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Legislazione  Giurisprudenza                                                      Per altre sentenze vedi: Sentenze per esteso


 

 Massime della sentenza

 

 

T.A.R. SICILIA, Catania, Sez. I - 20 gennaio 2004, n. 49

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO


TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE
PER LA SICILIA SEDE DI CATANIA
SEZIONE PRIMA

49/04 Reg. Sent.
N. 3967/98 Reg. Ric.


Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia, sezione staccata di Catania, sezione prima int., composto dai Signori Magistrati:
Dott. Biagio Campanella Presidente f. f.
Avv. Vincenzo Salamone Consigliere
Avv. Maria Stella Boscarino Referendario est.
ha pronunciato la seguente


SENTENZA


Sul ricorso n. 3967/1998 R.G. proposto da LICCIARDELLO GIUSEPPE e VASTA DOROTEA, rappresentati e difesi dall’Avv. Franco Merlino, elett.te domiciliati in Catania via Centuripe n.8 presso lo studio dell’Avv. D’Urso
CONTRO
il COMUNE di ACIREALE, in persona del Commissario reg.le p.t., rappresentato e difeso dall’Avv. Agata Senfett, elett.te dom.to in Catania via Milano presso la Segreteria del T.A.R.,
PER L’ANNULLAMENTO
Del provvedimento sindacale n.84 del 18.6.1998 di diniego concessione edilizia in sanatoria chiesta ai sensi delle leggi n.47/85, regionale 37/85 e 724/94.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune intimato;
Visti gli atti tutti della causa;
Udito il relatore dr.ssa Maria Stella Boscarino;
Uditi altresì gli Avv.ti delle parti, come da relativo verbale;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue:


FATTO


Con il ricorso in epigrafe i ricorrenti espongono che la sig.ra Vasta Antonietta nel 1980 realizzava in Acireale, fraz. Pennini, una villetta unifamiliare per civile abitazione, per la quale nel 1986 chiedeva concessione edilizia in sanatoria ex L. 47/1985. Avendo assolto gli oneri di oblazione ed essendosi perfezionato il silenzio assenso, la Sig.ra Vasta Antonietta poneva in vendita l’immobile, che i sigg.ri Licciardello e Vasta, coniugi ed odierni ricorrenti, acquistavano.


Gli stessi ampliavano l’immobile, presentando poi domanda di sanatoria ex L. 724/1994 (a firma Vasta Dorotea, acquisita al n. 06681/1996).


Nel 1992 i coniugi Vasta / Licciardello realizzavano sopra detto edificio una nuova unità immobiliare, per la quale chiedevano la concessione in sanatoria ex L. 724/1994 (n.6680/1995).


L’Amm.ne comunale però, unificate le due pratiche, emetteva con il provvedimento impugnato il diniego della concessione in sanatoria.
Ciò premesso, avverso detto atto i ricorrenti deducono:
I° motivo (violazione dell’art. 3 L. 241/1990 ed eccesso di potere per illogicità e difetto di motivazione): il provvedimento è illegittimo perché non si evincono i presupposti di fatto del diniego della domanda di sanatoria;
II° motivo (violazione dell’art. 39 L. 724/1994; eccesso di potere per difetto assoluto di motivazione): la domanda di sanatoria doveva intendersi accolta per silenzio assenso.
III° motivo (violazione dell’art. 23 del R.E. Comunale; eccesso di potere per difetto di motivazione): la domanda di sanatoria era accoglibile non superandosi la volumetria massima assentibile.


Con O.C.I. n. 69/2003 è stata disposta l’acquisizione di documenti e chiarimenti, precisamente conteggi analitici relativi alla volumetria dell’immobile per ciascun piano; copia integrale della documentazione a corredo della pratica di sanatoria oltre eventuali integrazioni chieste dal comune; documentati chiarimenti in ordine al perfezionarsi del silenzio assenso; documentati chiarimenti in ordine alla istruttoria seguita per evadere le istanze di sanatoria.


Alla Udienza dell’11.12.2003, con il consenso della ricorrente, il comune ha prodotto memoria e documenti in esecuzione della richiamata OCI.
Quindi la causa è stata trattenuta per la decisione.


DIRITTO


Dalla documentazione prodotta dai ricorrenti e dal comune in esecuzione dell’O.C.I. n.69/2003 emerge che la sig.ra Vasta Antonietta presentò istanza di sanatoria ex L. 47/1985 (n.19314 del 1.10.1986) per una casa per civile abitazione costruita in assenza di concessione edilizia in fraz. Pennisi del comune di Acireale.


