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 Massime della sentenza

 

 

T.A.R. LIGURIA, Sezione I - 18 marzo 2004, sentenza n. 267

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

N. 438/2003 R.G.R.
N. 267 Reg. Sent. ANNO 2004

IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE DELLA LIGURIA


Il Tribunale Amministrativo Regionale della Liguria Sezione Prima
nelle persone dei Signori:
Renato Vivenzio Presidente
Antonio Bianchi Consigliere, relatore.
Davide Ponte Primo Referendario
ha pronunciato la seguente

 
SENTENZA


Sul ricorso n. 438/2003 R.G.R. proposto dal Comitato per la Salvaguardia e lo Sviluppo dal Golfo dei Poeti, dalla ONLUS – Associazione Italiana per il WORLD WIDE FUND for NATURE-WWF –in persona dei rispettivi legali rappresentanti e dal dott. Schiffini Enrico, tutti rappresentati e difesi dall’Avv. Daniele Granara ed elettivamente domiciliati in Genova, Via Porta D’Archi 10/27-28, presso il suo studio;
- ricorrenti -
CONTRO
- Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio,
- Ministero delle Attività Produttive,
- Ministero della Salutte, in persona dei rispettivi Ministri in carica, rapprestanti e difesi ex lege dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato, domiciliataria in Genova, Viale Brigate Partigiane, 2;
- resistenti -
Regione Liguria, in persona del Presidente in carica, rappresentato e difeso dagli Avv.ti Michela Sommariva e Leonardo Castagnoli, elettivamente domiciliata presso il loro studio in Genova, Via Fieschi, 15;
- resistente -
- Conferenza dei Servizi presso il Ministero dell’Ambiente e Tutela del Terrritorio,
- Autorità Portuale di La Spezia,
- Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, rappresentati e difesi ex lege dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato, domiciliataria in Genova, Viale Brigate Partigiane, 2;
- resistenti -
e nei confronti
- del Comune di La Spezia, in persona del Sindaco in carica;
- non costituito -
- del Comune di Lerici, in persona del Sidnaco in carica, rappresentato e difeso dall’Avv. Paolo Scaparone, elettivamente domiciliato presso la Segreteria del T.A.R.;
- cointeressato -
- del Comune di Portovenere, in persona del Sindaco in Carica;
- della Provincia di La Spezia, in persona del suo Presidente in carica;
- non costituiti -
e con l'intervento di
La Spezia Container Terminal S.p.A., in persona del legale rappresentante, rappresenato e difeso dagli Avv.ti Gerolamo Taccogna e Francesco Munari, elettivamente domiciliato presso il secondo in Genova, Largo San Giuseppe, 3/23;
- interveniente ad opponendum -
- ONLUS – Legambiente, in persona del Legale rappresentate, rappresentato e difeso dall’Avv. Roberto Lamma, selettivamente domiciliato in Genova, Via Porta D’Archi, 12/13, presso l’Avv. Stefano Bigliazzi;
- interveniente ad adiuvandum -
per l'annullamento, previa sospensione dell'esecuzione, di tutte le deliberazioni assunte dalla Conferenza dei Servizi convocata in seduta deliberante presso il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del territorio in data 30 dicembre 2002, ai sensi dell’art. 14 della Legge n. 241/1990 e sue successive modifiche ed integrazioni aventi ad oggetto approvazione di progetti relativi a: interventi di messa in sicurezza d’emergenza da adottarsi nell’intervento di dragaggio del canale di accesso al Porto di La Spezia (punto 2 dell’ordine del giorno); vasca di colmata del Molo Garibaldi – Risultanze caratterizzazione sedimenti (punto 3 dell’ordine del giorno); caratterizzazione fisica e microbiologica dei sedimenti del Molo Fornelli e Bacino di Evoluzione e relativo progetto di dragaggio; e per l’annullamento, previa sospensione, di tutte le deliberazioni assunte dalla Conferenza dei servizi presso il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio in data 25 febbraio 2003, aventi ad oggetto esame della documentazione relativa ad interventi di dragaggio negli specchi acquei antistanti il terminal Ravano a servizio del Porto mercantile della Spezia trasmessa dall’Autorità Portuale della Spezia con nota del 14.02.2003, prot. n. 550, nonchè per l’annullamento di ogni atto preparatorio, inerente, conseguente e/o comunque connesso, cognito e non, nessuno escluso, assunto anche in sede di Conferenze istruttorie (o eventualmente decisorie) del 06.08.2002 e 13.11.2002;
nonché per l’annullamento
della deliberazione assunta dalla Conferenza dei Servizi convocata in seduta deliberante presso il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio in data 8 aprile 2003, ai sensi dell’art. 14 della Legge n. 241/1990 e sue successive modifiche ed integrazioni, avente ad oggetto “Esame della documentazione integrativa relativa ad interventi di dragaggio negli specchi acquei antistanti il terminal Ravano a servizio del Porto mercantile della Spezia trasmessa dall’Autorità Portuale della Spezia – Prot. n. 781 dell’08.03.2003 e Prot. n. 1097 del 18.03.2003 (Acquisiti ai Prott. nn. 2371/Ri.Bo./B e 2790/Ri.Bo./B, rispettivamente il 10.03.2003 e 19.03.2003)”, e per l’annullamento delle Deliberazioni assunte dalla Conferenza dei Servizi presso il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio in data 30 settembre 2003, aventi ad oggetto “progetto di bonifica con misure di sicurezza dell’area marina destinata alla realizzazione del banchinamento del Molo Garibaldi nel Porto di La Spezia, trasmesso dall’Autorità Portuale della Spezia con nota prot. n. 2458 del 28.07.2003 ed acquisito dal Ministero dell’Ambiente e T.T. con nota Prot. n. 7849/RIBO/B del 01.08.2003”, nonché per l’annullamento di ogni atto preparatorio, inerente, conseguente e/o comunque connesso, cognito e non, nessuno escluso.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visti gli atti tutti della causa;
Visto l'atto di costituzione in giudizio delle Amministrazioni intimate e degli intervenienti ad opponendum e ad adiuvandum;
Udito il relatore Consigliere ANTONIO BIANCHI e uditi, altresì, l’avvocato Granara per i ricorrenti, l’avvocato dello Stato Novaresi per le Amministrazioni resistenti, l’avvocato Benghi per la Regione Liguria, l’avvocato Scaparone per il Comune di Lerici, gli avvocati Taccogna e Munari per l’interveniente ad opponendum e l’avvocato Lamma per l’interveniente ad adiuvandum.


FATTO


La Direzione per la Gestione dei Rifiuti e per le Bonifiche del Ministero dell’Ambiente con nota del 26.03.2002, segnalava all’Autorità Portuale Spezzina la necessità della messa in sicurezza di emergenza del canale di accesso al Porto di La Spezia, poichè dall’esame della caratterizzazione fisica, chimica e microbiologica fatta eseguire era emerso che:
-le concentrazioni di arsenico superavano, per la totalità dei campioni, i valori limite indicati dalla colonna B della Tabella 1 del D.M. 471/99;
-le concentrazioni degli Idrocarburi pesanti superavano per un campione i suddetti valori limite e per altri quattro campioni la concentrazione permaneva molto alta, attestandosi a 400 mg/kg;
-le concentrazioni di Tributilstagno erano risultate estremamente elevate e benché non vi sia un limite normativo fissato, la sostanza è stata inserita nell’elenco delle sostanze pericolose prioritarie dalla Commissione dell’Unione Europea per le sue proprietà tossiche nei confronti della vita acquatica, per i suoi riconosciuti effetti sul sistema endocrino e per la sua capacità di bioaccumulazione.


La nota precisava che, attesi i livelli di concentrazione di inquinanti, i materiali in questione non potevano essere allocati nella cassa di colmata (poiché il conferimento del materiale è consentito solo quando abbia concentrazioni pari a quelle della colonna B. abbattute del 10%) e che “l’Autorità Portuale è tenuta a presentare un Piano di gestione dei materiali medesimi che preveda il loro trattamento e il successivo riutilizzo o, in caso, di impossibilità tecnico-economica di trattamento, un idoneo smaltimento”.


Conseguentemente in data 28.05.2002 l’Autorità Portuale trasmetteva al Servizio Difesa del Mare del Ministero dell’Ambiente istanza di autorizzazione per la “messa in sicurezza di emergenza del Canale di accesso al Porto di La Spezia”, specificando, nella documentazione di supporto “che l’operazione consisterà in un dragaggio del Canale di accesso a quota –15 m. con prelievo di 40.000 mc di sedimenti, così da garantire l’accesso al porto alle navi da 6500/6800 TEU”.


Lo smaltimento del materiale di risulta era previsto “in discarica autorizzata e/o in apposito impianto di trattamento”.


Alla luce della documentazione ricevuta, il Servizio Difesa del Mare, con nota del 5.7.2002 evidenziava peraltro che la richiesta di autorizzazione non rientrava “nell’ambito di operatività dell’art. 35 del D. Lgvo 152/1999 che prevede solo un’autorizzazione per movimentazione di materiali dragati e non per l’operazione di dragaggio in sé, né tantomeno per lo sversamento a terra dei materiali dragati”. Precisava quindi che il rilascio dell’autorizzazione al dragaggio non rientrava nelle competenze del Servizio “ma nelle attribuzioni dell’Ente territoriale”.


Peraltro, al fine di garantire comunque la maggiore tutela dei corpi idrici, raccomandava in ogni caso “che la quota di dragaggio assicuri un battente d’acqua che scongiuri la risospensione e la dispersione degli inquinanti dovuta alle turbolenze generate dalle navi in transito (almeno 1 m)” e “l’opportunità dell’effettuazione del piano di monitoraggio, nonché l’utilizzo durante le operazioni di escavo di panne galleggianti”.


Pertanto, su istanza dell’Autorità Portuale della Spezia in data 24.7.2002, il Direttore Generale del Servizio per la Gestione dei Rifiuti e per le Bonifiche, con atto del 26.7.2002, convocava per il 6 agosto 2002 una Conferenza di Servizi istruttoria, ai sensi dell’art. 14 della Legge n. 241/1990 per l’esame del progetto di messa in sicurezza di emergenza del canale di accesso al porto e del progetto di realizzazione di vasca di colmata interna al costruendo banchinamento del molo Garibaldi nel porto mercantile della Spezia.


Altra conferenza era convocata dal Direttore del medesimo servizio per il 13.11.2002, nell’ambito del procedimento per l’intervento di bonifica del sito di interesse nazionale di Pitelli, al fine di acquisire le intese e i concerti per l’approvazione, tra gli altri, del Progetto di Messa in sicurezza di emergenza canale di accesso al Porto di La Spezia – Prot. 4980 del 31.7.2002.


Quindi, il 30.12.2002, convocata con nota prot. N. 9837/Ri.Bo/DI/B del 25.10.2002 del Direttore Generale del Servizio per la Gestione dei Rifiuti e per le Bonifiche, si svolgeva Conferenza dei Servizi “decisoria” per deliberare, tra l’altro, sull’approvazione degli elaborati progettuali relativi a “interventi di Messa in sicurezza d’emergenza da adottarsi nell’intervento di dragaggio del canale di accesso al Porto di La Spezia” /n. 2) “progetto vasca di colmata del Molo Garibaldi – Risultanze caratterizzazione sedimenti” (n. 3); “caratterizzazione fisica e microbiologica dei sedimenti del Molo Fornelli e Bacino di Evoluzione e relativo progetto di dragaggio” (n. 4).


