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Legislazione Giurisprudenza Per altre sentenze vedi: Sentenze per esteso
T.A.R. MARCHE, Ancona – 3 marzo 2004, sentenza n. 104
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
n.0104 - Anno 2004
n.409 - Anno 2003
IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO
REGIONALE DELLE MARCHE
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso n.409 del 2003, proposto da BELLEGGIA Sandro, rappre-sentato
e difeso dagli avv.ti Nicola Pede e Andrea Galvani, presso quest’ultimo
elettivamente domiciliato in Ancona, al Corso Mazzini n.156;
contro
- il COMUNE di MONTEGIORGIO (AP), in persona del Sindaco protempore,
rappresentato e difeso dall’avv. Claudio Brignocchi, elettivamente domiciliato
in Ancona, alla Via De Bosis n.3, presso l’avv. Renato Cola;
e nei confronti
- dell’A.R.P.A.M.- Agenzia Regionale per la Protezione Ambientale delle Marche,
in persona del legale rappresentante, non costituito in giudizio;
- l’AZIENDA SANITARIA U.S.L. n.11 di Fermo, in persona del suo rappresentante
legale pro-tempore, non costituito in giudizio;
e con l’intervento ad opponendum
- di SIMONETTI Oriana, rappresentata e difesa dall’avv. Massimo Ortenzi,
elettivamente domiciliata in Ancona presso la Segreteria del TAR;
per l’annullamento
- dell’ordinanza n.15, prot. n.3527 del 17.3.2003, notificata il 18 mar-zo 2003,
con cui il Sindaco di Montegiorgio ha intimato al ricorrente di provvedere alla
realizzazione di alcuni interventi ivi specificati, nell’immobile destinato ad
allevamento suinicolo, entro e non oltre la data del 30.6.2003;
-di ogni atto presupposto, connesso e conseguente, ivi compresa la nota n.3932
del 14.8.2002 dell’Azienda Sanitaria U.S.L. n.11 di Fermo e la nota dell’A.R.P.A.M.
n.14017 del 23.10.2002, richiamate nelle premesse della suddetta ordinanza
sindacale;
- nonché degli ulteriori provvedimenti impugnati con successivo atto di motivi
aggiunti e precisamente:
- dell’ordinanza n.89, prot. n.11297 del 21.8.2003, con cui il Sindaco di
Montegiorgio ha intimato al ricorrente la chiusura definitiva entro il
20.10.2003 dell’allevamento suinicolo gestito nell’immobile di proprietà sito in
località Castagneto, con il contestuale divieto di procedere a nuovi acquisti di
suini nella stalla suddetta;
- di ogni atto presupposto, connesso e conseguente, ivi comprese le note dell’ASL
n. 11 di Fermo n.2623 del 28.7.2003, dei verbali di sopralluogo allegati alla
stessa e della nota dell’ARPAM n.4929 del 3.8.2003;
Visto il ricorso con i relativi allegati ed il successivo atto di motivi
aggiunti depositato il 3.11.2003;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Montegior-gio e della
parte interveniente Simonetti Oriana;
Vista l’ordinanza istruttoria n.203 del 27 maggio 2003 adottato in sede
cautelare;
Vista la successiva ordinanza n.241 del 25 giugno 2003, con cui, all’esito
dell’istruttoria, è stata respinta l’istanza cautelare di sospen-sione
dell’esecuzione dell’impugnato provvedimento di chiusura dell’allevamento del
ricorrente;
Viste le memorie depositate dalla parte ricorrente a sostegno delle rispettive
difese;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore alla pubblica udienza del 17.12.2003, il Cons. Galileo Omero Manzi;
Uditi l’avv. A. Galvani per la parte ricorrente, l’avv. C. Brignocchi per il
Comune resistente e l’avv. M. Ortenzi per la parte interveniente;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue:
FATTO
Con atto notificato il 16.5.2003 e depositato il successivo 20 maggio 2003, il
sig. Beleggia Sandro ha impugnato l’epigrafato provvedimento del Sindaco di
Montegiorgio n.15, prot. n.3527 del 17.3.2003, con cui è stato ordinato al
ricorrente di eseguire una serie di lavori ed interventi nell’ambito del proprio
allevamento suinicolo gestito in località contrada Castagneto, entro il termine
del 30.6.2003, allo scopo di eliminare gli inconvenienti igienicosanitari
prodotti dall’impianto di allevamento ed evidenziati a seguito di sopralluoghi
effettuati da tecnici dell’Azienda sanitaria USL n.11 di Fermo e dell’ARPAM di
Ascoli Piceno, i cui esiti sono stati portati a conoscenza del Comune con
apposite comunicazioni richiamate nelle premesse dell’ordinanza oggetto di
impugnazione principale.
Con il suddetto provvedimento sindacale oggetto di gravame è stato anche
precisato che, nell’eventualità della mancata esecuzione delle opere di
miglioramento igienicosanitario nel termine assegnato, l’Autorità comunale
avrebbe provveduto ai sensi degli artt. 216 e 217 del Testo Unico 27 luglio
1934, n.1265.
