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CORTE COSTITUZIONALE 13 gennaio 2004 - (Ud. 18.12.2003), Sentenza n. 12
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Riccardo CHIEPPA Presidente
- Gustavo ZAGREBELSKY Giudice
- Valerio ONIDA “
- Carlo MEZZANOTTE “
- Fernanda CONTRI “
- Guido NEPPI MODONA “
- Piero Alberto CAPOTOSTI “
- Annibale MARINI “
- Franco BILE “
- Giovanni Maria FLICK “
- Francesco AMIRANTE “
- Ugo DE SIERVO “
- Romano VACCARELLA “
- Alfio FINOCCHIARO “
ha pronunciato la seguenteSENTENZA
nei giudizi di legittimità costituzionale degli articoli 52, commi 10 e 39, 64 e 66 della legge 28 dicembre 2001, n. 448 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - legge finanziaria 2002), promossi con ricorsi delle Regioni Marche, Toscana, Campania e Umbria notificati il 22, il 27 e il 26 febbraio 2002, depositati in cancelleria il 28 febbraio, il 1°, il 7 e l’8 marzo successivi ed iscritti ai numeri 10, 12, 21 e 24 del registro ricorsi 2002.
Visti gli atti di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nell’udienza pubblica del 17 giugno 2003 il Giudice relatore Carlo Mezzanotte;
uditi gli avvocati Stefano Grassi per la Regione Marche, Fabio Lorenzoni per la Regione Toscana, Vincenzo Cocozza per la Regione Campania, Giandomenico Falcon per la Regione Umbria e l’avvocato dello Stato Paolo Cosentino per il Presidente del Consiglio dei ministri.
Ritenuto in fatto
1. - Le Regioni Marche, Toscana, Campania ed Umbria hanno proposto questione di legittimità costituzionale, in riferimento agli articoli 117, 118, 119 della Costituzione, nonché al principio di leale collaborazione, di numerose disposizioni della legge 28 dicembre 2001, n. 448 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2002) e, tra queste, delle disposizioni di cui agli artt. 52, commi 10 e 39, 64 e 66.
2. - Le Regioni Marche, Toscana ed Umbria impugnano l’articolo 52, comma 10, che pone, in tema di quote-latte, una disciplina delle modalità di versamento del prelievo, deducendo che essa interverrebbe in un ambito estraneo alla sfera di competenza legislativa dello Stato. Inoltre, il conferimento al Ministro delle politiche agricole e forestali del potere di assoggettare le modalità di versamento del prelievo alla disciplina recata dal decreto-legge 1° marzo 1999, n. 43, recante “Disposizioni urgenti per il settore lattiero-caseario” (che regola il beneficio della rateizzazione), qualora si verifichino eventi di particolare gravità, non troverebbe giustificazione in esigenze di esercizio unitario delle funzioni amministrative, che dovrebbero costituire, ai sensi dell’art. 118 Cost., il parametro per l’allocazione delle funzioni medesime. Si aggiunge nel ricorso della Regione Umbria che la disposizione in esame costituirebbe fondi settoriali a gestione ministeriale in assenza di competenza legislativa, in violazione dell’articolo 119 della Costituzione.
3. - Le Regioni Marche ed Umbria censurano l’articolo 52, comma 39, nella parte in cui prevede incentivazioni a favore degli allevamenti ippici per lo sviluppo dell’ippoterapia e per il miglioramento genetico dei trottatori e dei galoppatori. Se ne deduce il contrasto con l’articolo 117 della Costituzione, poiché, pur volendo ricondurre la disciplina alla materia della “tutela della salute”, nelle materie di potestà legislativa concorrente lo Stato dovrebbe limitarsi alla predisposizione di principî fondamentali o di una normativa a carattere suppletivo e tale non potrebbe essere considerata la previsione di un finanziamento per l’ippoterapia. Neppure, prosegue il ricorso della Regione Marche, la disposizione potrebbe essere ricondotta all’articolo 117, secondo comma , lettera m), non prendendo forma, nella disposizione censurata, «alcuna determinazione di un livello essenziale relativo alla prestazione sanitaria che contempla l’utilizzo dei cavalli a scopo terapeutico». Nella parte in cui affida a un decreto del Ministro dell’economia e delle finanze la disciplina necessaria per la sua attuazione, l’articolo 52, comma 39, incorrerebbe inoltre nella lesione del riparto della potestà regolamentare delineato nell’articolo 117, sesto comma, della Costituzione. Ove poi si ritenesse che la funzione affidata al Ministro abbia natura non regolamentare, sarebbe comunque violato l’articolo 118 della Costituzione, e i principî di sussidiarietà, adeguatezza e differenziazione in esso affermati.
