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Legislazione Giurisprudenza Per altre sentenze vedi: Sentenze per esteso
T.A.R. MARCHE, Ancona – 3 febbraio 2004, sentenza n. 35
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
n.0035 - Anno 2004
n.382 - Anno 2003
IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO
REGIONALE DELLE MARCHE
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso n.382 del 2003, proposto da s.r.l. IMMOBILIARE ZEUS, con sede
in Jesi, in persona del suo rappresentante legale, rappresentato e difeso dagli
avv.ti Massimo Camiciola e Alessandro Lucchetti, elettivamente domiciliato in
Ancona, alla Via Carducci n.8, presso l’avv. Marcellino Marcellini;
contro
- il MINISTERO per i BENI e le ATTIVITA’ CULTURALI, in persona del Ministro
pro-tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di
Ancona, presso il cui Ufficio è domiciliato per legge, alla Piazza Cavour n.29;
- il MINISTERO per i BENI e le ATTIVITA’ CULTURALI –Soprintendenze Regionali
delle Marche per i Beni e le Attività Culturali e per i Beni Architettonici e
per il Paesaggio – in persona dei rispettivi soprintendenti protempore, non
costituiti in giudizio;
e nei confronti
del COMUNE di PORTO RECANATI, in persona del Sindaco pro-tempore, rappresentato
e difeso dall’avv. Alessandro Rovazzani, elettivamente domiciliato in Ancona, al
Corso Stamira n.24;
per l’annullamento
- del Decreto datato 2.10.2002, a firma del Soprintendente per i Beni e le
Attività Culturali delle Marche, con cui è stata formalizzata la dichiarazione
di bene di particolare interesse storico-artistico, relativamente all’immobile
denominato “Capannone Nervi”, sito in Comune di Porto Recanati e distinto in
Catasto al foglio n.10, con la particella n.13, confinante con le particelle nn.30,
421, 455 e 539, con il conseguente assoggettamento del bene al regime di tutela
di cui al D.Lgs. n.490 del 1999;
- della relazione storica predisposta dalla Soprintendenza per i Beni
Architettonici e per il Paesaggio delle Marche richiamata nel suddetto
provvedimento di vincolo;
- del provvedimento n.6565 del 19.2.2003, a firma del Dirigente responsabile
della Direzione Generale per i Beni Architettonici ed il Paesaggio del Ministero
per i Beni e le Attività Culturali, con cui è stato dichiarato inammissibile il
ricorso gerarchico proposto dalla s.r.l. Immobiliare Zeus avverso il suddetto
decreto di vincolo;
- delle note n.2045 del 15.11.2002 e n.26404 del 12.12.2002, rispettivamente a
firma del Soprintendente Regionale per i Beni e le Attività Culturali e del
Soprintendente Regionale per i Beni Architettonici e il Paesaggio, con cui sono
stati forniti chiarimenti alla parte ricorrente in ordine al procedimento
concluso con la dichiarazione di interesse storico-artistico del capannone
“Nervi”, oggetto di impugnazione;
- di tutti gli atti presupposti, connessi e conseguenti;
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero per i Beni e le
Attività Culturali e del Comune di Porto Recanati;
Vista l’ordinanza n.325 del 28 luglio 2003, di reiezione dell’istanza cautelare;
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
Visti gli atti tutti della causa;
Relatore, alla pubblica udienza del 19 novembre 2003, il Consigliere Galileo
Omero Manzi;
Uditi gli avv.ti A.Lucchetti e M.Camiciola per la parte ricorrente, l’avvocato
dello Stato A.Honorati per il Ministero resistente e l’avv. A.Rovazzani per il
Comune di Porto Recanati;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue:
FATTO
Con atto notificato il 14.4.2003, depositato il successivo 8.5.2003, la società
ricorrente ha impugnato l’epigrafato provvedimento del Soprintendente Regionale
per I Beni e le Attività Culturali delle Marche, datato 2.10.2002, con cui è
stata formalizzata la dichiarazione di notevole interesse storico-artistico di
un immobile di proprietà della parte deducente ubicato in territorio del Comune
di Porto Recanati, denominato “Capannone Nervi”, in quanto testimonianza di
architettura industriale attribuita al celebre architetto Pierluigi Nervi,
costituente esempio espressivo di una tipologia architettonica moderna
innovativa meritevole di salvaguardia.
