intervento ad adiuvandum nel ricorso nr. 11192 R.G.) e dalla ACSM S.p.A., in
proprio e nella sua qualità di mandataria di Centrogas La Spezia S.p.A. e
Manutencoop Coop. a r. l., che contrastano le argomentazioni del TAR Lombardia.
La Ambrogio Moro S.p.A. e la SIRAM S.p.A. si sono costituite per resistere
all’appello.
Alla pubblica udienza del 24 febbraio 2004, il ricorso veniva trattenuto per la
decisione.
DIRITTO
Gli appelli sono fondati, e conseguentemente va annullata la pronuncia gravata.
1. In primo luogo, va disposta la riunione dei ricorsi attesa l’evidente
connessione oggettiva e soggettiva.
2. Per una migliore intelligenza dei motivi prospettati con i due ricorsi in
appello appare opportuno richiamare, sommariamente, la vicenda per cui è causa.
Il Comune di Como, con bando di gara pubblicato in G.U. il 4.2.2002 ed in
G.U.C.E. il 16.2.2002, ha indetto un appalto per l’aggiudicazione, all’offerta
più vantaggiosa ai sensi del D.Lgs. n. 358/1992 e successive modifiche, del
contratto per la fornitura di energia, nonché per la gestione, la manutenzione,
ordinaria e straordinaria, l’adeguamento normativo e la riqualificazione
tecnologica, degli impianti termici a servizio degli edifici
dell’Amministrazione comunale. Il prezzo base d’asta fissato per l’appalto in
esame, avente oggetto misto di fornitura di combustibile (parte economicamente
prevalente), di gestione del servizio di riscaldamento e di effettuazione di
opere di adeguamento degli impianti, è stato fissato in Euro 35.437.5000,00. La
Ambrogio Moro s.p.a. e la Siram s.p.a. hanno partecipato alla gara formulando,
in seduta, ampie riserve circa l’ammissibilità dell’offerta della ATI capeggiata
dalla ACSM s.p.a., che è stata, quindi, prima ammessa con riserva, e poi
definitivamente ammessa in conformità al parere dell’Ufficio legale del Comune,
conseguendo l’aggiudicazione dell’appalto. Le ricorrenti hanno quindi impugnato
gli atti di gara davanti al TAR Lombardia, deducendo numerose censure, avverso
la mancata esclusione della controinteressata, ritenuta doverosa in relazione
sia ai suoi vincoli di soggetto a partecipazione pubblica preposto alla gestione
di servizi pubblici locali, sia all’incompatibilità discendente dalla sua
prevalente partecipazione da parte dello stesso Comune appaltante, sia infine
alla mancanza dei prescritti requisiti. Successivamente alla proposizione del
ricorso, l’amministrazione ha chiesto dalla controinteressata di giustificare la
anomalia delle propria offerta e di comprovare il possesso dei prescritti
requisiti, aggiudicando poi definitivamente in suo favore. L’aggiudicazione
definitiva è stata a sua volta impugnata con motivi aggiunti, richiamando le
precedenti censure e proponendone di nuove, attinenti in particolare alla
predetta verifica di anomalia, ritenuta del tutto inadeguata, ed alla
contraddittorietà e mancanza di motivazione del provvedimento finale. A seguito
della notifica dei predetti motivi aggiunti l’amministrazione comunale ha
adottato la nuova determina 15.10.2002 Reg. gen. 1861, questa volta a firma del
dirigente del Centro di responsabilità Settore Reti-impianti
tecnologici-protezione civile, integrando in via di autotutela il precedente
provvedimento di aggiudicazione definitiva. Anche tale ulteriore atto è stato
impugnato con nuovi motivi aggiunti dalla ricorrente, che ha in particolare
affermato la sua non consentita natura di integrazione postuma del provvedimento
precedentemente impugnato. Nel giudizio di primo grado, nel merito, il Comune ha
affermato che non vi sarebbe alcun ostacolo né normativo né contrattuale alla
partecipazione di ACSM S.p.A. alla gara ed alla sua aggiudicazione dell’appalto,
confutando ampiamente la ricostruzione giuridica di parte ricorrente. Anche la
controinteressata ACSM s.p.a., intervenuta in giudizio, ha argomentato l’assenza
di limiti all’attività delle società miste con partecipazione pubblica, in
conformità alla scelta legislativa di consentire agli enti locali di creare o
partecipare società miste per la gestione dei servizi pubblici locali, servizi
che peraltro non potrebbero esaurire l’autonomia e capacità imprenditoriale di
tali soggetti, secondo la disciplina privatistica che, in mancanza di diversa
previsione, dovrebbe trovare applicazione in tale fattispecie. Come rilevato
sopra, il Giudice di primo grado ha accolto il ricorso con cui la Ambrogio Moro
S.p.A. e la SIRAM S.p.A. avevano gravato i richiamati provvedimenti
amministrativi.
