Per altre sentenze vedi: Sentenze per esteso
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta) ha pronunciato la seguente
D E C I S I O N E
sul ricorso in appello n. 533/1996 proposto dalla Provincia autonoma di
Trento, in persona del Presidente p.t., rappresentato e difeso dall’avvocato Ugo
Ferrari presso lo studio del quale è elettivamente domiciliato in Roma Via P.A.
Micheli n. 78;
contro
C.D.V. S.a.s. di Gasperi Bruna e C., in persona del legale rappresentante,
rappresentato e difeso dagli avvocati Wilma Valentini e Piero Benito Panariti
presso lo studio del quale è elettivamente domiciliato in Roma Via Celimontana
n. 38;
per l'annullamento
della sentenza del Tribunale Regionale di Giustizia Amministrativa per il
Trentino Alto Adige – sede di Trento 7 novembre 1995 n. 292;
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione della Società appellata;
Viste le memorie prodotte dalle parti;
Visti gli atti tutti della causa;
Relatore alla Camera di consiglio del 25 maggio 2004 il Consigliere Antonino
Anastasi; uditi gli avvocati Ferrari e Panariti;
Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue.
FATTO
La Società oggi appellata ha presentato alla Provincia autonoma di Trento
istanza di ammissione ai benefici previsti dalla legge provinciale 17.5.1991 n.
8, per un investimento finalizzato alla acquisizione e ristrutturazione di un
immobile nel comune di Lavis ove allocare la propria attività di commercio
all’ingrosso di colori e vernici.
Dopo aver approvato le linee guida per l’individuazione delle iniziative
finanziabili, l’Amministrazione provinciale ha predisposto la relativa
graduatoria, nella quale era ricompresa la Società, e deliberato con atto n.29536
del 30.12.1992 le modalità di erogazione del concesso contributo.
Successivamente, con deliberazione n. 14933 del 22.10.1993 l’Amministrazione
provinciale è andata però in contrario avviso ed ha disposto lo stralcio ed il
conseguente non accoglimento della domanda, in quanto l’opera realizzata dalla
C.D.V. era risultata incompatibile con la normativa urbanistica comunale.
Con la sentenza in epigrafe indicata il Tribunale, adito dalla odierna
appellata, ha annullato il provvedimento provinciale, ritenendo da un lato che
la conformità urbanistica dell’intervento da finanziare non costituisse
requisito di ammissibilità della relativa domanda e dall’altro che il
provvedimento stesso, in quanto qualificabile come revoca della precedente
attribuzione, aveva comportato una immotivata lesione dell’affidamento
ingenerato nel destinatario della provvidenza.
La sentenza è qui impugnata dalla Provincia autonoma di Trento, la quale ne
chiede l’integrale riforma deducendo in primo luogo che il provvedimento
impugnato non costituisce revoca del positivo giudizio in precedenza formulato
circa il merito tecnico dell’iniziativa proposta dalla Società, ma comporta
invece l’annullamento vincolato dell’atto di concessione, a causa della
riscontrata incompatibilità urbanistica dell’iniziativa.
In secondo luogo, la Provincia rileva che la conformità urbanistica
dell’iniziativa programmata costituiva presupposto implicito di ammissibilità
delle domande di finanziamento.
Si è costituita la Società, insistendo per il rigetto dell’appello e rilevando
in tal senso da un lato che la disciplina urbanistica e le relative prescrizioni
risultano estranee al diverso settore delle agevolazioni all’attività produttiva
e commerciale; dall’altro che la revoca del finanziamento, oltre a ledere
l’affidamento ingenerato nel destinatario, poggia sul riscontro di requisiti non
compresi fra quelli individuati dalla normativa secondaria che ha disciplinato
la selezione.
All’Udienza del 25 maggio 2004 l’appello è stato trattenuto in decisione.
DIRITTO
L’appello è fondato.
Con il motivo che conviene prioritariamente esaminare l’appellante deduce che la
compatibilità urbanistica delle iniziative da finanziare ai sensi della L.P. n.
8 del 1991 costituiva requisito intrinseco di ammissibilità delle relative
domande.
Il mezzo è fondato.
In punto di fatto è incontestato che la domanda di finanziamento proposta dalla
Società aveva ad oggetto l’ampliamento della propria attività di commercio
all’ingrosso di vernici mediante acquisizione e ristrutturazione di un immobile,
che risulta però sito in Zona destinata dal P.RG. del comune di Lavis ad
attività produttiva del settore secondario e commercializzazione dei relativi
prodotti.
