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Legislazione Giurisprudenza Per altre sentenze vedi: Sentenze per esteso
T.A.R. SICILIA, Palermo, Sez. II – ordinanza 14 maggio 2004, n. 768
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
N. 768 Reg. ordinanze 2004
Il Tribunale amministrativo regionale della Sicilia, sezione seconda, ha
pronunciato la seguente
ORDINANZA
sul ricorso n. 1231/88 proposto da Martino Angela, rappresentata e difesa
dall'avv. Nadia Piscitello, come da mandato a margine della comparsa depositata
il 10 dicembre 2003, presso il cui studio elettivamente domicilia in Palermo,
via Principe di Belmonte n. 90,
contro
la Soprintendenza dei beni culturali ed ambientali di Palermo, in persona del
Soprintendente pro tempore, rappresentato e difeso ex lege dall'Avvocatura
distrettuale dello Stato di Palermo, presso la quale è per legge domiciliato,
per l'annullamento
- del provvedimento prot. n. 775, pos. BB.NN.26455, dell'1 febbraio 1988;
- di tutti gli atti preparatori, conseguenziali e connessi.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione dell'amministrazione intimata;
Vista la comparsa depositata dalla ricorrente il 10 dicembre 2003;
Visti gli atti tutti della causa;
Relatore il referendario avv. Francesco Guarracino;
Udito, alla pubblica udienza del 10.12.2003, il difensore della ricorrente come
da verbale;
Ritenuto in fatto e diritto quanto segue:
FATTO
Con ricorso notificato il 3 maggio 1988 e depositato il 2 giugno 1988, la sig.ra
Angela Martino ha impugnato il provvedimento prot. n. 775, pos. BB.NN.26455,
dell'1 febbraio 1988 con cui la Soprintendenza dei beni culturali ed ambientali
di Palermo ha respinto il progetto in sanatoria da essa presentato per un
fabbricato sito in Cefalù, contrada Santa Lucia, chiedendo al Sindaco del
predetto comune l'adozione dei provvedimenti sanzionatori di sua competenza.
La ricorrente svolge quattro distinti motivi di censura:
- col primo motivo deduce che, poiché la costruzione in questione era stata
realizzata prima del dicembre 1983, mentre la dichiarazione di notevole
interesse pubblico di parte del territorio del comune di Cefalù era intervenuta
solo successivamente (la pubblicazione della dichiarazione, risalendo al 9
novembre 1985, mentre invece quella della deliberazione del vincolo all'agosto
1984), non sarebbe stato necessario, in sede d'esame dell'istanza di sanatoria,
acquisire il preventivo parere della Soprintendenza, sicché tale parere "è stato
espresso al di fuori della competenza dell'amministrazione gravata";
- col secondo motivo la ricorrente afferma che la richiesta della Soprintendenza
di adozione di provvedimenti sanzionatori ai sensi degli artt. 2 e 3 legge
regionale n. 37/85 e dell'art. 7 legge n. 47/85 colliderebbe con l'anteriorità
dell'abuso rispetto all'entrata in vigore delle disposizioni da ultimo
richiamate, inapplicabili al caso di specie per il principio d'irretroattività
della legge;
- col terzo motivo la ricorrente denuncia il vizio del provvedimento per difetto
di motivazione, travisamento e difetto di causa, in quanto il provvedimento non
darebbe conto del danno arrecato al paesaggio; danno che peraltro non
sussisterebbe, posto che l'opera, solo in parte rinnovata e non nuova, non
sarebbe visibile, in quanto occultata, tra la strada ed il mare, da altri
edifici preesistenti;
- col quarto motivo la ricorrente sostiene che i provvedimenti sanzionatori
invocati nel provvedimento impugnato sarebbero comunque esclusi dalla
legislazione in materia di sanatoria.
L'amministrazione intimata si è costituita in giudizio col ministero
dell'Avvocatura distrettuale dello Stato di Palermo.
Con memoria depositata il 10 ottobre 2003 la ricorrente, col ministero di nuovo
procuratore, ha insistito nelle richieste.
