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Legislazione  Giurisprudenza                                                      Per altre sentenze vedi: Sentenze per esteso


 

 Massime della sentenza

 

 

T.A.R.  SICILIA, Catania, Sez. I – 27 gennaio 2004, n. 72

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO


TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE
PER LA SICILIA SEZ. CATANIA
SEZIONE PRIMA


N. 72/04 Reg. Sent.
N. 4788/99 Reg. Ric.


Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia, sezione staccata di Catania, sezione prima int., composto dai Signori Magistrati:
Dott. Biagio Campanella Presidente f.f.
Avv. Vincenzo Salamone Consigliere
Avv. Maria Stella Boscarino Referendario est.
ha pronunciato la seguente


SENTENZA


Sul ricorso n. 4788/1999 R.G. proposto da Scianchellato Orazio, rappresentato e difeso dall’Avv. Giovanni Rosario Patti, elett.te domiciliato presso il Sig. Torriuolo Luciano in Catania via Conte Ruggero n. 22
CONTRO
il Comune di Augusta, in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dagli Avv.ti Maria Giardinieri e Lucia Cipriano, elett.te dom.to presso lo studio dell’Avv. G. D’Angelo sito in Catania via Ronchi n.14,
PER L’ANNULLAMENTO
del diniego di concessione edilizia del 19.7.99, e degli atti presupposti fra cui il P.R.G. adottato con delib. Comm. 1/98 del 12.5.98, nella parte in cui faccia riferimento al terreno del ricorrente;
PER LA CONDANNA
del comune di Augusta al risarcimento del danno ingiusto ex art. 2043 C.C..
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Augusta;
Visti gli atti tutti della causa;
Designato relatore alla pubblica udienza del giorno 11 dicembre 2003 il Referendario dr.ssa Maria Stella Boscarino;
Uditi altresì gli Avv.ti delle parti come da relativo verbale;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue:


FATTO


Con il ricorso in epigrafe il sig. Sicanchellato, premettendo di essere proprietario di un terreno sito nel comune di Augusta facente parte del P.L. denominato S.P.A.A.C. approvato con delib. G.M. 192.1966 n.50, e di aver presentato domanda di concessione edilizia il 16.6.1995, ricorre avverso il diniego comunicato il 30.7.99, la cui motivazione poggia su due presupposti: perché al comune non risulta chiaro se sia o meno vigente il p.l. S.P.A.A.C. ; perché nel nuovo P.R.G. adottato con delib. Comm. N.1/98 l’intervento ricade in zona FV/2 (verde di interesse collettivo).


Con O.C.I. n. 507/2001 e successiva 291/2003 sono stati disposti incombenti istruttori.


In data 24.11.2003 il Comune ha trasmesso i chiesti chiarimenti.


Alla pubblica udienza del giorno 11 dicembre 2003 la causa è stata trattenuta per la decisione.


DIRITTO


I. Con il primo motivo il ricorrente lamenta incompetenza, sostenendo che il provvedimento di diniego andava adottato non dal Dirigente del Settore ma dal Sindaco.


La censura è infondata: per combinato disposto degli artt. 51 L. 142/1990 e 6 127/1997, operante in Sicilia, i provvedimenti inerenti l’attività concessoria in materia di edilizia ed urbanistica rientrano nella competenza del Dirigente del settore.


II. Con il secondo motivo il ricorrente lamenta eccesso di potere sotto svariati profili.


La censura è fondata nei limiti di cui in appresso.


Il provvedimento impugnato poggia la sua motivazione sulla circostanza che il p.l. SPAAC sarebbe oggetto di discussioni a seguito della sentenza (penale) n. 115/1983, e poiché il comune non ha adottato alcun provvedimento risolutivo circa la zona che chiarisca la vigenza o meno di tale piano il progetto deve essere rigettato.


Giustamente il ricorrente impugna tale motivazione in quanto perplessa e contraddittoria.


Dagli atti prodotti risulta che con sentenza penale del Pretore di Augusta (risultano irrilevanti ai fini del ricorso le successive vicende) è stato accertato che in sede esecutiva del piano di lottizzazione lo stesso è stato reiteratamente e gravemente violato, mediante interventi radicalmente difformi da quanto autorizzato ed oggetto di convenzione con il comune.


Ma come giustamente rilevato dal Legale dell’Ente, nel parere richiamato nell’atto impugnato ma evidentemente disatteso, la P.A. dai fatti accertati dal Giudice penale avrebbe dovuto trarre spunto nella propria successiva attività amministrativa, e quindi, ferme restando le difformità accertate dal Giudice penale rispetto il piano di lottizzazione, valutarne le conseguenze sul piano amministrativo.