In tale sede, la Conferenza dei Servizi, alla quale partecipavano il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio, che l’aveva convocata, e il Ministero della Salute, mentre restavano assenti il Ministero delle Attività Produttive e la Regione Liguria, dopo aver formulato una serie di osservazioni e prescrizioni riteneva che le progettate attività “non pregiudichino le successive attività di bonifica del sito e non comportino un aumento o una diffusione dell’inquinamento a condizione che le operazioni connesse siano condotte con le modalità di intervento e le prescrizioni sopra indicate”.


Analoghe deliberazioni erano assunte dalla Conferenza (con tredici prescrizioni) per le attività previste per la realizzazione del progetto della vasca di colmata del Molo Garibaldi, e (con dodici modalità d’intervento e prescrizioni) per le attività di dragaggio della zona di evoluzione del 3° Bacino portuale e della zona antistante il Molo Fornelli.


Con atto poi del 14.2.2003, il Direttore del Servizio per la Gestione dei Rifiuti e per le Bonifiche convocava presso il Ministero dell’Ambiente Conferenza di servizi istruttoria per acquisire le intese e i concerti richiesti per l’approvazione dei progetti di bonifica del sito di interesse nazionale di Pitelli.


Sennonché, con nota del medesimo Direttore prot. 1652 del 18.2.2003, l’ordine del giorno della predetta Conferenza era integrato con l’esame della documentazione relativa ad interventi di dragaggio negli specchi acquei antistanti il terminal Ravano a servizio del Porto mercantile della Spezia trasmessa dall’Autorità Portuale della Spezia con nota del 14.2.2003 prot. N. 550.


In sede di Conferenza tenuta il 25.2.2003, la Direzione Generale del Servizio per la Gestione dei Rifiuti e per le Bonifiche riteneva che “le attività di dragaggio previste dall’Autorità Portuale della Spezia per la rimozione dei sedimenti dei fondali antistanti il Terminal Ravano non pregiudicano le successive attività di bonifica del sito e non comportano una diffusione dell’inquinamento a condizione che le stesse vengano effettuate in ottemperanza” di sei dettagliate e articolate prescrizioni, ivi indicate, sui limiti di concentrazioni, rilevabilità e conferimento in discarica o al trattamento o in vasca di colmata adeguatamente impermeabilizzata e che la metodologia del dragaggio rispetti ulteriori sette diffuse prescrizioni su modalità, tempi, tecniche, procedure e informazioni preventive, requisiti di sicurezza e di salvaguardia ambientale.


Si evidenziava infine la necessità “di un Piano di Monitoraggio delle attività da attuare prima, durante e dopo le operazioni di dragaggio che tenga conto delle osservazioni già formulate dalla Conferenza dei Servizi del 13.11.2002 relativamente alle attività di dragaggio del canale di accesso al Porto e del 3° Bacino portuale antistante il Molo Fornelli”.


Ritenendo illegittime tutte le predette deliberazioni assunte dalla Conferenza dei Servizi gli istanti, con il ricorso in epigrafe, hanno adito questo TAR chiedendone l’annullamento per i seguenti motivi:

1)Violazione e falsa applicazione dell’art. 1 della Legge 9 dicembre 1998 n. 426, dell’art. 17 del D. Lgs. 5 febbraio 1997 n. 22 e degli artt. 4,5,6,10 e 15 del D.M. 25 ottobre 1999 n. 471. Eccesso di potere per difetto dei presupposti, per contraddittorietà intrinseca ed illogicità manifeste e per difetto di istruttoria. Incompetenza. Perplessità. Sviamento di potere.


Ai sensi dell’art. 1 della Legge n. 426/1998, il sito perimetrato di Pitelli (La Spezia), “ivi compresi aree e specchi d’acqua marittimi”, è considerato sito ad alto rischio ambientale, che richiede intervento di bonifica di interesse nazionale, per la cui realizzazione, unitamente a quella relativa agli altri siti inquinati elencati al comma 4, il Ministero dell’Ambiente adotta, d’intesa con la Conferenza Permanente Stato e Regioni, previo parere delle competenti Commissioni parlamentari “un programma nazionale di bonifica e ripristino ambientale dei siti inquinati, che individua gli interventi di interesse nazionale, gli interventi prioritari, i soggetti beneficiari, i criteri di finanziamento dei singoli interventi e le modalità di trasferimento delle relative risorse” (commi 1, 3 e 4).


Nell’ambito di tale programma, il Ministero dell’Ambiente “determina altresì le modalità per il monitoraggio e il controllo, con la partecipazione delle regioni interessate, delle attività di realizzazione delle opere e degli interventi previsti nel programma stesso”.


La predetta indicazione legislativa di operosa cautela si coordina poi con la generale disciplina per la bonifica e il ripristino ambientale dei siti inquinati dettata dall’art. 17 del D. Lgs. N. 22/1997 ed il relativo regolamento di attuazione approvato con D.M. 25 ottobre 1999 n. 471 secondo cui in caso di superamento o di pericolo concreto e attuale di superamento dei valori di concentrazione limite accettabili per le sostanze inquinanti presenti nel suolo, nel sottosuolo e nelle acque sotterranee, “il sito interessato deve essere sottoposto a interventi di messa in sicurezza d’emergenza, di bonifica e ripristino ambientale per eliminare le fonti di inquinamento e le sostanze inquinanti o ridurre le concentrazioni delle sostanze inquinanti a valori di concentrazione almeno pari ai suddetti valori di concentrazione limite accettabili” (art. 4).


Qualora tali valori “non possano essere raggiunti”, nonostante l’applicazione, secondo i principi della normativa comunitaria, delle migliori tecnologie disponibili a costi sopportabili, il Comune o, se l’intervento riguarda un’area compresa nel territorio di più Comuni, la Regione può autorizzare interventi di bonifica e ripristino ambientale con misure di sicurezza che garantiscano, comunque, la tutela ambientale e sanitaria anche se i valori di concentrazione residui previsti nel sito risultano superiori a quelli stabiliti nell’Allegato 1” al regolamento (art. 5).


In tali casi, qualora la fonte inquinante sia costituita da rifiuti stoccati, il Comune o la Regione “può autorizzare interventi di messa in sicurezza permanente e ripristino ambientale, eventualmente prevedendo interventi di ingegneria naturalistica” (art. 6).


Sennonché l’esposta disciplina non ha trovato applicazione nella fattispecie in esame, non essendo idoneo allo scopo il progetto presentato dall’Autorità Portuale della Spezia, quale soggetto interessato, benché definito “Progetto di Messa in sicurezza d’emergenza canale di accesso al Porto di La Spezia”.


Infatti, nonostante che il punto 2) all’ordine del giorno della Conferenza rechi l’approvazione di elaborati progettuali relativi a “interventi di messa in sicurezza d’emergenza da adottarsi nell’intervento di dragaggio del canale di accesso al Porto di La Spezia”, come risulta dal verbale della Conferenza di Servizi decisoria del 30.12.2002, il rappresentante del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del territorio ha fatto preliminarmente “rilevare che le attività di escavo previste nel progetto dell’Autorità Portuale sono dettate da ragioni di navigabilità e non di messa in sicurezza di emergenza e che pertanto, nell’ambito delle competenze assegnate al Servizio Ri.Bo. l’istruttoria ha riguardato i seguenti aspetti:
1)Verifica che gli interventi di dragaggio del canale di accesso al porto di La Spezia, di realizzazione della vasca di colmata e di dragaggio della zona di evoluzione del 3° Bacino portuale e della zona antistante il Molo Fornelli non pregiudichino le successive attività di bonifica del sito e non comportino un aumento o una diffusione dell’inquinamento;
2)Necessità di ulteriori prescrizioni finalizzate ad assicurare il conseguimento della massima sicurezza ambientale durante le suddette attività”.


Non trattandosi di progetto di messa in sicurezza del canale di accesso al Porto nell’ambito del sito di interesse nazionale di Pitelli, ma di progetto di dragaggio dettato da “ragioni di navigabilità”, la Conferenza dei Servizi di cui all’art. 15, 4° comma del D.M. n. 471/1999 non ha alcuna competenza ad approvarlo, né lo stesso ha seguito i livelli progettuali e i passaggi procedimentali indicati dagli artt. 4,5, 6 e 10 del regolamento ministeriale.


Il procedimento conclusosi con le deliberazioni impugnate assunte nella Conferenza del 30.12.2002 (e poi, relativamente a interventi di dragaggio negli specchi acquei antistanti il terminal Ravano, oggetto della Conferenza del 25.2.2003) si è svolto in violazione nelle norme rubricate, che prevedono indagini tecniche e acquisizione di conoscenze precise e circostanziate al fine di attuare, con le dovute cautele imposte dalla delicatezza della materia, o un progetto definitivo di bonifica e ripristino ambientale (art. 4 del D.M. n. 471/1999) o un progetto di ripristino ambientale con misure di sicurezza (art. 5) o un progetto di messa in sicurezza permanente e ripristino ambientale (art. 6):
Con tale deliberato, la Conferenza ha inoltre commesso molteplici errori:
1)in primo luogo, ha illegittimamente proposto il doveroso intervento di bonifica del sito che ricade nel sito di interesse nazionale di Pitell;
2)la stessa imposizione di numerose, diffuse e variegate prescrizioni e modalità di intervento smentisce l’assunto che le attività di dragaggio non pregiudichino le successive attività di bonifica del sito e non comportino un aumento o una diffusione dell’inquinamento;
3)la mancanza del piano di caratterizzazione e dei requisiti progettuali previsti dalle norme rubricate escludono l’attendibilità del giudizio espresso dalla Conferenza;
4)i tre diversi livelli di bonifica sopra descritti non hanno ricevuto alcuna considerazione, né si è valutato il pericolo che l’attività di dragaggio comporti l’inammissibile passaggio dal miglior livello di bonifica e ripristino ambientale, ad uno meno adeguato (adozione di misure di sicurezza o messa in sicurezza permanente);
5)le stesse prescrizioni e modalità di intervento imposte dalla Conferenza smentiscono le sue conclusioni, rinviando a successive attività di monitoraggio di miglioramento della soluzione progettuale.


Sono pertanto evidenti il difetto di istruttoria e la perplessità in cui è incorsa la Conferenza, con il rinvio ad adempimenti e approfondimenti successivi.


2) Violazione e falsa applicazione dell’art. 1 della Legge 9 dicembre 1998 n. 426, dell’art. 17 del D.Lgs 5 febbraio 1997 n. 22, degli artt. 4,5,6,10 e 15 del D.M. 25 ottobre 1999 n. 471 e dell’Allegato 3 al D.M. medesimo. Eccesso di potere per difetto di istruttoria.


Nel caso di specie sarebbero state altresì violate le disposizioni dell’Allegato 3 al D.M. n. 471/1999, che detta i criteri generali per gli interventi di messa in sicurezza d’emergenza, bonifica e ripristino ambientale e per le misure di sicurezza e messa in sicurezza permanente.