4. - Le Regioni Marche, Toscana, Campania ed Umbria impugnano l’articolo 64, che, nel disciplinare le sanzioni amministrative applicabili per l’ipotesi di impianto abusivo di vigneti e i casi in cui gli stessi debbano intendersi a tutti gli effetti regolarizzati, invaderebbe un ambito materiale riservato alla competenza residuale della Regione. Non potrebbe obiettarsi, secondo la difesa della Regione Toscana, che in relazione ai vigneti abusivamente impiantati venga in rilievo il regolamento comunitario n. 1493/99, poiché anche l’attuazione della normativa comunitaria, nelle materie di competenza regionale, spetterebbe alle Regioni.
5. - Le Regioni Marche, Toscana ed Umbria denunciano l’articolo 66, che pone prescrizioni dirette a ridurre i fenomeni di influenza catarrale dei ruminanti (cosiddetta blue tongue). Esso costituirebbe un intervento legislativo in ambito chiaramente affidato alla legislazione regionale residuale. Inoltre, nella parte in cui prevede la predisposizione di una serie di interventi e la gestione di un apposito fondo per fronteggiare l’emergenza, la disposizione impugnata avrebbe violato i principî di sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza, che devono porsi a fondamento di ogni allocazione di funzioni amministrative. La lesione non verrebbe meno neanche qualora si ritenesse che lo Stato abbia semplicemente introdotto delle modifiche alla disciplina di funzioni amministrative già ad esso riconosciute dalla legislazione previgente. Si osserva al riguardo nel ricorso della Regione Marche che, dopo la revisione del Titolo V, Parte II, della Costituzione, lo Stato potrebbe legittimamente dettare norme per l’organizzazione di una funzione amministrativa «solo nell’ambito di un intervento che contempli la complessiva riallocazione delle funzioni amministrative relative ad un determinato ambito materiale», dovendosi escludere che esso possa procedere ad interventi di semplice integrazione parziale della disciplina previgente «in assenza di una simile operazione complessiva».
6. - Si è costituito in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che tutte le questioni sollevate siano dichiarate inammissibili o infondate.
Le norme denunciate sarebbero, secondo la difesa erariale, finalizzate alla diretta applicazione di normative comunitarie e, quindi, espressione della potestà legislativa esclusiva statale di cui all’articolo 117, secondo comma, lettera a). Inoltre si osserva che il Consiglio di Stato, con parere dell’Adunanza generale del 25 febbraio 2002, n. 2/02 ha ritenuto legittime le disposizioni in oggetto, pur riconoscendone il carattere cedevole nei confronti della successiva eventuale normativa regionale. Le funzioni conferite con le norme impugnate, inoltre, devono essere esercitate d’intesa con la Regione, ciò che varrebbe ad escludere che possa determinarsi una lesione delle competenze regionali in materia.
Con specifico riguardo all’articolo 52, comma 10, relativo al versamento delle quote-latte, esso atterrebbe a materia disciplinata dalla legge 27 aprile 1999, n. 118 (Conversione in legge, con modificazioni, del d.l. 1° marzo 1999, n. 43, recante disposizioni urgenti per il settore lattiero-caseario), che sarebbe norma statale emanata in diretta applicazione di obblighi comunitari. Il primo e secondo comma dell’articolo 64 costituirebbero invece manifestazione dell’attività sanzionatoria in tema di illeciti amministrativi, che sarebbe di esclusiva spettanza statale.