Ove ad esempio il comune lo ritenga, spiega il Legale, si potrebbe annullare in autotutela il piano, previa congrua necessaria motivazione anche in relazione al (lunghissimo) tempo trascorso.


In definitiva, non poteva il comune accampare dubbi in ordine al destino del p.l. a seguito della sentenza penale: fintanto che uno strumento urbanistico non sia rimosso mediante intervento in autotutela lo stesso è valido ed esistente, giacchè le varianti non autorizzate introdotte in sede esecutiva possono ben legittimare l’intervento sanzionatorio del comune nei singoli casi, anche al fine di ottenere i necessari ripristini ed il rispetto degli obblighi assunti in sede di convenzione, ma non refluire invalidando il piano stesso.


In tali limiti il motivo di ricorso è fondato, risultando la motivazione del diniego perplessa ed insufficiente al fine di rendere intelligibile l’iter logico seguito dal comune, che non può certo denegare una istanza di concessione edilizia sostenendo di non sapere quale strumento urbanistico operi nel proprio territorio.


III. Con il terzo motivo il ricorrente lamenta eccesso di potere sotto svariati profili, dolendosi del fatto che la propria istanza sia stata rigettata per contrasto con le norme introdotte dal nuovo P.R.G. adottato con delib. Comm. 1/1998.


Il motivo è solo in parte fondato.


Non risulta fondato nella parte in cui sostiene l’anteriorità della domanda di concessione edilizia rispetto la deliberazione commissariale: risulta infatti dagli atti prodotti dal Comune che alla istanza del ricorrente fece seguito una richiesta di integrazione della istanza “secondo i criteri di cui all’art. 18 R.E.C.” in data 23.6.1995. Il ricorrente non ha impugnato detta richiesta, che evidentemente subordinava il rilascio della concessione ad una serie di adempimenti documentali la cui necessità o meno alle disposizioni regolamentari del comune è preclusa dalla mancata impugnazione, avendovi anzi il ricorrente prestato acquiescenza trasmettendo i documenti chiesti con note 8.5.1997 e successiva nota non datata che mostra il timbro di protocollo di arrivo in data 11.3.1999.


Nel sistema del processo amministrativo non è consentito disapplicare atti amministrativi non tempestivamente impugnati.


Conseguentemente, l’acquiescenza prestata alle richieste istruttorie formulate dalla P.A. impedisce di delibarne incidentalmente la legittimità o meno.


Il motivo è invece fondato nella parte in cui si duole del fatto che il diniego non poteva essere giustificato dalla misura di salvaguardia: questo Tribunale con la sent. n. 1924 del 18.10.2000 ha già avuto occasione di rilevare la illegittimità dei dinieghi di concessioni edilizie adottati dal comune di Augusta in applicazione delle misure di salvaguardia relative al p.r.g. di Augusta approvata con delib. 1/98 che, sebbene adottato il 12.5.98, non solo non venne pubblicato ma venne anzi restituito al progettista per modifiche.


Infatti le misure di salvaguardia sono efficaci solo dopo la pubblicazione del piano, quando inizia la fase di approvazione dell’atto complesso.
Nella medesima sentenza è stato accertato che la pubblicazione del piano avvenne il 20.8.1999; pertanto l’atto di diniego impugnato con il ricorso in epigrafe, in quanto adottato il 19.7.99, non poteva legittimamente invocare le misure di salvaguardia, destinate ad operare solo dopo la pubblicazione del piano, avvenuta successivamente.


In tale limitato senso la doglianza è fondata.


Il motivo di ricorso è invece infondato nella parte in cui pretende la illegittimità del P.R.G. in parte qua in quanto adottato in difformità dalla pianificazione di cui al precedente p.l. e senza dare alcuna motivazione sulle ragioni della decisione di travolgere il piano stesso, frustrando con ciò la legittima aspettativa del privato.


Dagli esiti dell’istruttoria risulta che nel P.R.G. “Calandra” (D.A. 171/1975) l’area del ricorrente ricade in ZTO “ET/1”, per il 45% ricade in zona di rispetto costiera; l’area costituisce ambito del p.l. “Costa Saracena” approvato con deliibb. G.M. n. 50 del 19.2.1966 e C.C. n. 361 dell’8.3.1966.
Nel P.R.G. “Cacciaguerra” (delib. Comm. 1 del 12.5.98) l’area ricade per il 99% in zona “FV/2” (verde di interesse collettivo), per l’1% in zona “TB/1”.


Ebbene, si deve rilevare che il piano di lottizzazione approvato nel 1966 è decaduto per le parti in cui non ha avuto attuazione essendo abbondantemente decorso il decennio di validità.


