Per altre sentenze vedi: Sentenze per esteso
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T.A.R CAMPANIA, Salerno, Sez. I - 8 ottobre 2004, n. 1867
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania
Sezione di Salerno
Sezione Prima
composto dai Magistrati:
DR. ALESSANDRO FEDULLO - Presidente
DR. FRANCESCO MELE - Consigliere
DR. FRANCESCO GAUDIERI -CONSIGLIERE, RELATORE.
ha pronunciato la seguente
Sentenza
sul ricorso n. 2833/2001 proposto da Edipower S.p.a., con sede legale in
Milano, in persona dell’Amministratore delegato e legale rappresentante p. t.
ing. Giordano Serena – nella qualità di Società incorporante e successore a
titolo universale ex art. 2054 bis c.c. 110 c.p.c. di Eurogen S.p.a., giusta
atto di fusione per notaio Colombo in Milano 21.11.2002, rep. n. 112.015, racc.
14.544 rappresentata e difesa dagli avv.ti Raffaele Izzo e Chiara Marrama,
con i quali elettivamente domicilia in Salerno alla via S. Giovanni Bosco n. 37,
presso avv. Pasquale Carchio
CONTRO
il Comune di Polla
e nei confronti del
Ministero delle Politiche Agricole e Forestali, in persona del legale
rappresentante in carica p.t., rappresentato e difeso dall’Avvocatura
distrettuale dello Stato di Salerno, preso cui ope legis domicilia al Corso
Vittorio Emanuele n. 58
PER L’ANNULLAMENTO
dell’ordinanza n. 42/2001 del 22 agosto 2001 recante revoca dell’autorizzazione
n. 14 del 9.7.2001, rilasciata dal Comune di Polla per il riutilizzo dei
materiali depositatisi nella vasca di carico dell’impianto idroelettrico Tanagro
di proprietà della ricorrente;
di ogni atto connesso ed in particolare della nota prot. n. 956 del 7 agosto
2001 del Comando Stazione di Polla del Corpo Forestale dello Stato, nonché della
stessa autorizzazione n. 14 del 9.7.2001 dell’U.T.C. di Polla nella parte in cui
prevede che il materiale possa essere “riutilizzato secondo le operazioni di
recupero previsto nell’allegato C del D.M. 5.2.1998 con particolare riguardo al
punto R10”.
VISTO il ricorso con gli atti e documenti allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’Amministrazione ministeriale
evocata;
Visto l’atto di costituzione volontaria della società incorporante Edipower
S.p.a.;
VISTI tutti gli atti della causa;
RELATORE alla pubblica udienza del 24 giugno 2004 il consigliere dott. Francesco
Gaudieri e uditi altresì, per le parti, gli avvocati difensori presenti come da
processo verbale di udienza;
RITENUTO e considerato in fatto e in diritto quanto segue:
Fatto
1.- Con l’atto notificato il 23.10.2001, depositato il 16.11.2001, la Eurogen
S.p.a. – cessionaria ex lege (D. L.vo n. 79/1999 e D.P.C.M. 4.8.1999) da Enel
S.p.A. del ramo di azienda comprendente l’impianto idroelettrico “Tanagro” - cui
è subentrata con atto di fusione per notar Colombo in Milano del 21.11.2002 rep
. 112.015 l’Edipower S.p.a,, che nella procura rilasciata a margine dell’atto di
costituzione depositato il 2 maggio 2003, menziona anche l’avvenuta iscrizione
nel registro delle imprese di Milano n. 13442230150, dimostrando l’avvenuto
espletamento delle formalità di cui ai commi 2 e 3 dell’art. 2054 c.c. (Cons. St.
