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 Massime della sentenza

 

 

T.A.R. LIGURIA, Genova, Sez. I - 9 maggio 2004, Sentenza n. 833

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

R.G.R. 1224/2003

N. 883 SENT.


Il Tribunale amministrativo regionale per la Liguria, sezione prima, ANNO 2004

 

composto dai Magistrati:
- Renato Vivenzio - Presidente
- Raffaele Prosperi - Consigliere
- Davide Ponte – I° Referendario - rel. est.

ha pronunciato la seguente

S E N T E N Z A


sul ricorso n. 1224\2003 R.G. proposto da ENTE NAZIONALE PROTEZIONE ANIMALI - EN.P.A. sezione di Camogli; ASSOCIAZIONE LEGAMBIENTE - CIRCOLO TIGULLIO VERDE; ASSOCIAZIONE VERDI AMBIENTE E SOCIETA' - V.A.S., in persona del rispettivo legale rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi dall’Avv. D. Granara, con domicilio eletto in GENOVA, via alla porta degli archi n. 10/27-28;
contro
ENTE PARCO di PORTOFINO, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avv. R. Mottola, con domicilio eletto in GENOVA, p.zza Dante n. 10/10 presso lo studio legale Svampa;
e con l'intervento ad adiuvandum
di ITALIA NOSTRA ONLUS, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avv. D. Granara, con domicilio eletto in GENOVA, via alla porta degli archi n. 10/27-28;
per l'annullamento
del decreto Presidenziale 25 luglio 2003, n.10, ratificato con deliberazione del Consiglio 15 settembre 2003, n.50, avente ad oggetto “Approvazione del Piano di controllo faunistico del Cinghiale 2003” nonchè per l’annullamento di ogni atto preparatorio, presupposto, inerente, conseguente e/o connesso e, in particolare; -del “piano di controllo del cinghiale 2003 a firma del Dott. Andrea Marsan” a ciò incaricato in forza di convenzione 23 dicembre 2002 e correlativo atto direttoriale 23 dicembre 2003; del parere, favorevole al suindicato “piano”, espresso dal Consiglio direttivo dell’Ente Parco il 21/7/2003;
visto il ricorso con i relativi allegati;
visto l’atto di costituzione in giudizio dell’Ente intimato;
visto l’atto di intervento ad adiuvandum;
visti gli atti tutti della causa;
designato relatore per la pubblica udienza del 27 maggio 2004 il giudice Dr. Davide Ponte;
uditi altresì i procuratori delle parti costituite;
ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.


FATTO


Con il gravame introduttivo del giudizio le associazioni odierne ricorrenti impugnavano gli atti relativi al piano di controllo del cinghiale per l’anno 2003, muovendo le seguenti censure:

- violazione degli artt. 22 c. 6 l. 394\91 e 43 l.r. 12\95, in quanto non è consentita la cattura a scopo di uccisione indiscriminata, priva dei necessari caratteri di selettività;

- violazione degli artt. 22 c. 6 l. 394\91 e 43 l.r. 12\95, eccesso di potere sotto i profili dell’illogicità, contraddittorietà, difetto di istruttoria e motivazione, violazione del principio di proporzionalità.

L’ente parco intimato, costituitosi in giudizio, chiedeva la declaratoria di inammissibilità ed il rigetto del gravame.

Con ordinanza cautelare n. 2\2004, all’esito dell’istruttoria disposta al fine di acquisire una relazione illustrativa, questo Tribunale amministrativo regionale disponeva la sospensione dell’efficacia dell’atto impugnato.

Alla pubblica udienza del 27\5\2004 la causa passava in decisione.


D I R I T T O


In via preliminare, la difesa dell’ente parco intimato ha eccepito l’inammissibilità del gravame in quanto diretto a censurare nel merito scelte altamente discrezionali in suscettibili di sindacato giurisdizionale.

L’eccezione, formulata peraltro in termini del tutto generici, è infondata sia in astratto, in quanto è lo stesso art. 113 della Costituzione a garantire che contro gli atti della pubblica amministrazione, evidentemente anche di carattere discrezionale, è sempre ammessa la tutela giurisdizionale dei diritti e degli interessi legittimi dinanzi agli organi di giurisdizione ordinaria o amministrativa, sia in concreto, dovendosi verificare la natura delle singole censure dedotte che, nel caso de quo, appaiono formulate in termini di illegittimità dei provvedimenti per violazione di legge ed eccesso di potere.