7. - In prossimità dell’udienza pubblica del 17 giugno 2003 tutte le ricorrenti hanno depositato memorie, argomentando ulteriormente a sostegno delle proprie ragioni.
In merito all’art. 52, comma 10, la difesa della Regione Marche sostiene che in tema di quote-latte i principî fondamentali sarebbero direttamente ricavabili dalla disciplina comunitaria e quindi, in una materia di potestà residuale della Regione, la normativa statale non potrebbe dettare principî inderogabili. Rammenta ancora la ricorrente come l’art. 1, primo comma, della legge 30 maggio 2003, n. 119 (Conversione in legge, con modificazioni, del d.l. 28 marzo 2003, n. 49, recante riforma della normativa in tema di applicazione del prelievo supplementare nel settore del latte e dei prodotti lattiero-caseari) abbia riconosciuto la competenza delle Regioni nel settore.
In replica all’Avvocatura dello Stato, la quale sostiene che gli artt. 52, commi 10 e 39, si collocherebbero «nell’ambito dei rapporti senza intermediazione dello Stato con l’Unione europea», con la conseguenza di radicare una competenza esclusiva statale, la Regione Umbria osserva che non vi sono indicate dalla difesa erariale le norme di cui le disposizioni impugnate sarebbero attuative e comunque rileva che le Regioni sono competenti a dare diretta attuazione alle norme comunitarie, mentre lo Stato conserverebbe solo la possibilità di intervenire in via sostitutiva per evitare inadempimenti. La difesa della Regione Marche soggiunge, in riferimento all’art. 52, comma 39, che la previsione di un finanziamento per la promozione dell’ippoterapia, in materia di competenza regionale, non costituirebbe una disposizione di principio, né una disciplina suppletiva derogabile dal legislatore regionale e tanto meno potrebbe essere espressione della competenza esclusiva statale in tema di determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali (art. 117, secondo comma, lettera m).
Quanto all’impugnazione dell’art. 64, la Regione Marche deduce che la legge statale che pone un regime sanzionatorio per l’impianto abusivo di vigneti atterrebbe alla materia dell’agricoltura, affidata alla competenza legislativa residuale della Regione e ricorda come diverse Regioni, ormai da tempo, abbiano disciplinato la materia.
7.1. - Ulteriori memorie ha depositato pure l’Avvocatura generale dello Stato, la quale premette che la legge finanziaria oggetto di impugnazione «rappresenta lo strumento di decisione unitaria per il coordinamento della finanza pubblica anche – e oggi soprattutto – in relazione alla necessità di rispettare i vincoli concordati a livello europeo con il patto di stabilità».
Nel merito, la difesa erariale rileva, in riferimento all’art. 52, comma 10, che l’intervento legislativo si sarebbe reso necessario per evitare una procedura di infrazione preannunciata dal parere motivato complementare della Commissione europea del 20 dicembre 2001, che aveva chiaramente negato che il pagamento in forma rateale, ai sensi della legge n. 118 del 1999, fosse giustificabile per campagne successive a quella 1998-1999. L’Avvocatura aggiunge che la disposizione impugnata non sarebbe idonea a recare alcuna lesione attuale e concreta al potere legislativo regionale, limitandosi a prevedere una possibilità di intervento, peraltro rigorosamente circoscritta a ipotesi di carattere eccezionale, e prosegue rilevando come la stessa risulterebbe posta nell’esercizio della competenza legislativa esclusiva statale in materia di rapporti dello Stato con l’Unione europea (art. 117, secondo comma, lettera a). Un’applicazione non omogenea sul territorio della facoltà di rateizzazione, secondo la difesa erariale, darebbe luogo inoltre a disparità di trattamento, con lesione dell’art. 3 della Costituzione.