Il difensore di parte ricorrente si è fatto carico di segnalare che già in
precedenza il Comune di Montegiorgio si era attivato per favorire l’eliminazione
dei problemi di ordine sanitario provocati dall’allevamento del Belleggia, con
l’adozione di un’ordinanza di identico contenuto di quella oggetto del presente
giudizio la quale, tuttavia, era stata annullata con sentenza del TAR delle
Marche n.26 del 4 febbraio 2003.
A fondamento del ricorso vengono dedotte le seguenti censure:
1) Violazione e falsa applicazione della legge n.241 del 1990 ed eccesso di
potere per difetto di istruttoria ed illegittimità derivata, in quanto
l’adozione della nuova ordinanza di imposizione di obblighi di fare a carico del
ricorrente risulta fondata su atti istruttori posti a base della precedente
ordinanza di identico contenuto dispositivo caducata dal TAR e, quindi, il nuovo
provvedimento con cui l’Autorità comunale ha inteso reiterare l’ordine di
adeguamento igienico-sanitario dell’allevamento in questione, non è stato
supportato da un’autonoma attività istruttoria, né da accertamenti in loco
aggiornati, atteso che la situazione di pregiudizio igienico addotta a
giustificazione dell’ordinanza é stata desunta dagli esiti di sopralluoghi
risalenti nel tempo che si asserisce non sono più attuali.
2) Violazione e falsa applicazione degli artt. 216 e 217 del Testo unico delle
leggi sanitarie di cui al R.D. 27 luglio 1934, n.1265, degli artt.50 e 54 del
Dlgs.18 agosto 2000, n.267 e dell’art.3 della legge n.241 del 1990; eccesso di
potere sotto i diversi profili dell’erroneità dei presupposti, del travisamento
dei fatti, dell’illogicità, irrazionalità, ingiustizia manifesta, perplessità,
contraddittorietà, difetto di istruttoria e di motivazione, nonché
dell’inopportunità.
Le dedotte censure di illegittimità vengono fatte dipendere, in primo luogo,
dalla circostanza che l’allevamento di cui si controverte si trova in aperta
campagna, in zona avente una destinazione agricola secondo le previsioni del
vigente strumento urbanistico del Comune di Montegiorgio e, quindi, la struttura
produttiva è conforme alle prescrizioni dell’art. 216 del Testo unico sanitario
n.1265 del 1934, il quale prevede che le industrie insalubri di prima classe,
quale è da qualificare l’allevamento in questione, debbono essere isolate nelle
campagne e tenute lontane dalle abitazioni.
A fronte di tale asserita conformità normativa ed urbanistica della
localizzazione dell’impresa di allevamento del ricorrente, il difensore di parte
attrice contesta le valutazioni compiute dall’Autorità comunale in ordine alla
situazione di pericolo per la salute pubblica affermata provocata dall’attività
aziendale del suddetto allevamento suinicolo, dal momento che tale giudizio non
risulta affatto basato su un’attività istruttoria approfondita in grado di
comprovare che effettivamente l’impianto produttivo è fonte di gravi
inconvenienti igienicosanitari che destano allarme per la salute pubblica.
L’attività provvedimentale oggetto di sindacato risulta infatti supportata
soltanto dall’esito di distinti sopralluoghi, peraltro risalenti nel tempo
rispetto alla data di adozione del provvedimento impugnato, compiuti da tecnici
dell’Azienda sanitaria locale e dell’ARPAM i quali si sono limitati a mettere in
evidenza principalmente l’emissione di cattivi odori, fenomeno inevitabile per
una struttura di allevamento di animali, senza tuttavia desumere da tale
inconveniente un pericolo effettivo per la salute pubblica, attesa la
localizzazione in zona agricola dell’impianto, come previsto dalle legge cui si
è fatto riferimento.
La difesa di parte ricorrente, facendo appello alla giurisdizione di merito di
cui è investito il giudice amministrativo nei giudizi aventi ad oggetto
l’impugnazione di provvedimenti contingibili ed urgenti, contesta anche
l’opportunità delle prescrizioni imposte dall’Amministrazione comunale per porre
rimedio agli inconvenienti igienico-sanitari asseriti prodotti dal suddetto
impianto di allevamento, poiché gli accorgimenti imposti nell’organizzazione
aziendale e produttiva, quali: la stabulazione dei suini a terra, lo stoccaggio
del letame in platee coperte, la modifica dell’attuale sistema di stoccaggio dei
liquami e l’installazione di sistemi meccanici per il ricircolo dell’aria
all’interno dell’allevamento e per l’abbattimento delle sostanze odorigene, sono
da considerare comunque inadeguati a risolvere i problemi igienici riscontrati
in sede di sopralluogo.