3. Per un preciso inquadramento giuridico della esposta vicenda appare opportuno
richiamare la giurisprudenza di questa Sezione (cfr. Consiglio di Stato, sez. V,
18 ottobre 2001, n. 5515) sull’attività extraterritoriale delle aziende
speciali, perché, nonostante l’apparente estraneità alla questione giuridica
sottoposta all’esame di questo Collegio, essa si rivela foriera di interessanti
precipitati sul tema in oggetto. Nella citata decisione venne affermato che <<il
Comune può legittimamente avvalersi dell’azienda speciale di altro Comune per la
gestione di un proprio servizio, a seguito di convenzione stipulata nel contesto
della citata normativa, giungendosi ad affermare che, sulla base del combinato
disposto dell’art.5 DPR 902/86 e dell’art.24 l.142/90, può delinearsi un modello
procedimentale tipizzato (conclusione di un’intesa disciplinante aspetti
predeterminati, deliberazione con maggioranza qualificata dell’estensione
dell’attività dell’azienda speciale al territorio dell’altro ente locale) per
l’adozione di una formula organizzatoria alternativa alla conclusione di
contratti con imprese in concorrenza tra loro; un modello rispetto al quale
l’applicazione della disciplina comunitaria in tema di procedure di appalto,
posta a tutela del mercato e della concorrenza, può rimanere interdetta (Cons.
Stato, V, 23 aprile 1998, nn. 475 e 477). E’ parimenti condivisibile la
precisazione per cui l’azienda speciale del Comune non può partecipare ad una
gara (oppure stipulare un contratto a trattativa privata) per l’affidamento
della gestione di un servizio pubblico al di fuori del proprio territorio, salva
proprio l’ipotesi di cui all'art. 5 D.P.R. 4 ottobre 1986 n. 902 (e quindi la
possibilità di stipulare apposite convenzioni), in quanto essa è configurata
come strumento attraverso il quale l'Ente locale svolge sì un’attività
(pubblica) di carattere industriale ed economico, ma pur sempre nell’ambito dei
fini predeterminati dalla legge (Cons. Stato, V, 20 marzo 2000, n. 1520).
L'estensione dell’attività delle aziende speciali comunali al di fuori del
territorio dell’Ente che le ha costituite, oltre a richiedere il rispetto delle
regole procedimentali e dei limiti sostanziali posti da norme positive,
presuppone, nondimeno, un collegamento funzionale tra il servizio eccedente
l’ambito locale e le necessità della collettività locale. L’azienda speciale di
un Comune può anche estendere il proprio servizio in un altro Comune, ma a patto
che ciò realizzi un’integrazione funzionale della propria attività con quella
del Comune vicino, sicché vengano in tal modo soddisfatte anche le esigenze
della collettività stanziata sul territorio dell'Ente che l’ha costituita. Il
Comune, pertanto, non può semplicemente “spogliarsi” di un servizio in favore di
un’azienda istituita da un Comune viciniore (cfr. Cons. Stato, VI, 25 settembre
2000, n. 5011). […] Questa Sezione si è di recente soffermata circa le
peculiarità dell’azienda speciale, come ente avvinto da un forte legame di
strumentalità con l’ente locale istitutore, con le relative conseguenze anche
sotto il profilo dell’interpretazione del nesso di funzionalità con la
collettività di riferimento. Elementi di peculiarità che costituiscono un
decisivo ostacolo al pur tentato processo di assimilazione delle società miste
locali alle menzionate aziende speciali, anche ai fini dell’individuazione degli
stringenti limiti da imporre all’attività extraterritoriale (cfr. amplius Cons.