Quanto all’art. 64, che ad avviso dell’Avvocatura sarebbe espressione della potestà legislativa concorrente in materia di «rapporti internazionali e con l’Unione europea delle Regioni», esso non lederebbe le attribuzioni regionali, in quanto porrebbe solo alcuni “principi fondamentali” della materia.
Infine, con riguardo all’impugnazione dell’art. 66, l’Avvocatura ritiene che la disposizione intervenga in materia di legislazione esclusiva statale e, precisamente, di “profilassi internazionale” (art. 117, secondo comma, lettera q) e di tutela dell’ambiente e dell’ecosistema (117, secondo comma, lettera s). Le iniziative previste per il contenimento della influenza catarrale dei ruminanti riguardano infatti gli allevamenti situati in territori che comprendono l’intera Comunità europea. In ordine alla censura relativa alla violazione dell’art. 118 Cost., si sostiene poi che l’attribuzione a livello centrale di funzioni amministrative, quali la predisposizione di interventi per la protezione dalla influenza catarrale e la gestione di un apposito “fondo per l’emergenza blue tongue”, troverebbe giustificazione in esigenze di carattere unitario. Il coordinamento degli interventi economici e sanitari sarebbe infatti necessario tenendo conto della diffusività della malattia, che travalica i confini territoriali delle singole Regioni.
Considerato in diritto
1. - Le Regioni Marche, Toscana, Campania e Umbria hanno proposto questione di legittimità costituzionale, in riferimento agli articoli 117, 118 e 119 della Costituzione, nonché al principio di leale collaborazione, di numerose disposizioni della legge 28 dicembre 2001, n. 448 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2002).
Le impugnazioni relative agli artt. 52, commi 10 e 39, 64 e 66 vengono qui trattate separatamente rispetto alle altre questioni proposte negli stessi ricorsi e, per omogeneità di materia, possono essere decise con la medesima sentenza.
2. - Le Regioni Marche, Toscana e Umbria hanno impugnato, in riferimento agli artt. 117, quarto comma, 118 e 119 della Costituzione, l’art. 52, comma 10, nella parte in cui dispone che il Ministro delle politiche agricole e forestali, sentita la Commissione europea, d’intesa con la Conferenza Stato-Regioni, «può consentire eccezionalmente, per periodi di produzione lattiera in cui si verifichino eventi di particolare gravità», che il versamento del prelievo avvenga con le modalità previste dall’art. 1, commi 15 e 16, del decreto-legge 1° marzo 1999, n. 43; commi, questi ultimi, che disciplinano, rispettivamente, le modalità di versamento del prelievo presso la sezione di tesoreria provinciale dello Stato di Roma e la possibilità di rateizzazione dello stesso.
Tutte le ricorrenti lamentano che la legge disciplini un ambito estraneo alla sfera di competenza statale, in quanto riconducibile alla potestà legislativa residuale delle Regioni e inoltre che il conferimento al Ministro delle politiche agricole e forestali del potere di assoggettare le modalità di versamento del prelievo alla disciplina recata dal d.l. n. 43 del 1999 non troverebbe giustificazione in esigenze di esercizio unitario delle funzioni amministrative da parte dello Stato, e quindi non sarebbe espressione di istanze di sussidiarietà. Infine, secondo la Regione Umbria, la disposizione impugnata costituirebbe fondi settoriali a gestione ministeriale in assenza di una competenza legislativa statale.