All'udienza del 10 dicembre 2003, udito il difensore del ricorrente, la causa è
stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
1. La ricorrente impugna il provvedimento prot. n. 775, pos. BB.NN.26455, dell'1
febbraio 1988, con cui la Soprintendenza dei beni culturali ed ambientali di
Palermo si è espressa negativamente sul progetto in sanatoria presentato dalla
ricorrente in relazione ad un suo fabbricato sito in Cefalù, contrada Santa
Lucia.
Ad avviso della ricorrente l'atto impugnato sarebbe viziato, in primo luogo, in
quanto "espresso al di fuori della competenza dell'amministrazione gravata", la
quale non sarebbe stata titolata ad esprimere un proprio parere sul progetto di
sanatoria, poiché quest'ultimo riguardava opere realizzate prima della
imposizione del vincolo.
La ricorrente censura, altresì, l'atto impugnato sotto altri tre profili
(sostanzialmente riconducibili ai vizi di violazione e falsa applicazione di
legge e di eccesso di potere), che logicamente si collocano in posizione
subordinata al primo motivo di gravame.
2. In relazione alla doglianza contenuta nel primo motivo di ricorso con cui si
lamenta la carenza di legittimazione della Soprintendenza ad interloquire nel
procedimento promosso con l'istanza di sanatoria, osserva il Collegio che l'atto
impugnato è stato emanato in vigenza dell'art. 23, comma 10, della legge
regionale siciliana 10 agosto 1985, n. 37.
Nelle more del giudizio, tuttavia, è intervenuta la legge regionale siciliana 16
aprile 2003, n. 4, il cui art. 17, comma 11, ha sostituito, con decorrenza 1
gennaio 2003, la disposizione interpretativa contenuta nel primo capoverso
dell'art. 5, comma 3, della legge regionale siciliana 31 maggio 1994, n. 17, in
tal modo capovolgendo, con efficacia ex tunc, la regola applicabile circa la
necessità o meno del nulla osta della Soprintendenza, ai fini della concessione
in sanatoria, quando il vincolo sia posteriore all'ultimazione dell'opera
abusiva.
Poiché tale intervento normativo, per le modalità con cui è stato realizzato (novellazione
di una preesistente disposizione di tipo interpretativo) e l'efficacia
conseguentemente spiegata (di natura surrettiziamente retroattiva), induce a
dubitare della sua compatibilità con i parametri costituzionali, ed essendo
peraltro la proposizione delle questioni di legittimità costituzionale, ai sensi
dell'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87, subordinata al vaglio del giudice
del merito circa la rilevanza nel giudizio a quo della questione medesima, il
Collegio ha ritenuto di procedere, accantonata temporaneamente la disamina del
primo motivo di ricorso, all'esame dei restanti tre motivi di gravame, onde
verificare se il giudizio potesse essere definito a prescindere
dall'applicazione dell'art. 17, comma 11, legge regionale siciliana 16 aprile
2003, n. 4.
3. Il Collegio ha ritenuto che nell'esame e decisione dei tre restanti motivi di
ricorso non dovesse farsi applicazione della norma regionale predetta.
Con sentenza parziale, adottata in pari data della presente ordinanza, infatti,
ha dichiarato inammissibile il secondo motivo di ricorso (l'unico in cui si fa
questione del momento di realizzazione dell'opera, sia pure in una prospettiva
diversa da quella fatta valere nel primo motivo), col quale la ricorrente ha
contestato la richiesta, rivolta dalla Soprintendenza dei beni culturali ed
ambientali al sindaco di Cefalù, di adozione di provvedimenti sanzionatori ai
sensi degli artt. 2 e 3 legge regionale n. 37/85 e dell'art. 7 legge n. 47/85,
lamentandone l'illegittimità in ragione della anteriorità dell'abuso rispetto
all'entrata in vigore delle predette disposizioni, in quanto, a prescindere
dalle argomentazioni in esso addotte, il motivo di ricorso non era volto a
censurare statuizioni dotate di efficacia provvedimentale ed autonoma lesività,
ma una mera sollecitazione rivolta ad un'altra autorità perché esercitasse i
poteri suoi propri, attivabili ex officio.