Stato, V, 3 settembre 2001, n. 4586). I suddetti limiti, nel caso delle aziende
speciali, in effetti conseguono all’elemento della strumentalità, e sono le
stesse norme, come osservato, ad indicare che il nesso eziologico che
necessariamente deve sussistere tra le funzioni che è chiamata ad assolvere
l'azienda speciale, quale ente strumentale del Comune che l’ha costituita, e la
tutela degli interessi di cui sono portatori i cittadini residenti nel Comune
stesso, può essere proteso verso l'esterno della stretta dimensione locale solo
nei casi e con le modalità particolari normativamente previste dalle speciali
disposizioni in tema di convenzioni (ed eventualmente di consorzi), ai sensi
degli artt. 24 e 25 l.142/90 e del più volte menzionato art. 5 del DPR 902/86.
Le aziende speciali, al di fuori degli speciali moduli convenzionali e
consorziali tra Enti locali previsti dalle norme di legge e regolamentari, non
sono dunque legittimate a partecipare, in concorrenza con altri soggetti privati
ed alla stregua di una qualsiasi impresa operante sul mercato, alle gare per
l'appalto di pubblici servizi da svolgersi presso altri Enti locali>>.
La tesi è stata più di recente ribadita da Consiglio di Stato, Sez. V, n. 3448
del 25 giugno 2002, secondo cui <<né, ancora, possono evidenziarsi particolari
problemi anche per quanto attiene alla dimensione territoriale di riferimento,
relativamente alla quale la Sezione, con un ordito argomentativo che non è
necessario ribadire in questa sede, ha in precedente occasione diffusamente
discettato, rappresentando la necessità che per le società miste a maggioranza
pubblica costituite appositamente per lo svolgimento di servizi pubblici si
addivenga, a differenza del modello delle aziende speciali, ad una maggiore
flessibilità nel dimensionare il vincolo funzionale, nel senso di valutarne gli
effetti secondo i connotati del caso concreto, ammettendo così l'impegno
extraterritoriale ove questo comporti apprezzabili ritorni di utilità e
soprattutto non distolga in maniera rilevante risorse e mezzi dalla collettività
di riferimento>>.
Invero, la più recente giurisprudenza del Consiglio di Stato (sentenza 3
settembre 2001, n. 4586), ha ritenuto insussistente - alla luce della natura
delle società miste - i limiti all’attività extraterritoriale delle stesse,
esigendo soltanto che detta attività non incida negativamente sulla gestione del
servizio affidato dal Comune. Questa interpretazione è stata corroborata dal
comma 2 dell’art. 35 della legge 28 dicembre 2001, n. 448 (Disposizioni per la
formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - legge finanziaria
2002), nella parte in cui prevede che a far tempo dalla scadenza del periodo
transitorio <<è comunque vietato alle società di capitali in cui la
partecipazione pubblica è superiore al 50 per cento, se ancora affidatarie, di
partecipare ad attività imprenditoriali al di fuori del proprio terreno>>; il
che significherebbe, a contrario, che prima di tale disposizione non vi era
alcun divieto di attività extra moenia da parte delle s.p.a. a partecipazione
maggioritaria pubblica.
Dai richiamati arresti giurisprudenziali concernenti limitazioni territoriali
all’attività delle aziende speciali e delle società miste, si evince
(trasponendo le considerazioni svolte sul piano territoriale a quello
funzionale) che mentre l’azienda speciale è configurabile quale ente strumentale
del Comune, nell’apparato organizzativo di questo compiutamente integrata, la
società mista pubblico-privata è, innanzitutto, un soggetto imprenditoriale,
rientrante nello schema organizzativo gestionale proprio delle società di
capitali e, pertanto, non sottoposto alle limitazioni di attività cui
soggiacciono le aziende speciali. Alla luce di tale ricostruzione, è possibile
affermare che l’ordinamento giuridico non pone, in linea di principio, alcun
limite all’assunzione, da parte delle società miste, di compiti ultronei alla
mission istituzionale assegnata dall’ente locale.
4. Il decisum del Giudice di primo grado si incentra nella valorizzazione dello
stato giuridico differenziato delle società de quibus, stato giuridico
asseritamene idoneo a favorirle nel confronto con le imprese private, sì da
escludere in radice la possibilità stessa di partecipare alle gare pubbliche, in
considerazione della natura del rapporto che lega le prefate società alla
stazione appaltante.