Sez. VI 23 settembre 2003 n. 5403), con conseguente estinzione di Eurogen S.p.A
– premesso :
di essere proprietaria del menzionato impianto idroelettrico, in località
Maltempo del Comune di Polla;
di aver presentato, con nota del 7.6.2001, comunicazione dell’inizio dei lavori
consistenti nella rimozione dei sedimenti formatisi nell’impianto idroelettrico
e nella loro collocazione per spandimento in un sito ubicato nel territorio del
Comune di Polla, allegando anche una relazione contenente le caratteristiche del
materiale in questione, redatta da un laboratorio specializzato dell’Enel di
Piacenza;
di essere stata autorizzata dal Comune a conferire il materiale depositato nella
vasca di carico, nel sito ubicato in località Foresta;
di essere stata successivamente destinataria dell’impugnata ordinanza di revoca
dell’autorizzazione con il contestuale ordine di immediata rimozione dei
materiali e bonifica dei luoghi, e ciò sul presupposto, rilevato dal Comando
Stazione di Polla del Corpo Forestale dello Stato, che proprio le analisi di
laboratorio depositate dalla Eurogen avrebbero evidenziato che “i risultati
delle analisi…non risultano conformi con i limiti previsti dal D. M. 5.2.1998 i
coliformi fecali e gli idrocarburi totali…La parte di sedimento del bacino
rappresentata dai campioni…non ha le caratteristiche di idoneità per essere
avviata ad attività di recupero secondo le procedure semplificate…è comunque
proponibile il perseguimento di una procedura non semplificata (previa
autorizzazione da parte degli enti preposti e/o accordi specifici – Regione
Campania)” Per tale motivo i rifiuti dovevano essere smaltiti in discarica di
seconda categoria (tipo B).
tanto premesso, ha impugnato l’ordinanza n. 42/01 per violazione di legge ed
eccesso di potere sotto diversi profili, assumendo che :
il materiale proveniente dalla vasca del Tanagro rientra nella previsione
normativa delle “terre da scavo” e per la valutazione della sua utilizzazione
andava fatto riferimento alla sopravvenuta normativa di cui alla legge n. 93 del
23.3.2001;
infatti, la lett. f.bis del comma 1, art. 8 del D. Lg.vo n. 22 del 5.2.1997, nel
testo novellato dall’art. 10 della l. 23.3.2001 n. 93, ampliando i casi di
esclusione dal campo di applicazione del “decreto Ronchi” con l’introduzione
della previsione delle “terre e rocce da scavo destinate all’effettivo utilizzo
per reinterri, riempimenti…con esclusione di materiali provenienti da siti
inquinati e da bonifiche con concentrazione di inquinanti superiore i limiti di
accettabilità stabiliti dalle norme vigenti” avrebbe comportato un diverso
riferimento ai limiti di “accettabilità” non più rapportati ai valori indicati
nel DM 5.12.1998 bensì a quelli stabiliti dal D.M. 25.10.1999 n. 471;
pertanto, i sedimenti provenienti dalla vasca dell’impianto idroelettrico, in
quanto riconducibili a “terre da scavo”, non necessitavano, in virtù della legge
n. 93/03 di alcuna autorizzazione o permesso per essere “utilizzati”, né
richiedevano una procedura semplificata e le prescrizioni imposte dall’ente
locale in sede di autorizzazione esulavano dalla sua competenza.
2.- Si costituiva in giudizio per resistere il Ministero delle Politiche
Agricole e Forestali, chiedendo il rigetto della domanda perché inammissibile ed
infondata.
3.- Con ordinanza n. 171/2001, emessa nella camera di consiglio del 6 dicembre
2001, venivano disposti incombenti istruttori demandati alla locale Asl,
espletati con l’ausilio dell’Agenzia regionale per la protezione ambientale
della Campania.
4.- Con ordinanza n. 1378/2002 del 21 novembre 2002 veniva respinta l’istanza di
tutela cautelare, sul presupposto della permanenza sull’area de qua del
sequestro disposto dall’A.G.O. di Sala Consilina,
5.- Alla pubblica udienza del 6 novembre 2003, sulle reiterate conclusioni dei
difensori delle parti, la causa veniva riservata per la decisione.
6.- Con sentenza istruttoria n. 61/2004, depositata il 28.1.2004, veniva
richiesto all’ARPAC di concludere la propria relazione utilizzando anche i
risultati del laboratorio ENEL di Piacenza sui campioni prelevati ex ante sui
sedimenti esistenti nel bacino dell’impianto idroelettrico di Tanagro.