Con la medesima sentenza parziale si è ritenuto infondato il terzo motivo di
ricorso, con cui l'atto impugnato è stato oggetto di censura per difetto di
motivazione, travisamento e difetto di causa, stante l'esistenza di una
sufficiente motivazione e, quanto ai rimanenti profili di doglianza, la
insussistenza di un inizio di prova; mentre il quarto motivo di ricorso, volto a
sostenere che i provvedimenti sanzionatori invocati dalla Soprintendenza non
sarebbero previsti dalla legislazione in materia di sanatoria, è stato
dichiarato anch'esso inammissibile per le medesime ragioni esposte per il
secondo motivo di ricorso, nonché in quanto con tale motivo si contestava la
legittimità di atti non ancora emanati.
4. Risolte autonomamente, con detta sentenza parziale, le questioni di
legittimità dell'atto impugnato poste con il secondo, il terzo ed il quarto
motivo di ricorso, senza che venisse in rilievo il disposto dell'art. 17, comma
11, della legge regionale siciliana 16 aprile 2003, n. 4, il Collegio, nel
tornare ad esaminare il primo motivo di ricorso, osserva che la fondatezza dello
stesso dipende dall'applicazione della citata norma regionale, della cui
legittimità costituzionale il Collegio dubita, per le ragioni di seguito
esposte.
5. Nel primo motivo di ricorso la ricorrente afferma che l'acquisizione del
preventivo nulla osta della Soprintendenza non sarebbe stato necessario, in
quanto i lavori erano stati completati prima dell'apposizione del vincolo.
Osserva il Collegio che l'atto impugnato è stato emanato in vigenza dell'art.
23, comma 10, della legge regionale siciliana 10 agosto 1985, n. 37.
Nelle more del giudizio, tuttavia, è intervenuta la legge regionale siciliana 16
aprile 2003, n. 4, il cui art. 17, comma 11, ha sostituito, con decorrenza 1
gennaio 2003, la disposizione interpretativa contenuta nel primo capoverso
dell'art. 5, comma 3, della legge regionale siciliana 31 maggio 1994, n. 17,
(che aveva affermato la necessità del nulla osta anche in caso di vincolo
apposto successivamente alla realizzazione delle opere abusive), in tal modo
capovolgendo, con efficacia ex tunc, la regola applicabile circa la necessità o
meno del nulla osta della Soprintendenza, ai fini della concessione in
sanatoria, quando il vincolo sia posteriore all'ultimazione dell'opera abusiva.
6. Per maggior chiarezza, appare opportuno illustrare più in dettaglio il
mutamento del quadro normativo.
Il testo originario dell'art. 5, comma 3, della legge regionale n. 17/94 cit.
così stabiliva:
"L'art. 23, comma 10, della legge regionale 10 agosto 1985, n. 37, è così
interpretato:
1. Il nulla osta dell'autorità preposta alla gestione del vincolo è richiesto,
ai fini della concessione in sanatoria, anche quando il vincolo sia stato
apposto successivamente all'ultimazione dell'opera abusiva. Tuttavia nel caso di
vincolo apposto successivamente, è esclusa l'irrogazione di sanzioni
amministrative pecuniarie, discendenti dalle norme disciplinanti lo stesso, a
carico dell'autore dell'abuso edilizio".
2. ....................".
In tal modo, la normativa regionale interveniva a risolvere il dubbio
interpretativo, sollevato dalla formulazione dell'art. 23 della legge regionale
10 agosto 1985, n. 37, dettante le condizioni di applicabilità della sanatoria
edilizia, in ordine alla rilevanza o meno, ai fini dell'acquisizione del
prescritto nullaosta, dei vincoli storici, artistici, architettonici etc.
apposti in epoca successiva all'ultimazione dell, ma in vigore al momento
dell'esame della istanza di sanatoria.