Con rogito 13.12.1990 i coniugi Vasta Dorotea e Licciardello Giuseppe acquistavano in regime di comunione legale detta casa con accessori. Dal rogito risulta l’integrale versamento dell’oblazione alle date del 6.12.1986 e del 11.12.1990. Dalla copia dell’istanza di sanatoria ivi allegata risulta che contestualmente alla stessa la richiedente aveva prodotto atto notorio, denuncia accatastamento, versamento oblazione, certificato residenza.


In data 14.4.94 risulta inoltrata dal comune (ma non vi è prova della ricezione) richiesta di integrazione della richiamata pratica di sanatoria.


In data 6.2.97 risulta trasmesso a firma Vasta Antonietta atto notorio sullo stato delle opere.


In data 28.11.1995 la sig.ra Vasta Dorotea presentava istanza di sanatoria (n.6681) relativa ad ampliamento dell’immobile a p. terra, evidenziando un volume oggetto di istanza di sanatoria pari a mc. 239,37.


In data 28.11.1995 il sig. Licciardello Giuseppe presentava istanza di sanatoria (n.6680) relativa ad edificazione di una unità immobiliare sopra l’immobile già in testa a Vasta Antonietta (la cui domanda di sanatoria viene richiamata nell’istanza), evidenziando un volume oggetto di istanza di sanatoria pari a mc. 743,20.


In data 22.5.1998 risulta trasmessa e ricevuta dalla destinataria richiesta di integrazione della pratica di sanatoria Vasta Dorotea.


In pari data 22.5.1998 risulta trasmessa e ricevuta dal destinatario richiesta di integrazione della pratica di sanatoria Licciardello.


Tra i documenti prodotti dal comune si rinvengono alcuni fra i documenti chiesti (accatastamento), mentre dalla scheda tecnica risulta esistente fin da’l'Aprile 1996 il certificato di idoneità statica, unitario per tutto l’edificio.


Per entrambe le istanze di sanatoria, unificate in sede istruttoria, risulta emesso parere negativo del tecnico e del dirigente, motivato per il fatto che la consistenza delle opere oggetto delle domande di sanatoria oggetto di specifico calcolo di verifica supera i mc. 750.


Nel fascicolo prodotto dal comune risulta allegato il calcolo dei volumi eseguito dell’ufficio; è agevole rilevare, in calce, come l’ufficio abbia sommato la superficie oggetto della “vecchia sanatoria” e della “nuova sanatoria” per il piano terra, nonché le superfici di cui ai piani I° e II°, pervenendo ad un totale di mc. 2131,78.


Infine, con il provvedimento impugnato il sindaco, richiamate le tre istanze di sanatoria; rilevato che le superfici totali superano i mc. 750, precisando comunque che lo stesso solo appartamento in sopraelevazione supera i mc. 750; richiamato il limite di cui al punto 1 dell’art.39 L. 724/94; richiamata altresì la sent. Corte Cost. n. 302/1996 (utilizzo di più domande di sanatoria per aggirare il richiamato limite di volumetria), dovendosi quindi unificare più richieste quando si tratti di una medesima nuova costruzione da considerarsi in senso unitario; riportato integralmente il parere del Dirigente, ha rigettato l’istanza di sanatoria dei sigg.ri Vasta Dorotea e Licciardello Giuseppe.


Ciò posto in ordine agli esiti istruttori, ritiene il Collegio che il ricorso sia solo in parte fondato.


Si deve premettere, in relazione alle questioni agitate con i vari motivi di ricorso nonché in senso opposto dall’amministrazione resistente in ordine alla formazione o meno del silenzio assenso sulle tre istanze di sanatoria, come i presupposti per la formazione sel silenzio assenso sulle domande di sanatoria siano differenti nel regime di cui alla L. 47/1985 e nel sistema del condono ex L. 724/1994.


Stante il tenore testuale dell’art.35 L. 47/1985, come vigente in Sicilia, e limitandosi al caso in questione, in cui non vengono in rilievo vincoli, presupposti per il silenzio assenso sulle istanze di sanatoria presentate ex L. 47 sono: la presentazione della domanda in termini; la provenienza della stessa da soggetto legittimato; la presentazione all’UTE della documentazione necessaria ai fini dell’accatastamento; il decorso di 24 mesi dalla presentazione della domanda.


Quanto alla allegazione dei documenti contemplati dalla legge (descrizione delle opere; dichiarazione sullo stato dei lavori; certificato di residenza; certificato camerale; documentazione relativa alla procedura di accatastamento; atto notorio circa l’epoca di realizzazione delle opere; certificazioni per le costruzioni in zone sismiche), è stato a lungo dibattuto se, fermo restando che trattasi di documenti necessari ai fini dell’esame nel merito della domanda di sanatoria, la relativa assenza osti o meno alla formazione del silenzio accoglimento.