Un ulteriore profilo di eccesso di potere viene fatto dipendere dalla brevità
del termine assegnato di tre mesi per porre in essere gli interventi di
attenuazione degli inconvenienti igienico-sanitari rilevati
dall’Amministrazione, nonché dalla indeterminatezza della sanzione prevista, nel
caso di inosservanza dell’ordine impartito, dal momento che le norme del vecchio
Testo Unico della legge Comunale e Provinciale cui fa riferimento l'art.217 del
Testo unico delle leggi sanitarie richiamato nell’ordinanza impugnata, sono
state tutte abrogate; per cui allo stato non è dato sapere quali sono le
sanzioni che l’Autorità comunale applicherà, nell’ipotesi di constata violazione
da parte del ricorrente degli ordini e delle prescrizioni impartite con l’atto
impugnato il quale a causa di tale segnalata indeterminatezza del suo contenuto
sanzionatorio, è da considerare viziato sotto il profilo dell’eccesso di potere.
Per resistere all’iniziativa giudiziaria di parte ricorrente, in data 27.5.2003,
si è costituito in giudizio il Comune di Montegiorgio il cui difensore ha
confutato le censure dedotte con l’atto introduttivo del giudizio, evidenziando
in particolare che l’area sulla quale risulta ubicato lo stabilimento adibito ad
allevamento suinicolo di cui si controverte, non risulta più ricompreso in zona
agricola ma in zona destinata ad insediamenti produttivi (D/1), a seguito
dell’intervenuta variante al PRG, in accoglimento peraltro di un’apposita
osservazione presentata dal ricorrente sig. Belleggia il quale, in cambio della
favorevole accettazione della sua proposta di mutamento di destinazione
urbanistica di zona, aveva dimostrato la disponibilità a chiudere l’allevamento.
Pertanto, in considerazione dell’attuale destinazione urbanistica della zona e
della qualifica di industria insalubre di prima classe che caratterizza
l’impianto di allevamento in questione, nonché della contestuale presenza nelle
vicinanze dello stesso di numerosi nuclei abitativi, l’iniziativa assunta
dall’Autorità comunale di imporre un adeguamento dei sistemi produttivi, al fine
di attenuare gli inconvenienti igienico-sanitari provocati dalla porcilaia nei
riguardi degli abitanti delle abitazioni vicine, appare conforme alla legge,
oltre che opportuna.
In data 27.3.2003, si è costituita in giudizio anche la Sig.ra Simonetti Oriana
in qualità di abitante nelle vicinanze dell’allevamento di cui è causa, la quale
ha depositato apposito atto di intervento ad opponendum notificato il 26.5.2003,
con cui ha inteso confutare i profili di doglianza prospettati con il ricorso,
svolgendo al riguardo argomenti in parte identici a quelli rassegnati dal
difensore del Comune ed evidenziando nel contempo che la presenza di numerosi
insediamenti produttivi ed abitativi nelle immediate vicinanze dell’allevamento
del Belleggia, ha reso necessario l’intervento dell’Autorità comunale, attesa la
grave ed insostenibile situazione dei residenti nella zona, a causa delle
maleodoranti ed insalubri esalazioni prodotte dall’impianto di allevamento
suinicolo che ammorbano l’aria e si propagano e sono percettibili addirittura ad
oltre 2000 mt. di distanza, costituendo, quindi, un serio problema di ordine
igienico-sanitario, come accertato nei pareri degli organi tecnici e sanitari
richiamati nelle premesse dell’atto impugnato.
Con ordinanza n.203 del 27 maggio 2003, ai fini della decisione dell’istanza a
cautelare di parte ricorrente che aveva dichiarato di avere dato avvio
all’esecuzione degli interventi imposti con l’ordinanza impugnata, il Collegio
ha disposto una verifica di tale circostanza da parte del Responsabile
dell’Ufficio Tecnico del Comune di Montegiorgio, all’esito della quale, con
successiva ordinanza n.241 del 24 giugno 2003, ha respinto l’istanza cautelare
di sospensione dell’esecuzione del provvedimento impugnato, disponendo nel
contempo la fissazione dell’udienza pubblica di discussione della causa.
Con successivo atto di motivi aggiunti notificato il 28.10.2003, depositato il
successivo 3.11.2003, il difensore di parte ricorrente ha impugnato la
successiva ordinanza n.89, prot. n.11297 del 21.8.2003, con la quale il Sindaco
del Comune di Montegiorgio, preso atto della mancata ottemperanza degli obblighi
imposti con il precedente provvedimento sindacale oggetto di impugnazione
principale in questa sede nel termine assegnato del 30.6.2003, nonché della
contestuale inadeguatezza degli interventi sostitutivi proposti
dall’interessato, ha ordinato la chiusura definitiva dell’allevamento del sig.
Belleggia, entro e non oltre il 20.10.2003, con il contestuale divieto di
immettere nell’allevamento nuovi capi di bestiame.