L’impugnativa è stata estesa al provvedimento ministeriale del 19.2.2003, con
cui è stato dichiarato inammissibile il ricorso amministrativo gerarchico
proposto avverso il suddetto provvedimento di vincolo, nonché alle note di
chiarimento fornite dalle competenti Soprintendenze regionali in ordine al
procedimento seguito per l’imposizione del vincolo ed alle sue ragioni
giustificatrici.
Avverso gli atti impugnati vengono dedotte le seguenti censure:
1) violazione degli artt.7 e 10 della legge 7 agosto 1990, in quanto alla parte
ricorrente non è stato consentito di esercitare il suo diritto di partecipazione
al procedimento concluso con l’impugnato provvedimento di vincolo, dal momento
che l’atto finale è stato adottato senza la preventiva acquisizione e
valutazione delle osservazioni del proprietario del bene sottoposto a tutela e
prima della scadenza del termine assegnato a quest’ultimo per la presentazione
delle proprie considerazioni e rilievi chiarificatori.
2) Violazione dell’art.2 del D.Lgs. 29 ottobre 1999, n.490, a causa
dell’inesistenza della condizione temporale richiesta dalla norma suddetta per
il riconoscimento del valore storico-culturale della costruzione di cui è causa,
considerato che la sua realizzazione è avvenuta nell’anno 1957, per cui non
essendo stata edificata da oltre un cinquantennio, non poteva essere sottoposta
a tutela.
3) Violazione di legge per difetto di motivazione, in quanto la relazione
storica fornita a corredo del provvedimento di vincolo non fornisce alcuna prova
documentale per comprovare l’effettiva progettazione dell’immobile sottoposto a
tutela da parte dell’arch. Pierluigi Nervi la cui ideazione progettuale andava
dimostrata e non genericamente attribuita.
Peraltro, la parte ricorrente contesta che l’opera in questione, costituita da
un capannone industriale destinato in passato a deposito e realizzato
nell’ambito di una fabbrica di concimi e anticrittogamici utilizzati
prevalentemente in agricoltura, sia stata progettata dall’arch. Nervi, dal
momento che si discosta dalle opere di Nervi caratterizzate da volte realizzate
in cemento armato a getto unico, mentre, nel caso del capannone di cui è causa,
la struttura di copertura non è in cemento armato, ma è costituita da pannelli
prefabbricati forniti dall’Impresa Costruzioni Pazzarotti di Parma.
A supporto della sua tesi la parte attrice adduce anche le valutazioni contenute
in una dissertazione di laurea in architettura avente ad oggetto la struttura in
questione, ove si contesta su basi scientifiche la sua riferibilità all’arch.
Nervi.
Da ciò la denunciata insufficienza e contraddittorietà della motivazione a base
del provvedimento impugnato.
4) Violazione del principio di affidamento del privato nei confronti degli atti
della Pubblica Amministrazione, fatto dipendere dalla riconsiderazione del
proprio operato da parte della Soprintendenza ai Beni Culturali che aveva avuto
modo in precedenza di esaminare il Piano regolatore generale del Comune di Porto
Recanati adeguato al Piano Paesaggistico Regionale (P.P.A.R.), senza nulla
osservare sulla destinazione impressa all’ex capannone industriale nel contesto
della zona urbanistica di riferimento per la quale è stato previsto un utilizzo
edificatorio a mezzo lottizzazione convenzionata.
5) Eccesso di potere per sviamento, in quanto l’atto impugnato sarebbe stato
determinato da un fine diverso da quello del soddisfacimento dell’interesse
pubblico e frutto di un’attività emulativa di alcuni dipendenti della
Soprintendenza.
6) Violazione di legge dipendente dal mancato rispetto da parte dell’Autorità
ministeriale del termine di 90 giorni assegnato dalla legge per decidere il
ricorso gerarchico a suo tempo proposto dalla parte attrice avverso il
provvedimento di vincolo ora gravato in sede giurisdizionale, la cui decisione
di inammissibilità del ricorso gerarchico sarebbe illegittima, in quanto tardiva
ed in quanto basata su un’erronea qualificazione di atto definitivo del
provvedimento di vincolo che, al contrario, poiché emesso dal Soprintendente
regionale, autorità gerarchicamente sottoposta al superiore Ministero, poteva
essere fatta oggetto di gravame amministrativo.