In un contesto così connotato in termini fattuali, occorre dunque stabilire se
la pacifica incompatibilità tra la disciplina urbanistica applicabile e la
destinazione d’uso dell’immobile prefigurata dalla Società potesse avere rilievo
nell’ambito del procedimento finalizzato alla concessione dei contributi
previsti dalla citata L.P. n. 8 del 1991 al fine di incentivare la
ristrutturazione della struttura distributiva ed il potenziamento dell’apparato
commerciale.
In proposito, osserva il Collegio che il contributo per cui è controversia fu
richiesto dalla Società ai sensi dell’art. 3 comma 2 lettere a ) e b) della
legge e quindi per l’acquisto di immobili con relativa ristrutturazione ed
ampliamento: il che comporta che la compatibilità urbanistica dell’opera da
finanziare si atteggia necessariamente, per quanto qui rileva, come requisito
intrinseco di ammissibilità della relativa domanda, non essendo in effetti
ipotizzabile l’erogazione di una sovvenzione pubblica finalizzata alla
realizzazione di un’opera non conforme alla disciplina di governo dell’ambito
territoriale di riferimento.
In tale prospettiva, il fatto che la normativa di settore disciplinante
l’erogazione dei contributi all’attività produttiva non menzionasse
espressamente il requisito di cui si discute non assume alcuna rilevanza, in
quanto da un lato, come si è detto, la compatibilità urbanistica dell’iniziativa
immobiliare costituisce il presupposto che implicitamente ma naturalmente
legittima la richiesta di concessione dell’ausilio pubblico ( come
successivamente ritenuto anche dal T.R.G.A di Trento con sentenza 12.4.1997 n.
74) e dall’altro la Amministrazione provinciale aveva preciso obbligo, in base
al principio generale di buon andamento e dunque indipendentemente da eventuali
iniziative repressive intraprese in concreto dal Comune, di verificare se
l’immobile per il cui acquisto e ristrutturazione veniva chiesto il
finanziamento fosse, sotto il profilo urbanistico, idoneo allo svolgimento della
attività dedotta.
Nella fattispecie, venendo dunque in rilievo un requisito intrinseco di
ammissibilità della domanda, non può perciò conclusivamente sostenersi – come a
torto ritenuto dal Tribunale – che l’Amministrazione, allorché ha doverosamente
espletato la verifica di cui sopra, abbia fatto contraddittorio riferimento ad
un criterio di selezione estraneo al novero di quelli espressamente individuati
dalla normativa primaria e secondaria di riferimento: e ciò in quanto, per le
considerazioni anzidette, la conformità della destinazione d’uso dell’immobile
da finanziare non costituiva criterio da utilizzare ai fini della
predisposizione della graduatoria di merito ma elemento da valutare in sede
preventiva di ammissione alla procedura.
Con il secondo motivo l’appellante deduce che il provvedimento in autotutela era
supportato da pregnanti ragioni di pubblico interesse, rispetto alle quali
l’affidamento ingenerato nella Società doveva considerarsi recessivo.
Anche questo mezzo è fondato.
Al riguardo si premette che il provvedimento impugnato, non comportando una
revoca discrezionale per motivi sopravvenuti ma fondandosi sulla riscontrata
illegittimità della precedente ammissione, deve qualificarsi come atto di
autoannullamento per vizi di legittimità.
Tanto chiarito è ben noto che, secondo un orientamento giurisprudenziale
peraltro risalente, anche l’annullamento di ufficio di un provvedimento
illegittimo presuppone il riscontro circa la sussistenza di un interesse
pubblico che in concreto prevalga sull'affidamento ingenerato nel privato
beneficiario ( cfr. fra le tante Ap. 5.5.1990 n. 412 e V Sez. 13.3.2000 n.1311).
In sostanza, nell'ipotesi in cui vengano incise situazioni giuridiche
costituitesi e consolidatesi sulla base di precedenti atti adottati dalla stessa
Amministrazione, il provvedimento di autotutela deve essere non solo
adeguatamente motivato, ma deve anche evidenziare l'esistenza di un pubblico
interesse attuale e specifico alla sua adozione, diverso da quello inerente il
mero ripristino della legalità violata.
E tuttavia, distaccandosi da tale indirizzo, la giurisprudenza prevalente ha in
tempi più recenti individuato varie ipotesi nelle quali l’interesse pubblico
all’annullamento è, come suol dirsi, in re ipsa e non richiede particolare
motivazione, ivi comprendendo in particolare tutte le ipotesi in cui l’interesse
sotteso all’attività di autotutela consiste nell’evitare l’esborso di denaro
pubblico senza titolo. ( ad es. V 9.2.2001 n. 581).