Avverso tale provvedimento, con l’atto di motivi aggiunti vengono dedotte
censure di invalidità derivata, nonché autonome doglianze di violazione degli
artt.216 e 217 del Testo unico sanitario di cui al R.D. n.1265 del 1934 e di
eccesso di potere per difetto e carenza di istruttoria, travisamento dei fatti,
erroneità dei presupposti, sviamento, irrazionalità, illogicità, ingiustizia
manifesta e difetto di motivazione.
Viene contestato, al riguardo, la veridicità e l’attendibilità degli
accertamenti tecnici compiuti dall’ASL n.11 e dall’ARPAM nei mesi di luglio e di
agosto 2003, per verificare l’attendibilità degli interventi sostitutivi
proposti dal ricorrente per eliminare gli inconvenienti igienico-sanitari
contestati con la precedente ordinanza n.15 del 17 marzo 2003, in quanto, al
contrario di quanto ritenuto dai tecnici suddetti, l’intervenuto utilizzo
nell’attività di allevamento di integratori a base di sostanze chimiche
denominate Yucca e Thepax miscelate con i mangimi alimentari normalmente
somministrati agli animali, aveva consentito di abbattere notevolmente i cattivi
odori prodotti dai suini presenti nell’impianto, dal momento che tali
integratori aumentano e migliorano la digeribilità degli alimenti, riducendo
l’emissione di ammoniaca nelle urine e nelle feci degli animali.
Pertanto, a fronte del denunciata erroneità dei rilievi compiuti dalle autorità
sanitarie, confermata dagli accertamenti effettuati per conto della ditta
ricorrente dalla società Eurovix, azienda specializzata nel settore degli
allevamenti suinicoli, con certificazione prodotta in atti, il provvedimento
impugnato è da considerare illegittimo, poiché basato su un’errata valutazione
di fatti e, quindi, adottato in contrasto con le norme di riferimento, attesa la
mancanza dei presupposti di fatto per far luogo alla chiusura dello stabilimento
porcilaia del ricorrente.
Per confutare gli ulteriori assunti invalidatori prospettati con l’atto di
motivi aggiunti, in data 27.5.2003 si è costituito in giudizio il Comune di
Montegiorgio, il cui difensore, anche con la successiva memoria depositata in
data 7.11.2003, nell’imminenza dell’udienza di discussione della causa, ha
concluso per l’infondatezza delle censure dedotte con la nuova iniziativa
giudiziaria, in quanto le ragioni che hanno portato all’adozione della
successiva ordinanza sindacale di chiusura dello stabilimento di allevamento del
Belleggia, sono chiaramente desumibili dai riscontri tecnici compiuti in loco
dalla Polizia municipale, oltre che dall’ASL e dall’ARPAM, i quali hanno
accertato la mancata ottemperanza da parte dell’interessato ai puntuali
adempimenti dell’Autorità comunale e la persistente situazione di pregiudizio
igienico-sanitario contestato in precedenza, che, indipendentemente dalla
ridotta attenuazione degli odori sgradevoli, presentava comunque uno stato di
intollerabilità per la popolazione residente nelle vicinanze della porcilaia,
come risulta peraltro confermata dalla stessa relazione tecnica di parte della
società Eurovix che parla di contenimento della carica batterica totale presente
nell’aria, ma non della sua eliminazione.
Per cui, anche a fronte di tale circostanza, la situazione di pericolo sotto il
profilo igienico-sanitario non è stata eliminata e, quindi, insieme alla
costatata mancata esecuzione degli interventi tecnici strutturali di
ammodernamento dei processi e delle tecniche di allevamento imposti in
precedenza, costituiva legittimo motivo per la comminazione della sanzione
interdittiva della cessazione dell’attività produttiva, disposta con l’ordinanza
oggetto di impugnativa con l’atto di motivi aggiunti.
Anche la parte interveniente si è costituita in giudizio in data 26.11.2003, per
contestare quanto dedotto con l’atto di motivi aggiunti di cui ha diffusamente
sostenuto l’infondatezza con successiva memoria depositata in data 3.12.003.
Previa audizione di difensori delle parti, il ricorso è stato assunto in
decisione dal Collegio nella pubblica udienza del 17.12.2003.
DIRITTO
1) Va in primo luogo posto in evidenza che il ricorso è rivolto a prospettare
l’illegittimità del provvedimento del Sindaco di Montegiorgio indicato in
epigrafe con cui è stato imposto al deducente la realizzazione di una serie di
lavori e di interventi nell’ambito del proprio stabilimento produttivo destinato
all’allevamento di suini, tendenti ad eliminare gli inconvenienti di ordine
igienico-sanitario procurati dall’attività produttiva, secondo le indicazioni
fornite dall’ARPAM e dall’Autorità sanitaria locale.
Giova precisare al riguardo che il suddetto provvedimento oggetto di
impugnazione, ha fatto seguito ad una precedente ordinanza sindacale
contingibile ed urgente adottata nel mese di agosto dell’anno 2002, annullata
dal giudice amministrativo, a causa della ritenuta insussistenza, nel caso di
specie, di una situazione di necessità ed urgenza che potesse giustificare, in
caso di inottemperanza del privato, l’esecuzione da parte dell’Amministrazione
in danno del medesimo, degli interventi e delle opere imposte con l’ordinanza.