Va tuttavia osservato che il Trattato di Roma (art. 86) e la direttiva CEE 92/50
art. 1, lett. C), prevedono però che le Società pubbliche possano agire in
regime di parità di trattamento con le imprese private e che tra i prestatori di
servizi sono inclusi i soggetti pubblici che forniscono servizi con il che è
esclusa ogni limitazione alla facoltà dei soggetti pubblici fornitori di servizi
di partecipare alle gare pubbliche. Correttamente gli appellanti citano una
recente pronuncia della Corte di Giustizia secondo cui gli organismi che
beneficiano di sovvenzioni (per quel che qui può interessare sotto forma di
sottoscrizione del capitale) sono ammessi al confronto concorrenziale secondo le
regole comunitarie senza che vi sia alterazione della regola della parità di
trattamento. In particolare nella prefata decisione comunitaria, veniva
sostenuto da una parte che <<le direttive comunitarie che si applicano nel
settore degli appalti pubblici partono dal principio che la concorrenza tra
offerenti deve avvenire in condizioni normali di mercato, cioè senza che questo
sia falsato, in particolare, dall'intervento dello Stato membro interessato. E'
quanto risulterebbe dal Trattato, che vieta in via di principio le restrizioni
della concorrenza imputabili sia alle imprese private sia agli Stati membri.
Questo risulterebbe anche dalle direttive stesse: in applicazione degli artt. 37
della direttiva 92/50 e 34, n. 5, della direttiva del Consiglio 14 giugno 1993,
93/38/CEE, che coordina le procedure di appalto degli enti erogatori di acqua e
di energia, degli enti che forniscono servizi di trasporto nonché degli enti che
operano nel settore delle telecomunicazioni (GU. L 199, pag. 84),
l'amministrazione aggiudicatrice dovrebbe innanzi tutto esaminare più in
particolare le offerte anormalmente basse, che si sospetta siano state rese
possibili a causa della concessione di un aiuto. Secondo l'ARGE, se il
legislatore avesse ritenuto che la partecipazione di imprese e di organismi
sovvenzionati a procedure di aggiudicazione fosse ammissibile, tali disposizioni
sarebbero state superflue. Secondo l'ARGE, la partecipazione di offerenti che
beneficiano di sovvenzioni pubbliche comporta necessariamente una disparità di
trattamento e una discriminazione dell'offerente non sovvenzionato nell'ambito
della determinazione del migliore offerente. In definitiva, l'illegittimità di
una tale partecipazione risulterebbe dalla finalità della direttiva 92/50,
espressa dal ventesimo considerando, cioè l'eliminazione delle pratiche che
restringono la concorrenza in generale e limitano in particolare la
partecipazione di cittadini di altri Stati membri agli appalti>>.
Nel citato procedimento, i governi austriaco e francese, nonché la Commissione,
hanno sostenuto che il principio della parità di trattamento non è violato per
il solo motivo che le amministrazioni aggiudicatrici ammettono la partecipazione
ad un procedimento di aggiudicazione di un appalto pubblico di organismi che
beneficiano di sovvenzioni che consentono loro di presentare offerte a prezzi
notevolmente inferiori a quelli degli altri offerenti non sovvenzionati:
<<infatti, se il legislatore comunitario avesse avuto l'intenzione di obbligare
le amministrazioni aggiudicatrici ad escludere tali offerenti, l'avrebbe
espressamente indicato […] E' sufficiente quindi risolvere la prima questione
pregiudiziale nel senso che il principio di parità di trattamento degli
offerenti di cui alla direttiva 92/50 non è violato per il solo fatto che
l'amministrazione aggiudicatrice ammette a partecipare ad una procedura di
aggiudicazione di un appalto pubblico di servizi organismi che ricevono, da essa
stessa o da altre amministrazioni aggiudicatrici, sovvenzioni, indipendentemente
dalla loro natura, che consentono a questi organismi di presentare offerte a
prezzi notevolmente inferiori a quelli degli altri offerenti che non beneficiano
di tali sovvenzioni>> (Corte Giustizia CE, 7 dicembre 2000, Arge Gewasserschutz
c. Bundesministerium fur Land und Forstwirtschaft).