A giudizio del Collegio, che aderisce dunque al criterio interpretativo da
ultimo richiamato, nel caso in esame deve ritenersi che l’atto di
autoannullamento – in quanto volto ad evitare l’utilizzo di risorse pubbliche
per il finanziamento di una iniziativa immobiliare contrastante con la
disciplina urbanistica, con vantaggio ingiustificato per la Società appellata
rispetto agli altri concorrenti – risultava finalizzato al perseguimento di un
interesse pubblico di naturale evidenza ed in definitiva del tutto cogente.
Dal che discende, altresì, che il provvedimento non necessitava di particolare
motivazione in ordine alla prevalenza del suddetto interesse sull’affidamento
ingenerato nella Società, specie ove si tenga presente da un lato che l’attività
di autotutela si è dispiegata a non rilevante distanza di tempo dalla
concessione del contributo e soprattutto, dall’altro, che l’acquisto
dell’immobile da parte della appellata risulta comunque definito in epoca
comunque anteriore alla conclusione del procedimento.
Sulla base delle considerazioni che precedono l’appello dell’Amministrazione va
perciò accolto e, in riforma della sentenza impugnata, va respinto il ricorso di
primo grado.
Sussistono giusti motivi per disporre la integrale compensazione delle spese del
giudizio tra le parti.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale – Sezione IV, definitivamente
pronunciando, accoglie l’appello e per l’effetto, in totale riforma della
sentenza impugnata, respinge il ricorso originario.
Spese del giudizio compensate.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio del 25 maggio 2004 con
l’intervento dei Signori:
Paolo SALVATORE Presidente
Filippo PATRONI GRIFFI Consigliere
Antonino ANASTASI estensore Consigliere
Aldo SCOLA Consigliere
Carlo DEODATO Consigliere
L’ESTENSORE
IL PRESIDENTE
IL SEGRETARIO
Il Dirigente
Antonino Anastasi
Paolo Salvatore
Giuseppe Testa
Antonio Serrao
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
22 ottobre 2004
(art. 55, L. 27.4.1982 n. 186)
1) Pubblica Amministrazione - Attività di autotutela - Interesse pubblico all’annullamento - Presupposti - Motivazione - Giurisprudenza. Fattispecie: Esborso di denaro pubblico senza titolo, utilizzo di risorse pubbliche per il finanziamento di una iniziativa immobiliare contrastante con la disciplina urbanistica. La giurisprudenza prevalente ha in tempi più recenti individuato varie ipotesi nelle quali l’interesse pubblico all’annullamento è, come suol dirsi, in re ipsa e non richiede particolare motivazione, ivi comprendendo in particolare tutte le ipotesi in cui l’interesse sotteso all’attività di autotutela consiste nell’evitare l’esborso di denaro pubblico senza titolo. ( ad es. V 9.2.2001 n. 581). Contra: Anche l’annullamento di ufficio di un provvedimento illegittimo presuppone il riscontro circa la sussistenza di un interesse pubblico che in concreto prevalga sull'affidamento ingenerato nel privato beneficiario ( cfr. CdS Ap. 5.5.1990 n. 412 e Sez. V 13.3.2000 n.1311). In sostanza, nell'ipotesi in cui vengano incise situazioni giuridiche costituitesi e consolidatesi sulla base di precedenti atti adottati dalla stessa Amministrazione, il provvedimento di autotutela deve essere non solo adeguatamente motivato, ma deve anche evidenziare l'esistenza di un pubblico interesse attuale e specifico alla sua adozione, diverso da quello inerente il mero ripristino della legalità violata. (Nel fatto è stato ritenuto che l’atto di autoannullamento - in quanto volto ad evitare l’utilizzo di risorse pubbliche per il finanziamento di una iniziativa immobiliare contrastante con la disciplina urbanistica, con vantaggio ingiustificato per la Società appellata rispetto agli altri concorrenti - risultava finalizzato al perseguimento di un interesse pubblico di naturale evidenza ed in definitiva del tutto cogente. Pertanto, il provvedimento non necessitava di particolare motivazione in ordine alla prevalenza del suddetto interesse sull’affidamento ingenerato nella Società, specie ove si tenga presente da un lato che l’attività di autotutela si è dispiegata a non rilevante distanza di tempo dalla concessione del contributo e soprattutto, dall’altro, che l’acquisto dell’immobile da parte della appellata risulta comunque definito in epoca comunque anteriore alla conclusione del procedimento). Pres. SALVATORE - Est. ANASTASI - Provincia autonoma di Trento (avv. Ferrari) c. C.D.V. S.a.s. (avv.ti Valentini e Panariti) (annulla TAR di Giustizia Amministrativa per il Trentino Alto Adige – sede di Trento 7 novembre 1995 n. 292). CONSIGLIO DI STATO, sez. IV, 22 ottobre 2004, (Cc. 25.05. 2004) sentenza n. 6956
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