Sempre in via preliminare, pur in assenza di qualsiasi eccezione sul punto da parte della difesa dell’ente resistente, va dichiarato il difetto di legittimazione ad agire in capo all’associazione legambiente, circolo Tigullio verde, nonché all’ente protezione animali, sezione di Camogli, in quanto mere articolazioni locali di associazione ambientali riconosciute ed operanti a livello nazionale. Al riguardo, osserva il Collegio, la tradizionale opinione giurisprudenziale ritiene che le sezioni locali di un’associazione ambientalistica nazionale non siano legittimate a ricorrere in proprio avverso i provvedimenti suscettibili di arrecare danno ambientale (cfr. ad es. T.A.R. Trentino Alto Adige Bolzano, 27 ottobre 1994, n. 278). Questa stessa sezione ha avuto altresì modo di ribadire: in generale, che la legittimazione a ricorrere, ai sensi dell'art. 18, l. 8 luglio 1986 n. 349, non può, comunque, riconoscersi a favore delle rispettive sezioni locali o dei connessi organismi periferici (cfr. ad es. TAR Liguria sez. I 20 settembre 2002 n. 968 e T.A.R. Calabria sez. Catanzaro, 17 maggio 1999, n. 701); inoltre, in particolare, che il presidente di un'articolazione locale di un'associazione ambientalista riconosciuta difetta di legittimazione attiva, in specie laddove non risulti delegato alla proposizione del ricorso dall'organo rappresentante dell'associazione nazionale medesima (cfr. ad es. T.A.R. Liguria, sez. I, 26 novembre 2002, n. 1151).

Orbene, nel caso di specie il mandato difensivo risulta conferito direttamente dai rappresentanti di articolazioni locali, in assenza di una specifica delega del presidente nazionale; nel caso dell’E.n.p.a. lo stesso art. 8 dello Statuto, nell’assegnare al Presidente nazionale la rappresentanza legale dell’ente anche in giudizio, prevede la possibilità di delega solo per la firma dei rapporti contrattuali. Né appare essere stato fornito alcun elemento in base al quale ritenere altrimenti sussistenti i diversi indici di collegamento tali da ritenere operante, nel caso in esame, la prevalente opinione giurisprudenziale, a tenore della quale un ente privato è comunque legittimato a ricorrere in giudizio, indipendentemente dalla sua specifica natura giuridica, pur non compreso tra le associazioni individuate ai sensi dell’art. 13 della L. 349/1986, quando: persegua in modo non occasionale obiettivi di tutela ambientale; abbia un adeguato grado di stabilità; un sufficiente livello di rappresentatività; un area di afferenza ricollegabile alla zona in cui è situato l’ambiente od il bene a fruizione collettiva che si assume leso.

Diversamente, la legittimazione ad agire va riconosciuta in capo all’altra associazione ricorrente, Verdi ambiente e società (VAS), quale soggetto di rilievo nazionale operante anche ai sensi della normativa di cui al combinato disposto degli art. 13 e 18 l. 349 del 1986.

Passando all’analisi del merito della controversia, avente ad oggetto l’impugnazione del piano di controllo del cinghiale per l’anno 2003, il ricorso appare fondato nei termini che seguono.

Nell’ambito delle finalità di conservazione e tutela delle aree protette regionali, premesso il generale divieto dell’attività venatoria, l’art. 22 l. 394\91 prevede la possibilità di “eventuali prelievi faunistici ed abbattimenti selettivi necessari per ricomporre squilibri ecologici. Detti prelievi ed abbattimenti devono avvenire in conformità al regolamento del parco o, qualora non esista, alle direttive regionali per iniziativa e sotto la diretta responsabilità e sorveglianza dell'organismo di gestione del parco e devono essere attuati dal personale da esso dipendente o da persone da esso autorizzate scelte con preferenza tra cacciatori residenti nel territorio del parco, previ opportuni corsi di formazione a cura dello stesso Ente”.

A livello regionale, l’art. 43 l.r. 12\95 prevede che “nelle riserve naturali e nelle aree classificate parco naturale, allo scopo di raggiungere e conservare l' equilibrio faunistico nell' ambito delle previste finalità dell' area protetta, sono ammessi interventi tecnici”, tra cui: abbattimenti selettivi di due tipi (qualitativi, sanitari e finalizzati alla conservazione delle specie, ovvero quantitativi, indirizzati al contenimento numerico dei capi in armonia con le potenzialità del territorio); catture (a scopo di ripopolamento con priorità per le aree protette, ovvero per utilizzazioni a scopo scientifico ai sensi delle vigenti leggi).

Nel caso di specie, diversamente, il piano approvato da luogo ad una cattura di capi in termini tutt’altro che selettivi, la cui estensione e le cui modalità appaiono incompatibili con le finalità di protezione delle aree protette, di cui anche la fauna costituisce parte integrante.

La violazione delle finalità dettate dalla normativa vigente in materia emerge, sia dalle modalità di abbattimento indiscriminato collegato alla cattura, sia dalla previsione del diretto affidamento della gestione delle trappole e delle gabbie ai proprietari dei diversi fondi, nonché dell’attribuzione della carne dell’animale ucciso agli stessi proprietari, senza alcun controllo di carattere quantomeno sanitario.