Secondo l’interpretazione ministeriale e parte della giurisprudenza la mancanza dei documenti richiesti dalla legge impedirebbe il perfezionamento dell’assenso per silenzio fino al momento in cui gli stessi vengano prodotti. Tale interpretazione diverge poi circa gli effetti della presentazione sul termine (se cioè i 24 mesi decorrano dalla presentazione dei documenti, ovvero dalla data di presentazione della domanda, ancorché carente di qualche documento).


Secondo altra giurisprudenza (cfr. T.A.R. Piemonte, I, 2.2.1995 n. 25; 6.4.1995 n. 207), invece, i documenti non sono requisito per la formazione del silenzio assenso.


Tale ultima tesi appare più convincente: dal troncante disposto dell’art.35, che riconnette il conseguimento della concessione per silenzio al semplice decorso del termine di 24 mesi dalla presentazione della domanda ovvero dal rilascio del n.o. (e salvo il caso della domanda dolosamente infedele , art.40), e dalla ratio della norma, che ha inteso eliminare, a garanzia del richiedente e per esigenze di speditezza delle pratiche di sanatoria, ogni incertezza dovuta all’abnorme protrarsi dei tempi di definizione del procedimento, sanzionando comunque l’inerzia dell’amministrazione, deriva la irrilevanza della eventuale incompletezza degli allegati all’istanza, salvo che la carenza sia tale da determinare incertezza assoluta sull’oggetto dell’istanza.


Diversamente, la legge avrebbe espressamente previsto la formazione del silenzio assenso decorsi 24 mesi dalla presentazione della domanda munita di tutti gli allegati; ciò che non è, ad eccezione unicamente nell’ipotesi di immobili vincolati, nel qual caso il termine decorre dal rilascio del n.o. degli enti di tutela, con conseguente procedibilità ed ammissibilità della domanda ancorché carente documentalmente.


Anche in ordine all’accatastamento, pur essendo necessaria la presentazione all’UTE della documentazione necessaria per l’accatasatamento, pare superflua la produzione al comune dalla prova dell’accatastamento, ai fini del silenzio assenso (non invece ai fini del rilascio della formale C.E. in sanatoria), avuto riguardo alla ratio dell’istituto del silenzio assenso come sopra ricostruita.


Quanto detto è indirettamente confermato dal 4° comma dell’art.39 L. 724/94, che, innovando, ha espressamente condizionato il perfezionarsi del silenzio assenso all’esistenza della documentazione richiesta, fino a prevedere la sanzione della improcedibilità nell’ipotesi di mancata produzione decorsi 3 mesi dalla richiesta espressa del comune; disposizione estesa dalla L. 449/1997 alle solo domande ex L. 47/85 per le quali non si fosse perfezionato il silenzio assenso per le ragioni ivi indicate.


Per il nuovo condono, quindi, il Legislatore ha determinato diversamente dal precedente i requisiti necessari per il formarsi del silenzio accoglimento, richiedendo la avvenuta allegazione della documentazione; la presentazione della denuncia al catasto fabbricati; il pagamento dell’intera oblazione dovuta e degli oneri concessori (Cass. Pen., III, 13.2.2001 n. 13896 e 18.1.2001 n. 10248). La carenza di uno solo di tali elementi preclude la formazione del silenzio assenso.


Tanto premesso, può passarsi all’ esame del ricorso.


Con il I° motivo (violazione dell’art. 3 L. 241/1990 ed eccesso di potere per illogicità e difetto di motivazione) i ricorrenti lamentano la illegittimità del provvedimento perché non si evincono i presupposti di fatto del diniego della domanda di sanatoria; in particolare, i ricorrenti si dolgono del fatto che il comune abbia riconsiderato, nell’atto impugnato, l’istanza di Vasta Antonietta, che invece doveva ritenersi accolta fin dal 1988.


A tal riguardo il comune eccepisce che invece non poteva ritenersi formato il silenzio assenso su tale istanza, non corredata ab origine da parte della documentazione necessaria per legge.


Il motivo di ricorso è fondato in parte qua.


Come diffusamente esposto sopra, presupposti per la formazione del silenzio assenso nel regime del condono ex L. 47/85 erano costituiti dal decorso del termine di 24 mesi dalla presentazione di una domanda di sanatoria proveniente da soggetto legittimato e non dolosamente infedele, nonché l’avvenuta presentazione della denuncia di accatastamento; la carenza di documentazione era invece irrilevante, dato il carattere sanzionatorio dell’istituto.