Il Collegio ritiene, così come la Giurisprudenza prevalente, che le lottizzazioni convenzionate non possono avere l’efficacia di condizionare a tempo indeterminato la pianificazione urbanistica futura, quindi va individuato un termine di durata massima della convenzione di lottizzazione pari a 10 anni, mutuando il termine di cui all’art.16 L.U. concernente i piani particolareggiati (Cons. Stato, IV, 16.3.99 n. 286).


Ebbene, in caso di parziale attuazione del p.l. (fattispecie non espressamente disciplinata dall’art.28 L. 1150/1942) deve trovare attuazione per analogia il richiamato art.17, con la conseguenza che per la parte in cui il piano di lottizzazione non è stato attuato, lo stesso decade alla scadenza del termine (T.A.R. Sardegna, 18.8.2003 n.1033).


La perdita di efficacia della lottizzazione per scadenza del termine decennale fa venir meno il presupposto dello jus edificandi, e quindi, sul piano pretensivo, l’affidamento alla intangibilità della situazione urbanistica (Cons. Stato, IV, 3.11.1998 n. 1412; T.A.R. Abruzzi L’Aquila, 21.8.2003 n. 597).


Pertanto, nel caso specifico, data l’intervenuta scadenza del p.l. SPAAC ben poteva il comune liberamente rideterminarsi in ordine alla disciplina urbanistica del territorio, e senza che possa ritenersi necessaria quella particolare motivazione riconnessa alle legittime aspettative dei proprietari di aree ricompresse in un previdente p.l., appunto perché la scadenza del p.l. ha caducato qualsiasi aspettativa.


In conclusione, il diniego impugnato deve essere annullato nei limiti di cui in motivazione, e con salvezza degli ulteriori provvedimenti della P.A.


Non può invece essere accolta la domanda risarcitoria, in quanto assolutamente sfornita anche di un principio di prova circa i pretesi danni e l’ammontare degli stessi; danni che peraltro sono del tutto improbabili avuto riguardo alla circostanza che la domanda di concessione, in quanto relativa ad un piano di lottizzazione ormai scaduto, non avrebbe potuto essere accolta nei termini di cui al progetto presentato, e ciò anche a prescindere dalle nuove disposizioni del P.R.G.


Nessun risarcimento può poi essere accordato in ordine al mero ritardo, perché, mancando ogni impugnazione sia delle richieste istruttorie formulate dalla P.A. sia del silenzio-rifiuto la cui illegittimità il ricorrente avrebbe dovuto far constatare con la procedura di cui all’art. 25 T.U. Imp. Civ. Stato e successiva impugnazione, si traduce nella inammissibile richiesta al Giudice amministrativo adito di disapplicare atti amministrativi ovvero l’inerzia della P.A. accertandone incidenter la illegittimità per pervenire al risarcimento.


Opzione questa preclusa nel vigente sistema di giustizia amministrativa.


La Giurisprudenza del T.A.R. Sicilia (sent. n. 1110 dell’11.7.2003), con orientamento che il Collegio ritiene di condividere, ha già avuto occasione di occuparsi dei rapporti tra giudizio risarcitorio e (mancata) impugnazione dell’atto successivamente alle sent. 500/1999 e Ad. Plen. n.4/2003, ritenendo che il profilo della illiceità dell’azione amministrativa , intorno al quale ruota la fattispecie della responsabilità, e quello della illegittimità dell’atto , pur non essendo sovrapponibili, attenendo a due distinte e non omogenee tecniche di tutela, sono però avvinti da una relazione di necessaria propedeuticità, in quanto lo scrutinio sulla liceità dell’azione della P.A. non può non presupporre la valutazione della sua legittimità; la differenza tra la responsabilità della P.A. e quella di qualunque privato si sostanzia nel fatto che l’agire funzionale della p.a. è sorretto da un titolo giuridico in presenza del quale il preteso illecito difetterebbe comunque del presupposto dell’antigiuridicità. Considerato che nell’ambito del processo causativo del danno si colloca necessariamente l’esercizio del potere mediante l’atto amministrativo non può affermarsi responsabilità senza aver prima rimosso l’atto. Pertanto non si può eludere il rapporto di necessaria propedeuticità tra il sindacato circa la legittimità dell’atto, con conseguente rimozione del titolo in forza del quale si sono prodotti gli effetti lesivi, e la delibazione della domanda risarcitoria.


Non può quindi trovare ingresso una domanda risarcitoria svincolata dalla domanda di annullamento del provvedimento amministrativo che, con efficacia causale determinante, si inserisce nel processo causativo del danno.


Tale ragionamento è valido altresì nella ipotesi della mera inerzia o ritardo della P.A., nell’ipotesi in cui il privato non si sia avvalso dello strumento di cui all’art.25 T.U. Imp. Civ. St. al fine di far accertare la illegittimità del silenzio inadempimento.


Non può quindi in tal caso il Giudice delibare incidentalmente la legittimità o meno dell’inerzia o del ritardo pervenendo al risarcimento del danno.