3)Violazione e falsa applicazione dell’art. 8, lett. M), della legge 28 gennaio 1994 n. 84 in relazione alla violazione e falsa applicazione dell’art. 1 della legge 9 dicembre 1998 n. 426, dell’art. 17 del D.Lgs 5 febbraio 1997 n. 22 e degli artt. 4,5,6,79,10 e 15 del D.M. 25 ottobre 1999 n. 471 e dell’art. 14 della Legge 7 agosto 1990 n. 241 e successive modificazioni e integrazioni. Eccesso di potere difetto di presupposto, di motivazione e di istruttoria. Incompetenza e sviamento.


In forza dell’art. 8, lett. M) della legge n. 84/1994, l’Autorità Portuale assicura la navigabilità nell’ambito portuale, provvedendo al mantenimento ed approfondimento dei fondali, sulla base di progetti sottoposti al visto del competente ufficio speciale del genio civile per le opere marittime, tuttavia, “nel rispetto della normativa sulla tutela ambientale”, anche adottando, nei casi indifferibili di necessità ed urgenza, provvedimenti di carattere coattivo”. In proposito, “ai fini degli interventi di escavazione e manutenzione dei fondali, può indire, assumendone la presidenza, una conferenza di servizi con le amministrazioni interessate”.


Nella fattispecie in esame:
1)il progetto di dragaggio del Golfo di La Spezia viola la normativa sulla tutela ambientale dettata dalla legge 9 dicembre 1998 n. 426, dal D.Lgs. 5 febbraio 1997 n. 22 e dal D.M. 25 ottobre 1999 n. 471;
2)nessuna motivazione è stata offerta per tale progetto, che non è teso ad “assicurare” la navigabilità, bensì a rendere possibile un aumento di navigabilità del canale di accesso al Porto della Spezia;
3)nessuna emergenza è stata rappresentata e motivata;
Alla Conferenza dei Servizi del 30.12.2002, l’Autorità Portuale della Spezia non ha neanche partecipato:la Conferenza pertanto è stata illegittimamente convocata e presieduta dal Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio.


4)Violazione e falsa applicazione dell’art. 17 del D.Lgs. 5 febbraio 1997 n. 22 e dell’art. 15 del D.M. 25 ottobre 1999 n. 471 in relazione alla violazione dell’art. 2, comma 3 e degli artt. 7,13,14,15 e 16 della L.R. 30 dicembre 1998 n. 38 in relazione alla violazione dell’Allegato 2 lett.a) della Legge regionale medesima. Eccesso di potere per difetto del presupposto, di istruttoria e di motivazione e per travisamento.


L’art. 15, comma 5, del D.M. 25 ottobre 1999 n. 471 stabilisce che “qualora gli interventi di bonifica e ripristino ambientale prevedano la realizzazione di opere sottoposte a procedura di valutazione di impatto ambientale ai sensi della normativa vigente, l’approvazione di cui al comma 4 è subordinata all’acquisizione della relativa pronuncia di compatibilità”.


L’intervento in esame, come sopra descritto, rientra nell’ipotesi indicata dall’Allegato 2, lett.a) alla L.R. n. 38/1998. (“recupero di suoli dal mare per una quantità che superi i 10.000mc”), per la quale l’art. 2, comma 3, della legge prevede la procedura regionale di valutazione di impatto ambientale, previa redazione di Studio di impatto ambientale (S.I.A.) secondo l’istruttoria e il procedimento disciplinato dall’art. 13 della legge medesima, da definirsi con decisione della Giunta Regionale entro trenta giorni dalla conclusione dell’istruttoria, previo parere del Comitato Tecnico Regionale e supporto tecnico dell’Agenzia Regionale per l’Ambiente Ligure.


Il mancato espletamento della procedura di V.I.A. rende evidente la sussistenza dei vizi rubricati.


5)Violazione e falsa applicazione dell’art. 17 del D.Lgs 5 febbraio 1997 n. 22 e dell’art. 15 del D.M. 25 ottobre 1999 n. 471 in relazione alla violazione degli artt. 2, comma 4, lett.c), 10, 11, 13, 14 e 15 della L.R. 30 dicembre 1998 n. 38 in relazione alla violazione dell’Allegato 3 n. 2 c. e 10 J della Legge Regionale medesima.


Inoltre il prospettato dragaggio rientra quantomeno nell’ipotesi indicata dall’Allegato 3, n. 2c alla L.R. n. 38/1998 (“estrazione di minerali mediante dragaggio marino o fluviale”) o nell’ipotesi individuata nel medesimo allegato, con il n. 10J (“opere costiere destinate a combattere l’erosione e lavori marittimi volti a modificare la costa mediante la costruzione, per esempio, di dighe, moli, gettate e altri lavori a difesa del mare, esclusa la manutenzione e la ricostruzione di tali opere, recupero di terre dal mare”), per la quale gli artt. 2, comma 4, lett.a) e 10 della legge prevedono la procedura di verifica screening della Giunta Regionale sulla necessità di V.I.A.. che non è stata minimamente attivata.


6)Violazione dell’art. 151 del D.Lgs.29 ottobre 1999 n. 490 e dell’art. 1 bis. Lett.f) della L.R. 18 marzo 1980 n. 15 e/o degli artt. 1 e 6 della L.R. 21 agosto 1991 n. 20. Eccesso di potere per difetto del presupposto e di motivazione.


E’ ben vero che il mare (come i laghi), diversamente dai fiumi, torrenti e corsi d’acqua, non è oggetto in se stesso di tutela paesistica ai sensi dell’art. 146 del D.Lgs. n. 490/1999.


Tuttavia sono sottoposti al vincolo paesistico “i territori costieri compresi in una fascia della profondità di 300 metri dalla linea di battigia, anche per i terreni elevati sul mare” (art. 146, comma 1, lett.a). Il dragaggio del canale di accesso al Porto della Spezia viene ad alterare il rapporto tra mare e territorio costiero, consentendo un ingresso di navi porta containers di notevoli dimensioni, del tutto sproporzionate alla naturale dimensione e conformazione del Golfo dei Poeti e tali da pregiudicare le sue incantevoli visuali panoramiche, per le quali è conosciuto in tutto il mondo.


L’innaturale utilizzo del Golfo, che si otterrebbe con l’artificiale opera di dragaggio, comporta pertanto la necessità di una sua valutazione paesistica, incidendo sui territori costieri vincolati ai sensi della norma su richiamata.


Nelle more del giudizio, pertanto,il Comitato per la Salvaguardia e lo Sviluppo del Golfo dei Poeti riceveva in allegato a nota del Dirigente Generale della Direzione per la Gestione dei Rifiuti e per le Bonifiche del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio la “bozza del verbale della riunione della Conferenza di Servizi svoltasi a Roma l’8.4.2003, con preghiera di voler precisare, ove necessario, i contenuti dell’eventuale intervento effettuato nel corso della riunione” dandone comunicazione all’Ufficio entro dieci giorni.


In detto verbale, il Direttore Generale richiamava il contenuto della Conferenza dei Servizi del 25 febbraio 2003, che aveva “evidenziato la necessità che fossero fornite informazioni e dati integrativi al fine di verificare che le attività di dragaggio previste dall’Autorità Portuale della Spezia per la rimozione dei sedimenti dai fondali antistanti il Terminal Ravano non pregiudichino le successive attività di bonifica del sito e non comportino un aumento o una diffusione dell’inquinamento”.


Riferiva poi che la documentazione integrativa presentata dall’Autorità Portuale avrebbe accolto “le prescrizioni formulate dalla medesima Conferenza ivi compresa quella relativa alla presentazione di un Piano di monitoraggio delle attività di dragaggio in questione”.


Il Presidente del Comitato per la Salvaguardia e lo Sviluppo del Golfo dei Poeti ribadiva “come l’iter procedurale relativo al dragaggio dell’area marina antistante il Terminal Ravano sia da considerare anomalo in quanto il progetto, elaborato nel 1997, prima della perimetrazione del sito di Pitelli, non tiene conto della normativa sulle bonifiche emanata successivamente, evidenziando che le attività di dragaggio sono finalizzate all’accesso al Terminal Ravano di navi con stazza superiore rispetto a quelle cui è attualmente possibile l’accesso, e non da ragioni di carattere ambientale. Ritiene che il progetto prima dell’approvazione debba essere sottoposto alla Valutazione di Impatto Ambientale; in assenza di detta valutazione ritiene che l’approvazione sarebbe da considerare illegittima. Si riserva pertanto di proporre ricorso amministrativo nell’ipotesi in cui la Conferenza di servizi dovesse deliberare l’approvazione delle attività di dragaggio previste dall’Autorità Portuale”.


Nonostante la chiarezza di tale posizione, la Conferenza concludeva che “i partecipanti alla Conferenza di servizi ritengono che le operazioni di dragaggio previste negli specchi acquei antistanti il Terminal Ravano a servizio del Porto Mercantile della Spezia, di cui ai documenti presentati dall’Autorità portuale, non pregiudichino le successive attività di bonifica del sito e non comportino un aumento o una diffusione dell’inquinamento nell’area marina interessata dalle attività di dragaggio”.


Pertanto, attesa l’evidente ed intrinseca erroneità di tale verbale in ordine alla posizione del Comitato per la Salvaguardia e lo Sviluppo del Golfo dei Poeti, i rappresentanti di quest’ultimo, con lettera raccomandata spedita il 5.8.2003 alla Direzione Ri.Bo del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del territorio, ribadivano il loro dissenso e chiedevano la corrispondente rettifica del verbale.


Successivamente il Comitato ricorrente era invitato ad una Conferenza dei Servizi convocata per il 30.9.2003, sempre presso la medesima Direzione ministeriale, per discutere di un “progetto di bonifica con misure di sicurezza dell’area marina destinata alla realizzazione del banchinamento del Molo Garibaldi nel Porto della Spezia, trasmesso dall’Autorità Portuale della Spezia con nota prot. N. 2458 del 28.7.2003 ed acquisito dal Ministero dell’Ambiente e T.T. con nota prot. N. 7849/RIBO/B dell’1.8.2003”.


Avendo rilevato che anche tale progetto riguardava le operazioni di dragaggio per la realizzazione della vasca di colmata del Molo Garibaldi ed una presunta bonifica parziale, i rappresentanti del Comitato osservavano che le relative deliberazioni, oggetto del ricorso RGR n. 438/2003, erano state sospese da questo Tribunale Amministrativo, con l’ordinanza cautelare sopra richiamata, confermata dal Consiglio di Stato.


Ritenendo pertanto illegittime le deliberazioni conferenziali sopra specificategli istanti, sull’assunto che le stesse abbiano già costituito oggetto di formale gravame quali atti conseguenti necessariamente a quelli impugnati, con memoria ritualmente notificata hanno “per mero tuziorismo” adito nuovamente questo T.A.R., chiedendone l’annullamento per i seguenti motivi aggiunti:
1)Illegittimità propria e derivata dall’illegittimità degli artt. Impugnati con ricorso R.G.R. 438/2003 in data 19.3.2003.


I vizi che inficiano gli atti impugnati con ricorso in data 19.3.2003, RGR n. 438/2003, si estendono anche in via propria e/o derivata sugli atti in epigrafe indicati, che ne sono pertanto afflitti di inerente illegittimità.


2)Violazione e falsa applicazione dell’art. 1 della Legge 9 dicembre 1998 n. 426, dell’art. 17 del D.Lgs. 5 febbraio 1997 n. 22, degli artt. 4,5,6,10 e 15 del D.M. 25 ottobre 1999 n. 471 e dell’Allegato 3 al D.M. medesimo. Violazione del principio di precauzione. Eccesso di potere difetto dei presupposti e di istruttoria, per contraddittorietà intrinseca ed illogicità manifeste. Perplessità.Sviamento di potere.