Nelle more del presente giudizio di costituzionalità l’intero d.l. n. 43 del 1999, convertito nella legge 27 aprile 1999, n. 118, è stato abrogato dall’art. 10, comma 47, del d.l. 28 marzo 2003, n. 49, convertito nella legge 30 maggio 2003, n. 119, che ha fatto decorrere l’abrogazione «dal primo periodo di commercializzazione successivo alla data di entrata in vigore del decreto». Ebbene, se si considera che tale decreto è entrato in vigore il giorno stesso della sua pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, il 31 marzo 2003, e che l’anno agricolo (ossia il “periodo di commercializzazione” cui si fa riferimento nel disciplinare l’effetto abrogativo), in base alla normativa comunitaria, inizia il primo aprile, si può concludere che l’abrogazione del decreto-legge n. 43 del 1999 decorre dal primo aprile 2003. Risulta pertanto abrogata la disposizione (art. 1 d.l. n. 43 del 1999) che disciplinava le modalità di versamento del prelievo che il Ministro, in base alla disposizione impugnata, poteva eccezionalmente consentire. In tal modo l’art. 52, comma 10, è restato privo di oggetto.
Deve pertanto dichiararsi cessata la materia del contendere giacché il potere ministeriale che le ricorrenti contestano alla data del 1° aprile 2003 non era stato esercitato.
3. - Le Regioni Marche e Umbria hanno impugnato, in riferimento agli artt. 117, commi terzo, quarto e sesto, nonché all’art. 118 della Costituzione, l’art. 52, comma 39, che dispone incentivazioni nella misura di circa 2.500.000 euro complessivi a favore degli allevamenti ippici «per lo sviluppo dell’ippoterapia e per il miglioramento genetico dei trottatori e dei galoppatori» e prevede che «con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze sono stabilite le disposizioni per l’attuazione del presente comma e per l’erogazione degli incentivi da parte dell’Unione nazionale per l’incremento delle razze equine (UNIRE)».
La disciplina, si osserva nei ricorsi, atterrebbe ad un ambito di potestà legislativa residuale della Regione. In ogni caso, argomenta la Regione Marche, pur concedendo che l’oggetto della regolazione ricada nella materia della “tutela della salute”, di potestà concorrente, non verrebbero meno le ragioni di incostituzionalità della disposizione denunciata, ove si consideri, da un lato, che lo Stato, anziché limitarsi alla predisposizione dei principî della materia, avrebbe posto disposizioni di minuto dettaglio; dall’altro, che il conferimento di potestà regolamentare al Ministro dell’economia e delle finanze derogherebbe alla regola di riparto fissata nell’art. 117, sesto comma, della Costituzione. Infine, rilevano entrambe le ricorrenti, risulterebbe violato anche l’art. 118 della Costituzione, giacché la funzione amministrativa affidata al Ministro non troverebbe giustificazione nei principî di sussidiarietà, adeguatezza e differenziazione.
La questione è fondata.
Devono innanzitutto essere distinti i due diversi oggetti della disposizione impugnata: l’incentivazione della ippoterapia, da una parte; il miglioramento genetico dei trottatori e dei galoppatori, dall’altra.
L’ippoterapia consiste in un trattamento medico che prevede l’impiego dei cavalli ai fini della cura di forme di patologie quali l’autismo. Si tratta dunque, all’evidenza, di un oggetto estraneo alla materia “agricoltura” e piuttosto riconducibile alla “tutela della salute”, che il terzo comma dell’art. 117 Cost. enumera fra le materie di potestà concorrente.
Quanto al miglioramento genetico, esso è invece ascrivibile alla materia agricoltura, come si evince sia dalla lettura dell’art. 75 del d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, il quale trasferisce alle Regioni le funzioni amministrative concernenti «l’ippicoltura per il mantenimento degli stalloni di pregio, per l’ordinamento del servizio di monta e per la gestione del deposito di cavalli stalloni, nonché gli interventi tecnici per il miglioramento delle produzioni equine»; sia dall’art. 66 del medesimo d.P.R. n. 616, il quale, a sua volta, elenca, tra le funzioni amministrative nella materia agricoltura e foreste, il «miglioramento e incremento zootecnico».
La disposizione impugnata, in breve, non risulta espressione di una potestà legislativa esclusiva dello Stato, ma disciplina oggetti ricadenti, al più, in materie di potestà legislativa concorrente.