Ciò premesso, va osservato come, dalla ricognizione delle premesse e del
contenuto dispositivo dell’atto impugnato, si evince che l’Autorità comunale, a
fronte del protrarsi della situazione di compromissione dell’igiene dell’abitato
nella zona di ubicazione della porcilaia del ricorrente, ha inteso fare ricorso
agli ordinari poteri di vigilanza e di polizia sanitaria riconosciuti dagli artt.216
e 217 del Testo unico delle leggi sanitarie di cui al R.D. 27 luglio 1934, n.1265
che condiziona lo svolgimento delle attività produttive qualificate insalubri al
rispetto delle norme a tutela dell’igiene e della salute pubblica.
2) Con riferimento a quanto precisato, infondata va valutata la dedotta censura
di violazione e falsa applicazione della legge n.241 del 1990 sul procedimento
amministrativo, fatta dipendere da carenze istruttorie imputate all’autorità
comunale che si sarebbe limitata a desumere la situazione di pregiudizio
igienico-sanitario, dagli stessi accertamenti tecnici posti a base della
precedente ordinanza contingibile ed urgente del 28.8.2002 annullata dal TAR.
Tale assunto invalidatorio si rivela tuttavia destituito di fondamento, in
quanto, se la situazione di insalubrità dell’aria provocata dall’allevamento
suinicolo del ricorrente non era mutata nel tempo, ad avviso del Collegio,
obiettivamente non si imponevano ulteriori riscontri tecnici per acclarare un
quadro di inconvenienti igienici-sanitari persistente.
Peraltro, va evidenziato che tale permanenza delle immissioni nocive e
maleodoranti prodotte dalla porcilaia è stata preventivamente e reiteratamente
segnalata al ricorrente in data 21.12.2003, con apposita comunicazione di avviso
di avvio di un nuovo procedimento di verifica delle condizioni
igienico-sanitarie dell’allevamento che l’Amministrazione intendeva promuovere,
nell’esercizio degli ordinari poteri di vigilanza e controllo delle industrie
insalubri, riconosciuti dagli artt. 216 e 217 del T.U. n.1265 del 1934.
Per cui, a fronte di tale contestata persistenza degli inconvenienti igienici
segnalati in precedenza, ritiene il Collegio che nessuna ulteriore preventiva
indagine tecnica si imponeva all’autorità comunale, tanto più che lo stesso
ricorrente con il suo comportamento ha indirettamente ammesso la produzione di
esalazioni maleodoranti oltre il limite di tollerabilità, dal momento che, a
seguito del formale ordine di eliminazione di tale inconveniente, si è limitato
a contestare la sola idoneità e funzionalità degli interventi di adeguamento
dell’impianto imposti dal Comune, senza minimamente mettere in discussione
l’effettiva produzione di emissioni maleodoranti, a comprova dunque della
veridicità della situazione di pregiudizio igienico-sanitario contestato
dall’autorità sindacale con l’atto oggetto di impugnazione in questa sede.
3) Ad identiche conclusioni di infondatezza porta l’esame delle ulteriori
censure di violazione delle norme che regolano la localizzazione ed il
funzionamento delle industrie insalubri di prima classe, quale risulta
classificato l’allevamento suinicolo di cui si controverte.
Al riguardo, va osservato che la circostanza della localizzazione in zona
agricola dell’impianto in questione, all’atto della sua attivazione, non esime
lo stesso dal rispetto delle norme igienico - sanitarie, in quanto il
Legislatore, nel prevedere la localizzazione delle industrie insalubri di prima
classe nelle campagne (art.216 T.U. n.1265 del 1934) ha ulteriormente precisato
che le stesse debbono comunque essere isolate e tenute lontane dalle abitazioni.
Per cui, la mera destinazione agricola dell’area di insediamento di tali
impianti potenzialmente pericolosi per la salute degli abitanti, non esonera i
proprietari ed i gestori degli stessi dal rispetto delle comuni norme
igienico-sanitarie, qualora per effetto della particolarità dei metodi di
lavorazione e dei sistemi produttivi impiegati vengano a determinarsi emissioni
di esalazioni e di scoli di acque in grado di provocare una situazione di
pericolo o di danno per la salute pubblica, come risulta espressamente previsto
dall’art.217 del citato Testo unico delle leggi sanitarie.