La soluzione cui si perveniva con la predetta disposizione interpretativa,
contenente espresso riconoscimento della rilevanza dei vincoli sopravvenuti,
anticipava le conclusioni cui sarebbe giunta la giurisprudenza amministrativa in
relazione all'analogo problema postosi per la corrispondente normativa
nazionale, la quale è stata interpretata nel senso che, in presenza quanto meno
di vincoli che non comportano inedificabilità assoluta, l'obbligo di pronuncia
da parte dell'autorità preposta alla tutela del vincolo sussiste in relazione
alla esistenza del vincolo al momento in cui deve essere valutata la domanda di
sanatoria, a prescindere dall'epoca della sua introduzione, per l'esigenza di
vagliare l'attuale compatibilità con il vincolo dei manufatti realizzati
abusivamente (ex multis, C.d.S., Ad. plen., 22 luglio 1999, n. 20).
Avendo la disposizione ora richiamata natura interpretativa e, pertanto,
carattere retroattivo, essa avrebbe comportato, nella fattispecie oggetto del
presente giudizio, l'infondatezza del primo motivo di ricorso, non consentendo
di negare - come invece fa la ricorrente - l'obbligo di acquisizione del
preventivo parere della Soprintendenza.
Tuttavia, come detto, è successivamente intervenuto l'art. 17, comma 11, della
legge regionale 16 aprile 2003, n. 4, a sostituire il primo ed il secondo
capoverso dell'art. 5, comma 3, legge regionale 31 maggio 1994, n. 17, nel modo
seguente:
"1. Il parere dell'autorità preposta alla gestione del vincolo è richiesto, ai
fini della concessione o autorizzazione edilizia in sanatoria, solo nel caso in
cui il vincolo sia stato posto antecedentemente alla realizzazione dell'opera
abusiva.
2. L'autorità competente, nel rilasciare parere, può dettare prescrizioni che
comportino l'adeguamento del progetto alle esigenze di tutela che hanno
determinato l'apposizione del vincolo".
In tal guisa, a far data dall'1 gennaio 2003, l'art. 23, comma 10, legge
regionale n. 37/85 va interpretato nel senso che il vincolo posto dopo la
realizzazione dell'opera abusiva non rileva ai fini dell'obbligo di
acquisizione, ai fini della concessione in sanatoria, del parere dell'autorità
preposta alla gestione del vincolo: soluzione questa di segno diametralmente
opposto alla precedente, la quale riconosceva invece rilevanza ai vincoli
sopravvenuti, e che pure il legislatore regionale riveste di natura
interpretativa - e perciò di efficacia retroattiva - grazie all'innesto del
nuovo testo normativo, con la tecnica della novellazione parziale, subito dopo
le parole "L'art. 23, comma 10, della legge regionale 10 agosto 1985, n. 37, è
così interpretato:" contenute nel primo periodo del comma 3 dell'art. 5 legge
regionale n. 17/94 cit.
L'applicazione retroattiva di detta disposizione al caso di specie implicherebbe
l'accoglimento del primo motivo di ricorso.
7. Il Collegio peraltro dubita della legittimità costituzionale dell'art. 17,
comma 11, della legge regionale siciliana 16 aprile 2003, n. 4, per l'efficacia
retroattiva ad esso surrettiziamente attribuita attraverso il carattere
interpretativo che allo stesso deriva dalla tecnica di novellazione dell'art. 5,
comma 3, legge regionale n. 17/94 cit. adottata dal legislatore; e ciò non solo
in assenza di qualsivoglia pur residuo dubbio interpretativo sul significato
della norma interpretata (l'art. 23 della legge regionale n. 37/85), ma in
presenza di una precedente interpretazione autentica di detta norma, che viene
soppressa e diametralmente rovesciata.
Che non si tratti di mera operazione ermeneutica, dettata da esigenze di
chiarezza legislativa, bensì di un capovolgimento di disciplina indirizzato a
facilitare il ricorso alla sanatoria edilizia, con efficacia estesa anche al
passato, così da ampliare la sfera dei possibili beneficiari, emerge dalla
stessa rubrica dell'art. 17 della legge regionale n. 4/03, intitolata "Recupero
risorse derivanti dalla definizione delle pratiche di sanatoria edilizia".
La sussistenza di una fattispecie tipica di eccesso di potere legislativo sembra
emergere, d'altronde, dalle considerazioni che seguono.