Il legislatore statale avrebbe dunque dovuto limitarsi alla predisposizione di un principio di disciplina, che la Regione potesse svolgere nell’esercizio delle competenze legislative ad essa spettanti. Ma la puntuale previsione secondo la quale «a favore degli allevamenti ippici sono previste per l’anno 2002 nella misura massima di 2.582.284,50 euro complessivi per lo sviluppo dell’ippoterapia (…)» certamente non è qualificabile come norma di principio, e pertanto esorbita dai limiti posti nell’art. 117, terzo comma, ultima frase, della Costituzione.
E’ pure da accogliere la questione relativa alla seconda parte del comma 39. In una materia che, come si è detto, non è comunque qualificabile, in relazione ad alcuno degli oggetti che disciplina, come di potestà esclusiva statale, è infatti conferito al Ministro dell’economia e delle finanze il potere di dare attuazione alla disposizione impugnata, con ciò violando la chiara previsione dell’art. 117, sesto comma, della Costituzione, che attribuisce la potestà regolamentare allo Stato nelle sole materie di competenza legislativa esclusiva.
4. - Le Regioni Marche, Toscana, Campania e Umbria censurano, in riferimento all’art. 117, quarto comma, della Costituzione, l’art. 64, che pone una disciplina sanzionatoria per l’ipotesi di impianto abusivo di vigneti, con ciò invadendo, secondo le ricorrenti, l’ambito materiale dell’agricoltura, riservato alla competenza residuale della Regione.
La questione è fondata.
E’ orientamento saldo nella giurisprudenza di questa Corte che la competenza sanzionatoria amministrativa non è in grado di autonomizzarsi come materia in sé, ma accede alle materie sostanziali (cfr. sentenze n. 361 del 2003; n. 28 del 1996; n. 85 del 1996; n. 187 del 1996; n. 115 del 1995; n. 60 del 1993). Ebbene, l’impianto di vigneti attiene a quello che potrebbe essere definito il nocciolo duro della materia agricoltura, che ha a che fare con la produzione di vegetali ed animali destinati all’alimentazione. Si tratta, dunque, di competenza legislativa affidata in via residuale alle Regioni e sottratta alla competenza legislativa statale. Non varrebbe neppure rilevare in contrario che la disposizione impugnata è direttamente attuativa del regolamento CE n. 1493/99, relativo all’organizzazione comune del mercato vitivinicolo. Ai sensi dell’art. 117, quinto comma, della Costituzione, l’attuazione ed esecuzione della normativa comunitaria spettano infatti, nelle materie di loro competenza, alle Regioni e alle Province autonome di Trento e di Bolzano.
5. - Le Regioni Marche, Toscana e Umbria denunciano, in riferimento agli artt. 117, quarto comma, 118 e 119 della Costituzione, l’art. 66, che estende gli interventi previsti per fronteggiare l’emergenza derivante dalla encefalopatia spongiforme bovina (la “mucca pazza”) “alle aziende zootecniche e alle cooperative di allevamento bovini ubicate nelle Regioni e Province sottoposte a sorveglianza dall’influenza catarrale dei ruminanti” di cui all’allegato 1 della decisione 2001/783/CE della Commissione, del 9 novembre 2001.
La questione non è fondata.
Le iniziative previste per il contenimento della influenza catarrale dei ruminanti in relazione ad allevamenti situati in territori individuati da decisioni comunitarie (decisioni della Commissione 2001/783/CE e 2003/218 CE) in diversi Stati membri della Comunità europea (Italia, Francia, Grecia) sono riconducibili alla materia di legislazione esclusiva statale “profilassi internazionale” (art. 117, secondo comma, lettera q), e toccano profili incidenti sulla tutela dell’ambiente e dell’ecosistema (art. 117, secondo comma, lettera s), anch’essa riservata alla legislazione statale.