Tra l’altro, per quanto concerne la vicenda di cui è causa, non può essere
trascurato che, come opportunamente segnalato e comprovato dal difensore del
Comune resistente, l’area sulla quale risulta ubicata la porcilaia industriale
del ricorrente, originariamente ricompresa in zona agricola, attualmente, a
seguito di variante apportata al P.R.G., risulta inserita nel contesto di una
zona con destinazione produttiva artigianale di completamento, proprio in
accoglimento di una specifica osservazione presentata, in sede di adozione della
stessa variante, dall’attuale ricorrente sig. Belleggia con il dichiarato
impegno a riconvertire in edifici artigianali le costruzioni destinate ad
allevamento zootecnico (vedi copia della nota del 24.11.1998, a firma di
Belleggia Sandro, depositata nel fascicolo di causa dal Comune insieme agli atti
di adozione ed approvazione dell’accennata variante urbanistica).
Donde, in considerazione del riferito intervenuto mutamento della destinazione
urbanistica della zona di insediamento della suddetta porcilaia che attualmente,
come si è visto, risulta inserita in una zona artigianale di completamento nel
cui contesto sono già presenti altri impianti produttivi, bisogna convenire che
la stessa non è più isolata nella campagna, con la conseguenza che la sua
permanenza in un contesto residenziale-produttivo e, quindi, abitato, è
condizionata comunque all’introduzione di metodi di lavorazione ed a speciali
cautele per evitare che il suo esercizio arrechi nocumento alla salute dei
vicini, come previsto dal citato art.216 del R.D. n.1265 del 1934.
Inconferenti si presentano anche i rilievi invalidatori preordinati a denunciare
l’inadeguatezza degli interventi tecnici imposti dal Comune con l’atto
impugnato, poiché, anche a volere prescindere dal notevole grado di
discrezionalità tecnica che caratterizza tale potere di scelta delle cautele da
apportare all’attività produttiva per renderla igienicamente compatibile, la cui
valutazione si sottrae normalmente al sindacato di legittimità, se non sotto il
profilo della palese irrazionalità della scelta, nel caso di specie i lavori
indicati dal Sindaco per porre rimedio alla produzione di esalazioni
maleodoranti e nocive generate dall’impianto zootecnico, appaiono logiche sul
piano funzionale, in quanto finalizzate a consentire una rapida e frequente
rimozione delle lettiere e degli escrementi del bestiame presente nella stalla e
dello stoccaggio del letame in platee coperte e dei liquami in vasche coperte in
grado di evitare la dispersione massiccia dei cattivi odori nell’atmosfera.
Pertanto, è di tutta evidenza che tali accorgimenti preordinati ad assicurare
una facile e frequente rimozione del letame, nonché ad evitare il suo stoccaggio
ed abbancamento a cielo aperto dello stesso, se accompagnati, come suggerito dal
Comune, dall’installazione di sistemi meccanici di depurazione e di abbattimento
delle sostanze odorigene e di lavaggio frequente dei box destinati a contenere
gli animali, appaiono obiettivamente idonei ad eliminare ed attenuare gli
inconvenienti igienici prodotti dall’attività di allevamento e, quindi, a
renderli sopportabili da parte di coloro che sono costretti a vivere nella zona
per motivi di lavoro e residenziali.
Per quanto riguarda poi l’ulteriore censura di indeterminatezza delle sanzioni
previste dal provvedimento impugnato, va osservato che il generico richiamo agli
artt.216 e 217 del T.U. n.1265 del 1934, consente al destinatario degli obblighi
di adeguamento imposti con il medesimo di percepire con sufficiente chiarezza le
conseguenze negative dell’eventuale osservanza delle disposizioni impartite dal
Sindaco che agisce in qualità di autorità sanitaria locale preposta alla
vigilanza sulle industrie insalubri, la cui attivazione è subordinata alla
preventiva comunicazione all’autorità comunale che, secondo quanto previsto
dall’art.216 del citato T.U., può vietarne l’esercizio o subordinarlo a
determinate cautele. Il che lascia intendere che, qualora nel corso
dell’attività produttiva, vengano meno le condizioni igienico-sanitarie che
avevano giustificato l’avvio delle stesse attività, il Sindaco è facoltizzato a
dettare prescrizioni per ripristinare la compatibilità igienico-sanitaria delle
produzioni, con la conseguenza che, in caso di inottemperanza delle stesse,
l’autorità comunale può vietarne la continuazione nell’esercizio del potere
inibitorio riconosciuto dal suddetto art.216 del T.U., chiaramente esplicitato
nell’impugnato provvedimento sindacale del 17 marzo 2003, con cui è stata
ordinata l’esecuzione di lavori ed interventi di adeguamento e miglioramento
igienico dell’allevamento.
3) Infondata va valutata anche l’impugnativa prospettata con il successivo atto
di motivi aggiunti e preordinata al sindacato del provvedimento di chiusura
dell’allevamento gestito dal ricorrente, a seguito dell’avvenuto accertamento
della mancata realizzazione degli interventi di miglioramento igienico -
sanitario imposti dall’autorità comunale.