E poiché nell’istanza di sanatoria della sig.ra Vasta Antonietta viene menzionata l’avvenuta denuncia al catasto, decorsi 24 mesi si è formato il silenzio accoglimento sull’istanza. Del tutto irrilevante la richiesta di integrazione trasmessa nel 1994, così come irrilevante la trasmissione dei documenti chiesti da parte dell’istante, che certo non valgono a porre nel nulla la concessione silenziosamente rilasciata.


Risulta pertanto sussistente il vizio di difetto di motivazione, non ravvisandosi la ragione dell’aver riesumato una istanza di sanatoria ormai definita da anni a fondamento del rigetto delle due istanze dei ricorrenti.


Peraltro, quand’anche in astratta ipotesi non si fosse ancora formato (per una qualche ragione ostativa che, si ripete, non sussisteva) il silenzio assenso sulla istanza in testa a Vasta Antonietta, egualmente non si comprende per quale ragione detta pratica dovesse essere accomunata a quella dei suoi aventi causa, i quali non erano gli autori dell’abuso originario ma unicamente subacquirenti.


Il ricorso è invece infondato con riferimento al rigetto delle due istanze dei ricorrenti motivate per l’unitarietà dell’abuso e l’artificiosità del frazionamento delle pratiche.


Sul punto il provvedimento sfugge al lamentato difetto di motivazione, avendo il comune ben spiegato nelle premesse e nella parte motiva, le ragioni del rigetto: il superamento della volumetria massima condonabile (750 mc) considerato l’artificioso frazionamento delle pratiche di sanatoria, alla luce dell’orientamento giurisprudenziale in merito alla elusione della cubatura massima.


In proposito il provvedimento sfugge alle censure dei ricorrenti.


L’opera edilizia abusiva va identificata in riferimento all’unitarietà dell’edificio realizzato essendo irrilevante la suddivisione dell’opera in più unità abitative; al fine di condonare opere aventi consistenza nel cpmlesso superiore ai 750 mc. deve trattarsi di singole unità catastali, vale a dire manufatti costituenti distinte unità immobiliari autonomamente utilizzabili (Cass. Pen., III, 25.11.1998 n. 1454). Il limite di cubatura non può essere aggirato attraverso la presentazione di più istanze, che devono quindi essere riunite dall’amministrazione procedente.


Ebbene, nel caso specifico secondo quanto risulta dagli atti dell’istruttoria i ricorrenti, comproprietari dell’immobile a piano terra, hanno ampliato lo stesso e soprelevato. A nulla vale aver presentato diverse istanze, che paiono integrare quell’artificioso frazionamento di cui alla giurisprudenza in materia, e neppure la sottoscrizione di uno dei due coniugi, essendo l’intero immobile in comproprietà e risultando quindi l’abuso riconducibile ad entrambi.


Semmai i ricorrenti avrebbero dovuto dimostrare la autonoma utilizzabilità per singole unità immobiliari (autonomi accessi e quant’altro) e la non unitarietà del disegno del costruttore nell’esecuzione delle opere.


Il II° motivo (violazione dell’art. 39 L. 724/1994; eccesso di potere per difetto assoluto di motivazione), con il quale i ricorrenti sostengono che la domanda di sanatoria doveva intendersi accolta per silenzio assenso, motivo riferito all’evidenza alla domanda (domande) presentata dai coniugi Vasta/Licciardello (com’è palese per il richiamo alla L. 724/94) è infondato.


Come detto, nel sistema di cui alla L. 724/94, diversamente che nel condono precedente, presupposti per la formazione del silenzio assenso sono la avvenuta allegazione della documentazione; la presentazione della denuncia al catasto fabbricati; il pagamento dell’intera oblazione dovuta e degli oneri concessori; la carenza di uno solo di tali elementi preclude la formazione del silenzio assenso.


In proposito già dalle domande di sanatoria presentate dai ricorrenti è agevole verificare il mancato pagamento degli oneri concessori e non risulta alcuna integrazione; non può quindi ritenersi formato il silenzio assenso. Ciò esime dal verificare la completezza o meno della documentazione a corredo delle due istanze.


Non può invece condividersi l’eccezione del comune secondo il quale le due pratiche erano divenute improcedibili per l’inutile decorso del termine di 120 gg. dalla data della richiesta di integrazione documentale: trattasi di inammissibile integrazione postuma della motivazione, dovendosi ricordare che il provvedimento di rigetto è motivato dal superamento della volumetria massima assentibile, e non dalla carenza di documentazione.