Anche la denuncia relativa alla violazione dei principî di sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza, per non avere la legge impugnata allocato le relative funzioni amministrative alle Regioni, non merita accoglimento. L’attribuzione a livello centrale di funzioni amministrative, quali la predisposizione di interventi per la protezione dall’influenza e la gestione di un apposito “fondo per l’emergenza blue tongue”, trova giustificazione in esigenze di carattere unitario e, specificamente, nel principio di adeguatezza. Il coordinamento degli interventi economici e sanitari si rende infatti necessario proprio tenendo conto della diffusività della malattia, che travalica i confini territoriali delle Regioni e addirittura degli Stati. Le stesse Regioni, del resto, come ha incontestatamente ricordato l’Avvocatura dello Stato nei suoi scritti difensivi, erano tanto consapevoli della impossibilità di fronteggiare a livello locale l’emergenza di cui si tratta da aver ripetutamente sollecitato l’intervento statale.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
riservate a separate decisioni le restanti questioni di legittimità costituzionale della legge 28 dicembre 2001, n. 448, sollevate dalle Regioni Marche, Toscana, Campania e Umbria con i ricorsi indicati in epigrafe;
riuniti i giudizi,
1) dichiara l’illegittimità costituzionale dell’articolo 52, comma 39, e dell’articolo 64 della legge 28 dicembre 2001, n. 448 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2002);
2) dichiara cessata la materia del contendere in ordine alla questione di legittimità costituzionale dell’articolo 52, comma 10, della medesima legge n. 448 del 2001, sollevata, in riferimento agli articoli 117, quarto comma, e 118 della Costituzione, dalle Regioni Marche e Toscana e, in riferimento agli articoli 117, quarto comma, 118 e 119 della Costituzione, dalla Regione Umbria, con i ricorsi indicati in epigrafe;
3) dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’articolo 66 della predetta legge n. 448 del 2001, sollevata, in riferimento agli articoli 117, quarto comma, e 118 della Costituzione, dalle Regioni Marche e Toscana e, in riferimento agli articoli 117, quarto comma, e 119 della Costituzione, dalla Regione Umbria, con i ricorsi indicati in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 18 dicembre 2003.
Riccardo CHIEPPA, Presidente
Carlo MEZZANOTTE, Redattore
Depositata in Cancelleria il 13 gennaio 2004.
1) Agricoltura - Encefalopatia spongiforme bovina (“mucca pazza”) – Blue tongue - Emergenze - Profilassi internazionale - Legislazione esclusiva statale - Art. 66 L. n. 448/2001 - Artt. 117, 4 comma, 118 e 119 Cost. - Aziende zootecniche e cooperative di allevamento bovini sottoposte a sorveglianza – Dec. 2001/783/CE e 2003/218/CE. Le iniziative previste per il contenimento della influenza catarrale dei ruminanti, in relazione ad allevamenti situati in territori individuati da decisioni comunitarie (decisioni della Commissione 2001/783/CE e 2003/218 CE) in diversi Stati membri della Comunità europea (Italia, Francia, Grecia) e gli interventi previsti per fronteggiare l’emergenza derivante dalla encefalopatia spongiforme bovina (“mucca pazza”) “alle aziende zootecniche e alle cooperative di allevamento bovini ubicate nelle Regioni e Province sottoposte a sorveglianza, sono riconducibili alla materia di legislazione esclusiva statale “profilassi internazionale” (art. 117, secondo comma, lettera q), e toccano profili incidenti sulla tutela dell’ambiente e dell’ecosistema (art. 117, secondo comma, lettera s), anch’essa riservata alla legislazione statale. Anche la denuncia relativa alla violazione dei principî di sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza, per non avere la legge impugnata allocato le relative funzioni amministrative alle Regioni, non merita accoglimento. L’attribuzione a livello centrale