A supporto dell’invocato annullamento di tale atto che ha comminato la sanzione
inibitoria dell’attività di allevamento, in sostanza vengono riproposti gli
stessi motivi di doglianza rivolti avverso il presupposto provvedimento di
diffida, con la prospettazione di una censura di invalidità derivata e la
contestuale deduzione di un’autonoma censura di eccesso di potere in rapporto
all’asserita erroneità degli ulteriori accertamenti tecnici compiuti dall’ASL n.11
e dall’ARPAM nel mese di agosto 2003, per verificare l’adeguatezza degli
interventi migliorativi proposti dal ricorrente, in alternativa a quelli imposti
dall’Amministrazione comunale.
Circa la censura di invalidità derivata, ritiene il Collegio di nulla dovere
aggiungere a quanto già precisato, attesa la riconosciuta legittimità del
presupposto atto di diffida all’introduzione nell’ambito della struttura
produttiva zootecnica del ricorrente degli accorgimenti tecnici indicati dal
Comune su suggerimento dell’ARPAM, la cui congruità ed idoneità, in vista
dell’eliminazione degli inconvenienti igienici segnalati, non può essere messa
in dubbio, dal momento che il Collegio ha ritenuto infondati i relativi vizi di
illogicità e contraddittorietà denunciati con il ricorso principale.
Per quanto riguarda, invece, la dedotta erroneità dei successivi accertamenti
tecnici compiuti per verificare l’avvenuta ottemperanza alla precedente diffida
comunale per valutare gli effetti degli interventi messi in atto autonomamente
dal ricorrente (vedi copia della comunicazione dell’11.7.2003 in atti), per
porre rimedio all’eccessiva produzione di esalazioni maleodoranti e consistenti
nell’utilizzo di un prodotto chimico denominato Micropan da nebulizzare nella
stalla e ritenuto in grado di prevenire la formazione di rifiuti maleodoranti e
di diminuire i miasmi dannosi, va osservato che i tecnici dell’ASL n.11 di
Fermo, in sede di sopralluogo in data 17.7.2003, si sono limitati a constatare
l’avvenuta mancata esecuzione dei lavori e degli interventi di adeguamento ed
ammodernamento dell’impianto zootecnico imposti dal Comune, circostanza peraltro
ammessa dalla stessa parte ricorrente.
In occasione di tale ispezione dei luoghi, il tecnico del Dipartimento di
Prevenzione ed Igiene Pubblica dell’Azienda sanitaria si è fatto carico anche di
verificare gli effetti degli interventi di attenuazione delle esalazioni nocive
a mezzo irrorazione e nebulizzazione del prodotto igienizzatore denominato
Micropan, riscontrando tuttavia una scarsa efficacia degli stessi, in quanto, in
occasione di ben due sopralluoghi effettuati nelle ore notturne in data 17 e 23
luglio 2003, il funzionario ispettore dell’ASL ha avuto modo di accertare
un’intensa percepibilità di effluvi maleodoranti provenienti dall’allevamento,
in tutta la località circostante la stalla, come pure all’interno della vicina
abitazione della Sig.ra Simonetti Oriana controinteressata nel presente
giudizio, a comprova degli scarsi risultati prodotti dagli alternativi rimedi di
attenuazione degli inconvenienti igienici proposti dal ricorrente, come pure
dall’utilizzo di integratori alimentari a base di Yucca e Thepax miscelati agli
alimenti e somministrati ai suini per migliorare la digeribilità dei mangimi, in
vista della riduzione dell’emissione di ammoniaca nelle urine e nelle feci degli
animali, considerato che il livello dei miasmi maleodoranti si è comunque
mantenuto a livelli di insopportabilità, come è stato accertato dai tecnici
dell’Azienda sanitaria.
Donde, in presenza dell’accennato esito di tali riscontri e dell’attendibilità
che li caratterizza, a fronte della pubblica fede che li assiste per la
qualifica di pubblico ufficiale di cui risultano investiti i tecnici
accertatori, il che rende inutile il ricorso ad ulteriori accertamenti
istruttori come richiesto dal difensore di parte ricorrente, priva di pregio va
valutata la censura di erroneità di tali rilievi dedotta con l’atto di motivi
aggiunti, attesa la comprovata persistente produzione, da parte dell’impianto di
allevamento di cui si controverte, di esalazioni maleodoranti in grado di
compromettere la salubrità dell’aria nella zona circostante all’impianto
produttivo ove risultano localizzati edifici residenziali ed artigianali, con
grave pregiudizio delle condizioni igieniche dell’ambiente di vita di coloro che
sono costretti ad abitare ed a lavorare nella stessa zona.
Dunque a fronte dell’accertata persistenza degli inconvenienti igienico-sanitari
prodotti dall’allevamento del ricorrente e dell’indisponibilità dimostrata da
quest’ultimo a conformarsi alle prescrizioni imposte dall’autorità sanitaria
locale, attesa la constatata inadeguatezza dei rimedi sostitutivi proposti ed
attivati dall’interessato, immune dai vizi denunciati deve essere ritenuto anche
l’impugnato provvedimento sindacale di chiusura dell’allevamento, tenuto conto
dell’impossibilità di porre rimedio in altro modo agli inconvenienti igienici
soprasegnalati, la cui obiettiva esistenza, a ben vedere, neppure il ricorrente
contesta, essendosi il medesimo limitato nel presente giudizio a confutare la
sola efficacia degli interventi di attenuazione degli stessi imposti dal Comune.