Per contrastare l’iniziativa giudiziaria di parte ricorrente si è costituito in
giudizio in data 5.6.2003 il Ministero per i Beni e le Attività Culturali con il
patrocinio dell’Avvocatura dello Stato che ha preliminarmente eccepito
l’inammissibilità e la tardività del ricorso rispetto alla data di consegna ad
incaricati della società ricorrente dell’impugnato provvedimento di vincolo,
avvenuta per sua stessa ammissione il 9.10.2002.
Né vale ad impedire la denunciata maturata decadenza dell’iniziativa giudiziaria
l’avvenuta proposizione del ricorso gerarchico, dal momento che tale rimedio
amministrativo era da qualificare extra ordinem, in quanto non previsto dalla
legge nel caso di atti definitivi, quale risulta il provvedimento di imposizione
di vincolo riservato all’esclusiva competenza del Soprintendente regionale e
come tale sottratto a qualsiasi sindacato da parte dell’Autorità ministeriale.
Per quanto riguarda il merito delle doglianze dedotte dalla parte ricorrente, la
difesa erariale ne contesta la fondatezza, in quanto la società proprietaria del
bene sottoposto a tutela è stata resa partecipe dell’avvio del relativo
procedimento ed il suo mancato apporto collaborativo all’iniziativa
dell’Amministrazione è dipeso da sua negligenza ed intempestività.
Priva di fondamento viene ritenuta anche la dedotta asserita mancanza del
presupposto temporale per far luogo all’imposizione del vincolo, dal momento che
l’opera in questione sarebbe stata realizzata nella sua struttura originaria a
nove campate fra gli anni 1937/1940, a nulla rilevando che poi sia stata
accatastata soltanto nell’anno 1957.
Peraltro, secondo l’Avvocatura di Stato, indipendentemente dalla riferibilità o
meno dell’opera all’arch. Pierluigi Nervi, gli immobili di particolare interesse
per il loro riferimento con la storia industriale ricompresi nelle categorie di
beni di cui all’art.2, I comma lett. b) del D.Lgs. n.490 del 1999, tra i quali
sarebbe ascrivibile anche quello di cui si controverte, possono essere comunque
sottoposti a tutela, indipendentemente dal tempo trascorso dalla loro
realizzazione.
In data 6.6.2003, si è costituito in giudizio con atto di intervento ad
adiuvandum anche il Comune di Porto Recanati evocato in causa in qualità di
parte controinteressata, il cui difensore ha svolto argomenti identici a quelli
prospettati dal ricorrente principale, concludendo per l’accoglimento
dell’iniziativa giudiziaria promossa da quest’ultimo.
Con ordinanza n.325 del 27 agosto 2003, il Tribunale ha respinto la domanda di
sospensione cautelare dell’esecuzione dell’atto impugnato.
Nell’imminenza della pubblica udienza di discussione della causa, i difensori
della società ricorrente e della parte interveniente hanno depositato, in data
8.11.2003, apposite memorie di identico contenuto con le quali hanno ribadito le
tesi a suo tempo proposte a sostegno dell’invocato annullamento degli atti
impugnati, rassegnando nel contempo argomenti difensivi per confutare le
eccezioni di inammissibilità e tardività opposte dalla difesa
dell’Amministrazione, in quanto il provvedimento di vincolo si configurerebbe
come atto non definitivo adottato da un organo in posizione di subordinazione
rispetto alla Direzione generale ministeriale di riferimento e come tale
impugnabile in sede gerarchica.
Anche l’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Ancona ha depositato in data
8.11.2003, una memoria conclusionale con la quale ha diffusamente ribadito le
proprie tesi difensive in rito e nel merito.
DIRITTO
1)- Dalla ricognizione del petitum sostanziale del ricorso, si evince che
l’iniziativa giudiziaria è rivolta in primo luogo all’annullamento del
provvedimento ministeriale con cui è stata dichiarata l’inammissibilità del
ricorso amministrativo gerarchico presentato dalla parte istante avverso il
provvedimento del Soprintendente Regionale delle Marche dei Beni Culturali e
Ambientali datato 2.10.2002, relativo all’assoggettamento a vincolo
storico-culturale di un manufatto di proprietà della stessa società ricorrente,
in quanto considerato come tipologia di architettura industriale meritevole di
salvaguardia.