8. L'art. 17, comma 11, della legge regionale 16 aprile 2003, n. 4 cit., sotto
una dichiarata interpretazione autentica, introduce dunque una sostanziale
modificazione della disciplina previgente.
Essa, pertanto, sembra realizzare un'ipotesi di eccesso di potere legislativo,
ponendosi in contrasto con i parametri costituzionali che regolano la formazione
delle leggi (artt. 117, 123 e 127 Cost., relativi all'attività legislativa
regionale), nonché con l'art. 3 della Costituzione sotto il profilo della
ragionevolezza.
9. Va in primo luogo rilevato che i principi costituzionali in tema di
disposizioni interpretative, definiti dalla giurisprudenza della Corte
costituzionale in relazione alle leggi statali, sono estensibili anche alle
leggi con le quali una regione interpreta autenticamente proprie normative
precedenti (sentenza n. 376 del 1995; sentenza n. 397 del 1994; sentenza n. 389
del 1991; sentenza n. 19 del 1989; sentenza n. 113 del 1988).
10. Anche se il principio di irretroattività delle leggi ha ottenuto in sede
costituzionale garanzia specifica soltanto con riguardo alla materia penale ex
art. 25, secondo comma, della Costituzione, è pur vero che esso mantiene per le
altre materie valore di principio generale ai sensi dell'art. 11, primo comma,
delle disposizioni preliminari del codice civile, cui il legislatore deve in via
preferenziale attenersi (sentenza n. 376 del 1995; sentenza n. 397 del 1994;
sentenza n. 153 e n. 6 del 1994).
11. Il ricorso a leggi di interpretazione autentica non può, secondo la costante
.giurisprudenza della Corte, essere utilizzato per attribuire a norme innovative
una surrettizia efficacia retroattiva, in quanto in tal modo la legge
interpretativa verrebbe meno alla sua funzione peculiare, che è quella di
chiarire il senso di norme preesistenti, ovvero di imporre una delle possibili
varianti di senso compatibili col tenore letterale (sentenza n. 376 del 1995;
sentenze n. 15 del 1995 e n. 397 del 1994).
12. Il carattere interpretativo deve peraltro desumersi non già dalla
qualificazione che tali leggi danno di se stesse, quanto invece dalla struttura
della loro fattispecie normativa, in relazione cioè ad "un rapporto fra norme -
e non fra disposizioni - tale che il sopravvenire della norma interpretante non
fa venir meno la norma interpretata, ma l'una e l'altra si saldano fra loro
dando luogo a un precetto normativo unitario" (Corte Cost., sentenza n. 397 del
1994; sentenza n. 424 del 1993; analogamente sentenza n. 39 del 1993; sentenza
n. 155 del 1990 e sentenza n. 233 del 1988).
Va dunque riconosciuto carattere interpretativo soltanto ad una legge che, fermo
il tenore testuale della norma interpretata, ne chiarisce il significato
normativo ovvero privilegia una tra le diverse interpretazioni possibili, di
guisa che il contenuto precettivo è espresso dalla coesistenza delle due norme
(quella precedente e l'altra successiva che ne esplicita il significato), le
quali rimangono entrambe in vigore e sono quindi anche idonee ad essere
modificate separatamente (sentenza n. 155 del 1990; sentenza n. 233 del 1988).
13. Il carattere interpretativo della legge non è, tuttavia, decisivo ai fini
della verifica di conformità ai precetti costituzionali. La giurisprudenza della
Corte ha individuato una serie di limiti alla potestà di emanazione di leggi
interpretative, nel cui novero vanno considerati, oltre alla ragionevolezza
della scelta operata, il divieto di ingiustificata disparità di trattamento, la
coerenza e certezza del diritto, il rispetto delle funzioni costituzionalmente
riservate al potere giudiziario (sentenza n. 525 del 2000; sentenza n. 376 del
1995; sentenza. 397 del 1994).
Tra i limiti da ultimo ricordati rientrano difatti, come detto e per quanto più
interessa, anche la tutela dell'affidamento legittimamente sorto nei soggetti
quale principio connaturato allo Stato di diritto (sentenza n. 525 del 2000;
sentenza n. 397 del 1994; sentenza n. 424 del 1993, sentenza n. 39 del 1993;
sentenza n. 349 del 1985); la coerenza e la certezza dell'ordinamento giuridico
(sentenza n. 397 del 1994; sentenza n. 6 del 1994; sentenza n. 429 del 1993;
sentenza n. 822 del 1988).