IV. In conclusione il ricorso in epigrafe deve essere accolto nei limiti sopra indicati, con il conseguente annullamento dell’atto di diniego impugnato e con salvezza dell’ulteriore attività della p.a., mentre va rigettato nella parte relativa alle ulteriori censure ed alla impugnazione del p.r.g. adottato con delib. 1/98; va pure rigettata la domanda risarcitoria.


Sussistono giuste ragioni per compensare le spese di giudizio.


P.Q.M.


Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia, sezione staccata di Catania, sez. interna prima, accoglie in parte e nei sensi di cui in motivazione il ricorso n. 4788/1999; rigetta la domanda risarcitoria; compensa le spese di giudizio.


Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Catania nella camera di consiglio del giorno 11 dicembre 2003.


             L'ESTENSORE                                                                IL PRESIDENTE F.F.

F.to Maria Stella Boscarino                                                                F.to Biagio Campanella


Depositata nella Segreteria
del T.A.R.S. Sez. di Catania
Oggi 27-01-2004
 

M A S S I M E

 

Sentenza per esteso

 

1) Urbanistica ed edilizia – Piano di lottizzazione – Violazioni rilevate in sede penale – Obbligo del Comune di adottare i provvedimenti necessari – Situazione di incertezza derivante dall’inerzia del Comune – Concessione ediliza - Diniego – Illegittimità. A seguito di sentenza penale che rilevi la violazione di un piano di lottizzazione, la P.A. è tenuta a valutare le conseguenze sul piano amministrativo, annullando in autotutela il piano o adottando i provvedimenti ritenuti necessari. Fintanto che lo strumento urbanistico non sia rimosso, lo stesso è valido ed esistente: le varianti non autorizzate introdotte in sede esecutiva possono ben legittimare l’intervento sanzionatorio del comune nei singoli casi, anche al fine di ottenere i necessari ripristini ed il rispetto degli obblighi assunti in sede di convenzione, ma non refluire invalidando il piano stesso. Pertanto, il comune non può denegare una istanza di concessione edilizia sulla base di una affermata incertezza sulla vigenza del piano di lottizzazione derivante, tra l’altro, dal non avere il Comune adottato alcun provvedimento risolutivo. Pres. Campanella, Est. Boscarino – Scianchellato (Avv. Patti) c. Comune di Augusta (Avv.ti Giardinieri e Cipriano) - T.A.R. SICILIA, Catania, Sez. I – 27 gennaio 2004, n. 72

2) Urbanistica ed edilizia – Lottizzazione convenzionata – Durata massima – 10 anni – Parziale attuazione del piano di lottizzazione – Parte non attuata – Decadenza alla scadenza dei dieci anni – Nuova disciplina urbanistica del territorio interessato – Aspettative dei proprietari – Caducazione. Le lottizzazioni convenzionate non possono avere l’efficacia di condizionare a tempo indeterminato la pianificazione urbanistica futura; va quindi individuato un termine di durata massima della convenzione di lottizzazione pari a 10 anni, mutuando il termine di cui all’art.16 L.U. concernente i piani particolareggiati. In caso di parziale attuazione del p.l. (fattispecie non espressamente disciplinata dall’art.28 L. 1150/1942) deve trovare attuazione per analogia l’art.17 L.U., con la conseguenza che per la parte in cui il piano di lottizzazione non è stato attuato, lo stesso decade alla scadenza del termine. Pertanto, nel caso di intervenuta scadenza del piano di lottizzazione, il comune può liberamente rideterminarsi in ordine alla disciplina urbanistica del territorio, senza che possa ritenersi necessaria quella particolare motivazione riconnessa alle legittime aspettative dei proprietari di aree ricompresse in un previdente p.l., appunto perché la scadenza del p.l. ha caducato qualsiasi aspettativa. Pres. Campanella, Est. Boscarino – Scianchellato (Avv. Patti) c. Comune di Augusta (Avv.ti Giardinieri e Cipriano) - T.A.R. SICILIA, Catania, Sez. I – 27 gennaio 2004, n. 72

3) Urbanistica ed edilizia – Provvedimenti inerenti l’attività concessoria – Competenza – Dirigente del settore – Artt. 51 L. 142/1990 e 6 L. 127/1997. Per combinato disposto degli artt. 51 L. 142/1990 e 6 127/1997, operante in Sicilia, i provvedimenti inerenti l’attività concessoria in materia di edilizia ed urbanistica rientrano nella competenza del Dirigente del settore. Pres. Campanella, Est. Boscarino – Scianchellato (Avv. Patti) c. Comune di Augusta (Avv.ti Giardinieri e Cipriano) - T.A.R. SICILIA, Catania, Sez. I – 27 gennaio 2004, n. 72

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