L’impugnativa è stata estesa anche al presupposto provvedimento di vincolo già
gravato in sede gerarchica, allo scopo di farne rilevare l’illegittimità
unitamente all’atto giustiziale, nel caso quest’ultimo sia dichiarato invalido,
sul presupposto della ritenuta possibilità del Giudice amministrativo di
esaminare direttamente i motivi addotti contro l’atto originario gravato in sede
giustiziale, nel caso di annullamento giurisdizionale della decisione assunta
dall’Autorità amministrativa a seguito di ricorso gerarchico che si sia limitato
ad escludere la sussistenza dei presupposti di ricevibilità ed ammissibilità
dello stesso.
Ciò premesso, ai fini del decidere, va chiarito in punto di fatto che la
presente vicenda contenziosa trae origine dall’avvenuto assoggettamento a
vincolo storico-architettonico di un manufatto di proprietà della società
ricorrente, per il quale in precedenza già il Piano Paesaggistico Ambientale
della Regione Marche (P.P.A.R.) aveva previsto un parziale regime di tutela,
attraverso la sua ricomprensione tra gli edifici e manufatti isolati di
particolare valore architettonico e storico documentario (artt.15 e 40 delle
N.T.A del P.P.A.R. approvato con Delibera del Consiglio regionale delle Marche n.197
del 3 novembre 1989).
Per tale immobile le citate norme di piano (art.40) consentivano nell’immediato
soltanto interventi di manutenzione, di restauro e di risanamento conservativo,
con obbligo per il Comune, in sede di adeguamento al P.P.A.R del proprio P.R.G.,
di stabilire ulteriori prescrizioni per la tutela degli edifici vincolati che
deve essere finalizzata esclusivamente al loro recupero, mediante il restauro ed
il risanamento conservativo con divieto assoluti di demolizione.
Con il nuovo provvedimento di vincolo oggetto di sindacato giurisdizionale in
questa sede, l’Autorità dei Beni Culturali e Ambientali ha ritenuto di
rafforzare il regime di tutela dell’edificio in questione già assicurato dal
P.P.A.R. in un contesto paesaggistico, attraverso il riconoscimento del suo
valore storico-architettonico, in quanto espressione di una tipologia singolare
di opera di ingegneria industriale, attribuita all’arch. Pierluigi Nervi,
considerato il maggiore esponente della tradizione ingegneristica moderna per
quanto riguarda le soluzioni di utilizzo del cemento armato.
Il provvedimento del Soprintendente Regionale per i Beni e le Attività Culturali
con cui è stata formalizzata l’imposizione del vincolo suddetto sull’immobile
denominato Capannone Nervi, è stato fatto oggetto di ricorso gerarchico al
superiore Ministero per i Beni e le Attività Culturali che, con atto del
Direttore Generale per i Beni Architettonici, ha dichiarato inammissibile il
gravame amministrativo, in quanto proposto avverso un atto definitivo ai sensi
della vigente normativa e, come tale, non censurabile in sede giustiziale ex art.1
del D.P.R. 24 novembre 1971, n.1199, che ammette il ricorso gerarchico soltanto
per gli atti non definitivi.
2)- Ciò posto, ai fini del decidere, si impone la preliminare delibazione della
pregiudiziale eccezione di irricevibilità del presente ricorso giurisdizionale
opposta dall’Avvocatura dello Stato, sul presupposto dell’avvenuta tardiva
notifica dell’atto introduttivo del giudizio (14 aprile 2003), rispetto alla
data di sicura conoscenza dell’impugnato provvedimento di vincolo, fatta
risalire al momento di avvenuta consegna dello stesso a mani del legale
rappresentante della società ricorrente, eseguita in data 9.10.2002.
L’esame di tale rilievo di rito comporta necessariamente la contestuale
delibazione del capo impugnatorio del ricorso preordinato a sindacare la
legittimità del provvedimento ministeriale relativo alla dichiarazione di
inammissibilità del ricorso gerarchico, poiché, è di tutta evidenza, che la
soluzione delle relativa questione dipende dall’accertamento della definitività
o meno della determinazione del Soprintendente regionale con cui è stato
formalizzato l’assoggettamento a vincolo storico-architettonico del manufatto di
cui si controverte.