Il Collegio condivide, altresì, l’orientamento del Consiglio di Giustizia
amministrativa per la regione siciliana, espresso nella decisione n. 692/2002,
secondo cui la circostanza che una delle imprese associate al raggruppamento
(escluso dalla gara, nella vicenda esaminata dal C.G.A.R.S.) è partecipata in
ragione del 51% del capitale sociale dalla stessa amministrazione appaltante è
irrilevante non essendo contemplata da alcuna norma come elemento ostativo alla
partecipazione ad una pubblica gara d’appalto indetta dall’ente titolare della
partecipazione di maggioranza; né, in difetto, a tale risultato può pervenirsi
in diretta applicazione dei principi costituzionali di imparzialità e
trasparenza dell’azione amministrativa nonché dei principi generali di
concorrenzialità e par condicio nelle procedure ad evidenza pubblica, o ancora
in base ad una pretesa applicazione (estensiva o analogica) di principi di
diritto -in particolare quello relativo al divieto di partecipazione
contemporanea ad una medesima gara di imprese legate fra loro da un rapporto di
collegamento o di controllo ex art. 2359 c.c.- pertinenti a fattispecie del
tutto eterogenee rispetto a quella oggetto di giudizio, e volti a tutelare
interessi qualitativamente diversi da quello posto a fondamento dall’impugnato
provvedimento di esclusione (tale, in particolare, l’esigenza di garantire la
segretezza delle offerte e di evitare la presentazione di offerte tra loro
concordate). Al fine di confutare tale impostazione logica, è sufficiente
constatare come, in presenza della costituzione di una società mista a
partecipazione pubblica maggioritaria, l’esperimento di una procedura di gara ai
fini dell’aggiudicazione di un servizio inerente all’oggetto sociale rappresenta
già di per sé una garanzia aggiuntiva rispetto alla possibilità, espressamente
riconosciuta dall’ordinamento e del resto logicamente sottesa alla scelta
dell’amministrazione relativa alle modalità di organizzazione e gestione del
servizio di cui trattasi, di affidamento diretto del medesimo alla società
all’uopo costituita>> (Cons. giust. amm. Sicilia, sez. giurisd., 24 dicembre
2002, n. 692).
5. Va, altresì, segnalato, nell’ottica della parificazione delle società in
esame ai privati operatori, che l’Autorità per la vigilanza sui Lavori pubblici,
con deliberazione n. 325 del 20 novembre 2002, ribaltando il proprio
orientamento espresso nel comunicato alle SOA del 28 settembre 2001, n. 14 (con
cui formulava l’indicazione secondo cui le società miste, costituite da comuni e
province per la gestione dei servizi pubblici locali, non potessero conseguire
l’attestazione di qualificazione), ha ritenuto che a <<decorrere dalla data di
entrata in vigore (18 agosto 2002) della legge 166/2002 che ha soppresso
l’obbligo cosiddetto di “esternalizzazione” dei lavori, anche tali società miste
costituite ai sensi degli artt. 113, 113-bis e 116 del T.U. di cui al D.Lgs.
267/2000, in quanto organizzate in forma di impresa, possono conseguire
l’attestazione di qualificazione>> (anche in base all’ulteriore presupposto per
il quale <<il nuovo art. 113 del T.U. sull’ordinamento degli enti locali di cui
al D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267, quale modificato dall’art. 35 della legge 20
dicembre 2001, n. 448 (legge finanziaria 2002), prevede una equiparazione, da
attivare progressivamente nel tempo, delle società miste che gestiscono servizi
locali di rilevanza industriale, ai privati operatori>>).
Per le ragioni esposte, assorbito quant’altro, l’appello va accolto.
Sussistono giuste ragioni per compensare le spese di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, riunisce i
ricorsi.
Accoglie i ricorsi e per l’effetto annulla la sentenza impugnata.