In relazione alla impugnata Deliberazione della Conferenza dei Servizi dell’8.4.2003, come esposto dal Comitato per la Salvaguardia e lo Sviluppo del Golfo dei Poeti, il progetto relativo al dragaggio dell’area marina antistante il Terminal Ravano è stato elaborato nel 1997, ossia in epoca anteriore all’entrata in vigore dell’art. 1 della Legge n. 426/1998, secondo cui il sito perimetrato di Pitelli (La Spezia), “ivi compresi aree e specchi d’acqua marittimi”, è considerato sito ad alto rischio ambientale, che richiede intervento di bonifica di interesse nazionale.


La bonifica e il ripristino ambientale dei siti inquinati sono stati poi oggetto di dettagliata disciplina da parte del D.M. 25 ottobre 1999 n. 471, con il quale è stato approvato il regolamento di attuazione dell’art. 17 del D.Lgs. n. 22/1997.


A ciò si aggiunga la disciplina dell’Allegato 3 al medesimo D.M. n. 471/1999 che detta i criteri generali per gli interventi di messa in sicurezza d’emergenza, bonifica e ripristino ambientale e per le misure di sicurezza e messa in sicurezza permanente.


Detti criteri non sono stati minimamente considerati e neanche richiamati nella progettazione predisposta dall’Autorità Portuale.


3)Violazione dell’art. 21, comma 8, della legge 6 dicembre 1971, n. 1034, come modificato dalla legge 21 luglio 2000 n. 205, in relazione alla inosservanza dell’ordinanza del TAR Liguria n. 207 del 17 aprile 2003 nel ricorso RG 438/2003 nonché dell’ordinanza del consiglio di Stato, sez. VI, n. 2917/2003 dell’8 luglio 2003 nel ricorso in appello dei Ministeri e dell’Autorità portuale della Spezia n. 5523/2003.


Relativamente alla impugnata Deliberazione della Conferenza dei Servizi del 30.9.2003 si osserva che la stessa riguarda l’area marina antistante il Molo Garibaldi già oggetto di gravata Deliberazione della Conferenza dei Servizi del 30 dicembre 2003, sospesa da questo tribunale con l’ordinanza cautelare su epigrafata, confermata dal Consiglio di Stato, sull’appello proposto dal Ministeri e dall’Autorità Portuale.


Pertanto nessuna Deliberazione conseguente, inerente e/o connessa con la predetta Deliberazione sospesa poteva essere assunta.


Aggiungasi che tale delibera si configura come atto conseguente, inerente o comunque connesso alla precedente Deliberazione del 30 dicembre 2003 e come tale coinvolta anche direttamente dal ricorso giurisdizionale RG n. 438/03.


4)Violazione e falsa applicazione dell’art. 1 della legge 9 dicembre 1998 n. 426, dell’art. 17 del D.Lgs. 5 febbraio 1997 n. 22 e degli artt. 4,5,6,10 e 15 del D.M. 25 ottobre 1999 n. 471 e dell’Allegato 3 al D.M. medesimo. Violazione del principio di precauzione.Eccesso di potere, difetto dei presupposti e di istruttoria, per contraddittorietà intrinseca ed illogicità manifeste, sotto altro profilo. Perplessità.Sviamento di potere.


Sempre in relazione alla deliberazione della Conferenza dei Servizi del 30.9.2003 la stessa è ulteriormente illegittima, laddove sembra ammettere la possibilità di una bonifica con misure di sicurezza, limitata ad una porzione del sito inquinato, senza considerare la necessaria interrelazione con le restanti parti del medesimo e senza svolgere alcuna istruttoria sulla possibilità di ottenere i migliori livelli di bonifica previsti dalle norme rubricate.


Concludono gli istanti chiedendo l’annullamento delle delibere conferenziali impugnate, con vittoria di spese.


Si è costituita in giudizio l’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Genova per l’Autorità Portuale di La Spezia e le Amministrazioni statali intimate, la quale, con memoria del 31 ottobre 2003 ha eccepito in via pregiudiziale il difetto di legittimazione a ricorrere del Comitato per la salvaguardia e lo Sviluppo del Golfo dei Poeti e del dott. Schiffini Enrico, nonché l’inammissibilità del gravame in ordine all’impugnazione delle determinazioni assunte dalla Conferenza istruttoria del 25.2.2003, ed ha quindi contestato la fondatezza nel merito del gravame stesso chiedendone il rigetto.


Si è altresì costituita in giudizio la regione Liguria intimata, la quale con memoria del 30 ottobre 2003, ha dedotto in via pregiudiziale le stesse eccezioni sopra specificate oltre la inammissibilità dei motivi aggiunti proposti dai ricorrenti e dell’intervento ad adiuvandum di Legambiente, ed ha quindi parimenti contestato la fondatezza nel merito del ricorso chiedendone il rigetto.


Si è poi costituito in giudizio il Comune di Lerici intimato, il quale, con memoria del 29.10.2003 ha chiesto, a sostegno delle tesi dei ricorrenti, l’annullamento dei provvedimenti impugnati siccome illegittimi.


E’ quindi intervenuta in giudizio “ad opponendum” la s.p.a. La Spezia Container Terminal, la quale, con più memorie nei termini, ha pregiudizialmente eccepito il difetto di legittimazione attiva in capo al Comitato ed al dott. Schiffini, nonché la inammissibilità del ricorso siccome rivolto nei confronti di atti endoprocedimentali, e ne ha quindi contestato la fondatezza nel merito chiedendone il rigetto.


E’ infine intervenuta in giudizio ad adiuvandum Legambiente ONLUS la quale, con memoria del 31.10.2003 ha concluso per l’annullamento degli impugnati provvedimenti siccome ritenuti illegittimi.


Alla pubblica udienza del giorno 8 gennaio 2004, il ricorso è stato posto in decisione.


DIRITTO


1. Va esaminata in via preliminare l’eccezione relativa al difetto di legittimazione attiva in testa al Comitato per la Salvaguardia e lo Sviluppo del Golfo dei Poeti, ed al Dott. Enrico Schiffini.


Al riguardo osserva il Collegio come la questione posta vada affrontata con specifico riferimento all’oggetto della controversia, poiché non v’è dubbio che in tema di ambiente l’interesse all’impugnazione si atteggi in modo del tutto peculiare in relazione sia all’alto valore istituzionale di detto bene, sia al crescente ruolo assunto dalle formazioni sociali nell’esercizio di funzioni ed attività di interesse generale.


Così, in primo luogo, va evidenziato che l’ambiente, come la Corte Costituzionale ha avuto modo recentemente di precisare più volte, non può essere ritenuto semplicemente una materia, essendo piuttosto un “valore” costituzionalmente protetto, rinvenibile all’interno di molteplici settori dell’azione amministrativa. (cfr. per tutte sentenza 20 dicembre 2002 n. 536).


Ne consegue, pertanto, che la tutela di detto valore deve essere assicurata in via prioritaria rispetto ai diversi e spesso confliggenti interessi di minor rango, con cui venga a confrontarsi nell’ambito dei complessi procedimenti che sempre più caratterizzano l’agire dei pubblici poteri.


E tale tutela, come la Sezione ha già avuto modo di puntualizzare, non può certo essere aprioristicamente limitata sul piano oggettivo a talune categorie di atti, ben potendo e dovendo, viceversa, essere perseguita con riguardo a qualsivoglia provvedimento se ed in quanto incisivo del valore protetto (cfr. Sezione I 13 marzo 2003 n. 309).


In secondo luogo, va poi evidenziato il nuovo e pregnante ruolo che l’ordinamento riconosce alla autonoma iniziativa dei cittadini e delle loro formazioni sociali nell’esercizio di funzioni ed attività di interesse generale, in applicazione del principio di sussidiarietà orizzontale.


Come è noto tale principio, di origini antiche coincidenti con la nascita del pensiero liberale e con l’evoluzione delle moderne democrazie, si sostanzia in un generale criterio di riparto delle funzioni amministrative in base al quale l’intervento pubblico istituzionale assume carattere sussidiario rispetto all’iniziativa privata, nel senso che il primo si giustifica in quanto i privati cittadini e le loro libere associazioni non siano in grado di soddisfare efficacemente interessi ed esigenze di ordine generale.


Per ciò che concerne l’ordinamento italiano la sussidiarietà orizzontale, già rinvenibile nel conferimento di funzioni e compiti ai privati e alle loro associazioni operato da diverse norme del D.Lgs. n. 112/1998, ha trovato una sua prima compiuta esplicazione con l’art. 2 della L. 265/1999 poi confluito nell’art. 3 comma 5 del D.Lgs. n. 267/2000, il quale dispone che “I Comuni e le Province svolgono le loro funzioni anche attraverso le attività che possono essere adeguatamente esercitate dalla autonoma iniziativa dei cittadini e delle loro formazioni sociali”.


Tale parametro di riparto di funzioni tra enti istituzionali e privati, e stato quindi elevato a rango di principio ordinamentale con la recente modifica del titolo V, parte II della Costituzione, operata con la legge costituzionale del 18 ottobre 2001, n. 3.


L’ultimo comma dell’art. 118 dispone, infatti, che “Stato, Regioni, Città metropolitane, Province e Comuni favoriscono l’autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale, sulla base del principio di sussidiarietà”.


Il principio così enunciato, è stato poi da ultimo ribadito negli stessi identici termini dell’art. 7, 1° comma, della Legge 5 giugno 2003, n. 131, che ha dato attuazione all’art. 118 della Costituzione in materia di esercizio delle funzioni amministrative.


Ne consegue che l’azione dei pubblici poteri si configura come sussidiaria di quella dei privati singoli e associati, nel senso che gli enti istituzionali possono legittimamente intervenire nel contesto sociale, ove le funzioni amministrative assunte siano svolte in modo più efficiente e con risultati più efficaci che se fossero lasciate alla libera iniziativa privata, ancorché regolamentata.


E per questa via, a ben guardare, trova congruente riscontro il principio fondamentale contenuto nell’art. 2 della Costituzione il quale afferma la centralità, nell’ambito dell’ordinamento giuridico, dell’individuo e delle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità.


In oggi, pertanto, i pubblici poteri devono agire preferenzialmente tramite il coinvolgimento diretto dei singoli e dei gruppi sociali liberamente costituiti, in quanto chiamati in prima persona a cogestire la funzione amministrativa secondo il principio costituzionale della sussidiarietà orizzontale.


Circostanza, questa, che induce necessariamente a dover riconsiderare sotto nuova e più pregnante luce la valenza della posizione giuridica dei soggetti coinvolti nell’azione amministrativa.


Non v’è dubbio, infatti, che lo specifico ruolo ordinamentale attribuito ai privati ed alle loro formazioni sociali sul piano sostanziale, riverberi i suoi effetti anche sul piano procedimentale e processuale.


Così, per un verso, l’apporto di questi ultimi nell’ambito del procedimento andrà valorizzato non solo in termini di mera collaborazione nell’adozione dei provvedimenti che incidano direttamente la loro sfera giuridica, ma anche ai più generali fini della gestione stessa della funzione amministrativa per renderla più adeguata rispetto agli interessi publici perseguiti.