7.- Alla pubblica udienza del 24 giugno 2004, previa acquisizione delle
conclusioni dell’ARPAC, trasmesse con note del 7 aprile 2004, sulla conclusione
delle parti la causa veniva riservata per le decisioni.
Diritto
Il ricorso è infondato e soggiace alla relativa declaratoria di reiezione per le
considerazioni che seguono.
1.- La ricorrente società invoca l’annullamento dell’ordinanza n. 42/01 del 22
agosto 2001, recante ordine di rimozione dei fanghi di dragaggio provenienti
dalla vasca di carico dell’impianto idroelettrico Tanagro, il cui spandimento su
suolo a beneficio dell’agricoltura era stata autorizzato con precedente
ordinanza della medesima amministrazione.
Assume sostanzialmente che i fanghi di dragaggio, in quanto interessati dalla
novella di cui al D. Lgs n. 93/2001, recante modifiche all’art. 8 del D. Lgs n.
22/1997 (c. d. Decreto Ronchi) con l’introduzione della lett. f.bis), relativa
alle “terre e rocce da scavo”, non sarebbero rifiuti e quindi non rientrerebbero
nel campo di applicazione del D. Lgs n. 22/1997 a condizione di presentare una
concentrazione di inquinanti inferiore ai limiti di accettabilità stabiliti dal
D.M. n. 471/99.
Ai parametri di quest’ultima normativa, dunque, l’Amministrazione comunale
avrebbe dovuto fare riferimento al fine di valutare la ricorrenza dei casi di
esclusione dall’ambito delle previsioni del Decreto Ronchi e non anche al D.M.
Ambiente 5.2.1998.
1.a.- La tesi non ha pregio e come tale va disattesa.
Com’è noto il D. Lgs 5 febbraio 1997 n. 22 (c. d. Decreto Ronchi), è stato
emanato in attuazione delle direttive 91/156/CEE sui rifiuti, n. 91/689/CEE sui
rifiuti non pericolosi e n. 94/62/CE sugli imballaggi e rifiuti di imballaggi.
Per quanto in questa sede interessa, è’ stato precisato con la citata normativa
che la gestione dei rifiuti è attività di pubblico interesse; i rifiuti devono
essere recuperati o smaltiti senza pericolo per la salute dell’uomo e senza
usare procedimenti che potrebbero recare pregiudizio all’ambiente; la gestione
dei rifiuti si conforma ai principi di responsabilizzazione e cooperazione di
tutti i soggetti coinvolti nella produzione, distribuzione, utilizzazione e
consumo dei beni da cui originano i rifiuti.
Ai fini della classificazione i rifiuti sono stati classificati in urbani e
speciali e, secondo le caratteristiche di pericolosità, in rifiuti pericoli e
non pericolosi (art. 7).
L’art. 8 ha, quindi, individuato i casi esclusione dall’applicazione della
normativa di cui al citato decreto, e, con la novella di cui all’art. 10, comma
1, L. 23 marzo 2001 n. 93 (in G.U. 4 aprile 2001 n. 79), l’elenco è stato
integrato con le previsioni di cui alla lett. f.bis) così strutturata :”Sono
esclusi dal campo di applicazione del presente decreto… le terre e le rocce da
scavo destinate all'effettivo utilizzo per reinterri, riempimenti, rilevati e
macinati, con esclusione di materiali provenienti da siti inquinati e da
bonifiche con concentrazione di inquinanti superiore ai limiti di accettabilità
stabiliti dalle norme vigenti”.
Con l’art. 17 sono state poste le coordinate relative alla bonifica e ripristino
ambientale dei siti inquinati.
Le successive norme recano disposizioni in ordine alle competenze degli organi;
ai piani di gestione dei rifiuti; alle autorizzazioni ed iscrizioni.
Con gli artt. 31, 32 e 33 sono state tracciate le coordinate per le procedure
semplificate di recupero relative ai rifiuti non pericolosi.