A tale riguardo, va osservato che, secondo quanto previsto originariamente dal
Testo Unico delle disposizioni legislative in materia di beni culturali e
ambientali di cui al D.Lgs. 29 ottobre 1999, n.490, la dichiarazione di
particolare interesse storico di beni di proprietà privata è riservata al
competente Ministero i cui uffici curano il relativo procedimento.
Per quanto riguarda, in particolare, le attribuzioni degli organi periferici del
Ministero, il citato Testo Unico ha mantenuto fermo il quadro di competenze
definito dal D.Lgs. 20 ottobre 1998, n.368, con cui è stata formalizzata
l’istituzione dello stesso Dicastero, a norma dell’art.11 della legge 15 marzo
1997, n.59 il cui art.7, e nel contempo prevista l’istituzione della nuova
figura del Soprintendente Regionale per i Beni Culturali e Ambientali con
compiti di coordinamento delle attività delle altre Soprintendenze operanti nel
territorio regionale, ed attribuzione al medesimo di un semplice potere di
proposta, per quanto riguarda l’imposizione di regimi vincolistici e di tutela
su beni di proprietà privata, la cui decisione risultava comunque riservata
all’Autorità ministeriale.
Tuttavia, per effetto del sopravvenuto riordino delle competenze del Ministero
per i Beni e le Attività Culturali e dei suoi organi periferici operato con gli
artt.52, 53 e 54 del D.Lgs. 30 luglio 1999, n.300, recante la riorganizzazione
del Governo, al Soprintendente regionale per i Beni Culturali sono state
attribuiti i poteri in precedenza esercitati dagli organi ministeriali in
materia di dichiarazione dell’interesse storico-culturale dei beni ricompresi
nelle categorie individuate dal Legislatore (vedi nuovo teso dell’art.7, III
comma, del D.Lgs. 20 ottobre 1998, n.368, a seguito delle modifiche apportate
dall’art.54 del D.Lgs. n.300 del 1999).
La norma in questione, infatti, fa espresso riferimento alle pregresse
competenze ministeriali di cui agli artt.3 e 5 della legge 1° giugno 1939, n.1089,
ora trasfuse nell’art.6 del T.U. n.490 del 1999, per cui, alla stregua
dell’accennato nuovo quadro di competenze, la dichiarazione di notevole
interesse culturale dei beni di proprietà privata ricompresi nelle categorie
indicate all’art.2 del Testo Unico n.490 del 1999, è riservata al Soprintendente
Regionale per i Beni Culturali e Ambientali, su proposta degli altri
Soprintendenti di Settore operanti nel territorio regionale di riferimento, i
quali provvedono all’istruttoria dei relativi procedimenti.
Il riferito quadro di attribuzione di poteri amministrativi definito in sede
legislativa è stato confermato anche dal successivo Regolamento di
organizzazione del Ministero approvato con D.P.R. 29 dicembre 2000, n.441, il
cui art.13 ribadisce l’esclusiva competenza del Soprintendente regionale per
quanto riguarda l’adozione degli atti di vincolo di beni di proprietà privata di
notevole interesse storico-culturale, il cui esercizio è svincolato da qualsiasi
poter di controllo ministeriale, dal momento che al medesimo è stata attribuita
anche la potestà di decidere in sede amministrativa i ricorsi proposti dai
privati avverso i provvedimenti di annullamento delle autorizzazioni
paesaggistiche rilasciate dall’Autorità regionale o dagli Enti locali dalla
medesima delegati ex art.151 del T.U. n.490 del 1999, adottati dalla competente
Soprintendenza statale di settore (vedi art.13, II comma, lett. B del D.P.R. n.441
del 2000).
Con riferimento al richiamato quadro normativo legislativo e regolamentare,
ritiene il Collegio che, in materia di individuazione dei beni di valenza
storico-culturale e di assoggettamento degli stessi a vincolo o comunque a
regime di tutela, al competente Soprintendente Regionale per i Beni e le
Attività Culturali fanno carico in via esclusiva tutti i poteri attribuiti in
precedenza al Ministero, con la conseguenza che i relativi provvedimenti,
costituenti espressione delle accennate competenze funzionali, sono
inquivocabilmente da qualificare come atti definitivi, rispetto ai quali gli
organi ministeriali, nella specie il Direttore Generale per i Beni
Architettonici cui compete la decisione dei ricorsi gerarchici avverso gli atti
non definitivi adottati dai Dirigenti subordinati ex art.16 del D.Lgs. 30 marzo
2001, n.165, sono sforniti di qualsiasi potere di controllo e di autotutela
d’ufficio, residuando al riguardo soltanto il potere di annullamento
ministeriale per motivi di legittimità ex art.14, III comma del Testo Unico sul
Pubblico impiego di cui al D.Lgs. 30 marzo 2001, n.165.