Per altro verso, poi, ai singoli ed alle loro formazioni sociali dovrà essere garantita la più ampia possibilità di sindacare in sede giurisdizionale l’esercizio di detta funzione da parte degli enti istituzionali a ciò preposti.


Ed è in questo mutato quadro istituzionale, che deve correttamente essere inquadrata ed esaminata la questione della legittimazione ad agire del Comitato e del dott. Schiffini.


Quanto al primo, va subito rilevato come non sia condivisibile la tesi della carenza di legittimazione sostenuta dall’Avvocatura dello Stato nella memoria difensiva, per il fatto stesso che tale ente non risulta compreso tra le associazioni individuate con decreto del Ministro dell’Ambiente ex art. 13 L. 349 del 1986.


L’assunto, invero, si richiama ad una giurisprudenza risalente, elaborata in un diverso contesto ordinamentale, che non può fungere da valido parametro di riferimento avuto riguardo ai valori costituzionali coinvolti, così come sopra rappresentati.


Del resto il più recente indirizzo giurisprudenziale, che la stessa Avvocatura in subordine cita, ha avuto modo di precisare che l’esistenza del potere di individuazione del Ministro non esclude di per sé il concorrente potere del giudice di accertare, caso per caso, la sussistenza della legittimazione ad agire dell’associazione che abbia proposto un ricorso giurisdizionale, e ciò non sulla base dei criteri indicati dall’art. 13 della L. 349/1986, ma con riferimento ai diversi parametri elaborati in via pretoria per l’azionabilità degli interessi diffusi in materia ambientale.


Ed è a questo indirizzo che il Collegio ritiene di dover aderire corroborandone, alla luce delle considerazioni sin qui svolte, le enunciazioni di principio.


Così deve ritenersi che un ente privato, pur non compreso tra le associazioni individuate ai sensi dell’art. 13 della L. 349/1986, sia comunque legittimato a ricorrere in giudizio, indipendentemente dalla sua specifica natura giuridica, quando:
-persegua in modo non occasionale obiettivi di tutela ambientale;
-abbia un adeguato grado di stabilità;
-un sufficiente livello di rappresentatività;
-un area di afferenza ricollegabile alla zona in cui è situato il bene a fruizione collettiva che si assume leso.


In altri termini, l’esplicita legittimazione delle associazioni ambientalistiche individuate a livello nazionale o ultraregionale, non esclude di per sé la legittimazione ad agire in giudizio degli organismi privati che si costituiscano in un ambito territoriale più ristretto per salvaguardare in modo serio e duraturo l’ambiente nella data località, e che vengano quindi ad assumere quella connotazione oggettiva di “formazioni sociale”, a cui la costituzione attribuisce lo specifico ruolo sopra evidenziato.


Né al riguardo, giova precisarlo, possono assumere rilievo determinante la specifica configurazione soggettiva (associazione, fondazione, comitato) che gli anzidetti organismi vengano ad assumere, od il loro eventuale riconoscimento in sede civile.


La prima, infatti, è espressione della autonomia privata riconosciuta e garantita dall’ordinamento e non è quindi di per sé sola indice di una particolare qualità o attitudine intrinseca rispetto alla tutela ambientale perseguita.


Il secondo, poi, si sostanzia in una valutazione alla stregua di parametri civilistici che, pur attribuendo all’ente privato la piena personalità giuridica e quindi un indubbio rilievo ordinamentale, non si sostituisce né, quel che più conta, è presupposto necessario per il diverso apprezzamento di ordine pubblicistico, volto ad accertare la presenza nell’organismo privato dei requisiti e dei caratteri propri di una formazione sociale idonea ad assumere la titolarità di un interesse diffuso facente capo alla popolazione nel suo complesso, quale l’interesse alla salvaguardia dell’ambiente.


Tanto premesso, ritiene il Collegio che il Comitato ricorrente possegga i necessari requisiti di legittimazione attiva, alla stregua dei parametri sopra specificati.


Per un verso, infatti, l’ente si è costituito senza scopo di lucro con la denominazione di “Comitato per la salvaguardia e lo sviluppo del Golfo dei Poeti”, al precipuo e dichiarato fine di “attivarsi per un’azione di salvaguardia dell’ambiente del Golfo e contrastare ogni minaccia all’uso ecocompatibile della costa del Golfo dei Poeti”, fissando la propria sede nel Comune di La Spezia in Via Chiodo 125, individuando sia l’organo di presidenza che di tesoreria, e stabilendo le modalità di accesso e di partecipazione dei soggetti interessati all’iniziativa.


Ne consegue che lo stesso è sorto con l’intenzione di perseguire in modo non occasionale obiettivi di tutela ambientale, e non certamente al limitato fine di contrastare la realizzazione di un determinato intervento ritenuto lesivo dell’ambiente e tantomeno per opporsi a quello per cui è causa.


Riprova ne è, del resto, la circostanza che le impugnate determinazioni sono successive rispetto all’esistenza del Comitato, il quale è stato anzi espressamente coinvolto nella fase procedimentale antecedente l’adozione delle determinazioni medesime, dovendo quindi escludersi che lo stesso si sia costituito a meri fini strumentali rispetto all’odierna azione giudiziaria.


Per un altro verso, poi, l’ente si compone di 6.891 aderenti in prevalenza residenti nel Comune di La Spezia, come formalmente dichiarato dal suo Presidente, e quindi possiede oggettivamente un ragguardevole livello di rappresentatività ed un area di afferenza ricollegabile alla zona in cui è situato il bene ambientale che si assume leso.


Per altro verso, ancora, il Collegio non può non rilevare come i caratteri di non occasionalità nel perseguimento della tutela ambientale, di stabilità, di rappresentatività e di ricollegabilità all’area spezzina del Comitato, siano stati implicitamente riconosciuti dalla stessa amministrazione statale resistente.


Come già precisato, infatti, questo è stato espressamente coinvolto nel procedimento di adozione dei provvedimenti impugnati, ed è stato invitato a partecipare direttamente alla fase deliberante, manifestando già in quella sede la sua contrarietà al progettato intervento siccome ritenuto lesivo dei valori ambientali presenti nel golfo di La Spezia.


Circostanza, questa, che se non comporta di per sé sola la legittimazione ad agire in giudizio del Comitato, è comunque sintomatica della rilevanza dello stesso, e della sua idoneità a perseguire in modo serio e duraturo finalità di tutela ambientale in relazione al territorio spezzino in cui è stabilmente radicato.


Sarebbe invero del tutto irragionevole ritenere che il Ministero dell’Ambiente ed altri soggetti pubblici come il Comune della Spezia, abbiano avvertito la necessità di interloquire con detta formazione sociale finanche nella fase decisionale, ove non ne avessero riscontrato la oggettiva rappresentatività e la natura sostanziale di ente esponenziale dell’interesse diffuso alla tutela ambientale del Golfo dei Poeti.


Né, infine, può ritenersi che la legittimazione ad agire del Comitato e del suo Presidente siano escluse, come sostenuto dalla difesa erariale, dalla mancata produzione in giudizio, da parte del Comitato stesso, dell’atto costitutitivo e dello Statuto.


Tali atti, invero, sono prescritti e quindi devono necessariamente esistere in tale forma, solo per l’acquisto della personalità giuridica, mediante il riconoscimento concesso dall’autorità amministrativa.


L’esistenza di un ente di fatto, viceversa, non è condizionata ad alcuna specifica formalità, e per la sua costituzione, come costantemente precisato dalla giurisprudenza civile, non è pertanto necessario né l’atto pubblico e neppure l’atto scritto (cfr. per tutte Cons. 15 gennaio 2000, n. 410).


Ne consegue che la documentazione versata in atti dal Comitato, avuto riguardo all’ampia libertà di forme che l’ordinamento riconosce in materia, dà ragionevolmente prova dell’esistenza e della costituzione del comitato stesso, e della sua legittimazione ad agire nell’odierno giudizio, siccome fornito degli ulteriori requisiti di esponenzialità sopra specificati.


2. A diversa conclusione deve invece pervenirsi per ciò che riguarda la legittimazione a ricorrere del dott. Schiffini, in qualità di primario imprenditore residente in abitazione posta di fronte al porto di La Spezia.


L’ordinamento infatti, diversamente dal caso dell’urbanistica, non attribuisce a “chiunque” la possibilità di impugnare i provvedimenti adottati dalla P.A. che possano refluire sull’ambiente.


Ne consegue che i singoli individui possono agire in giudizio avverso provvedimenti di tale natura, solo qualora dimostrino di essere titolari di un interesse che non si atteggi come astratto o di mero fatto, ma che si qualifichi in ogni caso come differenziato da quello della collettività, in relazione all’oggetto della tutela ovvero al rapporto del singolo con il bene.


Ed a tal fine non può ritenersi sufficiente l’affermazione di avere la titolarità di un bene sito nelle immediate vicinanze dell’interevento contestato, ma occorre anche dimostrare il danno che dall’opera deriva specificatamente al soggetto in quanto titolare del bene.


Ora, come esattamente rileva l’Avvocatura dello Stato nella memoria difensiva, il Dott. Schiffini si è limitato ad affermare di essere residente in abitazione posta di fronte al Golfo di La Spezia, senza però prospettare né provare la negativa incidenza dei provvedimenti impugnati nella propria sfera giuridica. Si deve pertanto escludere che lo stesso abbia fornito adeguato riscontro probatorio in ordine alla titolarità di un interesse qualificato e differenziato rispetto a quello della generalità dei suoi concittadini.


3. Parimenti inammissibile si appalesa l’intervento “ad adiuvandum” di Legambiente.


Come esattamente eccepito dalla Regione Liguria, infatti, tale soggetto si trova nella stessa posizione giuridica del ricorrente WWF, e può vantare lo stesso interesse che non è accessorio al primo.


Esso, pertanto, avrebbe dovuto impugnare a sua volta direttamente nei prescritti termini decadenziali gli atti ritenuti lesivi, risultando di conseguenza l’odierno intervento inammissibile.


4. L’eccezione di inammissibilità del ricorso per difetto di interesse attuale, sollevata dalla Regione Liguria sul presupposto che i provvedimenti impugnati si sostanzierebbero in meri pareri che non consentono “di far accedere direttamente alla realizzazione” degli interventi oggetto dell’odierna controversia, non può essere condivisa.


Le delibere conferenziali contestate, infatti, attivano e concludono un procedimento autonomo e necessario nell’ambito proprio delle attività volte alla bonifica ed alla salvaguardia del sito perimetrato di interesse nazionale Pitelli, considerato ad alto rischio ambientale.


Ne consegue che, indipendentemente dal procedimento asseritamente diverso di approvazione dell’intervento di escavazione, le anzidette deliberazioni sono idonee di per sé ad incidere il bene tutelato, e come tali ben possono costituire oggetto dell’odierna impugnativa.


5. Parimenti non condivisibile è l’ulteriore eccezione di inammissibilità dei motivi aggiunti sollevata dalla Regione Liguria, in quanto non muniti di idonea procura ed in quanto tardivi nella parte in cui viene impugnata la delibera conferenziale del giorno 8 aprile 2003.


Ed invero, i ricorrenti hanno conferito procura al loro difensore per impugnare, tra l’altro, tutte le deliberazioni assunte in sede istruttoria dalla Conferenza dei Servizi presso il Ministero dell’Ambiente in data 25 febbraio 2003, nonché “ogni atto inerente, conseguente e/o comunque connesso, cognito e non”, con espressa facoltà di proporre motivi aggiunti.