1.b.- Così sinteticamente tracciato il quadro di riferimento del Decreto Ronchi,
deve altresì precisarsi che successivamente sono stati posti in essere i
relativi decreti.
Ed infatti, con il D.M. Ambiente 5 febbraio 1998 (in G. U. 16 aprile 1998 n. 88)
si è proceduto alla individuazione dei rifiuti non pericolosi da sottoporre alle
procedure semplificate di recupero ai sensi degli articoli 31 e 33 D. Lgs 5
febbraio 1997 n. 22, individuando alla Tipologia 12.2 All.1, i “fanghi da
dragaggio”, così disciplinati :
“12.2.1. Provenienza: attività di dragaggio di fondali di laghi, dei canali
navigabili o irrigui e corsi d'acqua (acque interne), pulizia di bacini idrici.
12.2.2. Caratteristiche del rifiuto: materiale composto da limi, argille, sabbie
e ghiaie con contenuto in acqua < 80%, idrocarburi totali < 30 mg/kg SS, PCB <
0,01 mg/kg SS, IPA < 1 mg/kg SS, pesticidi organoclorurati < 0,01 mg/kg SS,
coliformi fecali < 20 MPN in 100 ml; salmonelle assenti in 5000 ml.
12.2.3. Attività di recupero:
a) formazione di rilevati e sottofondi stradali previa essiccamento ed eventuale
igienizzazione (il recupero è subordinato all'esecuzione del test di cessione
sul rifiuto tal quale secondo il metodo in allegato 3 al presente decreto) ;
b) esecuzione di terrapieni e arginature, ad esclusione delle opere a contatto
diretto o indiretto con l'ambiente marino, previo essiccamento ed eventuale
igienizzazione (il recupero è subordinato all'esecuzione del test di cessione
sul rifiuto tal quale secondo il metodo in allegato 3 al presente decreto)”.
Con il D.M. Ambiente 25 ottobre 1999 n. 471 è stato redatto il regolamento
recante criteri, procedure e modalità per la messa in sicurezza, la bonifica e
il ripristino ambientale dei siti inquinati ai sensi dell’articolo 17 D. Lgs 5
febbraio 1997 n. 22 (in G .U. 15 dicembre 1999 n. 293).
Finalità precipue del citato regolamento sono quelle di stabilire i criteri, le
procedure e le modalità per la messa in sicurezza, la bonifica e il ripristino
ambientale dei siti inquinati, ai sensi dell'articolo 17, del decreto
legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, e successive modifiche ed integrazioni.
Esso, infatti, disciplina:
a - i limiti di accettabilità della contaminazione dei suoli, delle acque
superficiali e delle acque sotterranee in relazione alla specifica destinazione
d'uso dei siti;
b - le procedure di riferimento per il prelievo e l'analisi dei campioni,
c - i criteri generali per la messa in sicurezza, la bonifica ed il ripristino
ambientale dei siti inquinati, nonché per la redazione dei relativi progetti;
d - i criteri per le operazioni di bonifica di suoli e falde acquifere che
facciano ricorso a batteri, a ceppi batterici mutanti, a stimolanti di batteri
naturalmente presenti nel suolo;
e - il censimento dei siti potenzialmente inquinati, l'anagrafe dei siti da
bonificare e gli interventi di bonifica e ripristino ambientale effettuati da
parte della pubblica amministrazione;
f - i criteri per l'individuazione dei siti inquinati di interesse nazionale.
1.c.- Orbene, secondo la tesi della ricorrente società, il D. Lgs 23 marzo 2001
n. 93, recante modifiche al c.d. decreto Ronchi, ivi incluso l’ampliamento delle
ipotesi di non applicazione del citato decreto, sarebbe un vero e proprio
spartiacque ai fini della delibazione del merito della presente vicenda, atteso
che, prima della riforma di cui alla citata novella i “fanghi da dragaggio”
sarebbero stati disciplinati dal D.M. del 98, mentre dopo la riforma, dovrebbe
farsi necessariamente applicazione della lett. f.bis dell’art. 8 e cioè della
disciplina delle “terre e rocce da scavo destinate all’effettivo utilizzo per
reinterri, riempimenti, rilevati e macinati, con esclusione dei materiali
provenienti da siti inquinati e da bonifiche con concentrazione di inquinanti
superiori ai limiti di accettabilità stabiliti dalle norme vigenti”, e quindi al
D.M. 25.19.1999 n. 471.