Anche da un punto di vista qualitativo e quantitativo il previsto indiscriminato abbattimento di cui al piano impugnato appare viziato nei termini dedotti: sotto il primo profilo è priva di adeguata valutazione la circostanza che i capi più facilmente catturabili sono quelli meno pericolosi, cioè le femmine ed i piccoli: sotto il secondo profilo, l’elevato numero di capi di cui è previsto l’abbattimento non trova adeguata rispondenza alla luce delle denunce di danni causati dagli stessi animali, diminuite sino al numero di una nell’anno 2003 (cfr. grafico n. 2 della relazione Marsan allegata al piano).

Più in generale, dall’analisi della documentazione versata in atti emerge l’assenza del preliminare monitoraggio, necessario al fine di riconoscere alla successiva determinazione il carattere della selettività.

Le rilevate incongruità non paiono superabili alla stregua delle valutazioni sottese alla relazione esplicativa acquisita in via istruttoria dall’istituto nazionale per la fauna selvatica, il cui carattere sostanzialmente integrativo conferma il difetto di adeguata e coerente motivazione delle scelte contenute nel piano impugnato. Al riguardo, va altresì ribadito il tradizionale orientamento a tenore del quale è da considerarsi inammissibile l'integrazione della motivazione di un atto amministrativo nel corso del giudizio amministrativo proposto per la verifica della legittimità dell'atto stesso (cfr. ad es. T.A.R. Basilicata, 7 luglio 2003, n. 689).

L'accoglimento del ricorso su questi punti dispensa il Collegio del prendere in esame gli ulteriori motivi di gravame. Le considerazioni sopra svolte, infatti, sono sufficienti a ritenere fondato il ricorso ed a disporre l'annul­lamento del provvedimento impugnato per le assorbenti considerazioni sopra svolte.

Sussistono giusti motivi per compensare interamente tra le parti spese ed onorari del giudizio.


P.Q.M.


Il Tribunale amministrativo regionale per la Liguria, sez. int. I, definitivamente pronunciando: dichiara il difetto di legittimazione attiva di ente protezione animali, sezione di Camogli, e di associazione legambiente, circolo tigullio verde; accoglie il ricorso di cui in epigrafe e per l’effetto annulla l’atto impugnato.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Genova, nella Camera di Consiglio del 27 maggio 2004.



L’Estensore                               Il Presidente
D. Ponte                                   R. Vivenzio



Depositata in segreteria
il 9 GIU. 2004

(Art. 55, L. 27.4.1982, n. 186)
Il Direttore della Sezione
Dott.ssa A. CALCAGNO

 

M A S S I M E

 

Sentenza per esteso

 

1) Associazioni e comitati – Associazioni ambientaliste – Sezioni locali di un’associazione ambientalista nazionale – Legittimazione attiva – Difetto. Le sezioni locali di un’associazione ambientalistica nazionale non sono legittimate a ricorrere in proprio avverso i provvedimenti suscettibili di arrecare danno ambientale (cfr. T.A.R. Trentino Alto Adige Bolzano, 27 ottobre 1994, n. 278; TAR Liguria sez. I 20 settembre 2002 n. 968 e T.A.R. Calabria sez. Catanzaro, 17 maggio 1999, n. 701); in particolare, il presidente di un'articolazione locale di un'associazione ambientalista riconosciuta difetta di legittimazione attiva, laddove non risulti delegato alla proposizione del ricorso dall'organo rappresentante dell'associazione nazionale medesima (cfr. ad es. T.A.R. Liguria, sez. I, 26 novembre 2002, n. 1151). Pres. Vivenzio, Est. Ponte - EN.P.A. Camogli, Legambiente Circ. Tigullio Verde, V.A.S. (Avv. Granara) c. Ente Parco di Portofino (Avv. Mottola) - T.A.R. LIGURIA, Genova, Sez. I - 9 maggio 2004, n. 833

2) Aree protette – Parco - Caccia – Piano di controllo faunistico del cinghiale – Previsione di cattura non selettiva – Violazione delle finalità di protezione delle aree protette – L. 349/91 – Preliminare monitoraggio – Necessità – Rispondenza tra il numero dei capi da abbattere e i danni da questi cagionati – Necessità. E’ illegittimo il piano di controllo faunistico del cinghiale approvato dall’Ente Parco di Portofino in quanto dà luogo ad una cattura di capi in termini tutt’altro che selettivi, la cui estensione e le cui modalità appaiono incompatibili con le finalità di protezione delle aree protette di cui alla l. 394\91 e alla l.r. Liguria 12\95. La violazione di tali finalità emerge dalle modalità di abbattimento indiscriminato collegato alla cattura, dall’assenza di un’adeguata rispondenza tra il numero dei capi di cui è previsto l’abbattimento e le denunce dei danni causati dagli animali e dall’assenza di un preliminare monitoraggio, necessario al fine di riconoscere alla successiva determinazione il carattere della selettività. Pres. Vivenzio, Est. Ponte - EN.P.A. Camogli, Legambiente Circ. Tigullio Verde, V.A.S. (Avv. Granara) c. Ente Parco di Portofino (Avv. Mottola) - T.A.R. LIGURIA, Genova, Sez. I - 9 maggio 2004, n. 833

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