Ne consegue che la successiva deliberazione conferenziale decisoria dal giorno 8 aprile 2003, siccome ontologicamente connessa e conseguente a quella istruttoria del 25 febbraio 2003, risulta parimenti impugnata con l’atto introduttivo del giudizio.


Non v’è dubbio, del resto, che l’interesse sostanziale dei ricorrenti sin dall’inizio non fosse quello di censurare l’atto preliminare, ma quello conclusivo del contestato procedimento anche se al momento non ancora intercorso per cui, nel caso di specie, l’ampia formula adoperata è da ritenersi idonea a produrre gli effetti voluti.


I successivi motivi aggiunti, pertanto, non necessitavano di ulteriore espressa procura né risultano tardivi, siccome riferiti ad atti già fatti oggetto di specifico gravame.


6. Il ricorso, nella parte in cui viene impugnata la delibera conferenziale del 30 settembre 2003, è infine improcedibile.


Alla stessa, infatti, non è seguita alcuna ulteriore delibera decisoria, ed inoltre il nuovo progetto di banchinamento da esaminare in tale sede, è stato formalmente ritirato dall’Autorità Portuale con ciò venendo meno ogni interesse in testa ai ricorrenti all’eventuale annullamento dell’atto impugnato.


7. Per la restante parte il ricorso è fondato, sotto gli assorbenti profili di censura dedotti col primo, secondo e quinto mezzo di gravame, nonché col primo motivo aggiunto, che possono essere trattati congiuntamente attesa la loro connessione.


7.1 Come esposto nella narrativa in fatto e così per come risulta dalla documentazione versata in causa:
-il Golfo di La Spezia rientra interamente nell’area del sito Pitelli, qualificato ad alto rischio ambientale per il suo forte inquinamento, che richiede intervento di bonifica di interessa nazionale;
-il regolamento che disciplina la bonifica dispone al riguardo che “in caso di superamento dei valori di concentrazione limite accettabili per le sostanze inquinanti……………, il sito interessato deve essere sottoposto ad interventi di messa in sicurezza d’emergenza, di bonifica e ripristino ambientale per eliminare le fonti di inquinamento e le sostanze inquinanti o ridurre le concentrazioni delle sostanze inquinanti “(cfr. art. 4 d.m. 25.10.1999 n. 471);
-il medesimo regolamento dispone poi all’art. 8 che “qualora i soggetti e gli organi pubblici accertino………. una situazione di pericolo di inquinamento o la presenza di siti nei quali, i livelli di inquinamento sono superiori ai valori di concentrazione limite accettabili ………………….. ne danno comunicazione alla Regione, alla Provincia ed al Comune………….” il quale “con propria ordinanza diffida il responsabile dell’inquinamento ad adottare i necessari interventi di messa in sicurezza d’emergenza, di bonifica e ripristino ambientale………..”;
-la messa in sicurezza d’emergenza è definita dall’art. 2 del regolamento come “ogni intervento necessario ed urgente per rimuovere le fonti inquinanti, contenere la diffusione degli inquinanti e impedire il contatto con le fonti inquinanti presenti nel sito, in attesa degli interventi di bonifica e ripristino ambientale o degli interventi di messa in sicurezza permanente”;
-per i siti di interesse nazionale l’approvazione dei progetti e l’autorizzazione degli interventi di bonifica, ripristino ambientale e messa in sicurezza permanente, sono di competenza del Ministro dell’Ambiente, di concerto con i Ministri dell’Industria, del Commercio e dell’Artigianato e della Sanità, d’intesa con la regione territorialmente interessata, ai sensi e con le procedure di cui al combinato disposto degli articoli 10 e 15 del Regolamento;
-la Direzione per le bonifiche ambientali del Ministero dell’Ambiente, con nota del 26 marzo 2002, ha invitato formalmente l’Autorità Portuale spezzina “a mettere in atto tutte le necessarie misure di messa in sicurezza d’emergenza”, poiché dall’esame dei risultati della caratterizzazione fisica, chimica e microbiologica relativa al Canale di accesso al porto erano emerse concentrazioni di arsenico, idrocarburi pesanti e tributilstagno superiori ai valori limite fissati della tabella allegata al D.M. 471/99;
-l’Autorità Portuale, in data 28 maggio 2002, trasmetteva quindi ai servizi TAI, RIBO e SDM del Ministero dell’Ambiente, istanza di autorizzazione per la messa in sicurezza di emergenza del Canale di accesso al porto di La Spezia, consistente in una operazione di “dragaggio del Canale di accesso a quota – 15 m. con prelievo di 40.000 mc. di sedimenti, così da garantire l’accesso al porto alle navi da 6500/680 o TEU”, con conseguente smaltimento del materiale di risulta in discarica autorizzata e/o in apposito impianto di trattamento;
-il Servizio Difesa del MARE del Ministero dell’Ambiente, con nota del 5 luglio 2002, rilevava al riguardo che, trattandosi di operazione di dragaggio, il rilascio della richiesta autorizzazione non era di sua competenza, rientrando “nelle attribuzioni dell’Ente Territoriale”;
-conseguentemente l’Autorità Portuale, con nota del 24.07.2002, chiedeva al Servizio RIBO del Ministero dell’Ambiente di convocare una specifica Conferenza di Servizi per esaminare il progetto in questione sotto il profilo ambientale, interessando il sito Pitelli di interesse nazionale;
-ne seguivano la Conferenza istruttoria del 13.11.2002 e quella decisoria del 30.12.2002 nella quale dopo aver premesso che “le attività di escavo previste nel progetto dell’Autorità Portuale sono dettate da ragioni di navigabilità e non di messa in sicurezza d’emergenza…..” si riteneva che “tali attività non pregiudichino le successive attività di bonifica del sito e non comportino un aumento o una diffusione dell’inquinamento a condizione che le operazioni connesse siano condotte con le modalità di intervento e le prescrizioni sopra indicate”.


Tanto premesso, l’anzidetta determinazione conferenziale si appalesa illegittima per il seguente ordine di considerazioni:
7.2 In primo luogo, va rilevato come la Conferenza non fosse competente ad esaminare e valutare positivamente il progetto presentato dall’Autorità portuale.
Come già precisato, infatti, per i siti inquinati di interesse nazionale l’art. 15 del D.M. 471/99 attribuisce al Ministero dell’Ambiente la competenza per l’approvazione dei progetti definitivi di bonifica, ripristino ambientale e messa in sicurezza permanente, e per il rilascio della autorizzazione all’esecuzione dei relativi interventi.


Nel caso di specie, viceversa, “le attività di escavo previste nel progetto dell’Autorità portuale sono dettate da ragioni di navigabilità e non di messa in sicurezza d’emergenza”, come rilevato dalla stessa Conferenza, e quindi estranee all’area di specifica competenza della Conferenza medesima.


Quest’ultima, pertanto, piuttosto che esaminare e ritenere attuabile il progetto in questione dettato da esigenze di natura essenzialmente economica, siccome finalizzato a “garantire l’accesso al Porto alle navi da 6.500/6.800 TEU”, avrebbe dovuto rilevare come lo stesso non solo non prevedesse gli “interventi di interesse nazionale” disciplinati dagli articoli 10 e 15 del D.M. 471/99, ma non si sostanziasse neppure in un intervento di messa in sicurezza d’emergenza, contrariamente a quanto espressamente richiesto dalla Direzione per le bonifiche ambientali del Ministero dell’Ambiente con la richiamata nota del 26 marzo 2002.


E’ infatti singolare che, a fronte di detta richiesta motivata da oggettive e gravi ragioni di emergenza ambientale, la Conferenza si sia attardata ad esaminare un progetto volto essenzialmente a garantire interessi di altra natura, piuttosto che verificare la sussistenza e la bontà degli interventi specificati dall’art. 2 lett. d) del D.M. 471/99, per la messa in sicurezza d’emergenza.


Né al riguardo può essere condivisa la tesi sostenuta dall’amministrazione resistente nella memoria difensiva secondo cui, in mancanza di una specifica normativa che coordini le operazioni di bonifica dei siti inquinati con le attività di dragaggio, queste ultime sarebbero comunque possibili quando non pregiudichino i successivi interventi di caratterizzazione, di bonifica e di ripristino ambientale dell’area interessata, e che quindi rientrasse nelle competenze della Conferenza effettuare tale valutazione rispetto al progetto presentato dall’Autorità portuale.


In primo luogo, infatti, va ribadito che nel caso di specie l’Autorità portuale era tenuta a predisporre un progetto di messa in sicurezza d’emergenza atteso l’alto grado di inquinamento riscontrato nel canale d’accesso al Porto di La Spezia, e che quindi la Conferenza avrebbe dovuto verificare il rispetto di tali finalità, e non esprimere le sue valutazioni rispetto ad un intervento volto essenzialmente a perseguire altri scopi.


In secondo luogo, la Conferenza è stata espressamente convocata “per acquisire le intese ed i concerti previsti dall’art. 17 D.Lgs. 22/97 e dell’art. 15 D.M. 471/99 in materia d’approvazione dei progetti di bonifica concernente il sito d’interesse nazionale Pitelli”, come precisato nella relativa delibera del 30.12.2002, ed è pertanto da escludere che in tale specifica veste la stessa potesse esprimere assensi o giudizi di diversa natura, atteso il generale principio di inderogabilità dell’assetto delle competenze definito per legge.


In terzo luogo, ritiene il Collegio che la speciale normativa prevista per la messa in sicurezza, la bonifica ed il ripristino ambientale dei siti inquinati di interesse nazionale, non possa subire condizionamenti o comunque interferenze sia sostanziali che procedimentali da parte delle restanti normative di settore, atteso l’ormai acclarato valore ordinamentale del bene ambiente.


Ne consegue che una volta che un’area sia classificata tale, la stessa deve in via prioritaria essere bonificata e ripristinata con le modalità normativamente prescritte, risultando i concorrenti interessi di diversa natura recessivi rispetto alle finalità di tutela ambientale.


Così il progetto di dragaggio in questione, venendo ad interferire con (se non in qualche misura a condizionare) le successive attività di bonifica e ripristino ambientale non poteva essere assentito in via anticipata dalla Commissione, nell’esercizio di una funzione che la norma non prevede.


7.3 In secondo luogo va rilevato che nell’assenza degli specifici approfondimenti tecnici (Piano della caratterizzazione, Progetto preliminare e Progetto definitivo) previsti dagli articoli 10 e 15 del D.M. 471/99, la decisione assunta dalla Conferenza si appalesa ancor più illegittima, difettando dei necessari parametri di riferimento.


Non v’è dubbio infatti che per ritenere che il progetto di dragaggio presentato dall’Autorià portuale non pregiudichi le successive attività di bonifica, occorre avere esatta conoscenza di tali attività, ciò che può verificarsi solo in presenza degli approfondimenti tecnici sopra specificati, nella specie viceversa mancanti.


Non è sufficiente, in altri termini, che le opere progettate non comportino un aumento dell’inquinamento né pregiudichino in genere successive attività di bonifica, occorrendo al contrario che le stesse siano assolutamente congruenti con gli interventi definitivamente approvati, siccome ritenuti, dopo i prescritti approfondimenti tecnici, i più idonei ad assicurare i risultati perseguiti dalla norma.