di funzioni amministrative, quali la predisposizione di interventi per la protezione dall’influenza e la gestione di un apposito “fondo per l’emergenza blue tongue”, trova giustificazione in esigenze di carattere unitario e, specificamente, nel principio di adeguatezza. Il coordinamento degli interventi economici e sanitari si rende infatti necessario proprio tenendo conto della diffusività della malattia, che travalica i confini territoriali delle Regioni e addirittura degli Stati. Pres. CHIEPPA - Est. MEZZANOTTE - CORTE COSTITUZIONALE 13 gennaio 2004 - (Ud. 18 dicembre 2003), Sentenza n. 12
2) Agricoltura - Disciplina sanzionatoria per l’ipotesi di impianto abusivo di vigneti - Art. 117, 4 comma, Costituzione - Art. 64 L. n. 448/2001 - Illegittimità - Competenza sanzionatoria amministrativa - Competenza legislativa residuale della Regione - Attuazione ed esecuzione della normativa comunitaria – Reg. n. 1493/99/CE. L’art. 64, della legge 28 dicembre 2001, n. 448 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2002) che pone una disciplina sanzionatoria per l’ipotesi di impianto abusivo di vigneti è costituzionalmente illegittimo. La competenza sanzionatoria amministrativa, in questo caso, non è in grado di autonomizzarsi come materia in sé, ma accede alle materie sostanziali (cfr. sentenze n. 361 del 2003; n. 28 del 1996; n. 85 del 1996; n. 187 del 1996; n. 115 del 1995; n. 60 del 1993). L’impianto di vigneti attiene a quello che potrebbe essere definito il nocciolo duro della materia agricoltura, che ha a che fare con la produzione di vegetali ed animali destinati all’alimentazione. Si tratta, dunque, di competenza legislativa affidata in via residuale alle Regioni e sottratta alla competenza legislativa statale. Non varrebbe neppure rilevare in contrario che la disposizione impugnata è direttamente attuativa del regolamento CE n. 1493/99, relativo all’organizzazione comune del mercato vitivinicolo. Ai sensi dell’art. 117, quinto comma, della Costituzione, l’attuazione ed esecuzione della normativa comunitaria spettano infatti, nelle materie di loro competenza, alle Regioni e alle Province autonome di Trento e di Bolzano. Pres. CHIEPPA - Est. MEZZANOTTE - CORTE COSTITUZIONALE 13 gennaio 2004 - (Ud. 18 dicembre 2003), Sentenza n. 12
3) Ippoterapia e ippicoltura – Disciplina - Tutela della salute - Potestà concorrente delle Regioni - Art. 117 Cost. - Miglioramento genetico dei cavalli – Agricoltura - Artt. 66 e 75 d.P.R. n. 616/1977. L’ippoterapia consiste in un trattamento medico che prevede l’impiego dei cavalli ai fini della cura di forme di patologie quali l’autismo. Si tratta dunque, all’evidenza, di un oggetto estraneo alla materia “agricoltura” e piuttosto riconducibile alla “tutela della salute”, che il terzo comma dell’art. 117 Cost. enumera fra le materie di potestà concorrente. Quanto al miglioramento genetico, esso è invece ascrivibile alla materia agricoltura, come si evince sia dalla lettura dell’art. 75 del d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, il quale trasferisce alle Regioni le funzioni amministrative concernenti «l’ippicoltura per il mantenimento degli stalloni di pregio, per l’ordinamento del servizio di monta e per la gestione del deposito di cavalli stalloni, nonché gli interventi tecnici per il miglioramento delle produzioni equine»; sia dall’art. 66 del medesimo d.P.R. n. 616, il quale, a sua volta, elenca, tra le funzioni amministrative nella materia agricoltura e foreste, il «miglioramento e incremento zootecnico». Pertanto, la disposizione impugnata, non risulta espressione di una potestà legislativa esclusiva dello Stato, ma disciplina oggetti ricadenti, al più, in materie di potestà legislativa concorrente. Pres. CHIEPPA - Est. MEZZANOTTE - CORTE COSTITUZIONALE 13 gennaio 2004 - (Ud. 18 dicembre 2003), Sentenza n. 12
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