Il che esclude, altresì, la possibilità di sindacare la loro validità ed
opportunità sotto i profili della legittimità e del merito, su reclamo dei
soggetti che si ritengono in qualche modo pregiudicati, attesa l’impossibilità
di proporre ricorso gerarchico avverso atti amministrativi definitivi,
desumibile dalla previsione dell’art.1 del D.P.R. 24 novembre 1971, n.1199, che
consente tale rimedio giustiziale soltanto avverso gli atti non definitivi (Cons.St.,
sez.III, 9 giugno 1998, n.23; Sez. Speciale, Parere 13 dicembre 1999, n.362; TAR
Puglia, 29 novembre 1991, n.475; TAR Calabria, CZ, 18 giugno 1997, n.347; TAR
Puglia 12 novembre 2002, n.4903).
Peraltro, non può essere trascurato che l’accennato assetto di competenze
funzionali privilegiato nel contesto dell’organizzazione burocratica del
Ministero dei Beni Culturali è conforme al nuovo modello di organizzazione
amministrativa introdotto dal D.Lgs. n.29 del 1993, le cui disposizioni sono
state trasfuse nel successivo Testo Unico sul Pubblico Impiego di cui al D.Lgs.
30 marzo 2001, n.165, che mira a mantenere separato l’esercizio delle funzioni
di indirizzo politico amministrativo riservato al Ministro, e di quelle più
propriamente gestionali riservato ai Dirigenti i cui atti sono destinati, per lo
più, ad assumere carattere di definitività, proprio per la responsabilità
esclusiva che gli stessi assumono in ordine all’attività amministrativa di loro
competenza ed ai risultati della stessa.
Il convincimento del Collegio trova conferma in via generale nella stessa
previsione dell’art.16 del citato Testo unico che, in sede di individuazione
delle funzioni dei Dirigenti generali, precisa che il loro potere di decidere i
ricorsi gerarchici avverso gli atti degli altri Dirigenti in posizione di
subordinazione, risulta comunque limitato ai soli provvedimenti non definitivi
adottati da questi ultimi, lasciando chiaramente intendere che i medesimi
possono essere comunque investiti del potere di adottare atti definitivi, come è
il caso dei Soprintendenti Regionali per i Beni e le Attività Culturali.
Pertanto, tenuto conto di quanto precisato ed argomentato, fondata va ritenuta
la pregiudiziale eccezione di tardività del presente ricorso giurisdizionale
formulata dall’Avvocatura dello Stato, in rapporto al contestuale riconoscimento
dell’infondatezza del capo impugnatorio preordinato a sindacare la legittimità
del provvedimento del Direttore Generale del Ministero che ha dichiarato
inammissibile il ricorso gerarchico proposto avverso l’atto di vincolo del
manufatto denominato Capannone Nervi sito in Comune di Porto Recanati.
Infatti, come si è avuto modo di puntualizzare, tale atto di vincolo costituiva
un provvedimento definitivo adottato da un organo, la Soprintendenza regionale
appunto, competente in via esclusiva a formalizzare la dichiarazione di notevole
interesse storico-culturale di beni di proprietà privata, in forza di una
potestà attribuita direttamente dalla legge che, in precedenza, faceva carico
direttamente al Ministro e, quindi, ad un organo posto al vertice della scala
gerarchica dell’Amministrazione di riferimento, le cui determinazioni non
potevano essere oggetto di sindacato giustiziale, atteso il loro carattere di
atti definitivi impliciti, la cui qualificazione, ad avviso del Collegio, va
estesa anche agli atti del Soprintendente Regionale di cui si controverte, in
difetto di una specifica previsione normativa che ne acclari una diversa natura
o la provvisorietà in vista di un possibile sindacato in sede gerarchica che,
altrimenti, deve essere escluso, a fronte della natura del potere esercitato e
delle nuove competenze funzionali facenti carico al Soprintendente Regionale.