La tesi, come già detto, è destituita di fondamento.
In primo luogo, essa postula un’equiparazione tra fanghi da dragaggio (12.2 All.
1 D.M. 5.2.1998) e terre e rocce da scavo (lett. f.bis art. 8 D. Lgs n. 22/97)
che non emerge né dalla lettera della legge, né dalla ricostruzione
logico-sistematica.
Osta a siffatta traiettoria ermeneutica, in primo luogo la diversità lessicale,
tipica della diversa composizione organica delle relative sostanze.
Osta la diversità della provenienza : i primi dalle attività di dragaggio di
laghi, canali, corsi d’acqua e bacini idrici; laddove le terre e rocce da scavo
provengono da attività di scavo dei terreni.
Osta la circostanza che il legislatore della novella del 2001, nell’estendere i
casi di esclusione di cui all’art. 8 del D. Lgs n. 22/97, aveva ben presente la
disciplina dei fanghi di dragaggio (ritenuti rifiuti non pericolosi da
recuperare con procedure semplificate), la relativa collocazione (All. 1 punto
12.2, D.M. 1998), la composizione organica dei fanghi di dragaggio, il sistema
di smaltimento per spandimento se caratterizzati da valori conformi a quelli
specificati nel citato D.M., ed in applicazione del brocardo ubi voluit, dixit,
se avesse inteso operre nei sensi prospettati dalla ricorrente, avrebbe
menzionato anche i fanghi da dragaggio nella previsione più volte invocata.
Ma ciò che più osta alla invocata identificazione è la circostanza, chiarita
dallo stesso legislatore, con i commi 17, 18 e 19 della l. 21.12.2001 n. 443,
che le terre e rocce di scavo 8 e non anche i fanghi da dragaggio) non sono
considerati rifiuti.
1.c.1.- Come più volte chiarito dalla giurisprudenza, va riconosciuto carattere
interpretativo soltanto ad una legge che, fermo il tenore testuale della norma
interpretata, ne chiarisce il significato normativo ovvero privilegia una tra le
tante interpretazioni possibili, di guisa che il contenuto precettivo è espresso
dalla coesistenza delle due norme (quella precedente e l’altra successiva che ne
esplicita il significato) le quali rimangono entrambe in vigore e sono quindi
idonee ad essere modificate separatamente (Corte costituzionale sentenza n.
155/90; Consiglio di Stato Adunanza Plenaria n. 15/97).
1.c.2.- Trasponendo le riferite coordinate al caso in esame, non può che farsi
riferimento al comma 17 della legge n. 443 del 21.12.2001, che così recita :” Il
comma 3, lettera b) dell’articolo 7 ed il comma 1, lettera f-bis) dell’articolo
8 del decreto legislativo n. 22 del 1997 si interpretano nel senso che le terre
e rocce da scavo, anche di gallerie, non costituiscono rifiuti e sono, perciò,
escluse dall’ambito di applicazione del medesimo decreto legislativo, anche
quando contaminate, durante il ciclo produttivo…”.
Il legislatore, dunque, ha chiarito, con norma di interpretazione autentica che
“le terre e rocce da scavo…non costituiscono rifiuti”, laddove una siffatta
esclusione non risulta estendibile ai fanghi da dragaggio che, pertanto, sono e
restano rifiuti non pericolosi.
Ciò conforta le conclusioni cui è addivenuto il Collegio nel ritenere non
sovrapponibili i fanghi di dragaggio con le terre e rocce da scavo, non
potendosi l’interpretazione autentica fornita dal legislatore di un proprio
testo normativo estendere oltre i casi da essa espressamente chiariti.