7.4 In terzo luogo, va rilevato come la Conferenza abbia contraddittoriamente valutato in modo positivo il progetto in questione, pur riscontrandolo carente sotto molteplici e rilevanti profili, e sottoponendolo ad una consistente serie di prescrizioni che attengono ad aspetti sostanziali del relativo intervento di dragaggio.


Così il Piano di monitoraggio, ritenuto inadeguato, è stato ridefinito con l’imposizione di ben otto specifiche prescrizioni da attuare prima, durante e dopo le operazioni di dragaggio.


Relativamente alle modalità di intervento durante le operazioni di dragaggio del canale di accesso al porto, poi, la Conferenza ha imposto ben dieci condizioni disponendo tra l’altro che “è necessario approfondire la caratterizzazione per individuare la distribuzione orizzontale e soprattutto verticale della contaminazione stessa” e “fornire prima dell’inizio dell’attività di dragaggio i dettagli tecnici per la realizzazione degli obiettivi di salvaguardia ambientale, quali l’accuratezza del sistema di posizionamento satellitare, e specifiche del sistema di controllo e monitoraggio del posizionamento degli elementi draganti, ecc……..”.


Inoltre ha rilevato la necessità di “verificare con sufficiente anticipo rispetto all’inizio dell’attività di dragaggio, la stabilità della barriera anti-torbidità proposta, con particolare attenzione ad evitare qualsiasi disturbo al fondale e la risospensione causata dagli elementi di ancoraggio, nonché a verificare l’eventuale solubilizzazione dei contaminanti associati alla frazione fina dei sedimenti da dragare con adeguati test di rilascio in laboratorio”.


Ha prescritto altresì che “nello spostamento della barriera al procedere dei lavori dovrà essere posta particolare cautela al fine di minimizzare il disturbo al fondale ed il rilascio della torbidità nell’ambiente circostante”.


Inoltre, “particolare attenzione dovrà essere posta, in funzione delle caratteristiche idrodinamiche locali, al dimensionamento dei sistemi di galleggiamento delle panne, delle catene di appesantimento, degli elementi di ancoraggio al fondo e del sistema di allungamento, in modo tale che sia garantita la verticalità della barriera e ne sia evitato l’affondamento, nonché il disturbo al fondale e la risospensione causata dagli elementi di ancoraggio.


Ancora: “Nel caso in cui lo spessore di sedimenti contaminati soggetti a risospensione risultasse maggiore a quello previsto (30 – 40 cm.), è necessario provvedere alla rimozione di uno spessore di sedimenti contaminati maggiore, essendo necessario assicurare l’eliminazione della risospensione di materiale contaminato in seguito al verificarsi dei marosi o al passaggio dei mezzi navali.


L’Autorità portuale dovrà garantire che la profondità di escavo sia idonea per raggiungere questo scopo.


Dovrà inoltre presentare dati che attestino la presenza di un battente idraulico che consenta la navigazione senza produrre danni all’ambiente e alle attività di molluschicoltura esercitate nel golfo”.


Altre simili e/o specifiche modalità di intervento sono state poi dettate per la realizzazione del progetto della vasca di colmata del Molo Garibaldi e per le attività di dragaggio della zona di evoluzione del 3° Bacino portuale e della zona antistante il Molo Fornelli.


Ora, se non può escludersi in linea di principio la possibilità di adottare un atto di assenso variamente condizionato quando ciò ragionevolmente risponda a principi di economicità e speditezza dell’azione amministrativa, non può certamente ammettersi, di converso, che la P.A. possa addirittura conformare nei suoi aspetti sostanziali l’intervento sottoposto al suo esame, al solo scopo di evitare un pronunciamento negativo sullo stesso.


In tale ultima ipotesi, infatti, non solo si determinerebbe una sorta di ingiustificata sostituzione intersoggettiva, ma si licenzierebbe altresì una attività priva di un oggettivo (e preventivo) parametro documentale di riferimento, con ogni immaginabile conseguenza in sede di realizzazione e successivo controllo dell’attività stessa.


7.5 In quarto luogo, va rilevato come l’intervento in questione non sia stato preventivamente fatto oggetto della procedura di “screening”, ai sensi dell’art. 10 della L.R. ligure n. 38 del 1998, per verificare la necessità di una specifica valutazione di impatto ambientale.


Recita, infatti, testualmente tale disposizione che “sono sottoposti alla procedura di screening relativa alla verifica sulla necessità della V.I.A. i progetti di cui all’allegato 3”.


L’allegato citato individua tra le operazioni per le quali è richiesta la procedura di verifica screening sia quella “di estrazione di minerali mediante dragaggio marino o fluviale”, sia quella di “opere costiere destinate a combattere l’erosione e lavori marini volti a modificare la costa mediante la costruzione, per esempio, di dighe, moli, gettate e altri lavori di difesa dal mare, esclusa la manutenzione e ricostruzione di tali opere, recupero di terre dal mare”.


L’operazione di dragaggio in questione, pertanto, rientra ragionevolmente tra le ipotesi citate in quanto la stessa comporta una estrazione di minerali e comunque determina oggettivamente un recupero di terra dal mare.


Inoltre, l’opportunità di sottoporre alla procedura di screening l’opera di dragaggio del canale d’accesso al porto di La Spezia è comprovata dal notevolissimo numero di prescrizioni dettate dalla Conferenza di servizi “decisoria” per il monitoraggio dell’operazione di dragaggio.


Infatti, lo stesso art. 10 L. R. n. 38/1998 prevede, in via eccezionale, la possibilità di escludere l’opera dal procedimento della V.I.A., sostituendola con tutte una serie di prescrizioni per le mitigazioni degli impianti e per il monitoraggio delle opere o degli impianti.


L’abbondanza di siffatte prescrizioni relative all’operazione di dragaggio del canale di accesso del porto di La Spezia è indice sufficiente per dedurre l’opportunità di sottoporre il progetto contestato alla procedura di screening.


D’altra parte, lo scopo di tale procedura è quello di sottoporre ad una valutazione preliminare i progetti per la realizzazione di interventi idonei a dar luogo ad un notevole impatto “ambientale” al fine di prevenire eventuali future sorprese o effetti indesiderati e irreversibili.


In sostanza, si vuole impedire che vengano realizzati interventi delicati sotto il profilo ambientale senza una adeguata valutazione delle eventuali conseguenze, anche nel lungo periodo, sul delicato equilibrio ambientale dei luoghi interessati.


Nella vicenda per cui è causa il Golfo dei Poeti rappresenta un delicato ecosistema sotto il profilo della flora marina e della fauna ittica, e costituisce altresì una riserva internazionale di rilievo nel progetto di creazione di un santuario per i mammiferi marini all’interno del Mediterraneo.


La delicatezza della situazione ambientale del luogo coinvolto nell’operazione, quindi, avrebbe dovuto condurre l’Amministrazione competente ad una più attenta e ponderata analisi degli interessi in gioco.


Nella circostanza, l’interesse ad un aumento significativo del traffico marittimo commerciale, come già precisato, sicuramente è recessivo rispetto alla tutela del valore dell’ambiente e un corretto uso del potere amministrativo avrebbe dovuto indurre l’Amministrazione a sottoporre in via preventiva il progetto in questione quantomeno alla prescritta procedura di “screening”, per verificare la necessità di una specifica valutazione di impatto ambientale.


Né al riguardo può essere condiviso il rilievo espresso dall’Amministrazione resistente nella memoria difensiva, secondo cui, essendosi la Conferenza limitata a verificare se l’operazione di dragaggio fosse compatibile con i successivi interventi di bonifica del sito, non sussisterebbe alcuna doverosità di V.I.A. relativamente ad una siffatta valutazione autonoma e di carattere preliminare.


In primo luogo, infatti, lo stesso art. 15 del D.M. 471/99 dispone espressamente che nel caso in cui gli interventi di bonifica prevedano la realizzazione di opere sottoposte a V.I.A., il procedimento di esame ed approvazione del relativo progetto resta sospeso “sino alla conclusione della procedura di valutazione di impatto ambientale”, con ciò fissando un necessario ed inscindibile collegamento tra le due attività valutative.


In secondo luogo, non v’è dubbio alcuno che anche ai soli fini di un esame di compatibilità con i successivi interventi di bonifica e ripristino ambientale del sito, la Conferenza avrebbe dovuto accertare in sede istruttoria se l’intervento sottoposto al suo esame necessitasse o meno di una specifica valutazione di impatto ambientale.


Sarebbe invero del tutto irrazionale e contrario al canone fondamentale del buon andamento, verificare se un determinato intervento sia o meno compatibile con future attività di bonifica ambientale, senza accertare in via incidentale se non addirittura prioritaria se l’intervento stesso sia di per sé già incompatibile con i valori ambientali del sito da bonificare.


7.6 Le considerazioni che precedono, danno poi piena ragione della illegittimità anche della deliberazione Conferenziale decisoria del giorno 8 aprile 2003, siccome strettamente consequenziale e ripropositiva di quella istruttoria del 25.02.2003, su cui non v’è pertanto motivo di immorare.


8. Per le ragioni esposte vanno dichiarati il difetto di legittimazione attiva del ricorrente Dott. Schiffini e la inammissibilià dell’intervento “ad adiuvandum” di Legambiente; va dichiarato improcedibile il ricorso, in relazione all’impugnativa della delibera conferenziale istruttoria del 30 settembre 2003; va accolto il ricorso nel merito, per la restante parte, e per l’effetto vanno annullati i provvedimenti impugnati, potendo ogni ulteriore censura dedotta restare assorbita.
Le spese si liquidano come in dispositivo.


P.Q.M.


Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Liguria, Sezione Prima, dichiara il difetto di legittimazione attiva del ricorrente Dott. Schiffini; dichiara inammissibile l’intervento in giudizio di Legambiente; dichiara improcedibile il ricorso in relazione all’impugnativa della delibera conferenziale istruttoria del 30 settembre 2003; accoglie il ricorso per la restante parte, e per l’effetto annulla i provvedimenti tramite questo impugnati.


Condanna le amministrazioni resistenti al pagamento in solido in favore dei ricorrenti delle spese e degli onorari del presente giudizio, che si liquidano in euro 12.000,00 (dodicimila/00).


Compensa le spese in relazione al ricorrente Schiffini ed alla interveniente Legambiente.


Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Genova nella Camera di Consiglio dell’8 gennaio 2004.
Renato Vivenzio Presidente
Antonio Bianchi Consigliere, estensore.
Davide Ponte Primo Referendario

 

Tribunale Amministrativo Regionale della Liguria
Depositato il 18 MAR. 2004
Il Direttore di Segreteria
(Dott.ssa A. Calcagno)
 

M A S S I M E

 

Sentenza per esteso

 

1) Tutela dell’ambiente – Valore costituzionalmente protetto – Procedimenti amministrativi – Deve essere assicurata in via prioritaria rispetto ai diversi e configgenti interessi – Principio di portata generale. L’ambiente, come la Corte Costituzionale ha avuto modo di precisare, non può essere ritenuto semplicemente una materia, essendo piuttosto un “valore” costituzionalmente protetto, rinvenibile all’interno di molteplici settori dell’azione amministrativa. (cfr. per tutte sentenza 20 dicembre 2002 n. 536). Ne consegue che la tutela di detto valore deve essere assicurata in via prioritaria rispetto ai diversi e confliggenti interessi di minor rango, con cui venga a confrontarsi nell’ambito dei complessi procedimenti amministrativi. Tale tutela non può essere aprioristicamente limitata sul piano oggettivo a talune categorie di atti, ben potendo e dovendo, viceversa, essere perseguita con riguardo a qualsivoglia provvedimento se ed in quanto incisivo del valore protetto (cfr. Sezione I 13 marzo 2003 n. 309). Pres. Vivenzio, Est. Bianchi – Comitato per la Salvaguardia e lo Sviluppo del Golfo dei Poeti, WWF e Schiffini (Avv.Granara) c. Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio, Ministero delle Attività Produttive e Ministero della Salute (Avv. Stato), Regione Liguria (Avv.ti Sommariva e Castagnoli) e altri (Avv. Stato) - T.A.R. LIGURIA, Genova, Sez. I – 18 marzo 2004, n. 267

2) Inquinamento – Approvazione dei Progetti di bonifica, ripristino ambientale e messa in sicurezza - Sicurezza permanente - Siti inquinati di interesse nazionale – Conferenza di servizi convocata per la bonifica del sito di interesse nazionale – Progetto di dragaggio – Non può essere assentito – Competenza – Insussistenza – Bonifica – Interesse prioritario – Tutela dell’ambiente – Valore ordinamentale – Interessi concorrenti – Recessivi rispetto al valore ambiente - Art. 15 D.M. 471/99. Per i siti inquinati di interesse nazionale, l’art. 15 del D.M. 471/99 attribuisce al Ministero dell’Ambiente la competenza per l’approvazione dei progetti definitivi di bonifica, ripristino ambientale e messa in sicurezza permanente, e per il rilascio della autorizzazione all’esecuzione dei relativi interventi. In mancanza di una specifica normativa che coordini le operazioni di bonifica dei siti inquinati (nella specie, canale di accesso al Porto di La Spezia) con attività di dragaggio, queste ultime non sono comunque possibili neanche quando non pregiudichino i successivi interventi di caratterizzazione, di bonifica e di ripristino ambientale dell’area interessata, e quindi effettuare tale valutazione rispetto al progetto presentato dall’Autorità portuale non rientra nelle competenze della Conferenza di servizi, espressamente convocata “per acquisire le intese ed i concerti previsti dall’art. 17 D.Lgs. 22/97 e dell’art. 15 D.M. 471/99 in materia d’approvazione dei progetti di bonifica concernente un sito d’interesse nazionale”. La speciale normativa prevista per la messa in sicurezza, la bonifica ed il ripristino ambientale dei siti inquinati di interesse nazionale, non può subire condizionamenti o comunque interferenze sostanziali o procedimentali da parte delle restanti normative di settore, atteso il valore ordinamentale del bene ambiente. Ne consegue che una volta che un’area sia classificata tale, la stessa deve in via prioritaria essere bonificata e ripristinata con le modalità normativamente prescritte, risultando i concorrenti interessi di diversa natura recessivi rispetto alle finalità di tutela ambientale. Così un progetto di dragaggio, venendo ad interferire con le successive attività di bonifica e ripristino ambientale non può essere assentito in via anticipata, nell’esercizio di una funzione che la norma non prevede. Non è sufficiente, in altri termini, che le opere progettate non comportino un aumento dell’inquinamento né pregiudichino in genere successive attività di bonifica, occorrendo al contrario che le stesse siano assolutamente congruenti con gli interventi definitivamente approvati, siccome ritenuti, dopo i prescritti approfondimenti tecnici, i più idonei ad assicurare i risultati perseguiti dalla norma. Pres. Vivenzio, Est. Bianchi – Comitato per la Salvaguardia e lo Sviluppo del Golfo dei Poeti, WWF e Schiffini (Avv.Granara) c. Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio, Ministero delle Attività Produttive e Ministero della Salute (Avv. Stato), Regione Liguria (Avv.ti Sommariva e Castagnoli) e altri (Avv. Stato) - T.A.R. LIGURIA, Genova, Sez. I – 18 marzo 2004, n. 267

3) V.I.A. – Dragaggio marino o fluviale - Opere costiere destinate a combattere l’erosione e lavori marini - L.R. Liguria n. 38/1998 – Procedura di screening relativa alla verifica della necessità di VIA – Operazioni di dragaggio (estrazione di minerali e recupero di terra dal mare) –  Rientra nelle ipotesi per le quale è richiesta la procedura di screening. Ai sensi dell’art. 10 della L.R. ligure n. 38 del 1998, “sono sottoposti alla procedura di screening relativa alla verifica sulla necessità della V.I.A. i progetti di cui all’allegato 3”. L’allegato citato individua tra le operazioni per le quali è richiesta la procedura di verifica screening sia quella “di estrazione di minerali mediante dragaggio marino o fluviale”, sia quella di “opere costiere destinate a combattere l’erosione e lavori marini volti a modificare la costa mediante la costruzione, per esempio, di dighe, moli, gettate e altri lavori di difesa dal mare, esclusa la manutenzione e ricostruzione di tali opere, recupero di terre dal mare”. Un’operazione di dragaggio, pertanto, rientra ragionevolmente tra le ipotesi citate in quanto la stessa comporta una estrazione di minerali e comunque determina oggettivamente un recupero di terra dal mare. D’altra parte, lo scopo di tale procedura è quello di sottoporre ad una valutazione preliminare i progetti per la realizzazione di interventi idonei a dar luogo ad un notevole impatto “ambientale” al fine di prevenire eventuali future sorprese o effetti indesiderati e irreversibili. In sostanza, si vuole impedire che vengano realizzati interventi delicati sotto il profilo ambientale senza una adeguata valutazione delle eventuali conseguenze, anche nel lungo periodo, sul delicato equilibrio ambientale dei luoghi interessati. (Nella specie, il tratto di mare interessato – Golfo dei Poeti - rappresentava un delicato ecosistema sotto il profilo della flora marina e della fauna ittica, e costituiva altresì una riserva internazionale di rilievo nel progetto di creazione di un santuario per i mammiferi marini all’interno del Mediterraneo.) Pres. Vivenzio, Est. Bianchi – Comitato per la Salvaguardia e lo Sviluppo del Golfo dei Poeti, WWF e Schiffini (Avv.Granara) c. Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio, Ministero delle Attività Produttive e Ministero della Salute (Avv. Stato), Regione Liguria (Avv.ti Sommariva e Castagnoli) e altri (Avv. Stato) - T.A.R. LIGURIA, Genova, Sez. I – 18 marzo 2004, n. 267

4) Procedure e varie - Associazioni – Legittimazione ad agire – Modifica del titolo V Cost. – Principio di sussidiarietà orizzontale elevato a rango di principio ordinamentale - Comitato non compreso tra le associazioni individuate con decreto ex art. 13 L. 349/1986 – Parametri elaborati in via pretoria per l’azionabilità degli interessi diffusi in materia ambientale – Potere di accertamento del giudice - Sussistenza - Legittimazione – Va riconosciuta - Configurazione sociale dell’organismo privato (associazione, comitato, fondazione) – Irrilevanza – Riconoscimento in sede civile – Irrilevanza. La questione della legittimazione ad agire di un Comitato che non risulti compreso tra le associazioni individuate con decreto del Ministro dell’Ambiente ex art. 13 L. 349 del 1986, deve essere inquadrata nel nuovo scenario istituzionale che ha elevato il principio di sussidiarietà orizzontale a rango di principio ordinamentale (modifica del titolo V, parte II della Costituzione; art. 7, 1° comma, della Legge 5 giugno 2003, n. 131). L’esistenza del potere di individuazione del Ministro non esclude di per sé il concorrente potere del giudice di accertare, caso per caso, la sussistenza della legittimazione ad agire dell’associazione che abbia proposto un ricorso giurisdizionale, e ciò non sulla base dei criteri indicati dall’art. 13 della L. 349/1986, ma con riferimento ai diversi parametri elaborati in via pretoria per l’azionabilità degli interessi diffusi in materia ambientale. Deve pertanto ritenersi che un ente privato, pur non compreso tra le associazioni individuate ai sensi dell’art. 13 citato, sia comunque legittimato a ricorrere in giudizio, indipendentemente dalla sua specifica natura giuridica, quando persegua in modo non occasionale obiettivi di tutela ambientale e abbia un adeguato grado di stabilità, un sufficiente livello di rappresentatività e un area di afferenza ricollegabile alla zona in cui è situato il bene a fruizione collettiva che si assume leso. Al riguardo non possono assumere rilievo determinante la specifica configurazione soggettiva (associazione, fondazione, comitato) che gli anzidetti organismi vengano ad assumere, od il loro eventuale riconoscimento in sede civile. La prima, infatti, è espressione della autonomia privata riconosciuta e garantita dall’ordinamento e non è quindi di per sé sola indice di una particolare qualità o attitudine intrinseca rispetto alla tutela ambientale perseguita. Il secondo si sostanzia in una valutazione alla stregua di parametri civilistici che, pur attribuendo all’ente privato la piena personalità giuridica e quindi un indubbio rilievo ordinamentale, non è presupposto necessario per il diverso apprezzamento di ordine pubblicistico, volto ad accertare la presenza nell’organismo privato dei requisiti e dei caratteri propri di una formazione sociale idonea ad assumere la titolarità di un interesse diffuso facente capo alla popolazione nel suo complesso, quale l’interesse alla salvaguardia dell’ambiente. Pres. Vivenzio, Est. Bianchi – Comitato per la Salvaguardia e lo Sviluppo del Golfo dei Poeti, WWF e Schiffini (Avv.Granara) c. Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio, Ministero delle Attività Produttive e Ministero della Salute (Avv. Stato), Regione Liguria (Avv.ti Sommariva e Castagnoli) e altri (Avv. Stato) - T.A.R. LIGURIA, Genova, Sez. I – 18 marzo 2004, n. 267

5) Tutela dell’ambiente - Legittimazione ad agire in materia di urbanistica e ambiente – Differenze - Provvedimenti incidenti sull’ambiente – Privato – Interesse astratto - Dimostrazione del danno derivante dall’opera contestata - Necessità. Diversamente dal caso dell’urbanistica, la possibilità di impugnare i provvedimenti adottati dalla P.A. che possano refluire sull’ambiente non è attribuita a “chiunque”. Ne consegue che i singoli individui possono agire in giudizio avverso provvedimenti di tale natura, solo qualora dimostrino di essere titolari di un interesse che non si atteggi come astratto o di mero fatto, ma che si qualifichi in ogni caso come differenziato da quello della collettività, in relazione all’oggetto della tutela ovvero al rapporto del singolo con il bene. A tal fine non può ritenersi sufficiente l’affermazione di avere la titolarità di un bene sito nelle immediate vicinanze dell’intervento contestato, ma occorre anche dimostrare il danno che dall’opera deriva specificatamente al soggetto in quanto titolare del bene. Pres. Vivenzio, Est. Bianchi – Comitato per la Salvaguardia e lo Sviluppo del Golfo dei Poeti, WWF e Schiffini (Avv.Granara) c. Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio, Ministero delle Attività Produttive e Ministero della Salute (Avv. Stato), Regione Liguria (Avv.ti Sommariva e Castagnoli) e altri (Avv. Stato) - T.A.R. LIGURIA, Genova, Sez. I – 18 marzo 2004, n. 267

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