Il III° motivo (violazione dell’art. 23 del R.E. Comunale; eccesso di potere per difetto di motivazione) secondo il quale la domanda di sanatoria era accoglibile non superandosi la volumetria massima assentibile è infondato.


Richiamato quanto sopra detto in ordine alla unificazione necessaria delle due pratiche, è sufficiente ricordare che nella sua istanza la sig.ra Vasta Dorotea ha evidenziato un volume oggetto di istanza di sanatoria (sola superficie utile) pari a mc. 239,37; mentre il sig. Licciardello Giuseppe un volume pari a mc. 743,20, per concludere che già alla luce delle stesse domande di sanatoria dei ricorrenti (e dalla documentazione tecnica allegata) si evidenzia il superamento della volumetria massima assentibile.


Conclusivamente il ricorso solo in parte risulta fondato, mentre in parte è da rigettare.


Il Collegio stima equo compensare le spese di giudizio.


P.Q.M.


Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia, sezione staccata di Catania, sez. interna prima, accoglie in parte il ricorso n. 3967/1998, nei limiti di cui in motivazione; rigetta per il resto. Compensa le spese di giudizio.


Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Catania nella camera di consiglio del giorno 11 dicembre 2003.


L'ESTENSORE                                                         IL PRESIDENTE
F.to Maria Stella Boscarino                                        F.to Biagio Campanella


Depositata nella Segreteria
del T.A.R.S. Sez. di Catania
Oggi 20-01-2004
 

M A S S I M E

 

Sentenza per esteso

 

1) Urbanistica ed edilizia – Condono edilizio – Formazione del silenzio assenso – Presupposti – Istanze di sanatoria presentate ex L. 47/1985 – Mancata allegazione della documentazione – Interpretazioni giurisprudenziali – Non preclude la formazione del silenzio assenso – Art. 39 L. 724/94 – La mancata allegazione della documentazione è causa di improcedibilità per il condono e preclude la formazione del silenzio assenso – Innovazione legislativa. Stante il tenore testuale dell’art.35 L. 47/1985, come vigente in Sicilia, ove non vengano in rilievo vincoli, presupposti per il silenzio assenso sulle istanze di sanatoria presentate ex L. 47 sono: la presentazione della domanda in termini; la provenienza della stessa da soggetto legittimato; la presentazione all’UTE della documentazione necessaria ai fini dell’accatastamento; il decorso di 24 mesi dalla presentazione della domanda. Quanto alla allegazione dei documenti contemplati dalla legge è stato a lungo dibattuto se la relativa assenza osti o meno alla formazione del silenzio accoglimento. Appare più convincente la tesi secondo cui l’allegazione della documentazione non è requisito per la formazione del silenzio assenso. Dal disposto dell’art.35, che riconnette il conseguimento della concessione per silenzio al semplice decorso del termine di 24 mesi dalla presentazione della domanda ovvero dal rilascio del n.o. (e salvo il caso della domanda dolosamente infedele: art.40), e dalla ratio della norma, che ha inteso eliminare ogni incertezza dovuta al protrarsi dei tempi di definizione del procedimento, deriva l’irrilevanza della eventuale incompletezza degli allegati all’istanza, salvo che la carenza sia tale da determinare incertezza assoluta sull’oggetto dell’istanza. Ciò è indirettamente confermato dal 4° comma dell’art.39 L. 724/94, che, innovando, ha espressamente condizionato il perfezionarsi del silenzio assenso all’esistenza della documentazione richiesta, fino a prevedere la sanzione della improcedibilità nell’ipotesi di mancata produzione decorsi 3 mesi dalla richiesta espressa del comune; disposizione estesa dalla L. 449/1997 alle sole domande ex L. 47/85 per le quali non si fosse perfezionato il silenzio assenso. Per il nuovo condono, quindi, il Legislatore ha determinato diversamente dal precedente i requisiti necessari per il formarsi del silenzio accoglimento, richiedendo la avvenuta allegazione della documentazione; la presentazione della denuncia al catasto fabbricati; il pagamento dell’intera oblazione dovuta e degli oneri concessori (Cass. Pen., III, 13.2.2001 n. 13896 e 18.1.2001 n. 10248). La carenza di uno solo di tali elementi preclude la formazione del silenzio assenso. Pres. Campanella, Est. Boscarino – Licciardello e altro (Avv. Merlino) c. Comune di Acireale (Avv. Senfett) - T.A.R. SICILIA, Catania, Sez. I - 20 gennaio 2004, n. 49

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