In conclusione, per tutte le ragioni esposte e le argomentazioni svolte, il
ricorso deve essere respinto, come pure il successivo atto di motivi aggiunti,
attesa la dimostrata infondatezza delle censure con i medesimi dedotte.
Sussistono nel contempo giusti motivi per far luogo equitativamente alla
compensazione tra le parti delle spese ed egli onorari di giudizio.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale delle Marche respinge il ricorso in
epigrafe indicato.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Ancona, nella camera di consiglio del 17 dicembre 2003, con
l’intervento dei Magistrati:
Dott. Bruno Amoroso - Presidente
Dott. Luigi Ranalli - Consigliere
Dott. Galileo Omero Manzi - Consigliere est.
Pubblicata nei modi di legge, mediante deposito in Segreteria, il giorno 3 MAR
2004
Ancona, 3 MAR 2004
IL SEGRETARIO GENERALE
1) Industrie insalubri – Porcilaia - Localizzazione – Intervenuto mutamento della destinazione urbanistica (da agricola a artigianale di completamento) – Permanenza dell’impianto nel contesto residenziale produttivo – Condizioni – Introduzione di cautele atte ad evitare nocumento alla salute dei vicini – Art. 216 R.D. n. 1265/1934. Nel caso di intervenuto mutamento della destinazione urbanistica (da agricola a artigianale di completamento) della zona di insediamento dell’industria insalubre di prima classe (porcilaia) la sua permanenza in un contesto residenziale-produttivo e, quindi, abitato, è condizionata all’introduzione di metodi di lavorazione ed a speciali cautele per evitare che il suo esercizio arrechi nocumento alla salute dei vicini, come previsto dal citato art.216 del R.D. n.1265/1934. Pres. Amoroso, Est. Manzi – Belleggia (Avv.ti Pede e Galvani) c. Comune di Montegiorgio (Avv. Brignocchi) - T.A.R. MARCHE, Ancona – 3 marzo 2004, n. 104
2) Industrie insalubri – Sindaco – Autorità sanitaria locale – Poteri – Momento successivo all’attivazione –Prescrizioni dirette a ripristinare la compatibilità igienico-sanitaria – Inottemperanza del privato – Divieto di continuazione nell’esercizio – Art. 216 T.U. leggi sanitarie. Il Sindaco agisce in qualità di autorità sanitaria locale preposta alla vigilanza sulle industrie insalubri, la cui attivazione è subordinata alla preventiva comunicazione all’autorità comunale che, secondo quanto previsto dall’art.216 del citato T.U., può vietarne l’esercizio o subordinarlo a determinate cautele. Qualora nel corso dell’attività produttiva, vengano meno le condizioni igienico-sanitarie che avevano giustificato l’avvio delle stesse attività, il Sindaco è facoltizzato a dettare prescrizioni per ripristinare la compatibilità igienico-sanitaria delle produzioni, con la conseguenza che, in caso di inottemperanza delle stesse, l’autorità comunale può vietarne la continuazione nell’esercizio del potere inibitorio riconosciuto dal suddetto art.216 del T.U.. Pres. Amoroso, Est. Manzi – Belleggia (Avv.ti Pede e Galvani) c. Comune di Montegiorgio (Avv. Brignocchi) - T.A.R. MARCHE, Ancona – 3 marzo 2004, n. 104
3) Industrie insalubri – Art. 216 T.U. n. 1265/1934 – Localizzazione – Distanza dalle abitazioni – Impianti potenzialmente pericolosi per la salute pubblica – Porcilaia - Destinazione agricola dell’area di insediamento – Rispetto delle norme igienico-sanitarie – Non può escludersi. L’art. 216 T.U. n.1265 del 1934, nel prevedere la localizzazione delle industrie insalubri di prima classe nelle campagne, ha ulteriormente precisato che le stesse devono comunque essere isolate e tenute lontane dalle abitazioni. La mera destinazione agricola dell’area di insediamento di impianti potenzialmente pericolosi per la salute degli abitanti (nella specie, impianto di allevamento suinicolo) non esonera i proprietari ed i gestori degli stessi dal rispetto delle comuni norme igienico-sanitarie, qualora per effetto della particolarità dei metodi di lavorazione e dei sistemi produttivi impiegati vengano a determinarsi emissioni di esalazioni e di scoli di acque in grado di provocare una situazione di pericolo o di danno per la salute pubblica (art. 217 T.U. leggi sanitarie). Pres. Amoroso, Est. Manzi – Belleggia (Avv.ti Pede e Galvani) c. Comune di Montegiorgio (Avv. Brignocchi) - T.A.R. MARCHE, Ancona – 3 marzo 2004, n. 104
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