14. La questione di legittimità costituzionale dell'art. 17, comma 11, della
legge regionale siciliana 16 aprile 2003, n. 4, che alla luce delle
considerazioni testé svolte deve ritenersi non manifestamente infondata, è
altresì rilevante per la decisione del giudizio a quo, in ragione di quanto si è
esposto al paragrafo 3.
L'applicazione di tale disposizione, della cui legittimità si dubita, condiziona
l'accoglimento del primo motivo di ricorso e, dunque, l'esito stesso del
giudizio promosso dalla ricorrente per l'annullamento dell'atto impugnato.
P.Q.M.
Il Tribunale amministrativo regionale per la Sicilia, sezione seconda, dichiara
rilevante e non manifestamente infondata la questione di costituzionalità
dell'art. 17, comma 11, della legge regionale siciliana 16 aprile 2003, n. 4
("Disposizioni programmatiche e finanziarie per l'anno 2003"), per contrasto con
gli articoli 3, 117, 126 e 127 della Costituzione.
Sospende il giudizio in corso.
Dispone la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale, a cura della
segreteria della sezione.
Ordina che la presente ordinanza sia notificata, a cura della medesima
segreteria, alle parti in causa, al presidente della Giunta regionale siciliana
nonché al Presidente dell'Assemblea regionale siciliana.
Così deciso in Palermo, nella Camera di consiglio del 3 marzo 2004, con
l'intervento dei sigg. Magistrati:
- Calogero Adamo - Presidente;
- Calogero Ferlisi - Consigliere;
- Francesco Guarracino - Referendario estensore.
Il presidente: ADAMO
L'estensore: (firma illeggibile)
Il segretario: (firma illeggibile)
Depositata in segreteria il 14 maggio 2004.
(2004.42.2693)
1) Beni culturali e ambientali - Vincolo paesaggistico - Concessione o autorizzazione edilizia in sanatoria - Parere dell’autorità preposta al vincolo - Necessità - Regione Siciliana - Solo ove il vincolo sia stato apposto antecedentemente alla realizzazione dell’opera - Art. 17, c. 11, l.r. 4/2003 - Novellazione di precedente intepretazione autentica - Questione di legittimità costituzionale - Non manifesta infondatezza. E’ rilevante e non manifestamente infondata la questione di costituzionalità dell'art. 17, comma 11, della legge regionale siciliana 16 aprile 2003, n. 4 (“Recupero risorse derivanti dalla definizione delle pratiche di sanatoria edilizia”), per contrasto con gli articoli 3, 117, 126 e 127 della Costituzione. La norma stabilisce che “Il parere dell'autorità preposta alla gestione del vincolo è richiesto, ai fini della concessione o autorizzazione edilizia in sanatoria, solo nel caso in cui il vincolo sia stato posto antecedentemente alla realizzazione dell'opera abusiva”: sotto una dichiarata novellazione di una precedente interpretazione autentica (art. 5 comma 3 l.r. 17/94, di interpretazione autentica dell’art. 23, c.10, l.r. 37/85), introduce una sostanziale modificazione della disciplina previgente, attribuendo al principio, peraltro, efficacia retroattiva. Essa, pertanto, sembra realizzare un'ipotesi di eccesso di potere legislativo, ponendosi in contrasto con i parametri costituzionali che regolano la formazione delle leggi (artt. 117, 123 e 127 Cost., relativi all'attività legislativa regionale), nonché con l'art. 3 della Costituzione sotto il profilo della ragionevolezza. Pres. Adamo, Est. Guarracino – M.A. (Avv. Piscitello) c. Soprintendenza dei beni culturali e ambientali di Palermo (Avv. Stato) - T.A.R. SICILIA, Palermo, Sez. II – ordinanza 14 maggio 2004, n. 768
Nota: Si veda Sent. Corte Cost. n. 39/2006
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