Spese compensate.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella Camera di Consiglio del 24 Febbraio 2004 con
l’intervento dei Sigg.ri:
Presidente Emidio Frascione
Consigliere Chiarenza Millemaggi Cogliani
Consigliere Paolo Buonvino
Cons Cesare Lamberti
Consigliere Michele Corradino Estensore
L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE
IL SEGRETARIO
IL DIRIGENTE
f.to Michele Corradino
f.to Emidio Frascione
f.to Gaetano Navarra
f.to Antonio Natale
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 27 settembre 2004
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
1) Appalti - Azienda speciale - Partecipazione gara fuori del territorio dell’Ente - Presupposti - Limiti - Possibilità di stipulare apposite convenzioni - Estensione dell’attività delle aziende speciali comunali al di fuori del territorio dell’Ente - Collegamento funzionale tra servizio e collettività locale - Necessità. L’azienda speciale del Comune non può partecipare ad una gara (oppure stipulare un contratto a trattativa privata) per l’affidamento della gestione di un servizio pubblico al di fuori del proprio territorio, salva proprio l’ipotesi di cui all'art. 5 D.P.R. 4 ottobre 1986 n. 902 (e quindi la possibilità di stipulare apposite convenzioni), in quanto essa è configurata come strumento attraverso il quale l'Ente locale svolge sì un’attività (pubblica) di carattere industriale ed economico, ma pur sempre nell’ambito dei fini predeterminati dalla legge (Cons. Stato, V, 20 marzo 2000, n. 1520). L'estensione dell’attività delle aziende speciali comunali al di fuori del territorio dell’Ente che le ha costituite, oltre a richiedere il rispetto delle regole procedimentali e dei limiti sostanziali posti da norme positive, presuppone, nondimeno, un collegamento funzionale tra il servizio eccedente l’ambito locale e le necessità della collettività locale. L’azienda speciale di un Comune può anche estendere il proprio servizio in un altro Comune, ma a patto che ciò realizzi un’integrazione funzionale della propria attività con quella del Comune vicino, sicché vengano in tal modo soddisfatte anche le esigenze della collettività stanziata sul territorio dell'Ente che l’ha costituita. Il Comune, pertanto, non può semplicemente “spogliarsi” di un servizio in favore di un’azienda istituita da un Comune viciniore (cfr. Cons. Stato, VI, 25 settembre 2000, n. 5011). (Annulla T.A.R. Lombardia – Milano – Sez. III - n. 3088/2003 depositata in data 11 giugno 2003. CONSIGLIO DI STATO Sez. V, 27 settembre 2004 (C.C. 24 Febbraio 2004), sentenza n. 6325
2) Appalti - Azienda speciale - Speciali moduli convenzionali e consorziali tra Enti locali. Le aziende speciali, al di fuori degli speciali moduli convenzionali e consorziali tra Enti locali previsti dalle norme di legge e regolamentari, non sono legittimate a partecipare, in concorrenza con altri soggetti privati ed alla stregua di una qualsiasi impresa operante sul mercato, alle gare per l'appalto di pubblici servizi da svolgersi presso altri Enti locali. (Annulla T.A.R. Lombardia – Milano – Sez. III - n. 3088/2003 depositata in data 11 giugno 2003). CONSIGLIO DI STATO Sez. V, 27 settembre 2004 (C.C. 24 Febbraio 2004), sentenza n. 6325
3) Appalti - Costituzione di una società mista a partecipazione pubblica maggioritaria - Aggiudicazione di un servizio - Affidamento diretto. In presenza della costituzione di una società mista a partecipazione pubblica maggioritaria, l’esperimento di una procedura di gara ai fini dell’aggiudicazione di un servizio inerente all’oggetto sociale rappresenta già di per sé una garanzia aggiuntiva rispetto alla possibilità, espressamente riconosciuta dall’ordinamento e del resto logicamente sottesa alla scelta dell’amministrazione relativa alle modalità di organizzazione e gestione del servizio di cui trattasi, di affidamento diretto del medesimo alla società all’uopo costituita. (Cons. giust. amm. Sicilia, sez. giurisd., 24 dicembre 2002, n. 692). (Annulla T.A.R. Lombardia – Milano – Sez. III - n. 3088/2003 depositata in data 11 giugno 2003). CONSIGLIO DI STATO Sez. V, 27 settembre 2004 (C.C. 24 Febbraio 2004), sentenza n. 6325
4) Pubblica Amministrazione - Azienda speciale - Ente strumentale del Comune - Società mista pubblico-privata - Soggetto imprenditoriale - Configurazione. L’azienda speciale è configurabile quale ente strumentale del Comune, nell’apparato organizzativo di questo compiutamente integrata, mentre la società mista pubblico-privata è, innanzitutto, un soggetto imprenditoriale, rientrante nello schema organizzativo gestionale proprio delle società di capitali e, pertanto, non sottoposto alle limitazioni di attività cui soggiacciono le aziende speciali. Alla luce di tale ricostruzione, è possibile affermare che l’ordinamento giuridico non pone, in linea di principio, alcun limite all’assunzione, da parte delle società miste, di compiti ultronei alla mission istituzionale assegnata dall’ente locale. (Annulla T.A.R. Lombardia – Milano – Sez. III - n. 3088/2003 depositata in data 11 giugno 2003). CONSIGLIO DI STATO Sez. V, 27 settembre 2004 (C.C. 24 Febbraio 2004), sentenza n. 6325
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