In definitiva, una norma interpretativa, e, quindi, retroattiva, nonché
costituzionalmente legittima, perché possa qualificarsi tale è necessario che si
limiti a chiarire la portata applicativa di una disposizione precedente, che non
integri il precetto di quest’ultima e infine che non adotti una opzione
ermeneutica non desumibile dall’ordinaria attività di esegesi della stessa (Cons.
St. Sez. V 2 luglio 2002 n. 3612; Corte Cost 23 luglio 2002 n. 374)
1.d.- Alla stregua delle riferite considerazioni la tesi della deducente si
rivela infondata.
Poiché, dunque, le risultanze delle analisi effettuate dal laboratorio di
Piacenza hanno inequivocabilmente provato che i sedimenti del bacino in
questione non hanno le caratteristiche per essere ammesse ad attività di
recupero, secondo le disposizioni del D.M. 5.2.1998, come confermato anche
dall’attività istruttoria effettuata dall’ARPAC (vedi relazione conclusiva
trasmessa con nota del 7 aprile 2004), l’ordinanza impugnata e la sottostante
nota del Corpo forestale dello Stato devono stimarsi esenti di vizi censurati.
2.- La deducente lamenta, altresì, che l’ufficio tecnico, con il rilascio del
permesso o dell’autorizzazione per il recupero di rifiuti avrebbe operato al di
fuori delle proprie competenze, ritenute spettanti alla Regione o alla
Provincia.
In proposito è appena il caso di osservare che, in questa sede, l’impugnazione e
quindi l’oggetto dello scrutinio del Collegio è l’atto di revoca (recte :
annullamento) della precedente autorizzazione comunale e non l’autorizzazione
comunale.
Per tale considerazione, la censura afferente ad un atto non impugnato, deve
stimarsi inammissibile.
3.- Quanto alle ulteriori considerazioni sviluppate nelle memorie depositate nel
corso del giudizio (pagg. 2 e 3 della memoria depositata il 12 giugno 2004), in
quanto estranee alle censure contenute nel ricorso notificate, costituenti,
pertanto, ampliamento del thema decidendum, il Collegio non può darsi carico.
4.- Il regolamento delle spese processuali segue la soccombenza. Esse sono
liquidate nell’importo fissato in dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania, sede di Salerno, Sez. I,
definitivamente pronunziando sul ricorso n. 2833/2001 proposto da Edipower S.p.A,
successore universale di Eurogen S.p.A per incorporazione, lo respinge.
Condanna la ricorrente società al pagamento in favore dell’ARPAC - Dipartimento
provinciale di Salerno, per le analisi su campioni di fanghi di dragaggio, delle
spese sostenute pari ad euro 2.380,00 (duemilatrecentottanta) IVA inclusa.
Condanna la ricorrente al pagamento in favore della costituita amministrazione
ministeriale delle spese e competenze di lite che liquida complessivamente in
euro 2.000,00 (duemila).
Ordina che la presente ordinanza sia eseguita dall'Autorità Amministrativa.
Così deciso in Salerno nella camera di consiglio del 24 giugno 2004 con la
partecipazione dei Magistrati
Dott. Alessandro Fedullo Presidente
Dott. Francesco Gaudieri Estensore
1) Rifiuti - Rifiuti non pericolosi - Fanghi di dragaggio (D.M. 5.2.98) - Terre e rocce da scavo (d. Lgs. 22/97 e L. 443/2001) - Equiparabilità - Esclusione. I fanghi di dragaggio (12.2. All. 1 D.M. 5.2.1998 – rifiuti non pericolosi da recuperare con procedure semplificate) non sono equiparabili alle terre e rocce da scavo (lett. f.bis art. 8 D. Lgs n. 22/97). L’interpretazione autentica fornita dal legislatore con l. n. 443 del 21.12.2001, con la quale è stato chiarito che “le terre e rocce da scavo…non costituiscono rifiuti”, non può estendersi oltre i casi da essa espressamente chiariti. Pres. Fedullo, Est. Gaudieri – E. s.p.a. (Avv.ti Izzi e Marrama) c. Ministero delle Politiche Agricole e Forestali (Avv. Stato) - T.A.R CAMPANIA, Salerno, Sez. I – 8 ottobre 2004, n. 1867
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