Dalla riferita acclarata inammissibilità del ricorso gerarchico a suo tempo
avanzato dalla società ricorrente, consegue l’irricevibilità del ricorso
giurisdizionale di cui è causa proposto avverso il provvedimento di vincolo,
fatto pure oggetto di autonoma impugnazione in questa sede, poiché è di tutta
evidenza la tardività con cui la parte attrice ha promosso il sindacato
giurisdizionale avverso tale atto (14 aprile 2003), rispetto al momento della
sua avvenuta piena conoscenza, sicuramente riferibile alla data di consegna
dello stesso nelle mani del legale rappresentante della società ricorrente
(9.10.2002) o, comunque, alla successiva data di presentazione del ricorso
gerarchico (7 novembre 2002).
Peraltro, va anche evidenziato, a conferma della riconosciuta irritualità
dell’iniziativa giudiziaria della parte ricorrente, che il provvedimento di
vincolo nel dare puntuale indicazione ai destinatari in ordine alle modalità di
tutela riconosciute dall’ordinamento, precisava testualmente che la stessa
poteva attuarsi mediante ricorso giurisdizionale al T.A.R. o ricorso
straordinario al Capo dello Stato, contribuendo in tal modo ad autoqualificarsi
come provvedimento definitivo per il quale era escluso il ricorso gerarchico
che, non a caso, non risultava ricompreso tra i rimedi giuridici di tutela
elencati in calce al documento.
Per tutte le ragioni sopraesposte, il ricorso deve essere dichiarato
irricevibile.
Sussistono tuttavia, data la particolarità della vicenda esaminata, giusti
motivi per compensare tra le parti le spese e gli onorari di giudizio.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale delle Marche dichiara il ricorso in
epigrafe irricevibile.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Ancona, nella camera di consiglio del 19 novembre 2003 e nella
successiva del 17 dicembre 2003, con l’intervento dei Magistrati:
Dott. Bruno Amoroso - Presidente
Dott. Luigi Ranalli - Consigliere
Dott. Galileo Omero Manzi - Consigliere, est.
Pubblicata nei modi di legge, mediante deposito in Segreteria, il giorno 3 FEB.
2004
Ancona, 3 FEB. 2004
IL SEGRETARIO GENERALE
1) Beni culturali e ambientali – Individuazione dei beni di valenza storico-culturale e assoggettamento a vincolo – Poteri – Competono in via esclusiva al Soprintendente Regionale per i Beni e le Attività Culturali – Natura dei relativi provvedimenti – Atti definitivi – Ricorso gerarchico – Preclusione. Per effetto del sopravvenuto riordino delle competenze del Ministero per i Beni e le Attività Culturali e dei suoi organi periferici, di cui al D.Lgs. 30 luglio 1999, n.300, in materia di individuazione dei beni di valenza storico-culturale e di assoggettamento degli stessi a vincolo o comunque a regime di tutela, al competente Soprintendente Regionale per i Beni e le Attività Culturali fanno carico in via esclusiva tutti i poteri attribuiti in precedenza al Ministero, con la conseguenza che i relativi provvedimenti, costituenti espressione delle accennate competenze funzionali, sono inquivocabilmente da qualificare come atti definitivi, rispetto ai quali gli organi ministeriali, cui compete la decisione dei ricorsi gerarchici avverso gli atti non definitivi adottati dai Dirigenti subordinati ex art.16 del D.Lgs. 30 marzo 2001, n.165, sono sforniti di qualsiasi potere di controllo e di autotutela d’ufficio, residuando al riguardo soltanto il potere di annullamento ministeriale per motivi di legittimità ex art.14, III comma del Testo Unico sul Pubblico impiego di cui al D.Lgs. 30 marzo 2001, n.165. Il che esclude, altresì, la possibilità di sindacare la loro validità ed opportunità sotto i profili della legittimità e del merito, su reclamo dei soggetti che si ritengono in qualche modo pregiudicati, attesa l’impossibilità di proporre ricorso gerarchico avverso atti amministrativi definitivi. Pres. Amoroso, Est. Manzi – Immobiliare Zeus (Avv.ti Camiciola e Lucchetti) c. Ministero per i Beni e le Attività Culturali (Avv. Stato) e altri (n.c.) – T.A.R. MARCHE, Ancona, 3 febbraio 2004, n. 35
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